venerdì, Ottobre 4, 2024
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La cessione di crediti futuri

Un tema che è volentieri frequentato dalla dottrina e dalla giurisprudenza è quello della cessione di crediti futuri, per i quali la letteratura, anche meno recente, non dubita che possa formare oggetto della cessione [1].

È bene fare alcune precisazioni sulla nozione stessa di credito futuro. In dottrina si afferma che credito futuro è il credito che non è attualmente esistente nel patrimonio di alcuno. Esso, dunque, si distingue dal credito altrui, dove nel primo caso si tratta di un credito che deve ancora venire ad esistenza, nel secondo caso si tratta di un credito che esiste ma è attualmente esistente nel patrimonio di alcuno. Ma il credito futuro si distingue anche dal ‹‹credito esistente ma inesigibile, o per il quale – esistente – non è ancora sorto l’obbligo di eseguire la prestazione›› [2].

L’ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico di un negozio dispositivo di crediti futuri si fonda sull’art. 1348 c.c., il quale dispone che ‹‹la prestazione di cose future può essere dedotta in contratto››. Dalla disposizione da ultimo richiamata, si ricava che l’ordinamento riconosce l’autonomia delle parti a prevedere in contratto una prestazione di cose future, ma d’altro canto non si può non rilevare l’assenza di una indicazione che permetta all’interprete di definire il credito futuro [3].

La lettera della formulazione contenuta nella disposizione da ultimo richiamata si mostra troppo ampia, potendo considerare ipoteticamente bene futuro tutto quanto potenzialmente è destinato a entrare nel patrimonio di uno dei contraenti [[4]]. Tuttavia, si impone una maggiore precisione, in quanto l’art. 1346 c.c. stabilisce che ‹‹l’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile››. Proprio la determinabilità del credito richiede che l’oggetto del contratto sia “attualmente” determinato o determinabile, anche se è difficile dire quando un credito abbia queste caratteristiche [5].

Ai fini di individuare il bene futuro, l’indagine andrebbe condotta sulla base di quanto viene individuato nel contratto di riferimento sulla base dei ‹‹referenti descrittivi e rappresentativi necessari e sufficienti a integrare un oggetto determinato››. Alternativamente, si dovrebbero enucleare dei ‹‹criteri per la successiva determinazione da indicare, comunque, nel contenuto contrattuale perché l’oggetto possa considerarsi fin dall’origine determinabile›› [6].

Da quanto premesso, emerge che i tentativi di circoscrizione del concetto ancora troppo vaghi per riuscire a garantire la libera esplicazione del potere di autodeterminazione dei privati, sottraendo l’oggetto del contratto in sede di esecuzione all’arbitrio di una o anche di entrambe le parti.

Seppur ormai superata, parte della dottrina minoritaria reputa che la nozione di credito futuro non può prescindere dall’esistenza al momento della cessione del rapporto giuridico da cui il credito dovrà sorgere e, dunque, della fonte del credito [7].

Al contrario, l’orientamento prevalente ammette non solo che la cessione del credito possa avere ad oggetto il trasferimento di un credito futuro, ma addirittura che possa essere ceduto anche un credito connesso a un rapporto giuridico semplicemente sperato, ossia meramente eventuale, sottendendo una situazione di aleatorietà ancora più accentuata rispetto ai crediti connessi a un rapporto non ancora sorto [8].

Con riferimento agli effetti che derivano dalla cessione dei crediti futuri, in dottrina sono state prospettate differenti ricostruzioni della cessione di crediti futuri. Secondo alcuni, la cessione di crediti futuri dispiega effetti solo obbligatori fino a che il credito non venga ad esistenza e solo quando il credito sorge anche effetti reali, secondo altri, si tratta di un negozio sottoposto a condizione legale, da cui deriva il differimento sia degli effetti traslativi sia degli effetti reali.

La prima ricostruzione, condivisa anche dalla prevalente giurisprudenza di merito e di legittimità [9], riconosce alla cessione del credito futuro solo effetti obbligatori fino a quando il credito non viene ad esistenza, mentre il trasferimento del credito si verifica al momento del suo sorgere [10]. A fondamento di questa ricostruzione vi è ‹‹l’art. 1472 c.c., il quale, prevedendo che l’acquisto di proprietà di cosa futura si verifichi quando la cosa viene ad esistenza, presuppone che la vendita del bene futuro produca, fino a tale momento, effetti obbligatori››, così che il cedente deve comunicare al cessionario quando il credito è sorto [11].

Un’altra parte di interpreti, in considerazione del tenore letterale dell’art. 1472 c.c., ritiene che la vendita di cosa futura è un negozio sottoposto a condizione, il cui avverarsi produce effetti ex tunc ai sensi degli artt. 1356 c.c.[12].

Aderendo a questa ricostruzione, la cessione di un credito futuro non avrebbe ad oggetto il credito che non è ancora esistente ma una situazione di aspettativa giuridica, senza contrastare con il principio espresso dal brocardo latino nemo potest transferre plus quam ipse habet, secondo il quale il cedente trasferisce il credito futuro in un momento in cui non è ancora titolare del credito [13].

In questo modo, la cessione produce immediatamente l’effetto traslativo della situazione preliminare e l’acquisto del diritto di credito avviene direttamente nella sfera giuridica del cessionario, appena si sarà verificato il fatto che condizionava il venire ad esistenza del diritto, in quanto la fattispecie negoziale costitutiva del diritto è già completa nei suoi elementi essenziali [14].

Concludendo, l’accoglimento di una ricostruzione o l’altra comporta delle conseguenze diverse, dovendo distinguere caso per caso se le parti nella cessione hanno inteso disporre dell’aspettativa o del diritto futuro. Il trasferimento del credito futuro produce l’effetto traslativo solo quando il diritto verrà ad esistenza, il trasferimento dell’aspettativa produce immediatamente l’effetto, riflettendosi l’acquisto in capo al cessionario secondo le regole pertinenti all’avveramento della condizione [15].

[1]In argomento v., per una compiuta ricostruzione del tema, S. TROIANO, La cessione dei crediti futuri, Padova, 1999.

[2]F. Caringella, Le modificazioni soggettive del rapporto obbligatorio, Milano, 2010, 103.

[3]Proprio in forza del principio espresso dall’art. 1348 c.c. si riconosce la cessione di crediti futuri; significativa sul punto è anche la previsione ai sensi dell’art. 3 della l. 21 febbraio 1991 n. 52, che prevede la cedibilità di contratti che non sono ancora stipulati, ma che possono sorgere nell’arco temporale dei ventiquattro mesi successivi, o se sia individuato il debitore ceduto.

[4]G. Finazzi, La cessione del credito, in La circolazione del credito. Cessione “factoring” cartolarizzazione, in L. Garofalo L., M. Talamanca (diretto da), “Trattato delle obbligazioni”, volume IV, tomo I, a cura di R. Alessi- V. Mannino, Padova, 2008, 172-173.

[5]U. Breccia, Le obbligazioni, Trattato dir. civ. (a cura di Iudica – Zatti), Milano, 1991, 777.

[6]S. Troiano, La cessione dei crediti futuri, Padova, 1999, 233; G. Finazzi, La cessione del credito, cit., 174.

Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 31896, 10 dicembre 2018, ha stabilito che: «non esiste una norma che vieta la disponibilità dei diritti futuri perché meramente eventuali, bastando che, nel negozio dispositivo, sia individuata o sia determinata (o determinabile) la fonte dei crediti perché automaticamente siano ricompresi nella vicenda traslativa quelli che da tale fonte deriveranno (e non solo nel caso in cui oggetto del negozio sia un singolo credito futuro, ma anche in quello in cui ne sia oggetto una pluralità di essi)».

[7]F. Marani, Notifica, accettazione e buona fede,Modena, 1977, 238, nota 26; sul punto anche Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 5943, 5 novembre 1980, secondo la quale «Nei limiti in cui è consentito all’autonomia negoziale dedurre in contratto la prestazione di cose future, è ammissibile la cessione di crediti futuri, sempre che al momento della conclusione del negozio sussista già il rapporto giuridico di base dal quale traggono origine ed essi siano, quindi, fin da quel momento determinati o determinabili». F. Caringella, Le modificazioni soggettive, cit., 104, nota 260, sostiene che l’esistenza del rapporto giuridico è la conditio sine qua nonper poter ammettere una cessione di crediti futuri. In particolare, l’Autore rileva come questo concetto venga applicato abbondantemente nell’area lavoristica dove si sono potute fare delle riflessioni importanti. A fini esemplificativi, si riporta quanto la Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 20758, 26 ottobre 2005, ha sostenuto in merito alla cessione del credito per il futuro TFR, secondo la quale ‹‹si dispone di un diritto già maturato, anche se non esigibile prima della cessazione del rapporto››, arrivando a dire che il TFR si configura come un diritto attuale e non come credito futuro.

[8]Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 4040, 8 maggio 1990, ha affermato che «rientra nella nozione di credito futuro suscettibile di cessione anche un credito semplicemente sperato cioè meramente eventuale; l’aleatorietà che in tal caso caratterizza il contratto di cessione è insita nella nozione di cosa futura e non comporta l’invalidità del negozio». Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 31896, 10 dicembre 2018, ribadisce ancora una volta la possibilità cedere crediti sperati, da ultimo ripresa in Trib. Bergamo, n. 1948, 14 settembre 2019. Si richiama qui anche la famosa Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 15141, 26 ottobre 2002, con la quale vengono distinti i crediti futuri in eventuali in concreto e eventuali in astratto, potendo questa classificazione assimilarsi alla distinzione dei crediti futuri e dei crediti sperati.

[9]Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 6422, 22 aprile 2003.

[10]G. Finazzi, La cessione dei crediti, cit., 184, note 150-151.

[11]G. Finazzi, La cessione dei crediti, cit., 189.

[12]S. Troiano, La cessione, cit., 235 ss.; 240 ss.; 246 ss.

[13]S. Troiano, La cessione, cit., 495, nota 83.

[14]S. Troiano, La cessione, cit., 91, secondo il quale l’aspettativa ‹‹acquista, una volta formalizzata, una vita almeno potenzialmente autonoma, potendo circolare indipendentemente dalla posizione contrattuale sottostante››. Come ben riporta A. Natale, Il debitore ceduto, Padova, 2012, 92 ss., l’aspettativa giuridica si distingue dalla mera aspettativa di fatto, con il negozio di cessione non si produrranno gli effetti traslativi veri e propri e quindi non si verificheranno gli effetti connessi al trasferimento, ma solamente quelli obbligatori.

[15]Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 5616, 28 febbraio 2020, ribadisce l’affermato principio secondo il quale: «In tema di insinuazione allo stato passivo, ai fini dell’efficacia della cessione di crediti futuri in pregiudizio del fallimento del cedente, è sufficiente che la notifica o l’accettazione della cessione sia stata effettuata con atto avente data certa anteriore al fallimento, invece, per i crediti soltanto eventuali, la prevalenza della cessione richiede che la notificazione o accettazione non solo siano anteriori al fallimento, ma anche posteriori al momento in cui il credito sia venuto ad esistenza».

Serena Tonello

Serena Tonello nasce nel gennaio del 1996. Dopo aver conseguito la maturità classica, Serena si è laureata nel luglio 2020 in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Padova con il punteggio massimo e la lode, discutendo una tesi in Diritto Civile con il professore Stefano Delle Monache. In settembre 2017 ha preso parte al progetto Erasmus presso l'Università di Innsbruck fino a giugno 2018. In febbraio 2018 ha partecipato ad una Winter School organizzata dall'associazione ELSA dell'Università di Praga, prendendo parte al corso "GDPR" e in giugno 2018 ha partecipato a una Summer School presso la Wake Forest University sul tema "Comparative Professional Responsibility". Dopo alcune altre esperienze lavorative all'estero, attualmente sta svolgendo la pratica forense in uno studio legale a Padova.

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