giovedì, Aprile 18, 2024
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Whistleblower. La disciplina della tutela del segnalatore di attività illecite all’interno della Pubblica Amministrazione

Il termine whistleblower indica la pubblica denuncia di un individuo che viene a conoscenza e pubblicamente denunci attività illecite o fraudolente all’interno di un’azienda o nell’ambito della pubblica amministrazione, ove rappresenta al contempo uno degli strumenti di prevenzione della corruzione. Esempi di denuncia del whistleblower possono riguardare pericoli o frodi sul luogo di lavoro, danni ambientali, negligenze mediche, illecite operazioni finanziarie e casi di corruzione o concussione. Si segnala che il termine, che letteralmente sta ad indicare “soffiatore di fischietto”, è stato coniato negli Stati Uniti, a cui poi l’uso ha fatto immediato seguito anche nella letteratura giuridica inglese, nella seconda metà del Novecento facendo riferimento all’attività del poliziotto che ferma l’esecuzione di un illecito. Il termine è stato introdotto in Italia, invece, con la legge recante “disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione  e dell’illegalità della pubblica amministrazione”, legge 190 del 2012 che con l’articolo 51 introduce l’articolo 54 bis al decreto legislativo n.165 del 30 marzo 2001 alcune disposizioni di tutela relative al solo dipendente pubblico che segnala illeciti. Le tutele riguardano la mancata possibilità di sanzione, licenziamento o sottoposizione a misura discriminatoria avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati alla denuncia. La denuncia può essere compiuta dinanzi all’autorità giudiziaria, alla Corte dei Conti o al proprio superiore gerarchico. La segnalazione, per quanto riguarda la sfera pubblica, è presentata mediante un modulo reperibile sul sito ANAC ed inviata mediante pec (posta elettronica certificata), così come stabilito dalla delibera ANAC n. 330 del 29/03/2017. Importante è poi il secondo comma dell’articolo 51 della legge Severino che tutela l’identità del segnalante che “non può essere rivelata senza il suo consenso”. Tuttavia, una deroga a tale disposizione è contenuta nella seconda parte dello stesso comma il quale dispone che “l’identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato.  In altre parole, è importante la previa verifica del fatto che l’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione”. Dunque, affinché il procedimento disciplinare abbia inizio è necessaria la previa verifica della segnalazione. Si precisa che sulla base del secondo monitoraggio italiano dell’efficacia del whistleblower del 22 giugno 2017 compiuto dall’Autorità Nazionale Anticorruzione le segnalazioni sono passata da 14 (corrispondenti al periodo del settembre 2014) a 263 (corrispondenti al periodo del maggio 2017). Tra i soggetti segnalanti, nel periodo del maggio 2017, il 67% appartiene alla sfera dei dipendenti pubblici  e l’11% sono invece dirigenti. La tipologia di condotte illecite segnalate, nello stesso periodo, riguarda tra l’altro appalti illegittimi nella misura del 27%, mancata attuazione della disciplina anticorruzione nella misura del 4% e corruzione e cattiva amministrazione nella misura del 10%. Si rileva che le segnalazioni del whistleblower hanno ad oggetto, in particolare, una procedura anomala nella valutazione di titoli ed elaborati nei concorsi di ricercatori universitari, produzione di certificati in procedure amministrative, anomalie nella produzione di contratti a medici ed infermieri. Le segnalazioni hanno poi dato avvio all’adozione di provvedimenti di ordine da parte dell’ANAC soprattutto nel campo di vigilanza sugli appalti che è stato l’illecito più denunciato nel 2017 con il 27% del totale .

Per quanto riguarda nello specifico la tutela del whistleblower si evince dalla delibera ANAC  n. 6 dell’aprile 2015 essere abbastanza pregnante da non scoraggiare, o meglio scoraggiare meno rispetto al passato, la denuncia.  La disciplina è stata perfezionata attraverso i bisogni ravvisati nella  pratica; soprattutto grazie alle suddette linee guida che offrono delle disposizioni di principio introdotte dalla legge 190/2012 (legge Severino) volte ad incoraggiare i dipendenti pubblici alla denuncia tramite la garanzia di tutele adeguate. In particolare nella delibera si legge che “l’Autorità ritiene che ad essa spetti un generale potere di regolazione relativo alla tutela del dipendente pubblico che segnala condotte illecite, a partire dalla protezione che deve essere fornita dall’amministrazione di appartenenza del dipendente stesso”. Tale potere si inquadra in quello di indirizzo sulle misure di prevenzione della corruzione nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni e degli enti privati controllati, partecipati, regolati o finanziati dallo Stato. Inoltre, l’Autorità ha un generale potere di ricevere le segnalazioni da parte del Dipartimento della funzione pubblica. La ratio della tutela del dipendente pubblico segnalante risiede nella riservatezza della identità di chi si espone in prima persona. Però, l’Autorità prende in considerazione anche segnalazioni anonime (ovviamente purché siano corredate di particolari ed in grado di far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati), nonostante non rientrino nella tutela di cui al 54 bis del decreto legislativo 165/2001 chiaramente emanato nella volontà di tutelare i segnalatori che si identificano.

La figura del whistleblower, da prima accolta con una certa riluttanza soprattutto negli enti pubblici, ha lo scopo di riportare i comportamenti dei dipendenti pubblici sulla rotta della legalità e della lealtà, è dunque una modalità di collaborazione tra pubblica amministrazione e dipendenti. L’obiettivo è chiaramente non semplice nella sua realizzazione ma è stato efficientemente incentivato, tramite la collaborazione con la Scuola Nazionale dell’Amministrazione, tramite l’attività di formazione delle pubbliche amministrazioni. Attività che, dato l’aumento del numero di segnalazioni registratesi, ha prodotto i risultati sperati.

Infine, ci si auspica, che oltre alla messa in pratica della figura del whistleblower predisposta dal legislatore e corredata da strumenti di tutela incisivi predisposti dall’ANAC, i pubblici funzionari possano operare nell’esercizio della funzione in virtù della deontologia e dell’etica; in quanto, affinché tale strumento sia efficace è necessario un cambiamento culturale e un atteggiamento di fiducia verso la Pubblica Amministrazione.

Rossella Santonicola

Rossella Santonicola, nasce a Napoli nel 1994, é studentessa di giurisprudenza dell'ateneo federiciano attualmente iscritta al suo ultimo anno. Conseguita la maturità classica, ad indirizzo linguistico a Nocera inferiore (provincia di Salerno), città dove vive fin dalla nascita, segue poi la sua passione per lo studio del diritto. L'ammirazione per il diritto e per le lingue e culture europee la portano a studiare per un semestre diritto e Amministrazione delle Imprese all'Università cattolica di Pamplona (Spagna), grazie alla vincita di una borsa del progetto europeo ‘Erasmus’. Questa esperienza le apre nuovi orizzonti fino a farle sviluppare propensione per le materie che riguardano la Pubblica Amministrazione e la comparazione tra ordinamenti giuridici, che la conduce ad uno studio critico e ragionato del diritto. A conclusione del suo percorso universitario è attualmente impegnata a scrivere la tesi in diritto amministrativo comparato dal titolo "La prevenzione e il contrasto della corruzione. Prospettive di diritto comparato tra Italia e Francia". Da sempre amante della lettura, nel tempo libero si dedica a classici e romanzi. Ama viaggiare, scoprire posti nuovi, conoscere nuove culture e relazionarsi con persone sempre diverse. email: rossella.santonicola@iusinitinere.it

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