venerdì, Luglio 26, 2024
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L’ammissibilità della nullità selettiva al vaglio delle Sezioni Unite

Con ordinanza n. 23927 del 2 ottobre 2018 la prima Sezione civile della Corte di Cassazione ha deciso di rimettere alle Sezioni Unite la questione dell’ammissibilità, nel silenzio della legge, della c.d. nullità selettiva dei contratti di investimento finanziario.

In verità la questione era già stata oggetto di una precedente ordinanza di remissione formulata dalla medesima Sezione nel 2018, ma in tale occasione il quesito fu ritenuto dalle Sezioni Unite assorbito dalla preminente rilevanza della questione principale attinente alla nullità del contratto quadro di investimento sottoscritto dal solo investitore[1].

In attesa che le Sezioni Unite prendano definitivamente posizione sulla questione, la rinnovata rimessione della questione attesta la particolare rilevanza e delicatezza della stessa, nella quale – come afferma la Corte allo stesso punto 5 dell’ordinanza – “temi specifici della contrattazione finanziaria incrociano profili più generali del diritto delle obbligazioni (regime delle nullità di protezione, sanabilità del negozio nullo, opponibilità delle eccezioni di correttezza e buona fede), e la difficile ricerca di un punto di equilibrio tra le opposte esigenze, di garanzia degli investimenti operati dai privati con i loro risparmi (art. 47 Cost.) e di tutela dell’intermediario, anche in relazione alla certezza dei mercati in materia di investimenti finanziari”.

Tale pronuncia nasce nell’ambito di un procedimento che vedeva agire nel 2006 un investitore nei confronti del proprio intermediario, richiedendo la nullità del contratto-quadro di investimento per difetto di forma scritta (prescritta, appunto, a pena di nullità, ai sensi dell’art. 23 del T.U.F.[2]) e la restituzione delle somme a tal fine investite rispetto a (soli) alcuni ordini di investimento rivelatisi infruttuosi. Di contro, l’intermediario con domanda riconvenzionale richiedeva la compensazione legale, exart. 1243 c.c., tra le somme richieste e quelle riscosse dall’investitore sulla base di tutti gli ordini di investimento effettuati in forza del contratto quadro nullo. Il giudice di primo grado riteneva fondate entrambe le domande e condannava pertanto l’investitore alla restituzione all’intermediario delle maggiori somme incassate attraverso la complessiva operazione di investimento, travolta dalla nullità del contratto quadro. L’investitore proponeva appello avverso tale pronuncia, che il giudice di secondo grado riformava parzialmente, in assenza di una formale domanda dell’intermediario di restituzione delle cedole riscosse dall’investitore in forza di operazioni eseguite sulla base dei contratti quadro nulli. La sentenza di appello si limitava, pertanto, a compensare quanto reciprocamente dovuto dalle parti rispetto agli ordini di investimento selezionati dall’investitore. Quest’ultimo proponeva ricorso in Cassazione, affidato a sei motivi, rispetto ai quali il secondo riveste carattere preliminare in quanto attinente all’ammissibilità ed alla speciale natura della nullità selettiva. Secondo il ricorrente, infatti, l’art. 23 T.U.F. nel riconoscere al solo investitore la possibilità di agire per far valere la nullità del contratto quadro per difetto di forma scritta, qualificherebbe tale nullità speciale come protettiva dell’interesse del solo investitore. Ne deriva che, ai sensi degli artt. 99 e 100 del c.p.c., soltanto l’investitore medesimo sarebbe legittimato ad agire per far valere la suddetta nullità, circoscrivendone gli effetti caducatori a soltanto alcuni dei negozi successivamente posti in essere nell’ambito del rapporto finanziario con l’intermediario, il quale non potrebbe opporre l’inefficacia di negozi diversi da quelli selezionati dall’investitore al fine di richiedere la restituzione (e la compensazione) di tutte le somme percepite dall’investitore in occasione del rapporto scaturente dal contratto quadro nullo.

Rispetto all’ammissibilità di una simile ricostruzione dell’istituto della nullità selettiva si sono registrati in giurisprudenza differenti indirizzi interpretativi.

Un primo indirizzo giurisprudenziale[3]ritiene la nullità selettiva perfettamente legittima ed in linea con la ratiosottesa alle nullità di protezione, che è quella di tutelare il soggetto debole del rapporto dai possibili abusi della controparte. Pertanto, l’investitore sarebbe legittimato ad eccepire la nullità dei soli ordini di esecuzione del contratto-quadro nullo percepiti come pregiudizievoli.

Un secondo indirizzo giurisprudenziale[4], di segno opposto, nega l’ammissibilità della nullità selettiva in quanto contraria alla buona fede ed ai doveri di correttezza reciproca gravanti sui contraenti, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c. Il ricorso alla nullità del contratto-quadro di investimento, se circoscritto soltanto a taluni ordini di acquisto, potrebbe rivelarsi uno strumento opportunistico e pretestuoso nelle mani dell’investitore. Pertanto, per scongiurare forme di abusivo esercizio del diritto, che l’ordinamento riconosce al solo investitore, va riconosciuta all’intermediario la possibilità di opporre l’exceptio doli generalis al fine di disapplicare l’art. 23 T.U.F. ogniqualvolta la pretesa dell’investitore, pur formalmente legittima, si riveli sostanzialmente iniqua poiché diretta a trasferire opportunisticamente sull’intermediario l’esito negativo di uno o più investimenti.

Infine, un terzo indirizzo giurisprudenziale[5], maggiormente bilanciato, nega l’opponibilità all’investitore tanto dell’eccezione di dolo quanto quella dell’intervenuta sanatoria del negozio nullo per rinuncia a valersi della nullità o per convalida dello stesso. Tali eccezioni, infatti, sono ammissibili soltanto in relazione ad un contratto-quadro formalmente esistente e non già (come nel caso di specie) rispetto ad un contratto-quadro affetto da nullità per difetto della forma prescritta. Tuttavia, avendo la disciplina della nullità di protezione introdotta dall’art. 23 T.U.F. natura speciale, per quanto non espressamente previsto dal legislatore troverà applicazione la disciplina generale delle nullità di diritto comune. Secondo i principi di diritto comune in materia, la nullità del contratto-quadro travolge a cascata gli effetti dei successivi negozi posti in essere dalle parti in esecuzione dello stesso, sorgendo il diritto delle parti a ripetere l’uno nei confronti dell’altro le reciproche prestazioni, al fine di ripristinare lo status quo ante l’ipotesi di nullità, con possibile compensazione delle stesse.
Alla luce di tali considerazioni, l’intermediario sarebbe legittimato ad eccepire la compensazione tra la somma (complessivamente) versata dall’intermediario ai fini dell’investimento e la somma che l’intermediario abbia (complessivamente) riscosso per conto dell’investitore, ed abbia corrisposto al medesimo a titolo di frutti civili.

La questione sottoposta all’esame delle Sezioni Unite è, dunque, di più ampio respiro in quanto volta a raccordare, nell’ottica dell’equo contemperamento di interessi, la disciplina della nullità di protezione(a tutela dell’investitore) con quella della nullità di diritto comunee della conseguente reciproca ripetibilità delle prestazioni indebitamente eseguite (a tutela dell’intermediario). Tuttavia, uno dei nodi ermeneutici che sembra necessario sciogliere preliminarmente attiene alla natura degli ordini di acquisto disposti dall’investitore in esecuzione ad un contratto-quadro. Laddove tali negozi si considerino meramente esecutivi del regolamento contrattuale precedentemente concluso (perciò atti giuridici e non contratti), in forza dell’unitarietà dell’operazione contrattuale sarà possibile sostenere l’estensione automatica della nullità del contratto-quadro a tutti gli ordini esecutivi successivi. Viceversa, laddove si ipotizzi l’autonomia negoziale di questi ultimi, l’invalidità del contratto-quadro non sarà sufficiente a caducarne gli effetti, in quanto sarà ulteriormente necessario per l’investitore procedere alla dimostrazione di una nullità propria o derivata – con accertamento incidente tantum della nullità dei negozi connessi – del singolo ordine di acquisto impugnato. Interpretare una nullità selettiva in questi termini non creerebbe particolari problemi.

Problematica è invece l’ammissibilità di una nullità selettiva “presuntiva” nell’ambito di un rapporto di intermediazione finanziaria che è qualificato come unitario. In tale situazione, infatti, riconoscere la nullità selettiva in favore dell’investitore, significherebbe legittimare quest’ultimo sulla base della sola nullità del contratto-quadro a privare di efficacia soltanto alcuni dei negozi di acquisto successivi, facendo salva l’efficacia degli ordini di acquisto non impugnati ma parimenti adottati in forza del medesimo contratto-quadro invalido. La tesi che vede la nullità di protezione come selettiva esclude, a fronte di un’azione di nullità volta a far valere il vizio contrattuale con riferimento solo alle operazioni in perdita, la proponibilità di una domanda riconvenzionale o di un’eccezione di compensazione (exart. 1243 c.c.).

Una terza via potrebbe essere offerta dalla qualificazione degli ordini di esecuzione del contratto-quadro come negozi autonomi ma allo stesso tempo connessi, nel senso che l’invalidità o l’inadempimento dei singoli ordini di acquisto fa salva la validità ed efficacia della restante operazione di investimento, mentre l’invalidità del contratto-quadro si estenderebbe automaticamente a tutti i negozi posti in essere dalle parti in esecuzione dello stesso, venendo meno il presupposto legittimante l’accordo delle parti (secondo lo schema della c.d. presupposizione). In tale quadro, una domanda dell’investitore volta a far dichiarare la nullità di soltanto alcuni ordini di acquisto verrebbe assorbita dalla domanda principale di nullità del contratto-quadro. Una nullità selettiva sarebbe allora solamente ammissibile nelle (limitate) ipotesi di impugnazione dei soli singoli ordini di esecuzione per cause invalidanti loro proprie o comunque consequenziali alla nullità del contratto-quadro, che però è conosciuta dal giudice soltanto in via incidentale e senza possibilità di pronunce d’ufficio.
Ma è evidente che, anche in tal caso, subirebbe una inevitabile preclusione la domanda riconvenzionale dell’intermediario, così come l’eventuale eccezione di compensazione, vertenti o dipendenti dalla nullità del contratto-quadro che ex legeè il solo investitore legittimato a far valere.

Quanto alla connessa domanda di restituzione dell’indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c.,occorre comunque tenere distinti il piano della nullità-presupposto da quello della restituzione-conseguenza. Soltanto nel primo caso la normativa speciale prevede un regime derogatorio rispetto alle regole di diritto comune, restringendo la legittimazione a far valere la nullità del contratto-quadro al solo investitore e non anche all’intermediario. Quanto alle conseguenze di tale dichiarazione di nullità il T.U.F. nulla dice, e così facendo non pone alcuna limitazione all’attivazione del meccanismo restitutorio-ripristinatorio di diritto comune anche da parte dell’intermediario. In altre parole, la scelta di far valere la nullità del contratto-quadro è circoscritta al solo contraente debole, ma a seguito di tale accertamento da parte dell’autorità giudiziaria sorge in capo ad entrambi i contraenti il diritto a recuperare quanto indebitamente versato alla controparte in occasione del rapporto obbligatorio nullo.

[1]Cfr. Cassazione Civile, Sez. Un., 16 gennaio 2018, n. 898, la quale ha affermato che: “Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dall’art. 23 del d.lgs. 24/2/1998, n. 58, è rispettato over sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”. Il medesimo principio di diritto è stato affermato anche nella pronuncia successiva delle Sezioni Unite n. 1653/2018.

[2]Ai sensi dell’art. 23 del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (T.U.F.): “1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori, sono redatti per iscritto, in conformità a quanto previsto dagli atti delegati della direttiva 2014/65/UE, e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma, assicurando nei confronti dei clienti al dettaglio appropriato livello di garanzia. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. 2. È nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tal casi nulla è dovuto.3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente.”

[3]Cfr. Cass. 27.04.2016 n. 8395, la quale afferma che: “l’uso selettivo della nullità è coerente con il peculiare regime giuridico delle nullità di protezione. L’investitore che non può interferire nella formazione del contratto a causa dell’asimmetria negoziale che ne costituisce una delle principali caratteristiche, è libero di decidere di avvalersi dell’eccezione di nullità e di limitarne gli effetti restitutori senza travolgere per intero gli investimenti eseguiti”.

[4]Cfr. Cass. 17.05.2017, nn. 12388; 12389; 12390.

[5]Cfr. Cass., 24.04.2018, n. 10116, la quale afferma che: “in materia di intermediazione finanziaria, allorché le singole operazioni di investimento abbiano avuto esecuzione in mancanza della stipulazione del contratto quadro, previsto dal Decreto Legislativo. 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 23, all’investitore, che chiede che ne sia dichiarata la nullità solo di alcune di esse, non sono opponibili l’eccezione di dolo generale fondata sull’uso selettivo della nullità e, in ragione della protrazione nel tempo del rapporto, l’intervenuta sanatoria del negozio nullo per rinuncia a valersi della nullità o per convalida di esso, l’una e l’altra essendo prospettabili solo in relazione ad un contratto quadro formalmente esistente”.

Andrea D'Introno

Grazie alla partecipazione al Percorso di Eccellenza (un percorso di studi personalizzato riservato agli studenti meritevoli), consegue con un anno di anticipo il titolo di Dottore magistrale in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Foggia, con votazione di 110 cum laude e plauso accademico, discutendo una tesi in Diritto Civile e Privato Europeo, dal titolo: "Il Meccanismo Unico di Tutela del Risparmio: un'indagine tra responsabilità e continuità delle imprese bancarie in risoluzione" Prima della laurea si iscrive al Registro dei Praticanti del Tribunale di Foggia, a far data da settembre 2018, per lo svolgimento del periodo di pratica forense anticipata presso lo studio Legale del Prof. Avv. Gianpaolo Impagnatiello. Tutor disciplinare di dipartimento presso la cattedra di Istituzioni di Diritto Privato. Ha conseguito un Master di II livello in Diritto Privato Europeo alla Sapienza, diretto dal Prof. Avv. Guido Alpa. Vincitore di borsa Erasmus + for Traineeship, presso lo Studio Legale De Berti Jacchia Franchini Forlani, sede di Bruxelles. Vincitore della selezione indetta dall'Avvocatura Generale dello Stato di Roma per 23 praticanti (collocandosi al quinto posto su scala nazionale) ed attualmente tirocinante presso la stessa ex art. 73 del D.L. 69/2013. Iscritto al Registro dei Praticanti del Tribunale di Roma da maggio 2019. Tirocinante presso l'Autorità garante per la protezione dei dati personali. Attualmente perfezionando presso il Corso di perfezionamento in diritto dell'Unione europea dell'Università Federico II di Napoli.

Appassionato di Diritto Amministrativo, Diritto comparato e Diritto Europeo.

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