martedì, Marzo 19, 2024
Criminal & Compliance

Un hard case giurisprudenziale: la responsabilità penale nel contagio da HIV

HIV

Il fenomeno del contagio da HIV è una delle ipotesi non ancora compiutamente analizzata dalla scienza medica e non è semplice una qualificazione giuridica degli atteggiamenti psicologici del soggetto positivo-Hiv che pratica rapporti sessuali non protetti.[1]

Uno dei casi più recenti è avvenuto nel 2015, quando V. T., un 32enne sieropositivo fu accusato di epidemia dolosa e lesioni gravissime. L’uomo, pur sapendo di essere sieropositivo, non lo aveva mai rivelato ad alcuni dei suoi partner, tra uomini e donne e, senza preoccuparsi di proteggerli, nel corso di dieci anni aveva contagiato decine e decine di persone, mediante rapporti non protetti. Fu una delle sue ex a scoprire di aver contratto il virus dell’hiv e a denunciarlo e da quel giorno partirono le indagini che portarono ad definire l’uomo come “untore” di ben 58 persone.

Ma quali sono le conseguenze penali per il soggetto accusato di aver trasmesso l’HIV?

La questione è estremamente delicata da ogni punto di vista, sia legale che sociale, perciò, certamente, per rispondere alla domanda, è necessaria un’analisi che tenga il più possibile in considerazione le specificità del singolo caso. Pertanto, è doveroso premettere che si possono distinguere due situazioni diverse:

  • Il caso in cui il soggetto sieropositivo che ha contagiato il partner sia consapevole di aver contratto l’HIV;
  • La situazione in cui la persona infetta non sia a conoscenza della sua condizione ed abbia quindi causato il contagio involontariamente.

Procedendo con ordine, nell’ordinamento penale italiano, la condotta di chi accetti consapevolmente il rischio di trasmettere l’infezione ad un altro soggetto integra il reato di lesioni personali gravissime. Le lesioni personali dolose “gravissime”, insieme alle lesioni “gravi”, fanno parte delle circostanze aggravanti ex art. 583 c.p., il quale sancisce che la lesione personale è gravissima, se dal fatto deriva:
1) una malattia certamente o probabilmente insanabile;
2) la perdita di un senso;
3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;
4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso.

Quando una malattia si definisce insanabile?  “La malattia è insanabile quando lo stato patologico non è suscettibile di guarigione o guarisce soltanto in pochissimi casi” [2] , quindi la norma si riferisce certamente all’HIV, in quanto esso è l’agente responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita, cioè l’AIDS, una malattia non sanabile.

Tuttavia, affinchè si realizzi una condotta penalmente rilevante (reato di lesioni dolose e non colpose), è opportuno che la persona sieropositiva sia consapevole del proprio status di salute, in seguito ad una diagnostica di sieropositività.

Viceversa, perchè si possa ravvisare una responsabilità penale non è fondamentale che il soggetto abbia una specifica volontà di contagiare il partner, ma basta che esso sia a conoscenza del rischio che dalla propria condotta derivi la trasmissione del virus.

Ricapitolando, se venga accertato che il contagio sia avvenuto come conseguenza diretta dei rapporti sessuali ed il soggetto sieropositivo abbia volontariamente omesso di comunicare la propria condizione di salute esponendo il partner al contagio, si configura il delitto di lesioni personali gravissime, colposo o doloso.

Doloso, se chi abbia causato volontariamente il contagio, abbia taciuto la propria posizione ed omesso di utilizzare le dovute protezioni; colposo, se non abbia adottato le cautele necessarie; di solito il reato avviene con dolo eventuale, se l’autore del reato, pur non volendolo, abbia accettato il rischio che la trasmissione si verificasse[3].

Se, poi, dal contagio discenda la morte della persona infettata, il reo sarà colpevole di omicidio, art. 575 c.p. (colposo o doloso).

A seconda dell’imputazione, quindi, la pena può variare dai 3 ai 7 anni di reclusione, per lesioni personali gravissime e fino ai 21 anni previsti dalla norma generale sull’omicidio. In fine, per il diritto alla riservatezza della vita privata di ogni persona, finchè venga effettuata ogni tecnica preventiva della trasmissione, non sussiste alcun obbligo di esporre il proprio stato sierologico a terzi.

Ad ogni modo, non essendo presente una fattispecie ad hoc nel sistema penale italiano, i casi di trasmissione del virus HIV si collocano al centro dell’acceso dibattito dottrinale sui confini tra il dolo eventuale e la colpa cosciente, ipotesi tipiche in cui, non di rado, si inquadrano tali fenomeni della contemporaneità ed in base alle quali la pena edittale può divergere sensibilmente.[4]

[1] S. CANESTRARI, “Dolo eventuale e colpa cosciente”, Giuffrè editore, Milano, 1999, 54.

[2] L. TRAMONTANO, “Lineamenti di diritto penale”, Halley editrice, 513.

[3] In proposito, CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V PENALE – SENTENZA 3 ottobre 2012, n.38388. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione giudicò errata la sentenza della Corte d’appello che assolveva l’imputato per mancanza dell’elemento psicologico del dolo eventuale. Secondo la Corte, l’imputato, “pur essendo in grado di rappresentarsi la concreta possibilità che la sua azione reticente e depistante potesse causare un evento diverso da quello per cui materialmente agiva, continuare indisturbato il menage familiare […], non ha escluso la possibilità di cagionare l’evento a rischio (l’aggravamento irreversibile della già cagionata lesione della salute della moglie): gli è mancata quindi la controvolontà verso l’evento altro, con accettazione del rischio e quindi con la volizione dell’evento medesimo.”

[4] Si veda S. CANESTRARI, “La distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente nei contesti a rischio di base «consentito»”, in www.penalecontemporaneo.it , 06.02.2013.

Avv. Alessia Di Prisco

Sono Alessia Di Prisco, classe 1993 e vivo in provincia di Napoli. Iscritta all'Albo degli Avvocati di Torre Annunziata, esercito la professione collaborando con uno studio legale napoletano. Dopo la maturità scientifica, nel 2017 mi sono laureata alla facoltà di giurisprudenza presso l'Università degli Studi Federico II di Napoli, redigendo una tesi dal titolo "Il dolo eventuale", con particolare riferimento al caso ThyssenKrupp S.p.A., guidata dal Prof. Vincenzo Maiello. In seguito, ho conseguito il diploma di specializzazione presso una Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali a Roma, con una dissertazione finale in materia di diritto penale, in relazione ai reati informatici. Ho svolto il Tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari del Tribunale di Torre Annunziata affiancando il GIP e scrivo da anni per la rubrica di diritto penale di Ius In Itinere. Dello stesso progetto sono stata co-fondatrice e mi sono occupata dell'organizzazione di eventi giuridici per Ius In Itinere su tutto il territorio nazionale.

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