sabato, Ottobre 5, 2024
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Disuguaglianza economica: Paesi occidentali ed in via di sviluppo

Il fenomeno della globalizzazione, in rapporto alla disuguaglianza economica, non può essere analizzato solo in termini assoluti, ma richiede un confronto con altri fattori e processi che ha generato o con cui è, anche se in minima parte, correlato. Dall’inizio del suo sviluppo e specialmente dopo la crisi finanziaria del 2008, uno dei problemi principali al centro del dibattito sulla globalizzazione è stato il problema della disuguaglianza, che ha raggiunto davvero una dimensione globale, diventando anche uno degli obiettivi da combattere all’interno dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Se da un lato, la liberalizzazione degli scambi e la crescita economica hanno portato principalmente i Paesi asiatici, come Cina ed India, a crescere con un tasso annuale costante dell’8-10%, bisogna però sottolineare che molte aree del mondo sono rimaste nella stessa situazione, a volte con livelli di povertà estrema, da cui non riescono ad uscire, come accade in numerosi paesi dell’Africa sub-sahariana.

Gli studi dell’economista Branko Milanovic[1], uno dei massimi esperti di disuguaglianza economica, mostrano che dal 1988 al 2011 è stata la classe media globale, composta in gran parte da Cina e India, a raddoppiare il proprio reddito; al contrario, nei Paesi occidentali più avanzati, come negli Stati Uniti o nei Paesi europei, esistono ancora notevoli disparità di reddito tra i cittadini.

Dunque, se da un lato si è ridotta la disparità di reddito a livello mondiale, in molti Stati si è allargato il divario tra coloro che presentano redditi alti e coloro che, al contrario, continuano ad avere modesti salari. Ad esempio, “il PIL pro capite dello Zambia è cresciuto in media del 3% all’anno tra il 2004 e il 2013, facendo sì che lo Zambia si unisse alla categoria dei Paesi a medio-basso reddito della Banca Mondiale, ma nonostante la crescita, il numero di persone che vive al di sotto della soglia di povertà di 1,25 dollari al giorno è passato dal 65% nel 2003 al 74% nel 2010.”[2]

Indubbiamente, i fattori che contribuiscono maggiormente a questa situazione sono alcune caratteristiche delle nuove economie emergenti, in cui fenomeni come la delocalizzazione o le differenze nei costi della manodopera colpiscono anche le economie occidentali, che subiscono enormi perdite soprattutto nel campo dell’infrastruttura, manifattura e dei settori correlati. Questa pressione competitiva, invece di portare ad un avanzamento o ad un processo di innovazione nei Paesi industrializzati, ha causato una stagnazione ed una maggiore paralisi nella crescita di questi territori.

Secondo il rapporto OXFAM[3] sulla disuguaglianza: Sette persone su dieci vivono in Paesi in cui la disuguaglianza economica è peggiore oggi rispetto a 30 anni fa e le 85 persone più ricche del mondo hanno la stessa ricchezza di quella che condivide la metà più povera della popolazione mondiale“.

Analizzando l’interrelazione tra disuguaglianza e crescita economica, oltre alla globalizzazione, altre cause di squilibrio nella distribuzione del reddito sono rappresentate dai numerosi cambiamenti tecnologici e dal tipo di politica economica che ogni Stato adotta, rappresentando i tre fattori più influenti nella situazione di stagnazione in cui versano molti Paesi, soprattutto  gli occidentali.

È importante sottolineare che la disuguaglianza e la persistenza di una situazione di estrema povertà in molti Stati in via di sviluppo ha anche una grande influenza sulla percezione politica della globalizzazione, che tuttavia non può essere vista come l’unico fattore di influenza, poiché l’ineguaglianza è un fenomeno endemico alla società mondiale da secoli.

Questo problema richiederebbe un’adeguata riforma fiscale e una progressività delle imposte, soprattutto nelle grandi multinazionali e nelle classi con maggiori entrate e patrimonio, ma a livello sociale ciò incontra una forte avversione per l’aumento delle tasse e per la mancanza di una cooperazione inter-statale per combattere l’evasione fiscale.[4]

La percezione che si ha della disuguaglianza economica a livello mondiale non è sempre corretta: pensare ai Paesi occidentali come ai più avanzati ed in particolare all’America latina e all’Africa come quelli che, invece, si trovano in situazioni di estrema povertà non sempre corrisponde alla piena verità e potrebbe rivelarsi un’analisi alquanto superficiale rispetto alla realtà: al contrario, è proprio in queste aree che c’è il maggior divario tra situazioni di estrema ricchezza e profonda povertà.

A questo proposito, possiamo distinguere tra due tipi di disuguaglianza:
Interstatale: ossia che registra in particolare i divari tra i Paesi industrializzati e quelli che sono ancora in via di sviluppo.
Intrastatale:  cioè un impatto più generale e orizzontale che ha colpito quasi tutti i Paesi nel panorama globale.

Per questi motivi, la ricchezza estrema non deve essere pensata solo come una questione inerente ai soli Paesi occidentali più avanzati, dal momento che ci sono 16 milioni di milionari nell’Africa sub-sahariana che convivono con milioni di persone nella più estrema povertà. Va anche evidenziato il forte impatto che il fenomeno della disuguaglianza genera nei settori sindacali e del lavoro di molti Paesi in via di sviluppo, come Vietnam, India e Kenya, dove si riscontrano i salari più bassi al mondo.

Per affrontare dunque gli squilibri crescenti tra le economie, ci sono alcune riforme che dovrebbero essere prese in considerazione. Uno strumento per combattere la disuguaglianza crescente potrebbe essere la creazione di una tassa globale sul capitale, come proposto dall’economista francese Thomas Piketty. Con ciò si intende una tassazione progressiva che inizierebbe a livello regionale, poi nazionale, continentale ed, infine, globale sul capitale individuale, cioè il valore netto delle attività che ogni persona controlla. Tuttavia, prima di imporre questo tipo di imposta sul capitale sarebbe necessario creare un meccanismo ed un sistema di trasparenza finanziaria a livello internazionale.[5]

Benché utopistiche, queste idee si concentrano sugli aspetti prettamente economici della disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza in tutto il mondo, che tuttavia hanno conseguenze in tutte le aree di sviluppo dei Stati, a livello globale.

Una spiccata disuguaglianza ha conseguenze importanti non solo nella crescita economica, ma anche nel campo della legittimazione politica, della democrazia e della lotta alla povertà e per questo motivo deve essere affrontata come una questione pubblica globale.

 

[1] Branko Milanovic, “Why the global 1% and the Asian Middle Class have gained the most from Globalization”, 13/05/2016, Harvard Business Review,

Disponibile su: https://hbr.org/2016/05/why-the-global-1-and-the-asian-middle-class-have-gained-the-most-from-globalization

[2] Rapporto OXFAM, “Bene pubblico o ricchezza privata?”, Gennaio 2019, disponibile su: https://www.osservatoriodiritti.it/wp-content/uploads/2019/01/rapporto-oxfam-pdf.pdf

[3] Rapporto OXFAM, “Eliminare la disuguaglianza estrema”, Oxford, Ottobre 2014.

[4] Federico Steinberg, “Llevar la desigualdad al centro del debate político”, 03/11/2014, Real Instituto Elcano,

Disponibile su: http://www.blog.rielcano.org/llevar-la-desigualdad-al-centro-del-debate-politico/

[5] Thomas Piketty, “Il capitale nel XXI secolo”, 2014.

Fonte immagine: https://www.zibaldoneweb.it/le-disuguaglianze-sociali-nellobiettivo-di-un-drone/

Rachele Renno

Dottoressa in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali  presso l’Università “L’Orientale” di Napoli, Master di specializzazione in Relazioni Internazionali presso l'Instituto de Estudios Europeos di Madrid. Esperienza di ricerca presso il think-tank “Real Instituto Elcano” di Madrid, nel campo della “Politica dell’Unione Europea e della Spagna”. Tra i principali interessi la politica internazionale e la tutela del patrimonio artistico e culturale, motivo per il quale sono socia dell’associazione UNESCO Giovani. Attualmente co-worker presso la società di ricerca e comunicazione "Think Thanks" e contributor nell'area di Politica Economica.

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