Brasile, paesi Brics e fiscalità internazionale – Le svolte mancate del fisco carioca
Il Brasile è una delle più importanti potenze economiche annoverate tra i Paesi cosiddetti BRICS(1) (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). L’economia brasiliana conosce un periodo relativo agli anni 2003-2006 dove ha registrato una prima crescita economica pari al 3,3% in confronto ad una media per i paesi sviluppati del 7,3%. La potenza economica del Brasile per la maggiore si regge sul fronte del commercio internazionale e del trasporto via mare che risulta strategico , anche se ultimamente il paese si avvicina sempre più a vivere una forte urbanizzazione.
Un’ ulteriore fattore positivo per l’economia brasiliana è dato dalla propensione ad essere terra fetile per investimenti di vario tipo, fattore che rende il paese carioca assai appetibile sul piano internazionale, sebbene risulti assolutamente necessaria una riforma strutturale della burocrazia. Nel 2006 gli investimenti sono cresciuti del 7% ed i salari dell’8% soprattutto nelle forniture di biocombustibili , commercio della soia e di minerali che riescono a mantenere forte il canto delle sirene del paese verso gli investitori. Pur registrando innumerevoli crescite dal punto di vista commerciale e turistico non poche sono le criticità relative alla gestione fiscale del paese. Negli ultimi anni ,infatti , i dati condivisi dal Fondo monetario internazionale (Fmi) hanno reso pubblico un recentissimo rapporto ,attraverso il quale si è stati in grado di percepire lo squilibrio fiscale ed a prendere consapevolezza del massiccio aumento del debito pubblico che continuano a rallentare la ripresa dell’economia brasiliana.
L’ultimo country report mette nero su bianco un’analisi accurata e approfondita dell’andamento dell’economia del gigante carioca, che sembra aver quasi superato la pesante recessione del biennio 2015/2016. Nel testo[2], il Fondo ha sottolineato ancora una volta l’importanza delle riforme strutturali per permettere una crescita continua dopo la recessione vissuta dal paese sudamericano. Il rapporto del Fmi sottolinea che “Il consolidamento fiscale è fondamentale per mantenere la fiducia nella sostenibilità del debito”, e ancora : “Il deficit fiscale è diminuito, ma il debito pubblico sta crescendo e le riforme più profonde sono in ritardo”.
Una volta esaminata con attenzione l’ampiezza del debito pubblico, il Fondo ne rileva la causa anche nella mancata (o solo parziale) conversione in legge di alcune misure fiscali previste dalla bozza di budget presentata dal Governo al congresso , un errore di grossa rilevanza sul piano fiscale,che avrebbe potuto rilevarsi pacificamente garante di salvezza. Ultime analisi rilevano che nel 2017 il prodotto interno lordo (PIL) ha ripreso a crescere mai il ritmo si attesta in misura non superiore all’’1% all’anno. Per il biennio 2018-2019, sottolinea l’Fmi, è previsto un ulteriore aumento dell’1,8% per l’anno in corso e del 2,5% per il successivo.[3] Buone notizie si registreranno anche sul fronte della crescita dei prezzi, con un’inflazione prevista in calo dal 6,3% al 2,9%. Certo, è difficile pensare che lo stato brasiliano possa in un prossimo futuro riprendere il ruolo di traino dei Paesi del Brics, il tutto tenendo conto della forte espansione sempre in crescita registrata in Cina, che va rafforzando il suo ruolo geo-politico attraverso la ramificazione della nuova Via della Seta. Si è infatti registrato, tra il 2013 e il 2017, un importante aumento del debito pubblico brasiliano che risulta cresciuto di oltre il 20% passando dal 59,2 al 78,4%[4]. Il Fondo monetario internazionale assegna comunque la priorità al risanamento del bilancio come modo per accrescere la fiducia nella sostenibilità del debito.
Sulla base di questi moniti in ordine alla necessità di approntare misure di risanamento fiscale,ci si aspettava che la legge di bilancio 2018 avrebbe dovuto rappresentare un punto di svolta nella gestione dei conti pubblici brasiliani. La maggior parte delle misure proposte dal Governo sono però rimaste inapplicate e bloccate in Parlamento e non sono entrate a far parte del piano approvato, come ad esempio la proposta del governo di tassare i closed-end fund [5]annualmente, invece di attendere il rimborso o la liquidazione, che è stata ristretta solo ai nuovi fondi chiusi. Non si tiene conto però che così facendo i benefici relativi per le casse dello stato brasiliano saranno piuttosto limitati, il che costituisce un ulteriore problematica insoluta.
Sul fronte delle entrate l’esecutivo brasiliano ha, inoltre, registrato un grave passo falso. Non è stata, infatti, cancellata né limitata l’agevolazione fiscale che fu introdotta per la prima volta introdotta nel 2011 per fare fronte alla crisi economica globale. Si tratta di una possibilità per le imprese di un’ampia gamma di settori produttivi di sostituire una componente pari al 20% delle retribuzioni, con una tassa sulle entrate aziendali, fissata di solito al 2,5%.[6]
La bozza in questione ha incontrato non pochi ostacoli nella sua conversione in legge anche in misure non strettamente fiscali.
Inutile sottolineare che il paese viene fuori da un periodo molto difficile, in cui è successo praticamente di tutto: il crollo delle materie prime, oltre che la caduta dei mercati azionari e della valuta. Si noti che soltanto nel 2016 si è assistito ad una diminuzione del Pil del 3,6%, anche se da questo anno le cose sembrano totalmente cambiate: sempre secondo l’Fmi il PIL dovrebbe segnare +0,7% per arrivare a +1,5% nel breve termine. Si tratta di un risultato ancora nettamente inferiore alla crescita globale , ma che si può definire quasi miracoloso se lo rapporta alla situazione precedente.
La valutazione del comitato esecutivo del Fmi conclude così: ”con l’alto livello di debito pubblico, il consolidamento fiscale continuo è di fondamentale importanza”. Il Fondo monetario internazionale sottolinea che l’economia del Brasile si sta comportando negativamente anche in relazione al suo potenziale di crescita, con prospettive considerate scoraggianti a medio termine. La proiezione del fondo per il Prodotto interno lordo (Pil) nel 2018 è cresciuta dell’1,8 per cento. Per l’anno successivo, la stima è del 2,5 per cento. L’aspettativa è che questo movimento sarà trainato dalla ripresa dei consumi interni, come sta accadendo dal 2017, oltre alla ripresa degli investimenti. In conclusione è d’uopo sottolineare come anche nelle economie con un potenziale di crescita estremamente elevato, la mancata o parziale attuazione di una politica fiscale strutturale e tesa alla crescita possa ,già sul medio termine, deprimere le aspettative di crescita e sviluppo dei paesi.
[1] Per una corretta definizione dell’acronimo si faccia riferimento a quanto indicato qui
[2] Notizia in primo piano condivisa da : http://www.repubblica.it/online/lf_primo_piano/020808brasile/brasile/brasile.html
Per un ulteriore approfondimento del caso si veda : [3] https://www.panorama.it/economia/il-brasile-tra-ascesa-e-declino-da-brics-allorlo-del-crack/
[4] Fonte: (fonte: Cia World Factbook)
[5] https://www.investopedia.com/terms/c/closed-endinvestment.asp