Tribunale di giustizia ambientale: esigenza etica e di diritto
Il concetto di giustizia ambientale è emerso grazie al primo Summit mondiale sul clima, tenutosi a di Rio de Janeiro nel 1992. La Convenzione quadro, elaborata in tale occasione, al principio 1 proclama che « le Parti devono proteggere il sistema climatico a beneficio della presente e delle future generazioni, su una base di equità e in rapporto alle loro comuni ma differenziate responsabilità e alle rispettive capacità ». Secondo la dottrina, il testo suggerisce che non basti la creazione di un tribunale ambientale, piuttosto è necessaria la costituzione di istituzioni giuste [1].
La giustizia ambientale ha, negli anni, assunto un forte carattere etico oltre che legale; sulla base di questo nuovo concetto, i Paesi in via di sviluppo hanno a più riprese condannato l’atteggiamento dei Paesi industrializzati, denunciando la loro responsabilità in materia di cambiamenti climatici. L’esigenza di istituire un Tribunale internazionale ambientale è così divenuta sempre più urgente. Il 22 settembre del 2009, il Presidente boliviano Morales ha dichiarato che « presto o tardi, grazie alla forza popolare, essi finiranno per accettare un tribunale per i crimini contro l’ambiente ».
Grazie alla forte spinta sociale e politica di alcuni Paesi, nell’ottobre del 2009 si è tenuta la prima sessione preliminare del Tribunale Internazionale di Giustizia Climatica nella città di Cochabamba (Bolivia); attraverso l’analisi di sette controversie, è stato stabilito che le azioni che turbano l’equilibrio dell’ecosistema costituiscono ormai uno tra i più gravi crimini commessi dall’umanità contro la Madre Terra [2]. L’obiettivo di quest’incontro era dare maggiore rilevanza agli effetti di tali comportamenti nonché ai loro responsabili, proprio attraverso la promozione di una giustizia climatica.
Inevitabilmente alcune questioni si pongono: è davvero necessaria la creazione di un Tribunale internazionale ambientale? Le sue decisioni devono avere forza vincolante? Secondo una parte degli Stati, sarebbe sufficiente creare un tribunale etico, senza poteri investigativi ma capace di sanzionare moralmente i soggetti responsabili. Dall’altro lato, viene proposta l’istituzione di un organo giurisdizionale all’interno delle Nazioni Unite, dotato di forza vincolante.
Ulteriori problemi sono stati sollevati sul come creare un tale tribunale. Molte nazioni domandano oggi l’introduzione del crimine di « ecocidio » all’interno dello Statuto di Roma del 1998. Nel 2010, l’avvocatessa inglese Polly Higgins ha proposto formalmente alle Nazioni Unite di includerlo nel testo, purtroppo tale iniziativa non ha avuto successo. Tuttavia, grazie al suo contributo possiamo definire l’ecocidio come una vasta distruzione, perdita o danno dell’ecosistema di un determinato territorio, causato dall’uomo e tali da minare il pacifico godimento della natura degli abitanti locali [3].
La prospettiva di un Tribunale internazionale etico – politico di giustizia ambientale e climatica rappresenta la risposta all’assenza di meccanismi e strumenti che consentano, a livello globale, di punire i crimini contro l’ambiente. Sanzionare i responsabili dei danni internazionali all’ecosistema ed evitare danni maggiori al pianeta, alla biodiversità e all’umanità, sono dunque gli obiettivi principali [4]. In questo momento è necessaria un’ulteriore spinta sociale che induca i governi a sviluppare una vera e propria giustizia ambientale, poco importa che sia una Corte penale internazionale dei delitti ambientali o un Tribunale di Giustizia climatica. Ciò che realmente conta è che in definitiva si tratti di una giurisdizione vincolante ed efficace [5].
I Paesi industrializzati sono considerati i principali responsabili dei danni provocati all’ambiente; proprio l’atteggiamento reticente di alcuni tra loro e lo stallo nei negoziati per la creazione del tribunale suddetto dimostrano una mancanza di volontà politica. Tuttavia, secondo il principio delle responsabilità comuni ma differenziate, ogni Paese deve ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività e riparare eventuali danni. La promozione di un tribunale internazionale ambientale può essere considerato un corollario di tale principio, inteso come un particolare dovere morale degli Stati più sviluppati.
Si può, dunque, concludere che i meccanismi legali attualmente esistenti si sono rivelati inefficaci di fronte alle istanze di giustizia ambientali provenienti dai Paesi più poveri del mondo. La necessità di istituire un tribunale di giustizia climatica oggi è, secondo l’opinione di Michael Reynolds [6] , indiscutibile.
[1] Néron P. Y., “Penser la justice climatique ”, Éthique publique, vol. 14, n° 1, 2012. )
[2] Peredo E., Elosegui J., “Hacia un Tribunal de Justicia Climática”, America Latica en movimiento, n° 454, 18 aprile 2010. )
[3] Cox K., “That’s because ecocide isn’t actually a crime. And the Monsanto Tribunal thinks it should be”, The new food economy, 20 aprile 2017. (https://newfoodeconomy.org/hague-tribunal-monsanto-ecocide/ )
[4] CSUTCB, “Por un Tribunal Internacional de Justicia Climática”, America Latina en movimiento, 17 settembre 2009. )
[5] Ibid.
[6] Presidente dell’ International Bar Association.
Nata a Torino nel 1993, sono attualmente iscritta all’ultimo anno di Giurisprudenza Ciclo Unico presso l’Università di Torino.
Durante la mia carriera universitaria ho sviluppato un grande interesse per il diritto internazionale. Grazie alla partecipazione alle attività di Msoi, sezione Piemonte e Valle d’Aosta, ho potuto approfondire e ampliare le mie conoscenze in tale ambito. Nel 2015 ho iniziato a collaborare con la rivista di politica internazionale Msoi thePost, potenziando le mie capacità in qualità di redattrice per la sezione Unione Europea.
Durante l’anno accademico 2016/2017 ho partecipato al Programma Erasmus+ per studio presso l’Università Jean Moulin Lyon III. Stimolata dall’ambiente multiculturale di Lione, ho deciso di tornarci per svolgere un periodo di Traineeship presso il “Centre de droit international” della medesima Università. Tale ultimo periodo mi ha consentito di svolgere in modo appropriato le ricerche per la redazione, in francese, della tesi di laurea. Il titolo è “Catastrophes environnementales et droits de l’Homme: du fait au droit”, attraverso lo studio delle più grandi catastrofi ambientali, il mio obiettivo è quello di mettere in evidenza le problematiche sollevate dall’azione dell’uomo sull’ambiente.