Teoria e prassi della nullità strutturale
A cura di Vittoria Padovani
Abstract: il presente contributo propone una breve riflessione di teoria generale sulla categoria della nullità strutturale nel diritto amministrativo, evidenziandone le peculiarità e le divergenze rispetto alla disciplina civilistica.
Sommario: 1. La nullità nel diritto amministrativo e civile; 2. Il difficile inquadramento della nullità strutturale sul piano delle concretezze; 3. Un esempio paradigmatico: l’assenza di capacità giuridica pubblica per effetto dell’interdittiva antimafia; 4. Considerazioni conclusive.
- La nullità nel diritto amministrativo e civile
La nullità del provvedimento amministrativo è una forma di invalidità disciplinata dall’art. 21-septies della legge 241/1990[1], che si pone in relazione inversa rispetto a quella civilistica sui vizi del contratto. Nella disciplina amministrativa, invero, quest’ultima rappresenta una categoria residuale rispetto a quella dell’annullabilità; diversamente, nel diritto civile è categoria generale. Ne discende che le invalidità nel diritto amministrativo si presentano in modo speculare alle omologhe figure applicabili ai negozi giuridici di diritto privato. Si prenda come esempio il caso della nullità cd. “virtuale”, conseguente alla violazione di una norma imperativa: nel diritto amministrativo ogni norma ha carattere imperativo, in quanto norma di diritto pubblico preposta alla cura di interessi pubblici; per tale ragione la non conformità del provvedimento al paradigma legale è causa di annullabilità. Nel diritto civile, per converso, la violazione di una norma imperativa realizza un’ipotesi di nullità. Alla luce di quanto affermato si può concludere che nel diritto amministrativo la regola generale è che l’invalidità coincide con l’annullabilità[2], mentre la nullità è circoscritta a specifiche ipotesi[3].
Nella prassi giurisprudenziale, invero, la tendenza è quella di ricondurre alla categoria dell’annullabilità la maggior parte dei casi di allontanamento del provvedimento dal paradigma legale, ricorrendo alla nullità come extrema ratio[4].
La differenza con la disciplina civilistica si individua, altresì, in relazione al regime giuridico: ai sensi dell’art. 31, comma 4, c.p.a. l’azione di nullità è assoggettata ad un termine decadenziale di 180 giorni (più ampio di quello previsto per l’annullabilità, ma pur sempre tale) e ciò a garanzia dell’efficacia e della stabilità delle decisioni amministrative, nonché a tutela del legittimo affidamento del soggetto inciso dal potere pubblico; essa, infatti, determina l’inefficacia ex tunc degli effetti del provvedimento e può essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse, differenziandosi da quanto disposto dall’art. 1421 c.c. È, infatti, legittimato a far valere la nullità qualunque terzo, purché possa provare la sussistenza di un proprio interesse ad agire. La ratio sottesa a questo diverso approccio nell’ambito amministrativo deve rinvenirsi nella necessità di garantire certezza nei rapporti[5]. Una parte della dottrina ha rilevato, altresì, che la funzione della nullità “non sarebbe solamente tutelare l’affidamento degli amministrati, ma preservare l’amministrazione dalla sua stessa attività, imponendo all’apparato amministrativo il rispetto di regole finalizzate alla tutela del medesimo […].”[6].
- Il difficile inquadramento della nullità strutturale sul piano delle concretezze
La categoria della nullità, come affermato, si sostanzia in una grave difformità del provvedimento dal paradigma normativo e interviene nelle sole ipotesi previste dalla norma, che sono: 1) la mancanza di uno dei requisiti del provvedimento; 2) il difetto assoluto di attribuzione; 3) la violazione del giudicato; 4) le altre cause previste dalla legge. Per quanto attiene al genus della nullità strutturale, quest’ultima si sostanzia nella mancanza di un elemento essenziale dell’atto, in conformità a quanto sancito dalla disciplina civilistica sui vizi del contratto. Quest’ultimo, infatti, è nullo, ai sensi dell’art. 1418, comma 2, c.c. qualora manchi di uno degli elementi previsti dall’art. 1325 c.c.
La teoria negoziale, tuttavia, genera rilevanti difficoltà applicative in ambito amministrativo, poiché il legislatore si è preoccupato di delineare i vizi strutturali come ipotesi di nullità del provvedimento, senza sancire espressamente quali essi siano[7]. La suddivisione tra elementi essenziali ed elementi accidentali dell’atto, invero, è frutto dell’elaborazione dottrinale e si declina a seconda del tipo di provvedimento; una parte della dottrina, tuttavia, ha messo in evidenza la fallacia di tale distinzione, in virtù della diversa natura dell’atto amministrativo rispetto a quella del contratto[8]. Per le sovraesposte ragioni nella teoria generale si ritiene che quando il provvedimento risulti mancante di un elemento costitutivo, debba considerarsi inesistente, oppure, come nella maggior parte dei casi, annullabile; le predette deficienze strutturali vengono per lo più ricondotte ad un vizio di violazione di legge. La tesi civilistica, dunque, non trova ampio accoglimento né da parte della dottrina, né dalla giurisprudenza.
Un ulteriore aspetto problematico è quello relativo al rapporto tra nullità strutturale e inesistenza, differenza che nella prassi tende sempre più a svanire. La dottrina mantiene distinte le fattispecie: si ha inesistenza quando la tipologia manca dei requisiti strutturali previsti per dare vita al provvedimento, o, meglio ancora, è inesistente l’atto che non può nemmeno identificarsi come tale a causa delle profonde anormalità che ne snaturano essenzialmente la struttura e la funzione[9]. Tale distinzione, quindi, si fonda sul presupposto – tautologico, invero – che l’atto nullo sia comunque un atto esistente, benché affetto da gravi difformità dal paradigma normativo[10]; se questo non esistesse, non potrebbe nemmeno qualificarsi come nullo.
Le diversità tra le summenzionate figure si riducono, venendo quasi a coincidere, per quanto attiene al piano degli effetti. L’atto inesistente, infatti, in quanto tale, non produce alcun effetto al pari dell’atto nullo. La giurisprudenza tende a equiparare le due categorie, atteso, altresì, che la codificazione della nullità nella legge n. 241/1990 ha fatto confluire nelle summenzionate ipotesi tipiche anche quelle prima ricondotte alla fattispecie dell’inesistenza.
Alla luce di tali considerazioni, la nullità strutturale appare un’ipotesi valida in astratto, con scarsi riscontri sul piano delle concretezze. A questo deve aggiungersi a fortiori anche la dequotazione dei vizi formali, non più causa di annullabilità, ma mero vizio di irregolarità nella maggior parte dei casi. Quanto appena sostenuto trova ulteriore riscontro anche nei rapporti della giustizia amministrativa: la percentuale di giudizi per nullità è inferiore a quella per annullabilità[11].
- Un esempio paradigmatico: l’assenza di capacità giuridica pubblica per effetto dell’interdittiva antimafia
Sebbene non sia semplice trovare un caso specifico di nullità strutturale al di fuori di quelli cd. “di scuola”, un esempio efficace può rinvenirsi nel caso della perdita della capacità giuridica pubblica per effetto dell’informativa interdittiva antimafia, disciplinata dal d.lgs. n. 159 del 2011 (noto “Codice antimafia”). La norma de qua è stata emanata al fine di prevenire infiltrazioni della criminalità organizzata all’interno della p.a., impedendo, a tutela dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità dell’azione pubblica, che l’amministrazione entri in contatto con soggetti legati alla criminalità organizzata. Tale impedimento si realizza attraverso la documentazione antimafia (comunicazione e informativa, di cui all’art. 84) volta a evitare, o a rendere inefficace, la stipula di contratti pubblici con soggetti moralmente inaffidabili. In dettaglio, la comunicazione antimafia consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, sospensione o divieto di cui all’art. 67 del codice antimafia (connesse all’applicazione di misure di prevenzione)[12], mentre l’informazione antimafia consiste sia nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle citate cause di decadenza, sospensione o divieto, sia nell’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’operatore economico, che possono essere desunti da una serie di indici previsti agli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, dello stesso.
L’informativa, dunque, ha un contenuto più ampio della comunicazione ed è il frutto di una valutazione discrezionale che l’ordinamento attribuisce all’autorità prefettizia, la quale, sulla base di una serie di elementi indiziari sintomatici[13], esprime un motivato giudizio circa il pericolo di infiltrazione mafiosa all’interno dell’impresa, interdicendole l’inizio di qualsivoglia rapporto contrattuale con l’amministrazione o l’ottenimento di qualsiasi sussidio, beneficio economico o sovvenzione. Quest’ultima, pertanto, può essere definita come un provvedimento amministrativo con funzione preventiva, che opera un bilanciamento tra i principi di buon andamento e sicurezza pubblica con quello di libertà di iniziativa economica privata[14]; il sistema delle informative antimafia, infatti, è ispirato alla logica dell’anticipazione della soglia di tutela di interessi pubblici primari. Essa, inoltre, attiene “ad una valutazione del soggetto concorrente in quanto tale al di là del singolo rapporto intrattenuto con l’amministrazione pubblica, e che, ove sopravvenuta, riverbera le proprie conseguenze ab externo su tale rapporto”[15]. L’accertamento, quindi, benché intervenga in occasione di un rapporto con la p.a., ha ad oggetto fenomeni a questo esterni, che coinvolgono la persona (fisica o giuridica) dell’operatore economico.
Per quanto attiene alle conseguenze di tale provvedimento, l’effetto di maggiore rilievo è da rinvenirsi nella perdita di capacità giuridica pubblica dell’operatore economico, che si sostanzia in una particolare forma di incapacità che impedisce all’impresa di essere titolare di rapporti con la pubblica amministrazione[16].
In dottrina la questione sulla natura giuridica di quest’ultima è ancora oggetto di vivo dibattito, poiché una parte di quella civilistica ritiene che la capacità giuridica non possa essere limitata o graduata e le eventuali ipotesi cd. “speciali” (relative o assolute) intervengono solamente sulla legittimazione ad agire, o sulla legittimazione al compimento di atti giuridici[17]. La dottrina prevalente, tuttavia, ammette ipotesi di incapacità giuridica speciale in casi di tutela di interessi sovraordinati di carattere generale[18]. Nel caso di specie, invero, si tratta di un evento conseguente all’adozione di un provvedimento che giunge all’esito di un procedimento normativamente tipizzato e nei confronti del quale sono previste indispensabili garanzie di tutela giurisdizionale del soggetto di esso destinatario.
L’incapacità in parola è parziale in quanto limitata ai rapporti giuridici con la pubblica amministrazione, relativamente a quelli di natura contrattuale, ovvero intercorrenti con l’esercizio di poteri provvedimentali (e comunque ai precisi casi espressamente indicati dalla legge), e temporanea, potendo venire meno per il tramite di un successivo provvedimento dell’autorità prefettizia[19]. Il carattere parziario della stessa la distingue da quella cd. “assoluta” in capo al fallito, rispetto al quale la preclusione si estende a qualsiasi rapporto. Per quanto attiene al carattere della temporaneità, la Consulta in una recente pronuncia ha fatto leva su tale caratteristica per respingere le censure di illegittimità dell’interdittiva per il possibile contrasto con la libertà di iniziativa economica privata dell’operatore economico inciso dal provvedimento[20].
La disciplina ordinaria sull’informativa prevede che il rilascio di autorizzazioni, concessioni, ovvero la stipula di contratti o sub-contratti (si veda l’art. 91), da parte dei soggetti pubblici di cui all’art. 83, deve essere preceduta necessariamente dalla acquisizione dell’informazione antimafia, per evitare ab origine che l’operatore economico, privo di idonei requisiti moralità, entri a qualunque titolo in contatto con la p.a. La perdita di capacità giuridica pubblica può essere riconosciuta anche in un momento successivo, in quanto è stata prevista anche una disciplina derogatoria, che consente ai soggetti pubblici – nel caso in cui il Prefetto non abbia provveduto a comunicare l’informazione antimafia entro i termini previsti dall’art. 92, comma 2, ovvero nei casi di urgenza (“lavori o forniture di somma urgenza”, come si esprime l’art. 94, comma 2) – di procedere anche in assenza dell’informazione. In questo caso il rapporto contrattuale deve intendersi sottoposto a condizione risolutiva; pertanto laddove sopravvenga l’interdittiva, deve provvedersi alla revoca delle autorizzazioni e delle concessioni o al recesso dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite. L’accertamento per effetto della successiva comunicazione da parte dell’autorità prefettizia accerta una incapacità originaria del privato ad essere parte contrattuale dell’amministrazione e a proseguire l’esecuzione del contratto.
Quanto esposto trova conferma anche in un recente pronunciamento dell’Adunanza Plenaria, la quale sul punto ha affermato: “In sostanza, ciò che, in contemperamento della pluralità di esigenze connesse alla tutela di interessi pubblici e privati, viene effettuato dai soggetti di cui all’articolo 83 (rilascio di autorizzazioni o concessioni, erogazione di contributi e simili, stipulazione di contratti) avviene sotto la rigida condizione dell’accertamento della stessa capacità del soggetto privato ad essere parte del rapporto con la pubblica amministrazione, con la ovvia conseguenza che -laddove per il tramite dell’informazione antimafia interdittiva tale capacità venga accertata come insussistente- non possono che manifestarsi in termini di nullità sia i provvedimenti amministrativi rilasciati (per difetto di un elemento essenziale del medesimo, ex art. 21-septies L. n. 241 del 1990), sia il contratto stipulato con soggetto incapace.”[21]. L’incapacità, infatti, laddove venga previamente accertata, come di regola avviene e salvo eccezioni, esclude in radice sia l’adozione di provvedimenti, sia la stipula di contratti.
Sulla base di quanto affermato, risulta evidente che essa sia qualificabile come requisito essenziale del contratto, o del provvedimento di erogazione di contributi, e che la sua mancanza renda il contratto comunque stipulato nullo per mancanza di un elemento fondamentale[22]. Nel caso di specie si può affermare che si realizzi un’ipotesi di nullità cd. “strutturale”.
- Considerazioni conclusive
Alla luce di quanto brevemente analizzato, nella teoria generale del diritto amministrativo la categoria della nullità si conferma peculiare rispetto alla disciplina civilistica, trovando applicazione in pochi e specifici casi tipizzati, in quanto patologia che mal si concilia col bisogno di certezza e stabilità che caratterizza il rapporto amministrativo e l’azione pubblica latu sensu intesa. L’incapacità giuridica conseguente all’interdittiva antimafia e gli effetti sopra descritti rappresentano, invero, un’ipotesi speciale.
La riflessione ha offerto l’occasione per mettere ulteriormente in evidenza le difficoltà applicative della teoria negoziale in materia amministrativa, atteso il diverso approccio di questa alla patologia dell’atto e del contratto. Secondo la teoria pan-pubblicistica, infatti, il mondo del diritto privato e quello del diritto pubblico non sono assimilabili, poiché nel primo i soggetti possono perseguire fini egoistici incontrando solo i limiti posti dall’art. 1322 c.c., mentre nei rapporti di diritto amministrativo una delle parti agisce nel rispetto del principio di necessità e dei vincoli funzionali dell’azione amministrativa.
Note bibliografiche:
[1] Cfr. art. 21-septies, l. 241/1990: “È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge.”.
[2] Cfr. C.E. GALLO, Questioni attuali sulla nullità del provvedimento amministrativo, in Diritto amministrativo, fasc. 1/2017, p. 43 e ss.; M.C. CAVALLARO, Gli elementi essenziali del provvedimento amministrativo. Il problema della nullità, Torino, Giappichelli, 2012; in giurisprudenza Cons. Stato Sez. VI Sent., 13/06/2007, n. 3173: “Nel diritto amministrativo la nullità costituisce una forma speciale di invalidità, che si ha nei soli casi tassativamente definiti dall’art. 21 septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, mentre l’annullabilità del provvedimento costituisce la regola generale di invalidità del provvedimento, a differenza di quanto avviene nel diritto civile, dove la regola generale in caso di violazione di norme imperative è quella della nullità.”.
[3] Cfr. ex multis Cons. Stato Sez. IV Sent., 03/11/2020, n. 6769: “Anche dopo l’inserimento nel vigente sistema amministrativo dell’art. 21 septies della L. n. 241/1990, la categoria della nullità rappresenta una forma di invalidità eccezionale e tipica che, in omaggio ai principi di certezza dei rapporti giuridici e di stabilità degli assetti plasmati dagli atti amministrativi a tutela di interessi superindividuali, non opera in maniera “virtuale”, cioè in assenza di una norma che la preveda testualmente.”; in senso conforme Cons. Stato Sez. IV Sent., 23/08/2010, n. 5902; in dottrina cfr. G. ZARRO, L’archetipo della nullità virtuale in diritto amministrativo, in Foro amm. TAR, fasc. 12, 2007, p. 3990 e ss.
[4] Cfr. ex multis T.A.R. Milano, (Lombardia) Sez. II Sent., 03/04/2018, n. 876: “Nel diritto amministrativo, la categoria della nullità costituisce un’eccezione rispetto a quella generale dell’annullabilità; in particolare la nullità strutturale (per assenza, cioè, degli elementi essenziali) si verifica tutte le volte in cui l’atto amministrativo sia privo dei requisiti necessari per poter essere giuridicamente qualificato come tale, sulla scorta di un raffronto meramente estrinseco rispetto al paradigma legale. In questo quadro, non costituisce causa di nullità l’omessa protocollazione dell’atto amministrativo, che anzi assume valore di mera irregolarità non viziante ai sensi dell’art. 21 octies, l. n,. 241 del 1990, perché non idonea ad incidere sul contenuto concreto dell’atto. Lo stesso dicasi per la data dell’atto amministrativo, salvo che il decorso del tempo non determini la consumazione del potere in capo all’Amministrazione. La stessa sottoscrizione dell’atto amministrativo può anche non assurgere a suo elemento essenziale, laddove concorrano altri dati testuali che consentano comunque la sicura attribuzione dell’atto all’autorità amministrativa che lo ha adottato.”.
[5] Cfr. ex multis Cons. Stato Sez. V Sent., 16/02/2012, n. 792.
[6] Cfr. C.E. GALLO, op. cit., p. 49.
[7] Cfr. M FRATINI, Manuale sistematico di diritto amministrativo, Accademia del diritto Editore, ed. 2020-2021, parte VI, cap. XII, p. 703; R. GALLI e D. GALLI, Corso di diritto amministrativo, II, Padova, 2004, p. 905 ss.
[8] Cfr. A. BARTOLINI, La nullità del provvedimento amministrativo, Torino, 2002, p. 3 ss.
[9] Cfr. nella più risalente giurisprudenza amministrativa Cons. Stato Sez. IV Sent., 15/05/2008, n. 2246: “Con riferimento all’inesistenza di un atto, di essa si parla solo nel caso in cui il provvedimento amministrativo sia stato posto in essere con la carenza di un atto o di un fatto di tale rilievo da non poter configurare un atto rispondente alla nozione di provvedimento.”.
[10] Cfr. ex multis Cons. Stato Sez. IV Sent., 17/10/2019, n. 7051: “Le ipotesi di nullità di un atto amministrativo ricomprendono le situazioni abnormi previste dall’art. 21 septies della Legge n. 241/1990, in cui sia rinvenibile un difetto del contenuto minimo che deve necessariamente connotare la spendita del potere amministrativo.”.
[11] Cfr. Cons. Stato Sez. V Sent., 04/05/2017, n. 2028: “Pur dopo la positivizzazione della nullità strutturale del provvedimento amministrativo, con il suo inserimento nei casi previsti dall’art. 21 septies L. 7 agosto 1990, n. 241, tale peculiare vizio può essere ravvisato soltanto in casi estremi e circoscritti (quale l’inesistenza dell’oggetto).”; in senso conforme Cons. Stato Sez. IV Sent., 24/05/2016, n. 2202.
[12] Si riporta, ai fini della trattazione, una parte del dettato normativo:
Art. 67. Effetti delle misure di prevenzione
- Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere:
- a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio;
- b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l’esercizio di attività imprenditoriali;
- c) concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;
- d) iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l’esercizio del commercio all’ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all’ingrosso;
- e) attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici;
[13] per l’adozione dell’interdittiva, infatti, è sufficiente quale presupposto fattuale un quadro indiziario tale da generare un ragionevole convincimento sulla sussistenza di un condizionamento mafioso dell’impresa (ex multis Cons. Stato Sez. III Sent., 01/12/2015, n. 5437, Cons. Stato Sez. III Sent., 09/10/2015, n. 4679).
[14] Cfr. Cons. Stato Sez. III Sent,, 09/09/2020, n. 5416; Cons. Stato (Ad. Plen.), 06/04/2018, n. 3: “Il provvedimento di cd. «interdittiva antimafia» determina una particolare forma di incapacità ex lege, parziale — in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la Pubblica amministrazione — e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto — persona fisica o giuridica — è precluso avere con la Pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dall’art. 67, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.”; per la dottrina cfr. A.M. SPECIALE, Interdittive antimafia tra vecchi confini e nuovi scenari, in Giustizia Amministrativa, Dottrina, 26 ottobre 2020, p. 3.
[15] Cfr. Cons. Stato, Ad Plen., 26/10/2020, n. 23, § 7.2.
[16] Cfr. Cons. Stato Sez. V Sent., 15/01/2020, n. 385: “Il provvedimento di cd. ‘interdittiva antimafia’ determina una particolare forma di incapacità ex lege, parziale, in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione, e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto, persona fisica o giuridica, è precluso avere con la pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dall’art. 67 D.Lgs. n. 159/2011.”; in senso conforme Cons. Stato Sez. V Sent., 08/07/2020, n. 4373, ancora Cons. Stato Sez. III Sent., 06/03/2019, n. 1553: “L’interdittiva antimafia esclude che un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni (sia cioè da queste da considerarsi come “affidabile”) e possa essere, di conseguenza, titolare di rapporti contrattuali con le predette amministrazioni, ovvero destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati, come individuati dalla legge, ovvero ancora essere destinatario di contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate.”.
[17] Cfr. F. GIARDINA, sub Art. 1, in AA. VV., Commentario del Codice civile, Delle Persone, Torino, 2012, p. 353.
[18] Cfr. C. COMMANDATORE, Interdittiva antimafia e incapacità giuridica speciale: un difficile equilibrio, in Responsabilità civile e previdenza, fasc. n. 3/2019, § 2, p. 920.
[19] Cfr. G. LEONE, L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato alle prese con l’interdittiva prefettizia antimafia e la teoria dell’interpretazione, in Foro Amministrativo (Il), fasc. 6, 1 settembre 2018, p. 1103 e ss.; per la giurisprudenza cfr. Cons. Stato Sez. III Sent., 11/05/2020, n. 2962: “In materia di sicurezza pubblica, l’informativa antimafia ha una validità limitata di dodici mesi, con la conseguenza che alla scadenza del termine occorre verificare la persistenza o meno delle circostanze poste a fondamento della interdettiva ed in caso di conclusione positiva del recupero dell’impresa al mercato al fine di scongiurare il rischio della persistenza di una misura non più giustificata.”.
[20] Cfr. Corte Costituzionale, 26/03/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 26/03/2020), n. 57.
[21] Cfr. Cons. Stato, (Ad Plen.), 26/10/2020, n. 23, § 9.1.
[22] Cfr. in senso conforme anche Cons. giust. amm. Sicilia Sez. giurisd. Sent., 30/03/2020, n. 223: “Il provvedimento interdittivo determina in capo al soggetto che ne è colpito una incapacità ex lege negli specifici rapporti con la pubblica amministrazione: lo stesso non può ricevere, né trattenere somme di denaro in precedenza ricevute dalla pubblica amministrazione. La revoca del beneficio e il conseguente obbligo di restituzione delle somme percepite deriva in modo diretto dagli atti di concessione, che recano specifiche clausole risolutive con conseguenti e automatici obblighi restitutori.”
Attualmente dottoranda di ricerca (PON Ricerca e Innovazione – XXXVII° ciclo) in Diritto amministrativo nell’Università degli Studi di Verona presso il Corso di Dottorato in Scienze Giuridiche Europee ed Internazionali.
Si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna “Alma Mater Studiorum” nel luglio 2018 con una tesi in Diritto amministrativo sulla responsabilità per danno erariale del rup nel settore degli appalti e nel luglio 2020 ha conseguito il titolo di Specialista in Studi sull’Amministrazione Pubblica presso la SP.I.S.A. di Bologna, con una tesi in Diritto regionale dal titolo “L’autonomia differenziata in materia sanitaria tra solidarietà ed esigenze di bilancio. Il caso della Regione Veneto“.