Truffa telefonica: è un reato attivare un servizio non richiesto dal cliente
Scatta la condanna a chi attribuisce all’utente telefonico un servizio non richiesto, in questi termini si è espressa la II Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza numero 42515 del 2017, del 18 settembre. Il caso in esame, riguarda la condanna in primo e in secondo grado di una persona, fintasi operatore Telecom, ma in realtà dipendente di una società ausiliaria; l’operatore attivava un contratto di leasing ad insaputa del cliente, che si vedeva titolare di una bolletta da oltre 1900 euro, da pagare entro due settimane. Il cliente dopo aver riscontrato la truffa, agisce in giudizio, per gli opportuni provvedimenti.
La truffa è un reato regolato dall’articolo 640 del codice penale. Si tratta della principale figura di delitto contro il patrimonio, mediante frode. La norma regola la libertà del consenso, intesa come autonoma determinazione alla violazione negoziale. In relazione alle condotte rilevanti ai fini della truffa, l’artificio consiste nel far apparire come vera, una situazione che non trova riscontro nei fatti, in tal modo agendo sulla realtà esterna, mentre il raggio agisce sulla psiche del soggetto e consiste in un discorso o ragionamento, volto a creare un falso convincimento nei confronti della vittima. Il danno e il profitto devono scaturire da un atto di disposizione patrimoniale, sia positivo che negativo e può avere ad oggetto, sia beni mobili che immobili. L’atto di disposizione patrimoniale, quale elemento costitutivo implicito della fattispecie incriminatrice della truffa, consiste in un atto volontario, causativo di un ingiusto profitto altrui a proprio danno e determinato dall’errore indotto da una condotta artificiosa.
Ne consegue che lo stesso non deve necessariamente qualificarsi in termini di atto negoziale, ovvero di atto giuridico in senso stretto, ma può essere integrato anche da un permesso o assenso, dalla mera tolleranza o da una traditio, da un atto materiale o da un fatto omissivo, dovendosi ritenere sufficiente la sua idoneità a produrre un danno; in tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n 155 del 10/01/2012. Il profitto può consistere nell’acquisizione di qualsiasi utilità patrimoniale e non, purchè ricorra il requisito dell’ingiustizia.
La Cassazione, nella sentenza, considera che la querela deve ritenersi produttiva di effetti nei confronti di coloro che, sono risultati gli effettivi responsabili del crimine. La Querela è la dichiarazione con la quale, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, la persona offesa dal reato o il suo legale rappresentante chiede, che si proceda in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato, per il quale non debba procedersi d’ufficio o dietro richiesta o istanza. La querela contiene l’informazione sul fatto reato subito. La procedibilità a querela di parte, per determinati reati (come quello della truffa telefonica) costituisce una deroga al principio di obbligatorietà dell’azione penale: in questi casi il legislatore subordina l’azionabilità della pretesa punitiva ad un iniziativa processuale del soggetto passivo. Il termine iniziale per proporla decorre dalla data della conoscenza dei fatti da parte dell’interessato e quindi, nel caso di specie della truffa, dalla data di ricevimento della fattura dalla quale è emersa l’attivazione del servizio non richiesto dal cliente.
Occorre molta attenzione nei riguardi di tale fenomeno, per evitare di incorrere in fattispecie che poi, scaturisco in vere e proprie truffe telefoniche.
Mariaelena D’Esposito è nata a Vico Equense nel 1993 e vive in penisola sorrentina. Laureata in giurisprudenza alla Federico II di Napoli, in penale dell’economia: “bancarotta semplice societaria.”
Ha iniziato il tirocinio forense presso uno studio legale di Sorrento e spera di continuare in modo brillante la sua formazione.
Collabora con ius in itinere, in particolare per l’area penalistica.