venerdì, Aprile 19, 2024
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“European Capital Markets Union”: possibili vantaggi e rischi

Sono ormai trascorsi quasi 10 anni dall’inizio della grave crisi finanziaria che ha sconvolto il nostro mondo e che ci ha consegnato una serie di certezze su alcuni gravi problemi sistemici del nostro mercato globale.

Una di queste certezze ha portato l’Unione Europea ad interrogarsi, finalmente, sul problema dell’effettiva mobilità dei capitali in Europa e, di conseguenza, sul finanziamento delle imprese, in particolare le PMI (Piccole e Medie Imprese).

Gli studi di approfondimento in materia, avviati dalla Commissione Europea, hanno portato alla conferma di quanto si era temuto, cioè che le dichiarazioni meramente formali da parte dei Trattati europei non fossero sufficienti per il raggiungimento di obiettivi auspicabili, come la nascita di un mercato competitivo, senza posizioni dominanti e, conseguenti, abusi, a partire da quelli in tema di finanziamento delle attività produttive.

La realtà, delineata dagli studi della Commissione, è, infatti, ben diversa: gli investimenti in Europa continuano ad essere troppo dipendenti dalle banche; le differenze della disciplina e delle prassi di marcato, per esempio in materia di cartolarizzazioni, continuano ad essere troppo marcate; azionisti ed investitori non oltrepassano quasi mai i confini nazionali quando investono, con grave danno per i Paesi che hanno sofferto di più degli altri la crisi economica; per le PMI è molto complicato accedere al credito.

In reazione alla situazione, nel Settembre 2015, la Commissione Europea presentò l”Action Plan on building a European Capital Markets Union ”, che affermava i seguenti due obiettivi, reciprocamente collegati, da raggiungere attraverso una lista di circa 30 azioni: 1) Raggiungere una maggiore e più profonda integrazione del Mercato dei Capitali, in modo tale da renderlo effettivamente complementare a quello bancario; 2) Diversificare le fonti di finanziamento, così da abbassare i costi degli stessi e rendere il mercato finanziario più resistente e solido. Il termine dell’attuazione effettiva del progetto è stato fissato per il 2019, nel frattempo la Commissione continua ad aggiornare il “Plan”, come per esempio ha fatto con la “Mid-Term Review” di Giugno 2017, che si è soffermata in particolare sulle cartolarizzazioni. In relazione a quest’ultima modifica, si è concentrata essenzialmente sul miglioramento dell’attività di “due diligence” (in italiano, diligenza dovuta), allo scopo di permettere un’ottimale raccolta di informazioni e dati sull’operazione, così da ridurre i rischi e assicurare la consapevolezza degli investitori.

I possibili vantaggi emergono facilmente dalla lettura degli obiettivi della Commissione, si ritiene che il tutto porterà ad evitare, più regolarmente, crisi di sotto-finanziamento per le PMI e shock per il sistema finanziario nel complesso. Per quanto riguarda i rischi, i commentatori [1]  hanno fatto notare, in primo,come manchi effettivamente un attore unico responsabile per il progetto, in quanto le competenze sono assegnate a vari attori istituzionali. Secondo rischio è legato all’oggettività complessità insita nel tentativo di armonizzare sistemi legislativi e regolamentari molto diversi fra loro.

Infine, il progetto è giudicato da alcuni come troppo poco ambizioso, in particolare perché, di fatto, sposta nel futuro molte scelte delicate e non porta effettivamente ad un mercato unico dei capitali, ma piuttosto ad un riavvicinamento delle differenti normative nazionali.

Molto probabilmente, queste difficoltà sono legate ad una scarsa volontà da parte degli SSMM di rendere più forte ancora l’integrazione europea nel settore dei capitali.

Dopo la Brexit, però, il principale avversario di una soluzione più coraggiosa, cioè il Regno Unito, non rappresenta più una valida esimente per i paesi europei. Vedremo, quindi, se la Commissione Europea imprimerà, prima del 2019, un cambio di passo al progetto o si dovrà ancora attendere per un obiettivo affermato sulla carta già da molto tempo, quello della perfetta mobilità dei capitali in Europa.

Simone D'Andrea

Studente di Giurisprudenza, classe 1994, tesista in Diritto del Mercato Finanziario, collaboratore area di Diritto Internazionale

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