martedì, Ottobre 8, 2024
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Marchio “ValentinA”: uso illecito e condotta di contraffazione vs marchio “Valentino”

Marchio “ValentinA”: uso illecito e condotta di contraffazione vs marchio “Valentino

A cura di Simona Becchetti

Da ormai diversi anni, il marchio viene utilizzato da gran parte delle imprese commerciali e industriali come strumento di buisness.

Il marchio, anche comunemente definito intangible, è sicuramente uno degli asset di maggiore rilievo, rappresentativo dei beni e dei servizi prodotti e venduti dall’imprenditore.

Con particolare riferimento al settore della moda, nel momento in cui un marchio si afferma sul mercato, la sua forza si estrinseca nella possibilità di fissare prezzi di vendita unitari più elevati e/o nel conseguire maggiori volumi di vendite; oltretutto, l’ingresso in settori diversi con nuovi beni e servizi potrebbe altresì essere agevolato dalla presenza di un segno distintivo a cui la clientela associa qualità e differenziazione[1].

  1. Il caso “Valentinovs “ValentinA”

In questo contesto, si colloca il marchio “Valentino” che è il core brand dell’omonima azienda Mario Valentino S.p.A., del quale fanno parte le collezioni dell’alta moda sia femminile che maschile.

È registrato come marchio italiano per le classi 25 e 18, dagli anni 1986-1987 e sempre rinnovato, e registrato anche come marchio comunitario, per le medesime classi, nel 1999, su domanda depositata nel 1996. Come noto, la moda “Valentino” si declina attraverso gli abiti Haute Couture e Prêt-à-Porter e gli accessori “Valentino Garavani”, che comprendono scarpe, borse, piccola pelletteria, occhiali, foulard, cravatte e la linea fragranze[2].

Recentemente, nel mercato della moda si è riscontrata la presenza in commercio di borse contraddistinte dal marchio “ValentinA”, oggetto di due recenti registrazioni: la n. 1650484 depositata il 21 ottobre 2014 e concessa il 1° ottobre 2015 e la n. 1249184, rinnovo della registrazione depositata il 15 gennaio 1999 e concessa il 26 marzo 2002, di titolarità della società In Pell S.r.l.

Siffatti prodotti sono stati pubblicizzati anche attraverso il sito Internet www.ValentinAbag.it, sito il cui nome a dominio risulta di titolarità della società cooperativa FourCrea, e riferibile a tale società ValentinA S.r.l. di Rimini, titolare anche del profilo Facebook “ValentinA Bag”.

La Valentino S.p.A., pertanto, con atto di citazione del 3 novembre 2015, ha convenuto avanti al Tribunale di Bologna le società VALENTINA srl, InPell srl e Four Crea soc coop, per ottenere la declaratoria di nullità ex artt. 25 lett. a) e 12 lett. e) c.p.i. delle registrazioni aventi a oggetto il nome “ValentinA” e l’accertamento dell’illiceità della condotta posta in essere dalle convenute, sia sotto il profilo della contraffazione di marchio sia sotto quello della concorrenza sleale.

Le convenute, costituitesi in giudizio, hanno sostenuto che:  i) la tolleranza manifestata nei confronti del marchio registrato nel 1999, in effetti, vale anche per il marchio registrato successivamente, trattandosi di una semplice rivisitazione; ii) la società attrice certamente era a conoscenza della registrazione del marchio “ValentinA”, avendo dimostrato di essere oltremodo attenta alla presenza di marchi simili, e di avere passato al setaccio il mercato, in modo continuativo, come risulta dai precedenti giurisprudenziali prodotti; iii) il marchio “ValentinA” non può considerarsi nullo o confusivo, rilevando che il marchio “Valentino” distingue calzature di lusso, mentre la In Pell con il marchio “ValentinA” distingue borse concepite per l’uso quotidiano e a prezzo contenuto, dirette quindi a soddisfare un pubblico di riferimento completamente diverso.

Al fine di valutare la domanda di nullità del marchio, il Tribunale di Bologna ha precisato che occorre verificare se il secondo segno registrato (i.e. il marchio “ValentinA”) possa ritenersi nuovo, ovvero difetti di novità. Difatti, in coerenza con la funzione intrinseca del segno, l’apprezzamento sulla confondibilità fra segni distintivi similari dev’essere compiuto dal giudice in via globale e sintetica, con particolare riguardo all’insieme degli elementi grafici, visivi e fonetici dei marchi interessati, e tenuto della notorietà del marchio e del grado di somiglianza tra i prodotti. Pertanto, il Tribunale di Bologna ritenuto che è da escludere la sussistenza di alcuna interferenza tra i marchi “ValentinA” e “Valentino” – laddove il primo consista in un segno letteralmente diverso e graficamente differenziato in modo significativo, in quanto composto da lettere con caratteri peculiari, specificamente da lettera iniziale e lettera finale maiuscole e da elementi di contorno di fantasia, che conferiscono al segno una sua personalità ed originalità – ha rigettato la domanda attorea[3].

La sentenza del Tribunale emiliano è stata, successivamente, confermata dalla Corte di appello di Bologna, con sentenza del 24 novembre 2020.

Ciononostante, La Suprema Corte ha ribaltato gli esiti del primo e del secondo grado di giudizio, cassando la sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Bologna. In particolare, la Corte di Cassazione precisa che per accertare la nullità del marchio e la condotta di contraffazione, i Giudici del merito avrebbero dovuto:

  1. i) verificare se alla registrazione dei marchi si frapponesse l’impedimento di cui all’art. 12, lett. e), c.p.i.;
  2. ii) prendere in considerazione la percezione del pubblico interessato nel momento in cui il segno asseritamente lesivo aveva iniziato a essere oggetto di utilizzazione, ai fini dell’accertamento dell’eventuale contraffazione del marchio “Valentino” (Corte giust. CE 27 aprile 2006, C-145/05, Levi Strauss & Co.)[4].
  3. Registrazione e nullità del marchio

Il caso soprarichiamato mette in evidenza quanto la registrazione del marchio sia uno strumento fondamentale per le imprese commerciali e industriali – e in particolar modo per quelle che operano nel settore della moda – al fine di tutelarsi dall’eventuale utilizzo improprio dei segni distintivi che le caratterizzano.

Come noto, la maggior parte dei marchi registrati, nazionali e dell’UE, sono marchi c.d. denominativi, ossia che risultano privi di qualsivoglia caratterizzazione grafica.

Ciò posto, tuttavia, vi sono marchi in cui concorrono sia la componente denominativa che la componente figurativa.

Ebbene, qualora si debba accertare – come nel caso “Valentinovs “ValentinA” – se alla registrazione del marchio si interponga quanto sancito dall’art. 12, lett. e)[5], c.p.i., è necessario prendere in considerazione il segno oggetto di deposito e registrazione e non guardare al modo con cui venga utilizzato dall’avente diritto[6].

Pertanto, laddove si verifichi la sussistenza dell’impedimento ut supra richiamato, il marchio che sarà registrato successivamente è da dichiararsi nullo.

  1. Diritti conferiti dalla registrazione

Alla luce di quanto sopra trattato, con la registrazione del marchio, pertanto, il titolare consegue il diritto di farne un uso esclusivo.

Il titolare del marchio registrato ha, difatti, il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell’attività economica un segno identico o simile – secondo quanto previsto dall’art. 20 c.p.i. – sia per prodotti o servizi identici che affini, laddove a causa dell’identità o somiglianza fra i marchi e dell’identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa derivarne un rischio di confusione per il pubblico; confusione che, alle volte, può comportare anche il fenomeno di associazione fra i segni.

Siffatto diritto può altresì consentire al titolare del marchio registrato di vietare ai terzi di apporre il segno:

– sui prodotti o sulle loro confezioni;

– di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini;

– di offrire o fornire i servizi contraddistinti dal segno[7].

Come noto, la protezione assicurata dalla registrazione ha durata decennale, ma è potenzialmente estendibile all’infinito, mediante richiesta di rinnovazione ad ogni successiva scadenza.

A partire dalla data della richiesta di registrazione al titolare del marchio viene attribuito il diritto di utilizzare il marchio in modo esclusivo. In forza di questo diritto, pertanto, il titolare potrà – come nel caso sopra richiamato – contrastare le domande di registrazione di altri marchi successivi prima che questi diventino efficaci[8].

Tuttavia, a pena di decadenza, il marchio deve formare oggetto di uso effettivo da parte del titolare e tale uso non deve essere sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni[9].

Ebbene, per scongiurare il rischio di contraffazione e di concorrenza sleale del marchio la registrazione del marchio è uno strumento indispensabile al fine di scongiurare il rischio di contraffazione e concorrenza sleale derivanti da condotte altrui, che possono rendere confondibili due marchi agli occhi dei consumatori.

  1. Conclusioni

In conseguenza delle soprarichiamate disposizioni dottrinali e giurisprudenziali può, dunque, ritenersi che nel caso in cui caso si verifichi un fenomeno di uso illecito del marchio che si assuma simile ad un altro dotato di rinomanza, occorre prendere in esame la rinomanza di quest’ultimo al momento del deposito del primo.

Rinomanza che, pertanto, dovrà essere accertata per il marchio “Valentino” al fine ottenere la declaratoria di nullità ex artt. 25 lett. a) e 12 lett. e) c.p.i. delle registrazioni aventi a oggetto il nome “ValentinA”.

A questo punto pare però opportuno domandarsi se: il marchio “ValentinA” sopravviverà con il marchio “Valentino”.

 

[1] Fonte: Rivista dei Dottori Commercialisti, fasc. 3, 1° giugno 2018, pag. 465.

[2] Per approfondimenti si veda: https://it.wikipedia.org/wiki/Valentino_(azienda).

[3] Per approfondimenti si veda: Tribunale di Bologna – Sentenza n. 637/2018 del 27/02/2018 (Dott. Fabio Florini), disponibile al sito: https://www.giurisprudenzadelleimprese.it/requisito-di-novita-del-marchio-valentino-vs-valentina/.

[4] Per approfondimenti si veda: Cass. civ., sez. I, ord., 20 luglio 2023, n. 21738, disponibile al sito: https://www.dirittoegiustizia.it/#/documentDetail/10590224.

[5] Secondo cui “Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni che alla data del deposito della domanda… siano identici o simili ad un marchio già da altri registrato nello Stato o con efficacia nello Stato, in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data anteriore in forza di un diritto di priorità o di una valida rivendicazione di preesistenza per prodotti o servizi identici, affini o non affini, quando il marchio anteriore goda nell’unione Europea, o nello Stato, di rinomanza e quando l’uso di quello successivo senza giusto motivo trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi”.

[6] Trib. UE 29 febbraio 2012, T-525/10, Azienda Agricola Colsaliz, 37; Trib. UE 9 giugno 2010, T-138/09, Munoz Arraiza, 50.

[7] fonte: https://www.as.camcom.it/sites/default/files/contenuto_redazione/pagina_base/allegati/marchioinformazioni.pdf.

[8] Fonte: https://www.dirittodellinformatica.it/privacy-e-sicurezza/la-contraffazione-del-marchio-e-limitazione-dei-prodotti.html.

[9] Fonte: http://registrazione-marchi.infogiur.com/informazioni-marchio-d-impresa/.

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