Il risarcimento del danno all’immagine della P.A.
L’entrata in vigore del codice di giustizia contabile ha esteso il novero dei reati che legittimano l’esercizio dell’azione risarcitoria del danno all’immagine conseguente a delitti commessi da pubblici dipendenti a danno delle pubbliche amministrazioni. Occorre però stabilire quali fattispecie delittuose consentono al pubblico ministero contabile l’esercizio dell’azione per il risarcimento del danno all’immagine. Si tratta, infatti, di un’attività indispensabile anche ove si ritenga che la domanda risarcitoria non richieda la commissione di uno dei delitti dei pubblici ufficiali contro la PA, ma solo la commissione di un delitto «a danno» della stessa.
La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 51, commi 6 e 7, dell’Allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, recante «Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124», nella parte in cui esclude l’esercizio dell’azione del pubblico ministero (PM) contabile per il risarcimento del danno all’immagine conseguente a delitti commessi da pubblici dipendenti a danno delle pubbliche amministrazioni, dichiarati prescritti con sentenza passata in giudicato ma pienamente accertativa della responsabilità dei fatti, ai fini della condanna dell’imputato al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili costituite.
In particolare, il giudizio riguarda un ufficiale della Polizia di Stato imputato di violenza privata aggravata per i fatti del “G8” di Genova (luglio 2001), che era stato prosciolto dalla Corte d’appello del capoluogo ligure per intervenuta prescrizione e condannato a risarcire il danno alle parti civili. La Corte dei conti aveva ritenuto illegittima la norma che subordina il risarcimento del danno all’immagine alla condanna in sede penale del pubblico dipendente.
Con sent. 191/2019, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione. Tuttavia, pur non entrando nel merito della costituzionalità della norma, la sentenza è un utile spunto per ripercorrere l’evoluzione della disciplina del danno all’immagine della PA e le problematiche che tutt’ora interessano la materia.
Il danno all’immagine della PA, secondo la dottrina, pur rientrando nell’alveo del danno erariale, si caratterizza perché “lede il buon andamento dell’Amministrazione, la quale, a causa della condotta illecita perpetrata dai dipendenti infedeli, perde la credibilità e la fiducia dei cittadini amministrati, poiché ingenera in questi ultimi la convinzione che il comportamento illecito posto in essere dal dipendente rappresenti il modo in cui l’ente agisce ordinariamente”.In sostanza, si tratta di una tipologia di danno che va ad incidere sul prestigio e sulla credibilità dell’Amministrazione.
Il danno all’immagine della PA ha origine pretoria. È stato cristallizzato a livello legislativo soltanto nel 2009, con l’introduzione D.L. n. 78(convertito con modificazioni in L. 102/2009). Secondo tale decreto, la configurabilità del danno all’immagine era limitata ai soli casi di delitti dei pubblici ufficiali contro la PA (artt. da 314 a 335-bis c.p.) accertati con sentenza di condanna definitiva.
Tale norma è stata più volte oggetto, come nel caso che ci riguarda, di censure sotto diversi profili di illegittimità costituzionale. Tuttavia la Corte, nel 2010, ha avuto modo di chiarire che le questioni sono infondate essendo legittima una legge che circoscriva la risarcibilità del danno “soltanto in presenza di un fatto che integri gli estremi di una particolare categoria di delitti” e che non è irragionevole la scelta di non estendere il risarcimento anche a reati diversi o a condotte non costituenti reato.
Nel 2016, poi, è entrato in vigore il Codice di Giustizia Contabile, il quale ha abrogato parte della norma che disciplinava il risarcimento del danno all’immagine della PA. Oggi resta in vigore la norma che limita la proposizione della domanda di risarcimento nei casi specifici di legge, sebbene tale norma faccia rinvio ad una previsione abrogata dallo stesso C.G.C.
Come si può comprendere, il quadro normativo risultava incerto ed infatti la Corte dei Conti ha avuto modo di chiarire che attualmente il novero dei reati che permettono di accedere al risarcimento sono, più genericamente, tutti quelli a danno della PA accertati con sentenza penale passata in giudicato.
Dal quadro delineato, risulta chiaro che il risarcimento del danno all’immagine della PA, quale figura di danno, ha subito un percorso travagliato. Sebbene la rosa dei reati-presupposto sia stata estesa, persistono perplessità in relazione alla necessarietà dell’accertamento penale in via definitiva.
Francesco Di Iorio
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