domenica, Dicembre 1, 2024
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Le espressioni culturali tradizionali: il sistema di proprietà intellettuale fornisce una tutela adeguata?

1.Premessa

In precedenza si è ripercorso il tragitto evolutivo delle espressioni culturali tradizionali (TCEs, in seguito) constatando che, pur non essendo possibile individuare una definizione universalmente valida del concetto, ne sono invece tracciabili i caratteri essenziali[1]. In particolare, si è affermato che “le TCEs si qualificano sulla scorta dei seguenti caratteri:

  1. sono espressioni culturali ed identitarie ossia, inglobano, simboleggiano e veicolano diritti culturali;
  2. sono tradizionali ossia, la tecnica di produzione, trasmissione o preservazione e/o l’uso che ne viene fatto sono tradizionali;
  3. sono tramandate di generazione in generazione ed ogni soggetto contribuisce alla creazione, al mantenimento ed all’eventuale mutamento della TCEs;
  4. hanno carattere dinamico, ossia, mutano nel tempo;
  5. hanno carattere artistico o sono comunque riconducibili a categorie di opere aventi tale carattere;
  6. hanno essenza collettiva ossia, non è possibile individuarne lo specifico autore poiché, l’intera comunità, a diverso titolo, contribuisce alla loro creazione”[2]

In questa seconda occasione invece, ci si preoccuperà di verificare, sulla scorta della definizione individuata, se tutte quelle produzioni artistiche originarie di comunità indigene e locali che si qualificano come forme di proprietà intellettuale, trovino adeguata tutela nel regime di proprietà intellettuale ed in particolare, nel regime autoriale. A tal proposito conviene, infatti, rievocare che la normativa internazionale non solo qualifica espressamente le TCEs come forme di proprietà intellettuale, ma prevede inoltre l’obbligo per gli Stati di tutelarle alla luce dei parametri imposti dalla teoria e dalla prassi vigente in ambito di diritti umani[3].

  1. Espressioni culturali tradizionali e diritto d’autore: il sistema autoriale fornisce una tutela adeguata?

Le domande circa quale sia il margine di tutela che il sistema di proprietà intellettuale offre alle TCEs e il dove ricercare altrimenti una valida alternativa, necessita di alcune puntualizzazioni preliminari.

Si è già visto, in particolare, come la richiesta di tutela delle TCEs si ricolleghi a varie esigenze dei soggetti presso cui le stesse hanno avuto origine e si è visto anche, che queste esigenze sono profondamente radicate nella natura stessa dei beni oggetto della presente analisi. In particolare, come precedentemente analizzato, esse consistono in quell’insieme di pratiche e conoscenze originatesi presso – e qualificanti – una determinata, o determinabile, comunità, le quali si manifestano attraverso espressioni di vario genere che, se pur è meglio non definire strictu sensu artistiche, sono riconducibili ad attività canore, coreografiche, pittoriche, artigianali o letterarie. Queste inoltre, così come insegnato dall’antropologia, sono frutto di un’attività intellettuale comune[4] che s’inserisce in un contesto relazionale, nonché trasmessa tramite passaggi generazionali continui in forma prevalentemente orale o tramite tecniche analoghe, in cui quindi anche l’opera, l’aggiunta o la modifica del singolo “entra” nella TCE solo ove vi sia una risposta positiva di accoglimento da parte del resto della comunità[5]. Questa essenza collettiva e questa carattere “storico” delle TCEs determinano l’assunzione in capo alle stesse dell’etichetta di elemento identitario per la comunità di riferimento[6]. Questa qualifica, elevata a rango di vero e proprio diritto, può essere soggetta a pregiudizio se non essere destinata addirittura all’oblio a causa della mercificazione cui le TCEs sono soggette, vista la sempre più frequente decontestualizzazione dall’ ambito in cui tradizionalmente collocate e visto il sempre più forte interesse alle TCEs dei moderni mercati[7]. Sotto quest’ ultimo profilo quindi, le TCEs hanno anche un importante valore patrimoniale che le rende capaci di contribuire allo sviluppo economico, culturale e talvolta anche tecnologico di comunità portatrici e non[8]. Questa circostanza, come si dimostrerà meglio nei successivi paragrafi, ad oggi non sembra costituirsi, o non sembra costituirsi a sufficienza, a favore delle comunità portatrici, derivandone quindi per le stesse un pregiudizio sotto tre profili: quello economico, quello sociale e quello culturale[9].

Storicamente, l’occhio degli interessati ad una protezione delle espressioni culturali si è immediatamente rivolto agli strumenti offerti dal sistema di proprietà intellettuale, nei prossimi paragrafi si valuterà puntualmente l’adeguatezza dello stesso.

2.1. Valutazione e criticità circa l’applicabilità alle espressioni culturali tradizionali del regime autoriale.

Le opere letterarie e artistiche, tra cui, come detto, secondo l’interpretazione dell’art. 15 ICESCR rientrano anche le TCEs, risultano oggi essere tutelate dalla CUB del 1886, dai TRIPs del 1994 e dal WCT del 1996. La disciplina italiana, che ha dato attuazione alla “tutela minima” prevista dalla CUB, è contenuta nella l. 22 aprile 1941, n. 633 (l. dir. aut., in seguito) poi riformata in seguito alla Convenzione di Roma e in seguito alla revisione della CUB successiva alle conferenze di Stoccolma e Parigi.

Ai sensi dell’art. 2.1 della CUB rientrano nella nozione di “opere letterarie ed artistiche” oggetto della Convenzione: “tutte le produzioni nel campo letterario, scientifico e artistico, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione” a cui l’art. 2.7. aggiunge la possibilità di c.d. opt out di ciascun Paese rispetto alla disciplina prevista dalla CUB per quanto riguarda le “opere delle arti applicate” e “i disegni e modelli industriali”, su cui tuttavia ha influito l’art. 17 dir. 98/71/CE che ha imposto agli Stati membri di estendere la disciplina autoriale anche alle opere in questione. Tra tali opere certamente, possono rientrare anche diversi oggetti tradizionali legati al settore della moda quali, per esempio: fantasie, disegni, gioielli e accessori, design degli abiti.

L’elencazione di cui sopra, secondo la dottrina maggioritaria è ritenuta meramente esemplificativa, potendovi rientrare ulteriori categorie di opere.

Quindi con riferimento all’oggetto del diritto d’autore, potenzialmente, alcune forme di TCEs si intersecano con ambito di tutela previsto per le “opere letterarie e artistiche”. In particolare, quelle caratterizzate dalla presenza di elementi artistici. Sul punto, una parte di dottrina ha sostenuto che ben analizzando talune ipotesi di TCEs tipizzate, quali per esempio la musica tradizionale o le coreografie tradizionali, sarebbe riscontrabile un certo margine di tutelabilità attraverso la protezione diretta del diritto d’autore[10]. In particolare, questa dottrina, partendo dal discrimine, fondato sull’art. 2.3. CUB[11], tra “elaborazione creativa”, che si ha nel caso in cui all’interno di un nuovo esito creativo siano ancora riconoscibili gli elementi distintivi dell’opera originaria, e “variazione originale”, che si ha nel caso in cui l’apporto modificativo sia tale da far perdere traccia dell’opera originale, sostiene che “ [nel]la musica tradizionale, nella maggior parte dei casi l’autore è sconosciuto, [perciò] accade di frequente che variazioni originali ed elaborazioni creative risultino essere assoggettate alla medesima disciplina, stante l’impossibilità di riconoscere diritti d’autore dell’opera originaria. Ne consegue che, rispetto alla musica di tradizione orale anche le variazioni deboli caratterizzate da risultati creativi non originali, possono accedere alla tutela del diritto d’autore” [12].Tale posizione, andrebbe verificata nella pratica, cosa oggi non possibile vista l’assenza di giurisprudenza italiana a riguardo, e pare inoltre proprio ribaltare il punto del discorso: è proprio la caduta in pubblico dominio e il potenziale utilizzo da parte di terzi -soprattutto se improprio- a doversi prevenire. Non ha senso cercare escamotage e porzioni marginali di tutela pur di far combaciare due regimi che evidentemente, in buona parte dei casi, sono inconciliabili.

Quindi è necessario fare un passo ulteriore che tenga in considerazione i requisiti previsti come necessari dal sistema autoriale affinché le opere possano essere protette e che prenda in considerazione le caratteristiche della disciplina. La dottrina sul punto ha individuato quattro argomentazioni di tipo “strutturale” per cui la disciplina del diritto d’autore non si presta ad un efficace tutela della TCEs a cui si aggiungono alcune argomentazioni di tipo filosofico-concettuale e pratico-logistico. Queste verranno presentate nei paragrafi che seguono.

2.1.1. Il requisito della fissazione dell’opera su supporto materiale.

Secondo l’art. 2.1. CUB, sono tutelate le opere letterarie e artistiche protette sia in forma scritta che in forma orale. La ratio di una simile previsione è fondata sul fatto per cui un’opera, affinché possa considerarsi esistente, non è sufficiente che rimanga nella sfera interna dell’autore, ma deve essere estrinsecata e resa visibile nel mondo reale o attraverso la fissazione dell’idea su un supporto materiale o attraverso la sua comunicazione orale ad un’altra persona[13]. Conformemente, l’’art. 2.2 CUB prevede che gli Stati nel tutelare il diritto d’autore, possano scegliere se tutelare solo le opere “fissate su supporto materiale” o anche quelle che mancano di tale requisito. Mentre nei sistemi di civil law si è generalmente scelto di tutelare le opere “tanto in forma scritto quanto in forma orale”[14], in quelli di common law invece si è optato per la scelta opposta[15], richiedendo tali ordinamenti la fissazione dell’opera su supporto.

Per “supporto materiale” non deve intendersi solo un supporto fisico e tangibile, ma anzi anche registrazioni audiovisive o digitali. Di conseguenza, nei Paesi in cui si è optato per il requisito della fissazione dell’opera, questo sarà raramente soddisfatto dalla maggior parte delle TCEs, visto che sono trasmesse oralmente o tramite tecniche simili; ciononostante questo non sembra in realtà essere totalmente vero per quanto riguarda le TCEs rilevanti nel settore della moda: abiti, fantasie, gioielli ed accessori, ecc. risultano, per loro natura, essere beni materiali.

In conclusione, chi ha sostenuto la tesi secondo cui le TCEs potrebbero trovare tutela direttamente nella disciplina prevista dal diritto d’autore, ha obiettato a tali osservazioni che “la maggior parte delle espressioni di folklore che sono soggette a sfruttamento commerciale si presentano fissate su supporto”[16]. Di conseguenza, rifiutare la tutela alle TCEs non fissate non costituirebbe un problema in quanto, in assenza di fissazione, queste non verrebbero sfruttate commercialmente. Tale osservazione è vera, ma non universalmente valida e, di conseguenza, le obiezioni cui si è fatto riferimento non sembrano essere sufficientemente convincenti.

2.1.2. Il requisito della creatività dell’opera.

Dal punto di vista contenutistico, affinché un’opera sia protetta è necessario che sia creativa. Il concetto di “creatività” è alquanto ostico da definire[17] e, se tradizionalmente nei Paesi di civil law è stato ricondotto ai concetti di “invidualità espressiva” e di “manifestazione della personalità dell’autore”, nei Paesi il cui ordimento è derivato da quello inglese, ha assunto invece rilevanza il profilo dell’investimento finanziario o lavorativo attraverso cui si è giunti alla creazione e si è parlato quindi di “indipendent creation” o “originality[18].

Anche la per quanto riguarda il livello di creatività richiesto i due sistemi hanno adottato soluzioni differenti. In particolare, mentre negli ordinamenti di civil law la dottrina e la giurisprudenza hanno di volta in volta dato risposte divergenti[19], in quelli di common law il livello di creatività richiesto è minimo e le opere vengono protette in forza di “skills, labour and judgement” di cui sono frutto o a cui sono soggette[20]. In entrambi i casi comunque lo standard minimo per la protezione di opere letterarie ed artistiche è fondato sulla constatazione del fatto per cui l’opera è il prodotto dello sforzo dell’autore e che non una mera copia di un precedente lavoro di terzi[21].

Si sottolinea d’altra parte che invece il folklore è il risultato di un processo creativo impersonale, lento e costante[22] posto in essere in luoghi e tempi differenti, sicché fenomeni di imitazione o rielaborazione di un’attività creativa sono connaturati nel procedimento stesso di trasmissione delle TCEs. Quindi, il requisito della creatività, intesa come espressione della persona dell’autore, rende incompatibile le TCEs con la disciplina in esame.

Come si è detto, tuttavia, negli ordinamenti di common law il livello di creatività richiesto è minimo,[23] e quindi il solo fatto che l’autore si sia ispirato alla tradizione non è di per sé incompatibile con la titolarità del diritto d’autore sull’opera. Si potrebbe, di conseguenza, profilare un margine di tutela delle opere ispirate al folklore ove l’artista abbia apportato all’opera un quid pluris rispetto alle versioni precedenti[24].

In conclusione, quindi, stante la natura e la struttura delle opere di folklore, e la conseguente somiglianza o addirittura l’identità tra le “nuove” versioni e le versioni precedenti, raramente queste potranno essere protette dal diritto d’autore. Un margine tuttavia, sembra residuare nelle ipotesi di opere ispirate al folklore in cui l’artista abbia apportato un quid proprium considerato rilevante e sufficiente nell’ordinamento di riferimento, in base al sistema di tutela previsto per le opere derivate. Rimane tuttavia il dubbio circa la convenienza di tutelare in base a questo sistema le opere ispirate al folklore. Infatti, la possibilità di apportare una modifica all’opera originaria, potrebbe ledere il significato che questa ha per la comunità detentrice. Inoltre, anche ove invece il nuovo apporto in base al quale viene riconosciuta una tutela non sia offensivo, l’attribuire in capo ad un singolo soggetto, i diritti relativi a quell’opera sembra essere inopportuno. Non solo perché l’opera per se ha carattere collettivo, ma anche perché la comunità sarebbe poi impotente davanti all’utilizzo di quell’opera da parte di terzi autorizzata dal solo artista tutelato dal diritto d’autore. È necessario prevedere ab origine un sistema capace di tutelare gli interessi della comunità anche con riferimento a quegli elementi che possono essere la base per la creazione di nuove opere.

2.1.3. il requisito dell’identificazione dell’autore.

Nel precedente paragrafo si è concluso constando come talvolta le TCEs possano essere considerate creative e, quindi, tutelabili attraverso il diritto d’autore. Rimane, tuttavia, necessario determinare chi sia l’autore.

La figura dell’autore corrisponde al soggetto cui sono attribuiti i diritti patrimoniali e morali connaturati nel diritto d’autore[25]. In particolare, tra i diritti patrimoniali, vi sono quei diritti volti a soddisfare gli interessi più prettamente riconducibili al patrimonio dell’autore tra cui rientrano i diritti esclusivi di pubblicare l’opera, di utilizzarla economicamente, di eseguirla o rappresentarla in pubblico o di modificarla, rielaborarla o trasformarla. Dall’altro lato invece, i diritti morali ai sensi art. 6-bis par.1 CUB[26], (ripreso dall’art. 20, comma 1 l. dir, aut) si articolano nel “diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione”. Questi, quindi, sono quei diritti riconducibili alla tutela stessa della persona dell’autore e sono pertanto considerati diritti della personalità[27].

Mentre i diritti patrimoniali sono liberamente trasferibili a terzi, quelli morali risultano invece essere indisponibili, ossia non rinunciabili e non trasferibili e, pertanto, alla morte dell’autore, conformemente all’art 6 bis par. 2 CUB, lo Stato può decidere se “mantenerli attivi” almeno fino all’estinzione dei diritti patrimoniali, autorizzando al loro esercizio le persone o le istituzioni del Paese in cui la protezione è richiesta. Tale articolo, nel panorama italiano, è stato ripreso dall’art. 23 l. dir. aut. che prevede che i diritti morali siano esercitati senza limiti di tempo dai prossimi congiunti e in particolari casi derivanti da interessi di tipo pubblico, è previsto possano essere esercitati dal Presidente del Consiglio dei ministri.

Ciò chiarito quindi il moderno regime di tutela autoriale sembra, per quanto riguarda il profilo soggettivo, riconoscere la titolarità solo nei confronti di autori, generalmente singoli e comunque determinati.

Nel folklore la determinazione dell’autore è praticamente impossibile, almeno per quelle ipotesi di TCEs che risalgono a tempo immemore. I processi di produzione e trasmissione del folklore comportano l’impossibilità di riconoscere la persona o il gruppo di persone cui attribuire l’apporto creativo, i.e i diritti morali e patrimoniali. Il folklore, sotto questo profilo è infatti impersonale in un duplice senso: “it is the attribute of a community and that it is not attributed an individual author[28].

Della stessa opinione è anche la nostra giurisprudenza che, per esempio, con riferimento ad un caso inerente il Palio di Siena ha affermato: “Palio di Siena è pubblico evento risalente al XIII secolo e, dunque, appartenente al patrimonio storico, culturale e folcloristico della nazione: onde in esso e nei caratteristici segni utilizzati dai principianti allo svolgimento del Palio non è ravvisabile un apporto creativo suscettibile di assurgere ad opera dell’impegno proteggibile ex art. 1 legge autore”[29].

Constatando l’impossibilità di attribuire la titolarità del folklore ad un soggetto determinato, rimarrebbe da valutare, pur non essendo pienamente possibile in questa sede, se non sia pensabile ricorrere a talune figure particolari di creazioni plurisoggettive previste direttamente dalla normativa autoriale o a talune categorie di più recente creazione o normazione da parte di alcuni legislatori statali.

2.1.4. La durata delle opere d’ingegno.

L’ultima difficoltà di tipo strutturale che emerge valutando la tutelabilità delle TCEs attraverso il regime di diritto d’autore o di copyright è riferita al termine di durata dello stesso. Infatti, per loro natura e per loro funzione, simili diritti sono limitati nel tempo, con variazioni del termine effettivo (50 o 70 anni a seguito della morte dell’autore) differenti nelle legislazioni di ciascun Paese, allo scadere del quale l’opera è considerata in pubblico dominio. Nelle TCEs è spesso impossibile individuare il momento esatto in cui sono venute ad esistenza. In conclusione, quindi, anche ove venisse dato seguito a quella dottrina che sostiene la possibilità di estendere l’attuale regime di proprietà intellettuale alle TCEs, ciò risulterebbe impossibile sul piano pratico.

2.1.5. Gli altri motivi di inapplicabilità della disciplina autoriale alle TCEs.

Ai motivi “strutturali” sopra presentati se ne aggiungono ulteriori.

Il primo tra questi, di tipo pratico-logistico, consiste nel fatto che, nonostante il diritto d’autore nasca spontaneamente e immediatamente al momento della creazione dell’opera, il sistema in cui lo stesso è invece inserito è caratterizzato da procedure e costi che difficilmente potrebbero essere sostenuti da parte di molte comunità locali.

In secondo luogo, vi sono alcuni limiti derivanti dalla filosofia stessa cui si ispira il sistema di proprietà intellettuale. Tradizionalmente, la tecnica per antonomasia attraverso cui si garantisce protezione alle opere letterarie e artistiche (ma anche alle innovazioni tecnologiche e in generale alle opere d’ingegno) è rappresentata dalla concessione di un’“esclusiva” o “privativa” sulle stesse. Tramite questa il soggetto diviene titolare di uno ius excludendi omnes alios dal godimento del bene, considerato generalmente diritto soggettivo reale e assoluto[30], volto a proteggerlo da appropriazioni non autorizzate ad opera di terzi[31]o, se non altro, a subordinarne l’utilizzo alla prestazione di un compenso[32].

L’esclusiva su cui si fonda il sistema di proprietà intellettuale viene generalmente giustificata ed argomentata alla luce di quattro possibili teorie che, a loro volta, vengono chiamate in causa a giustificazione dell’esistenza del sistema di proprietà intellettuale[33]. La prima di queste è la teoria secondo cui chi crea un’opera attraverso il proprio lavoro ha il diritto naturale di goderne e disporne. La teoria si alterna poi in due diverse sfumature. La prima di esse trova fondamento nella dottrina Lockeiana della proprietà[34] secondo cui l’uomo, attraverso il lavoro e, quindi, attraverso la fatica del suo corpo, produce frutti, i.e. idee, di cui quindi questo sarà “naturalmente” titolare così come è titolare del proprio corpo[35]. Nell’ottica Lockeiana, quindi, il diritto originario è quello di proprietà sul proprio corpo a cui consegue la proprietà dei frutti ottenuti tramite la fatica dello stesso[36]. In base ad un simile assunto quindi “an unowned object could be appropriated through the application of human labour to that object[37]. Locke tuttavia, sottopone a due condizioni l’acquisto della proprietà: che venga lasciato quando necessario per gli altri e in secondo luogo che venga preso solo quanto poi sarà effettivamente usato[38].

La seconda variante della teoria naturalistica a giustificazione delle forme di proprietà intellettuale è invece basata sugli insegnamenti di Kant ed Hegel. Questa seconda variante, denominata anche teoria dell’identità o della personalità, configura la proprietà come un’estensione della persona e, di conseguenza, la protezione della proprietà (intellettuale e non) rappresenterebbe un corollario della protezione della persona[39].

Non è questa la sede per valutare la validità di tali teorie a giustificazione del sistema di proprietà intellettuale, quindi, basti qui dire che entrambe hanno diviso la dottrina: tra chi le ha aspramente criticate[40], purtuttavia ammettendo che queste permettono di cogliere come la proprietà intellettuale sia un diritto umano[41], e chi invece ne ha affermato la validità[42].

La terza e la quarta teoria vengono generalmente denominate “teoria della ricompensa” e “teoria dell’incoraggiamento” e spesso finiscono per sovrapporsi. Per quanto riguarda la prima, questa sostiene che il riconoscimento dello ius excludendi omnes alios è una ricompensa necessaria o comunque desiderabile in capo all’autore per la sua creatività. Il diritto soggettivo, quindi, sarebbe un mero ringraziamento liberale all’autore per la sua opera[43]. Infine, la teoria dell’incoraggiamento, che ad oggi è quella che riscontra maggior consenso, afferma che senza una ricompensa quale lo ius excludendi, gli autori non sarebbero incentivati a creare e quindi la temporanea soppressione della competizione nella produzione di nuove opere e nuovi prodotti, è necessaria a beneficio dell’intera comunità[44]. Tale teoria pare adattarsi meglio all’insieme di strumenti predisposti dalla proprietà industriale, che non al diritto d’autore.

Come dimostrato da S. Munzer, K. Raustiala,e anche da J. Hughes nessuna di queste teorie, o meglio, considerazioni, da sola fornisce ragioni convincenti per riconoscere ai portatori delle TCEs il diritto di controllare le loro conoscenze[45]. Ciò non sta né a dire che non vi siano ragioni valide per un simile riconoscimento, né sta ad affermare che le TCEs non siano una forma di proprietà intellettuale. Piuttosto, significa da un lato, che è necessario individuare ulteriori ragioni a giustificazione dell’eventuale riconoscimento di diritti di uso o di natura dominicale sulle TCEs e dall’altro, significa che il tema delle TCEs, che sicuramente costituiscono una forma di proprietà intellettuale[46], deve fare i conti con il principio di numerus clausus dei diritti di proprietà intellettuale[47] secondo cui non sarebbe sufficiente affinché un’idea, una pratica o un’immagine siano considerate un bene giuridico che siano esistenti, ma è invece necessario l’ulteriore riconoscimento di tali creazioni intellettuali da parte dell’ordinamento come oggetto di una specifica tutela; ed infine, significa che l’attuale sistema autoriale non è capace di soddisfare le esigenze di tutela delle TCEs.

La raison d’être del diritto d’autore, infatti, è quella di permettere lo sfruttamento dell’opera nelle migliori condizioni possibili per tutte le parti coinvolte[48]. Contrariamente, il folklore, ab origine non è pensato per essere soggetto ciò che generalmente si intende come sfruttamento  strictu sensu  o per raggiungere il maggior pubblico possibile[49], ma piuttosto le TCEs sono pensate solo per essere utilizzate all’interno della comunità, talvolta risultando addirittura essere sacre o segrete. Quindi il danno provocato da un loro sfruttamento è ancor prima che economico, morale.

Quindi, prima facie, il diritto morale d’autore sembrerebbe capace di soddisfare questo tipo d’interessi non-economici in quanto si esplica nel diritto di vedersi attribuita l’opera, nel diritto che l’integrità della stessa sia rispettata ed il diritto di autorizzarne o vietarne la pubblicazione.[50] Il diritto morale, inoltre, sembra essere “closely linked to a public interest in the manteinance of historical truth and cultural knowledge[60]. Tuttavia, a ben vedere, la tutela che lo stesso può fornire appare essere meno efficace di quanto non sembri: oltre al fatto che la sua affermazione a livello internazionale è ancora titubante[61] e che non esiste nei sistemi di common law, anche nei sistemi di civil law, quale per esempio quello italiano è soggetto a limiti di tempo. Secondo l’opinione dottrinale e giurisprudenziale maggioritaria infatti, gli aventi causa dell’autore acquistano solo il diritto a tutelare l’opera del de cuius e la sua reputazione, ma non succedono invece nelle sue facoltà strettamente personali[62]. Ne deriva che opere create in tempi remoti e successivamente trasmesse di generazione in generazione non sono tutelabili in quanto, a monte, sarebbe difficile poter distinguere tra autore originario e soggetto subentrato con titolarità di far valere i diritti morali.

Anche il diritto patrimoniale d’autore sembra poter fornire una tutela solo limitata. Infatti, l’art. 7 par. 3 CUB prevede, con riferimento alle opere anonime, una tutela limitata a 50 anni decorrenti dal momento in cui il pubblico può accedere all’opera e l’editore è considerato come il rappresentante dell’autore e non sarebbe fruttuosa nemmeno un’estensione a settant’anni così come previsto dalla disciplina comunitaria.

  1. Conclusioni

Alla luce dell’indagine sopra svolta, il sistema autoriale e, in generale, il moderno sistema di proprietà intellettuale, non sembrano fornire una tutela adeguata alle TCEs per ragioni sia strutturali, che filosofiche.

Conseguentemente, le TCEs necessiterebbero di una tutela ad hoc che tenga in considerazione le specificità strutturali delle stesse già individuate, in buona parte, dalle scienze sociali al fine di garantire i diritti culturali nelle stesse inglobate.

[1] R. Ricifari, “Appropriazione culturale e proprietà intellettuale nell’industria della moda: le “espressioni culturali tradizionali”, in Fashion law- Ius In Itinere, 15 giugno 2020, disponibile al link: https://www.iusinitinere.it/appropriazione-culturale-e-proprieta-intellettuale-nellindustria-della-moda-le-espressioni-culturali-tradizionali-28886

[2] Ibidem.

[3] Si veda R. Ricifari , “L’appropriazione culturale nell’industria della moda: tra antropologia e diritti culturali”, in Fashion law- Ius In Itinere, 15 maggio 2020. Disponibile al link: https://www.iusinitinere.it/lappropriazione-culturale-nellindustria-della-moda-tra-antropologia-e-diritti-culturali-27967

[4] F. De Propris, “La tutela delle opere folkloriche”, in EM Rivista degli archivi di etnomusicologia dell’accademia nazionale di Santa Cecilia, vol. I, 2003, p. 97-144.

[5]Cfr. P. Bogatyrev e R.Jacobson, “Il folklore come forma specifica di creazione” (1929), in Semiotica della cultura popolare, Bertani, Verona, 1982.

[6] R. Ricifari , “L’appropriazione culturale nell’industria della moda: tra antropologia e diritti culturali”, cit.

[7]Ibidem.

[8]Ibidem.

[9]Ibidem.

[10] Cfr. C.Zuddas, “Strumenti e modelli per la tutela giuridica delle espressioni culturali tradizionali”, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, pp 173 ss.

[11]“Si proteggono come opere originali, senza pregiudizio dei diritti dell’autore dell’opera originale, le traduzioni, gli adattamenti, le riduzioni musicali e le altre trasformazioni di un’opera letteraria o artistica.”

[12] Op.cit., C.Zuddas, “Strumenti e modelli per la tutela giuridica delle espressioni culturali tradizionali”, p. 180-181.

[13] Op. cit., Aa. Vv., “Diritto Industriale, Proprietà intellettuale e Concorrenza”, 4° ed., Giappichelli, Torino, 2012, p. 563.

[14] Nel Sistema italiano fanno eccezione le opere coreografiche e pantomimiche ex art. 2 n. 3 l.dir. aut.

[15] V. art. 102 Copyright Act.

[16]Cfr. C. Zuddas, “Strumenti e modelli per la tutela giuridica delle espressioni culturali tradizionali”, cit., p. 193.

[17]Cfr. P. Galli, “sub 1 l. dir. aut.”, in L.C. Ubertazzi, “Commentario breve alle leggi di proprietà intellettuale”, 5° ed., Cedam, Padova, 2012. Il requisito riguarda solo la forma espressiva di un’opera la cui tutelabilità quindi non è preclusa dal fatto di rappresentare idee o nozioni semplici o di pubblico dominio.

[18]Op. cit., A.Strowel, “Droit d’auteur at copyright. Divergence and convergence. Etude de droit comparé”, Bruylant & LGDJ, Brusselles and Paris, 1993, n. 363, p. 468.

[19]In generale sul punto, per un riassunto delle diverse posizioni e per ulteriori riferimenti dottrinali e giurisprudenziali si veda ibidem. In particolare, un primo orientamento sostiene che affinché un’opera sia protetta non è sufficiente che si ponga come creativa ma deve essere oggettivamente nuova. [v. ex pluris T. Ascarelli, “Teoria della concorrenza e dei beni immateriali”, 3° ed.,Giuffrè, Milano,1960, p. 705 ss.;P. Greco, P. Vercellone, “I diritti sulle opere d’ingegno”, Utet, Torino, 1974, p. 45 ss.; per la giurisprudenza si veda: Trib. Milano, 31 gennaio 2003, in Annali Italiani di diritto d’autore, 2004, p. 971, con nota di Paolo Galli]; un secondo orientamento invece sostiene che siano protette anche le opere solo soggettivamente nuove e quindi creative, ma divergono poi le opinioni circa il grado richiesto di creatività: alcuni, richiedono un grado di creatività c.d. qualificata, cioè che rifletta la personalità dell’autore [si veda per la dottrina: V.M De Sanctis, “Il carattere creativo dell’opera d’ingegno”, Giuffrè, Milano, 1971, p. 38 ss.; P. Auteri, “Diritto d’autore”, in Aa.Vv., Il diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza. 4° ed., Giappichelli, Torino, 2012, p. 499 ss.; per la giurisprudenza: Trib. Catania, 24 novembre 2004, in Annali italiani di diritto d’autore, 2006, p. 1077, con nota di A. Cogo]; un secondo indirizzo invece, ritiene sufficiente la mera creatività, ossia la “scelta discrezionale e non necessitata dell’autore tra diverse forme espressive” [si veda ex pluris: M. ammendola, “Diritto materiale”, in L.C. Ubertazzi, M. Ammendola, Diritto d’autore, cit., p. 37; A. Musso, Elaborazioni creativa del software e programmi derivati, in L.C. Ubertazzi (a cura di), La legge sul softwear: commentario sistematico, Giuffrè, Milano, 1994, p. 66; A. Bertrand, “Le droit d’auteur e le droit voisins”, Dalloz, Paris, 1999, p. 130 ss.]

[20]Cfr. W.Cornish, “Intellectual Property: patent, copyright,trademarks and allied rights”, 4°ed., Sweet and Maxwell, London, 1999, p.382 ss.; Cass. 11 agosto 2004, n. 15496, in Annali italiani di diritto d’autore,2005, p. 1021, con nota di G. Angelicchio.

[21]Così P. Galli, “sub 1 l. dir. aut.”, in L.C. Ubertazzi, “Commentario breve alle leggi di proprietà intellettuale”, cit.e P.Goldstein, “International Copyright”, Oxford University Press, Oxford, 2001, p. 161.

[22]Op. cit, C. Masouyé, “The protection of expressions of folklore”, in Revenue Internationale du droit d’auteur, vol. 115, 1983, p. 10 ss.

[23]Si veda in questo senso: Supreme Court of the United States, Feist Pubblications, Inc. v Rural Telephone Service Co, Inc, 20 IPR 129,132; 499 US 340, 1991;

[24]Op. cit., G.Blain, L. De Silva, “Aboriginal arts and copyright”, Australian copyright council, bulletin n.75, 1991, p. 5

[25]La stessa bipartizione non è configurabile in eguali termini nei sistemi di copyright in cui non è possibile concepire l’esistenza del diritto di rivendicare la paternità di un’opera scollegato dalla titolarità dei diritti patrimoniali.

[26] “Indipendentemente dai diritti patrimoniali d’autore, ed anche dopo la cessione di detti diritti, l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi ad ogni deformazione, mutilazione od altra modificazione, come anche ad ogni altro atto a danno dell’opera stessa, che rechi pregiudizio al suo onore od alla sua reputazione.”

[27] Cfr. P. Rescigno, “Personalità (diritti della)”, in Enciclopedia giuridica, XXIV/1991.

[28]Op. cit., V.A. Gobin, “Le folklore musical”, in Les cahiers du droit, vol. IV, Pessac, 1984, p. 41., citato in L.A. Schloetter, “Folklore”, in S.Von Lewiski (a cura di), Indigenous Heritage and Intellectual Property rights: Genetic Resources, Traditional Knowledge and Folklore, cit., p. 293.

[29]Tribunale Milano, 9 Novembre 1992, in Giurisprudenza italiana, vol.1. fasc. 2, 1993, pag. 747.

[30]Si veda sul punto P.Spada, “Parte generale”, in Aa. Vv., Diritto industriale: proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, Torino, 2012, p.28.

[31]Cfr.G.Ghidini, “La proprietà intellettuale, nuova ricchezza delle nazioni”, in Rivista di diritto industriale, 1998, pp. 116 ss.

[32] Proprio a causa dell’esistenza di un simile diritto soggettivo e assoluto, tradizionalmente il sistema di proprietà intellettuale è stato parificato a quello della proprietà (terriera).

[33]La letteratura sul punto è assai ampia si vedano ex pluris: P. Drahos, “A philosophy of intellectual property rights”, Routledge, 1996. W. Fisher, “Theories of Intellectual Property”, in (a cura di) S. R. Munzer, New essays in legal and political theory of property, Cambridge University Press, 2001, pp. 168 ss, disponibile al link: https://cyber.harvard.edu/people/tfisher/IP/Fisher_IP_Theories.pdf; E. C. Hettinger, “Justiring Intellectual Property”, in (a cura di) A. D. Moore, Intellectual property: moral, legal, and international dilemmas, Rowman & Littlefield Pub Inc, 1997, pp. 17 ss, disponibile al link: http://hettingern.people.cofc.edu/Hettinger%20-%20Justifying%20Intellectual%20Property.pdf;

[34]riferita nella sua formulazione originaria alla sola proprietà materiale e poi estesa dalla dottrina anche a quella immateriale.

[35] Il riferimento è a J. Locke, “Secondo trattato sul governo”, Bur, 2001, cap. V.

[36][E]very Man has a Property in his own Person. This nobody has any right to but himself. The labour of his body, and the work of his hands, we may say, are properly his.” Op. cit., ibidem, nota 22, sez. 27.

[37]Op. cit., A. Roy, “Intellectual Property Rights: A Western Tale,” in Asia Pacific Law Review, vol. 16, fasc. 2,2008, p.225.

[38]“Whether we consider natural reason, which tells us, that men, being once born, have a right to their preservation, and consequently to meat and drink, and such other things as nature affords to their subsistence; or revelation …it is very clear, that God …has given the earth to the children of men\ given it to mankind in common…God, who has given the world to men in common, hath also given them reason to make use of it to the best advantage of life and convenience. The earth, and all that is therein, is given to men for the support and comfort of their being. … Though the earth, and all inferior creatures, be common to all men, yet every man has a property in his own person; this nobody has any right to but himself. The labour of his body, and the work of his hands, we may say, are properly his. Whatsoever then he removes out of the state that nature hath provided, and left it in, he hath mixed his labour with, and joined to it something that is his own, and thereby makes it his property. It being by him removed from the common state nature hath placed it in, it hath by this labour something annexed to it, that excludes the common right of other men: for this labour being the unquestionable property of the labourer, no man but he can have a right to what that is once joined to at least where there is enough, and as good, left in common for others”. Op. cit., J.Loke, “Second Treaties on Governament”, sec. 25-26. Disponibile al link: web.mnstate.edu/gracyk/courses/web%20publishing/LockeBook_Property_and_Tax.htm

[39]Cfr.M.J.Radin, “Property and Personhood”, in Stanford Law Review, vol. 34, fasc. 5, 1982, pp. 957-1016.

[40] In particolare, per quanto riguarda la prima si vedano: E.C. Hettinger che sottolinea;”even if the labor theory shows that the laborer has a natural right to the fruits of labor, this does not establish a natural right to receive the full market value of the resulting product”. Op.cit. E. C. Hettinger, “Justifying Intellectual Property”, in Philosopy & Public Affairs, vol.18, fasc. 1,1989, p 31; W. Dibble,”Justifying Intellectual Property.” UCL Jurisprudence Review, 1994, 1994, p. 74-88. W. Fisher, “theories on intellectual property”, cit., 2001, pp. 134-135. Fisher nota che: “Whether Locke’s theory provides support for any intellectual-property rights is thus uncertain. It depends on which aspects of Locke’s original theory are dominant”. Per quanto riguarda invece la teoria della personalità si vedano: J. Hughes “The Philosophy of Intellectual Property”, cit. p. 239 dove afferma: “A property system protecting personality will have difficulty finding reliable indicia for when people do and do not have a ‘personality stake’ in particular objects”. In generale per un orientamento a critica delle teorie naturalistiche nel loro complesso si veda: L.Bently e B. Sherman,” Intellectual Property Law,” , Oxford University Press, Oxford, 2004, pp. 34 ss.

[41]Op. cit, D.J. Gervais, “Intellectual Property and Human Rights: Learning to Live Together”, in (a cura di), P. L. C. Torremans, Intellectual property and human rights: learning to live together. Kluwer Law International, 2008. Disponibile al link: https://ssrn.com/abstract=1283985.

[42]Per quanto riguarda la teoria di Locke si vedano: J. Hughes “The Philosophy of Intellectual Property”, cit., pp. 296-297 e A.D.Moore, “A Lockean Theory of Intellectual Property.”, in Hamline Law Review, vol. 21, no. 1, 1997, p. 65-108; A. D. Moore, “Intellectual Property & Information Control: Philosophic Foundations and Contemporary Issues”, Transaction Publishers, New Brunswick, NJ., 2004. Per quanto

[43]Sul punto, correttamente, Fisher nota, domandandosi anche se lo ius excludendi sia lo strumento preferibile affinché la società operi un simile riconoscimento che tale teoria ben spiega il perché gli autori debbano ricevere un riconoscimento, ma non spiega invece il perché questi, a monte, creino. “[I]s an intellectual-property system the best way of providing that reward or might it be better, as Steven Shavell and Tanguy van Ypersele have recently suggested, for a government agency to estimate the social value of each innovation and pay the innovators that sum out of tax revenues? If the former, how far should creators’ entitlements extend? Should they include the right to prepare ‘derivative works’?” Op. cit., W. Fisher, “Theories of Intellectual Property”, cit., p. 181.

[44]Cfr.W.Fisher, “Why Is Traditional Knowledge Different from All Other Intellectual Property” in Washburn Law Journal, vol. 58, no. 2, 2019, p. 366.

[45]Il riferimento è a Stephen R. Munzer e Kal Raustiala, “The Uneasy Case for Intellectual Property Rights in Traditional Knowledge”, cit., pp. 37-98; J.Hudges, “Traditional Knowledge, Cultural Expression, and the Siren’s Call of Property” cit., pp. 1215-1266.

[46]Supra, cap. I §5.1.1e cap. II, § 1-2; l’opinione trova riscontro in un’ampia dottrina, si vedano ex pluris: H.P. Sambuc, “La protection internationale des savoirs traditionneles”, cit., pp. 186 ss.; A. Taubman, “Saving the Village: Conserving jurisprudential diversity in the international protection of traditional knowledge”, in K.E. Makus e J.H. Reichman (a cura di), International Public Goods and Transfer of Technology under Globalized Intellectual Property Regime, Cambridge University Press, Cambridge; C.Antons “Traditional Knowledge and Intellectual Propery Rights in Australia and Southeast Asia, in C.Heath e A. Kamperman Sanders, New Frontiers of Intellectual Property Law, in IIC Studies, Hart Publishing, Oxford and Portland(Or.), 2005, p. 37 ss.; S. Vezzani, “Il primo Protocollo il primo protocollo alla convenzione europea dei diritti umani e la tutela della proprietà intellettuale di popoli indigeni e comunità locali”, cit., pp. 310 ss.

[47]Per approfondimenti sul punto di veda G. Ghidini, “Profili evolutivi del diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza”, Giuffrè, Milano, 2008, pp. 20-21.

[48]Op. cit., A.L. Schoetter, “Folklore”, in S.Von Lewiski, Indigenous Heritage and Intellectual Property: Genetic Resources, Traditional Knowledge and Folklore, cit., p. 298.

[49]Ibidem.

[50]Cft. C.Callison, “Appropriation of aboriginal oral traditions”, in University of Berkley California Law Review, vol. 29, 1995, p. 177

[51]Op. cit. M.T. Sundara Rajan, “Moral Rights and the Protection of Cultural Heritage”, in International Journal of Cultural Property, vol. 10, fasc. 1, 2001, p. 89.

[52]Op.cit., A.L. Schoetter, “Folklore”, in S.Von Lewiski, Indigenous Heritage and Intellectual Property: Genetic Resources, Traditional Knowledge and Folklore, cit., p. 299, nota 225. L’autore sottolinea come se è vero che l’art. 6 CUB introduce i profili essenziali del diritto morale, dall’altro lato i TRIPs all’art. 9 par. 1 lo escludono espressamente dal suo ambito di applicazione.

[53]“Il diritto di cui all’art. 23 L.A. non è il medesimo diritto morale già riconosciuto all’autore fintanto che è vivo. Si tratta piuttosto di un nuovo e diverso diritto che alcuni familiari dell’autore acquistano iure proprio e quindi non per effetto della successione ereditaria e anche a prescindere dall’assunzione della qualità di erede. Questi soggetti, nell’ordine tassativo stabilito dall’art. 23 L.A. devono pertanto essere qualificati come titolari di un proprio autonomo e personale interesse a preservare l’apprezzamento sociale dell’autore deceduto.” Cfr. Tribunale Milano, 23/06/2011, in Le sezioni specializzate italiane della proprieta’ industriale e intellettuale, 2012, vol.1, p.224 ss.

Rebecca Ricifari

Rebecca si è laureata all'Università degli studi di Milano nel 2020 con votazione 110/ 110 cum laude discutendo una tesi di diritto internazionale e, attualmente, sta svolgendo la pratica forense a Milano. Rebecca collabora con la rivista da aprile 2020 e si occupa di diritto internazionale pubblico e privato e di Fashion Law.

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