mercoledì, Marzo 27, 2024
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Validità degli atti di accertamento notificati tramite posta ordinaria e sottoscritti con firma digitale (commento a Cass. civ., Sez. V, sent. 21 gennaio 2021, n. 1150)

A cura di Giacomo Benaglia

In una recente pronuncia la Corte di Cassazione si è espressa riguardo alla legittimità di atti di accertamento oggetto di notifica in forma cartacea per mezzo di posta ordinaria e recanti sottoscrizione tramite firma digitale.

La decisione in esame segue in particolare una serie di controversie originate tra il 2016 e il 2017 a seguito dell’intervento del legislatore che, con il d.lgs. n. 179/2016, ha modificato l’art. 2 co. 6 del Codice dell’Amministrazione Digitale (d.lgs. n. 82/2005 cd. CAD). Tali contenziosi si erano in passato conclusi con una netta esclusione da parte delle commissioni tributarie della legittimità di simili ipotesi, ritenendosi diversamente ad oggi pacifica l’ammissibilità di tali modalità a seguito delle successive modifiche operate al testo del CAD dal d.lgs. n. 217/2017[1].

Il ricorso avverso la sentenza di appello della CTR della Toscana promosso dall’Agenzia delle Entrate riguardava nello specifico l’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale si imputava al socio di una s.r.l., a fronte della ristretta base azionaria, un maggior reddito da capitale percepito. L’accertamento in questione appariva notificato nel novembre del 2016 al soggetto in forma di copia analogica, ossia cartacea, di un documento informatico e presentava sottoscrizione operata tramite firma digitale al posto di una autografa.

Il destinatario dello stesso, lamentando la non applicabilità del CAD, impugnava con successo l’atto impositivo dinnanzi alla CTP, la quale, così come confermato in seguito dalla CTR, ravvisava come invalida la sottoscrizione dell’avviso alla luce dell’inapplicabilità a tale ipotesi delle formalità previste dall’allora vigente testo del d.lgs. n. 82/2005.

La Suprema Corte con la pronuncia n. 1150 del 21/01/2021 ha accolto il ricorso successivamente promosso dall’Agenzia delle Entrate cassando la sentenza e rinviando la causa alla CTR della Toscana, ritenendo, diversamente, applicabili tali disposizioni alla fattispecie in esame. L’impostazione ermeneutica adottata segna di fatto una rilevante cesura rispetto a quanto emerso dalle precedenti pronunce di diverse Commissioni Tributarie, Provinciali e Regionali, con un probabile impatto sulle controversie in materia ancora in essere[2].

Nell’iter argomentativo delineato la Corte ha in primo luogo evidenziato come l’adozione di documenti aventi natura informatica costituisca ormai una regola generale anche a fronte della normativa europea sul tema (Regolamento UE n. 910/2014 – eIDAS), laddove diversamente l’impiego di documenti analogici rappresenti ad oggi unicamente una eccezione alla stessa.

La Cassazione ha poi proceduto accogliendo l’interpretazione presentata dall’Agenzia delle Entrate del sesto comma dell’art. 2 CAD nella versione vigente al tempo del fatto, ritenendo dunque applicabili le disposizioni dello stesso, e, conseguentemente, l’impiego di firma digitale al caso di specie. L’argomentazione della Cassazione a riguardo si articola sotto un duplice profilo, sia di natura letterale, sia di natura sistematica. Per meglio comprendere la questione risulta essenziale riportare il testo dell’articolo, il quale all’epoca era formulato al sesto comma nel modo seguente:

Le disposizioni del presente Codice non si applicano limitatamente all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, di ordine e sicurezza pubblica, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico-finanziaria e consultazioni elettorali. Le disposizioni del presente Codice si applicano altresì al processo civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico[3].

Centrale risulta la distinzione operata dai giudici tra l’espressione “attività e funzioni ispettive di controllo fiscale[4] e successivi atti impositivi. Nella ricostruzione della Corte infatti questi ultimi costituiscono atti solo eventualmente emessi a fronte dell’esito della attività di controllo fiscale, la quale riguarda indubbiamente accessi, ispezioni o verifiche svolte da Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, non rientrando dunque gli avvisi di accertamento tra gli atti esclusi dall’art. 2.

Emerge quindi una fondamentale differenza rilevata dalla Corte tra attività di accertamento e la preliminare attività di verifica e controllo ad essa funzionale e prodromica, tra atti emessi nell’esercizio di quest’ultima e atti emessi all’esito della stessa[5].

Tale distinzione, sottolinea la Corte, è peraltro riscontrabile in diverse previsioni normative all’interno dell’ordinamento, all’interno ad esempio del d.P.R. n. 600/1973 nella rubrica relativa ad accertamento e controllo, del d.P.R. n. 633/1972 in materia di IVA o nello stesso Statuto del contribuente. La ratio di tale differenziazione, e della conseguente inapplicabilità delle disposizioni del CAD ad atti relativi ad attività di controllo e verifica espressione del potere di accertamento, è da rinvenirsi nella necessaria partecipazione del contribuente nelle attività di verifica stesse, il quale, laddove sprovvisto di firma digitale, si troverebbe a subire un inevitabile pregiudizio al proprio diritto di difesa e alla possibilità di collaborare agevolmente.

La Corte ha poi evidenziato come tale lettura si ponga peraltro in linea con il successivo intervento del legislatore (d.lgs. n. 217/2017), il quale, come già ricordato, ha sancito con l’introduzione del comma 6-bis all’art. 2 la chiara applicabilità delle disposizioni del CAD agli atti di accertamento. Questo recita infatti nella versione tuttora vigente: 6-bis. Ferma restando l’applicabilità delle disposizioni del presente decreto agli atti di liquidazione, rettifica, accertamento e di irrogazione delle sanzioni di natura tributaria, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti le modalità e i termini di applicazione delle disposizioni del presente Codice alle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale[6].

Sebbene tuttavia i giudici non intendano riconoscere natura di interpretazione autentica alla disposizione così introdotta, affermano altresì come sia possibile trarre da questa una rilevante ed ulteriore conferma alla lettura ermeneutica operata di cui si è detto.

Quanto alla notifica effettuata tramite posta ordinaria, anziché mediante PEC, della copia di un documento digitale la Cassazione ha poi evidenziato come non sussistano ostacoli, a fronte dell’applicabilità del CAD agli avvisi di accertamento. Ciò laddove, come del resto avvenuto nel caso in esame, sia presente attestazione di conformità all’originale come previsto dallo stesso CAD all’art. 23, non essendo rilevabile una necessaria connessione tra il documento informatico e una successiva notifica via PEC. Possibilità quest’ultima peraltro introdotta con riguardo ad atti impositivi solo a decorrere dal 1° luglio 2017.

In conclusione, la pronuncia della Cassazione segna un rilevante distacco dalla giurisprudenza espressa in precedenza dalle Commissioni Tributarie, riconoscendo anche per il biennio seguente alle modiche apportate dal d.lgs. n. 179/2016 piena validità agli atti di accertamento emessi dall’Amministrazione finanziaria secondo le suddette modalità.

 

[1] Direzione Giustizia tributaria del Dipartimento delle Finanze, “I recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di notifica telematica degli atti tributari”, in TAX JUSTICE DF, Dicembre 2020 vol. n. 1, disponibile qui: https://www.finanze.gov.it/export/sites/finanze/.galleries/Documenti/Contenzioso/TAX-JUSTICE-DF-vol.-1-2020.pdf

Si veda a riguardo: Comm. Trib. Prov. Abruzzo, Pescara, Sez. I, sent. 19 ottobre 2017, n. 926; Comm. Trib. Prov. Veneto, Treviso, Sez. I, sent. 15 gennaio 2018, n. 55; Comm. Trib. Reg. Campania, Napoli, Sez. XXVI, sent. 07 maggio 2019, n. 3848; Comm. Trib. Reg. Liguria, Genova, Sez. V, sent. 20 gennaio 2020, n. 56.

[2] A. Soldani, “Codice dell’amministrazione digitale e atti tributari, la Cassazione cambia le regole [Corte di Cassazione, sez. trib., 21.1.2021, n. 1150]”, gennaio 2021, disponibile qui: https://dirittodiinternet.it/8725-2/

[3] Decreto Legislativo 26 agosto 2016, n. 179 – Modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

[4] Ibidem.

[5] I. Buscema, “È legittimo l’accertamento firmato digitalmente ma notificato in forma cartacea tramite posta”, gennaio 2021, disponibile qui: https://ilprocessotelematico.it/articoli/news/legittimo-l-accertamento-firmato-digitalmente-ma-notificato-forma-cartacea-tramite

[6] Decreto Legislativo 13 dicembre 2017, n. 217 – Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 179, concernente modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

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