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Caso Englaro: Dalla Cassazione al Consiglio di Stato viene confermata la condanna della Regione Lombardia

 

 

 

 

21 Giugno 2017, arriva la sentenza del Consiglio di Stato sul “caso Englaro”.

Eluana Englaro muore il 9 febbraio 2009 di morte naturale a causa di disidratazione dovuta all’interruzione della nutrizione artificiale.  Questo caso ha fatto discutere tanto, ha scosso gli animi fino ad avere una risonanza politico-sociale.

Quella del Consiglio di Stato è stato l’ultimo step di una battaglia lunga ed estenuante. La storia di Eluana prima raccontata in ogni ospedale, televisione locale e nazionale,poi portata di aula in aula, oggi, forse, trova il suo finale.

La vicenda giudiziaria

Il racconto dei dolci occhi di Eluana percorre, per la prima volta, le strade giudiziarie nel 1999, quando il padre, Beppino, chiede di poter sospendere la nutrizione facoltativa alla figlia, in coma vegetativo da 7 anni. La ragazza, infatti, nel 1992, a causa di un incidente dovuto al fondo stradale ghiacciato, riporta delle lesioni celebrali irreversibili che la costringono in coma vegetativo.

Nel 2006 l’ ” affare” arriva dinanzi la Corte di Cassazione che respinge le richieste della famiglia Englaro per un vizio del procedimento. Tra gli atti di parte c’è anche una “personalissima considerazione di Eluana”. Le testimonianze di amici e parenti, infatti, concordano tutte sull’ inconciliabilità delle sue condizioni post incidente con la sua convinzione di vita e della dignità personale.

E’ importante sottolineare che il ricorso, per iniziare il procedimento dinanzi la Cassazione non fu notificato ad una controparte portatrice di interessi differenti, ma fu presentato in conciliazione con l’art. 32 della nostra Costituzione «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».

Nel 2007 tutto ritorna dinanzi la Corte d’appello di Milano. Qui avviene la prima svolta. La Corte individua i due criteri necessari per poter autorizzare l’interruzione dell’alimentazione. In primis la condizione vegetativa deve essere oggettivamente irreversibile, e ben ponderata; la seconda condizione è soggettiva. Secondo testimonianze ed espressioni di vita precedenti la situazione vegetativa, la volontà di interruzione deve combaciare con quella del paziente o, almeno, con la sua visione di vita.

Alla luce di questo, nel 2008, la Corte d’appello di Milano autorizza Beppino Englaro ad interrompere la nutrizione artificiale.  Nonostante la sentenza, la struttura ospedaliera di matrice cristiana, dove vive Eluana si  rifiuta di ottemperare la decisione per questo, il padre, la trasferisce  in un’altra struttura dove è possibile interrompere la nutrizione ed idratazione artificiale. Chiusa la questione in ambito civile vi sono degli aspetti che restano aperti (risarcimento danni e mancanza di possibilità) che investono nel 2016 il Tar Lombardia e nel 2017 il Consiglio di Stato.

 

La “questione amministrativa”

Nel 2016 viene condannata la Regione Lombardia per un decreto emanato dall’allora presidente Formigoni, con cui si è vietata l’interruzione della nutrizione, al pagamento di 143mila euro alla famiglia Englaro.

Il tutto parte dal ricorso al Tar Lombardia del 2009. In questa occasione il Tar annulla il provvedimento emanato dalla Regione Lombardia che non aveva permesso l’interruzione della nutrizione. “l’Amministrazione Sanitaria, in ossequio dei principi di legalità, buon andamento, imparzialità e correttezza, dovrà indicare la struttura sanitaria dotata di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, tali sa renderla “confacente” agli interventi e alle prestazioni strumentali all’esercizio della libertà costituzionale di rifiutare le cure”. Questa la motivazione. Pochi  giorni dopo la famiglia Englaro trasferisce Eluana nella casa di cura di Udine.

Tre anni dopo il Tar viene nuovamente adito. Questa volta la negligenza della Regione Lombardia è la premessa da cui partire. Accertata il mancato adattamento della Regione e l'”ostruzionismo” pressante della casa di cura, si ragiona intorno il danno ed il relativo risarcimento.

La famiglia Englaro riceve nel 2016 la sentenza del Tar definitiva che non riconosce solo la negligenza della Regione Lombardia  ma nell’assegnare il risarcimento definisce questa come una “sentenza pilota”, da prendere come base giuridica per il futuro.

Della questione è stato investito, in ultima istanza, anche il Consiglio di Stato. La Corte non accoglie il ricorso della Regione Lombardia confermando il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.

Gli aspetti presi in considerazione riguardano il ricovero della ragazza in una struttura non pubblica a causa della mancanza di possibilità datagli da quelle pubbliche. La Regione Lombardia non si è fatta carico delle spese del ricovero di Eluana come, invece, avrebbe dovuto fare, ed è da questo che parte il ragionamento del Consiglio.

L’amministrazione sanitaria regionale, “avrebbe dovuto, in ossequio ai principi di legalità, buon andamento, imparzialità e correttezza, indicare la struttura sanitaria dotata dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, tali da renderla ‘confacente’ agli interventi e alle prestazioni strumentali all’esercizio della libertà costituzionale di rifiutare le cure” evitando il trasferimento in una struttura privata ad Udine.

Qui viene in gioco il danno patrimoniale. La famiglia Englaro si è fatta carico di spese che non avrebbe dovuto affrontare. Una sentenza della Corte di Cassazione, una volontà chiara, un ordine da ottemperare. A tutto questo la Regione Lombardia non ha dato ascolto ed ha lasciato una sua cittadina sola, costretta ad andar via per poter dar vita ad una volontà giuridicamente  riconosciuta.

Altro aspetto sottolineato è il diritto di rifiutare le cure. “E un diritto di libertà assoluto, efficace erga omnes. Pertanto, si tratta di una posizione giuridica che può essere fatta valere nei confronti di chiunque intrattenga il rapporto di cura con la persona, sia nell’ambito di strutture sanitarie pubbliche che di soggetti privati“.  La Regione avrebbe dovuto, dopo 17 anni, continuare a fornire le cure ad Eluana anche se in modo inverso. L’interruzione delle cure, in questi casi, è un diritto, la Regione in quanto organo vicino i cittadini ed i loro bisogni avrebbe dovuto rispettarlo.

Il risarcimento del danno non muta “ed è pari alla somma complessiva di 132.965,78 euro, oltre accessori, di cui 12.965,78 a titolo di danno patrimoniale (oltre agli interessi legali dal momento dell’esborso e fino alla data di pubblicazione della sentenza) e di 120.000 a titolo di danno non patrimoniale con l’aggiunta di interessi e rivalutazione“.

La famiglia Englaro con la sua caparbietà ha dato l’imput giusto per far riflettere su un tema delicato . Il fine vita è sempre una materia scottante che, però, non deve essere trattata come “terra di nessuno”, ma ha bisogno di una tavola rotonda fatta di professionisti, giuristi e politici, capaci di dare garanzie e possibilità a chi risiede in questo limbo tra vita (impotente) e morte.

Tra i due criteri necessari per autorizzare il “l’interruzione di nutrizione”, forse, quello più rilevante è il secondo. La volontà soggettiva, concretamente provabile è ciò che fa pesare l’ago della bilancia. Il Consiglio di Stato, in questa sentenza, non ha solo rimproverato le mancanze economiche della Regione, ma, a mio avviso, la vicinanza, quella che bisognerebbe sempre dare ai cittadini senza se e senza ma.

 

 

Mirella Astarita

Mirella Astarita nasce a Nocera Inferiore nel 1993. Dopo la maturità classica prosegue i suoi studi presso la facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo Federiciano. Amante fin da piccola della letteratura e dei mondi a cui dà accesso, crescendo impara a guardare e raccontare con occhio critico ciò che la circonda. Le piace viaggiare, conoscere posti nuovi, sentire le loro storie ed immaginare come possa essere vivere lì. Di indole curiosa lascia poche cose al caso. La sua passione verso il diritto amministrativo nasce seguendo i primi corsi di questa materia. Attenta all’incidenza che ha questa sfera del diritto nei rapporti giuridici, le piace sviscerare fino in fondo i suoi problemi ed i punti di forza. Attualmente è impegnata nella stesura di una tesi di diritto amministrativo comparato, riguardante i sistemi di sicurezza.

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