L’interlocuzione del P.M. con le parti delle procedure concorsuali nel “nuovo” codice della crisi di impresa
Il Codice della Crisi di impresa, pubblicato in Gazzetta lo scorso 14 Febbraio e che entrerà in vigore il 14 Agosto 2020, prevede all’art. 41 c. 5 un potere di intervento del Pubblico Ministero nelle ipotesi di liquidazione giudiziale, ovvero negli accordi di ristrutturazione, concordato preventivo[1].
Orbene, come si evince dalla ratio legis del Codice, il Pubblico Ministero riveste un ruolo fondamentale che va ben oltre le sue vesti da penalista puro. Allo stesso, di fatto, sono riconosciuti i classici poteri investigativi che si concretizzano nella conoscenza della fattispecie penale in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi, ma anche in un potere di segnalazione previsto dall’art. 44 del Codice della Crisi. A tali poteri investigativi, invero, corrisponde il naturale potere di avvio del procedimento penale affinché venga accertato il delitto posto in essere: nella logica aziendale tale potere è proceduto da un processo di interlocuzione che coinvolge il PM e le parti che si accingono al fallimento, ora crisi, dell’impresa. Tale potere di interlocuzione si concretizza mediante la missiva di pareri e osservazioni tra parti e PM che, al contempo, coinvolgono anche il Tribunale.
L’interlocuzione che riconosce ad oggi un ruolo principale al PM è normata dal Codice della Crisi di impresa e dell’Insolvenza il quale, parrebbe, concedere al PM un ruolo “complesso” nel quale lo stesso è chiamato ad esprimere il proprio parere sull’accordo di ristrutturazione, sulla domanda di concordato preventivo al fine di decretarne l’ammissione, e sulla fattibilità dei piani industriali. Parimenti l’art. 44[2] del suddetto codice disciplina il rapporto dialettico processuale instaurato tra le parti e il Pubblico Ministero, il quale resta vincolato alla proposizione di una formale opposizione delle istanze presentate dalle parti, che hanno come unico obiettivo quello di fornire al Tribunale le proprie osservazioni in materia di bilancio, ovvero inerenti alla situazione patrimoniale dell’impresa. Tuttavia, nella Riforma, non è disciplinata una partecipazione “necessaria” del PM, non vi sono ipotesi in cui l’assenza di partecipazione del Pubblico Ministero possa in qualche modo rendere nulle le procedure atte a regolamentare la crisi. Di fatto, questo nuovo Codice, parrebbe rafforzare i poteri inquisitori dell’accusa per ciò che concerne la condotta debitoria durante le fasi di svolgimento delle procedure di composizione e regolazione della crisi. Dal combinato disposto degli artt. 40 e 48 CCI emerge poi che il Pubblico Ministero ha il potere di opporsi all’omologazione del concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione dei debiti. Il potere di opporsi si propone mediante la presentazione di memorie depositate entro il termine perentorio di almeno 10 giorni prima dell’udienza, ergo poco prima che vi sia la costituzione del fatto non costituente reato, il Pm può già esprimere il proprio pensiero sugli accordi che l’imprenditore intende stipulare al fine di salvare la propria impresa. Il contenuto del parere che esprimerà il Pubblico Ministero è disciplinato dall’art. 48 c. 3 CCI[3], ove il primo punto riguarderà sicuramente la fattibilità del piano e i successivi appigli normativi che giustificheranno l’approvazione o, per contro, la negazione dell’accordo, come altresì confermato dal c.6 del menzionato articolo[4]. Invero, l’obbligo di comunicazione con l’organo inquisitorio non è disciplinato unicamente da questi due articoli, bensì a rafforzare la previsione normativa vi sarebbe anche l’art. 92 c. 5[5] del Codice, secondo il quale il PM deve essere costantemente informato dell’andamento delle procedure e gli è consentito, sempre, esprimere le proprie opinioni. La ratio legis sottesa a questo insieme di articoli, sembrerebbe auspicare la presenza stabile di un soggetti laureato in economia che sappia affiancare i PM nello svolgimento delle analisi degli atti e dei fatti relativi alle singole procedure.
Lo scambio di pareri, associato ad uno studio comparato e congiunto tra il Pubblico Ministero e gli esperti, di fatto, appare necessario per comprendere – e, di conseguenza, risolvere – in toto le problematiche sottese alle procedure concorsuali già dalla loro genesi. Seppur obsoleta, la legge fallimentare del 2012, all’art. 33 prevedeva l’invio tempestivo delle relazioni al P.M., attraverso la cui collaborazione era possibile incidere sulle indagini in maniera decisiva. Sulla scia del dettato normativo dell’art. 33 Lf la relazione andava depositata entro 60 giorni dalla redazione dell’inventario, termine che però non veniva mai rispettato concretamente in quanto il curatore fallimentare, entro i 60 giorni, non ha mai a disposizione tutti i dati necessari per redigere, secondo i parametri, l’atto da trasmettere al Pubblico Ministero. Pertanto, il Giudice disponeva un rinvio per consentire al curatore il deposito della relazione.
Nella prassi, tale problematica, potrebbe essere ovviata attraverso l’invio di pre-relazioni o di relazioni redatte in forma sintetica alla Procura. A tal fine, dinanzi ai fallimenti più gravi che coinvolgono le grandi imprese, verrebbe meno la possibilità che si incardino ulteriori condotte distrattive da parte degli imprenditori, ma al contempo il curatore fallimentare avrebbe il tempo necessario per completare la relazione ex art. 33 Lf., collaborando con il potere investigativo del p.m. che sarebbe agevolato nel concludere il suo lavoro.
Non può essere sottovalutato il settore della criminalità economica, settore che ci occupa nel caso di specie e che segna il mutatis mutandis della figura del criminale che si sveste delle sue vesti da “picciotto” e diventa imprenditore.
Reati come l’omesso versamento dell’IVA, falso in bilancio, bancarotta fraudolenta, risultano essere solo la prima sfaccettatura che potrebbe celare un reato più grave: la corruzione.
I reati finanziari, così come quelli fallimentari, possono il più delle volte costituire l’anello di quella sequenza criminale che prosegue con l’acquisizione di disponibilità economiche necessarie per le successive operazioni corruttive, per veicolare quelle utilità che vanno a ripagare l’atto illegittimo posto in essere dal pubblico ufficiale.
Pertanto, qualora vi fosse una collaborazione sinergica tra curatore fallimentare e Pubblico Ministero, tali reati emergerebbero nell’immediatezza delle indagini e, soprattutto, non consentirebbero lo sviluppo del fenomeno corruttivo in un paese, come quello italiano, che paga ancora le conseguenze della crisi economica.
[1] Art. 41 c. 5 CCI: 5. L’intervento dei terzi che hanno legittimazione a proporre la domanda e del pubblico ministero puo’ avere luogo sino a che la causa non venga rimessa al collegio per la decisione.
[2] Accesso al concordato preventivo e al giudizio per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione
1. Il tribunale, su domanda del debitore di accedere a una procedura di regolazione concordata, pronuncia decreto con il quale:
a) se richiesto, fissa un termine compreso tra trenta e sessanta giorni, prorogabile su istanza del debitore in presenza di giustificati motivi e in assenza di domande per l’apertura della liquidazione giudiziale, di non oltre sessanta giorni, entro il quale il debitore deposita la proposta di concordato preventivo con il piano, l’attestazione di veridicita’ dei dati e di fattibilita’ e la documentazione di cui all’art. 39, comma 1, oppure gli accordi di ristrutturazione dei debiti;
b) nel caso di domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo nomina un commissario giudiziale, disponendo che questi riferisca immediatamente al tribunale su ogni atto di frode ai creditori non dichiarato nella domanda ovvero su ogni circostanza o condotta del debitore tali da pregiudicare una soluzione efficace della crisi. Si applica l’articolo 49, comma 3, lettera f);
c) dispone gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attivita’ compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicita’ almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale, sino alla scadenza del termine fissato ai sensi del comma 1, lettera a). Con la medesima periodicita’, il debitore deposita una relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria che, entro il giorno successivo, e’ iscritta nel registro delle imprese su richiesta del cancelliere;
d) in caso di nomina del commissario giudiziale, ordina al debitore il versamento, entro un termine perentorio non superiore a dieci giorni, di una somma per le spese della procedura, nella misura necessaria fino alla scadenza del termine fissato ai sensi del comma 1, lettera a);
e) ordina l’iscrizione immediata del provvedimento, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese.
2. Il tribunale, su segnalazione del commissario giudiziale o del pubblico ministero, con decreto non soggetto a reclamo, sentiti il debitore ed i creditori che hanno proposto ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale e omessa ogni formalita’ non essenziale al contraddittorio, revoca il provvedimento di concessione dei termini quando accerta una delle situazioni di cui al comma 1, lettera b) o quando vi e’ stata grave violazione degli obblighi informativi di cui al comma 1, lettera c). Nello stesso modo il tribunale provvede in caso di violazione dell’obbligo di cui al comma 1, lettera d).
3. I termini di cui al comma 1, lettere a), c) e d) non sono soggetti a sospensione feriale dei termini.
4. Nel caso di domanda di accesso al giudizio di omologazione di accordi di ristrutturazione, la nomina del commissario giudiziale deve essere disposta in presenza di istanze per la apertura della procedura di liquidazione giudiziale.
5. Per le societa’, la domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti e la domanda di concordato preventivo devono essere approvate e sottoscritte a norma dell’articolo 265.
6. Gli accordi, contestualmente al deposito, sono pubblicati nel registro delle imprese e acquistano efficacia dal giorno della pubblicazione.
[3] Art. 48 c. 3 CCI: “Il tribunale verifica la regolarita’ della procedura, l’esito della votazione, l’ammissibilita’ giuridica della proposta e la fattibilita’ economica del piano, tenendo conto dei rilievi del commissario giudiziale. Assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio e provvede con sentenza sulla domanda di omologazione del concordato”.
[4] Art. 48 c. 6: “se il tribunale non omologa il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione, dichiara con sentenza, su ricorso di uno dei soggetti legittimati, l’apertura della liquidazione giudiziale”.
[5] Art. 92 c.5 CCI: “Il commissario giudiziale comunica senza ritardo al pubblico ministero i fatti che possono interessare ai fini delle indagini preliminari in sede penale e dei quali viene a conoscenza nello svolgimento delle sue funzioni”.
Avvocato, finalista della II edizione della 4cLegal Academy, responsabile dell’area Fashion Law e vice responsabile dell’area di Diritto Penale di Ius in itinere.
Maria Elena Orlandini nasce a Napoli il 2 Luglio 1993. Grazie all’esperienza di suo padre, fin da piccola si appassiona a tutto ciò che riguarda il diritto penale, così, conseguita la maturità scientifica, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi del Sannio.
Si laurea con 110 e lode il 20 Marzo 2018 con una tesi dal titolo “Mass Media e criminalità” seguita dai Proff. Carlo Longobardo e Prof. Felice Casucci, in cui approfondisce il modus attraverso il quale i social media e la tv siano in grado di mutare la percezione del crimine nella società.
Nel 2019 ha conseguito con il massimo dei voti il Master di II livello in Giurista Internazionale d’Impresa presso l’Università degli Studi di Padova – sede di Treviso, specializzandosi in diritto penale dell’economia, con una tesi dal titolo “Il reato di bancarotta e le misure premiali previste dal nuovo Codice della Crisi di Impresa”, sotto la supervisione del Prof. Rocco Alagna. Nel giugno 2020 ha superato il corso di diritto penale dell’economia tenuto dal Prof. Adelmo Manna, professore ordinario presso l’Università degli Studi di Foggia, già componente della commissione che ha varato il d.lgs. 231/2001. All’età di 27 anni consegue l’abilitazione all’esercizio della professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia.
Dal 2019 segue plurimi progetti legati al Fashion Law e alla proprietà intellettuale, prediligendone gli aspetti digital in tema di Influencer Marketing.
Nel 2020 viene selezionata tra i cinque giovani talenti del mercato legale e partecipa alla seconda edizione della 4cLegal Academy, legal talent organizzato dalla 4cLegal, visibile sul canale BFC di Forbes Italia, su Sky.
Nel 2022 si iscrive al corso di aggiornamento professionale in Fashion Law organizzato dall’Università degli Studi di Firenze.
Passione, curiosità, empatia, capacità di visione e self control costituiscono i suoi punti di forza.
Collabora per le aree di Diritto Penale e Fashion Law & Influencer marketing di Ius in itinere.
email: mariaelena.orlandini@iusinitinere.it