venerdì, Marzo 29, 2024
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Quali sono le novità legislative introdotte dal D.L. n. 50/2017 in materia di split payment ?

Lo split payment, noto come “scissione di pagamenti”, ha subìto rilevanti modifiche con il D.L. n. 50/2017, che ha ampliato l’ambito applicativo dell’istituto introdotto con la Legge di Stabilità per il 2015.

La disamina si incentrerà, in primis, sulla descrizione dell’istituto, che sarà analizzato esaminando le ragioni della sua introduzione e le peculiarità connesse all’ambito di applicazione di un tributo armonizzato.

In secundis, verranno verranno illustrate le novità previste dal legislatore con il summenzionato D.L. n. 50/2017.

Per split payment si intende un nuovo metodo di riscossione in ambito Iva- introdotto dalla Legge di Stabilità del 2015- avente la finalità precipua di contrastare l’evasione fiscale in un settore specifico, ossia quello della fornitura di beni e servizi agli enti della pubblica amministrazione.

Tale meccanismo di riscossione, nella sua formulazione originaria, prevedeva che, con riferimento esclusivamente alle operazioni effettuate nei confronti di determinati enti pubblici, l’IVA applicata in via di rivalsa dai fornitori della p.a. ai propri committenti-cessionari venisse versata direttamente da questi ultimi all’Erario. Tale novella legislativa si prefiggeva uno scopo antielusivo , atto ad evitare che la riscossione dell’IVA fuoriuscisse dal circuito pubblico ed a prevenire, così, l’eventualità che i fornitori degli enti pubblici non versassero all’Erario il tributo riscosso in via di rivalsa.

Trattasi di un sistema di riscossione non espressamente previsto dalla Direttiva IVA /(Direttiva 2006/112/CE), reso attuativo, pertanto, solo previa autorizzazione da parte del Consiglio Dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 3 della medesima Direttiva. La misura derogatoria richiesta dall’Italia e concessa dal Consiglio dell’Unione Europea è stata ritenuta proporzionata in quanto: 1) limitata nel tempo ( dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2017); 2) circoscritta ad un settore che presenta rilevanti problemi di evasione fiscale, 3) veniva contestualmente prevista l’esecuzione dei rimborsi in via prioritaria ai sensi dell’art. 38- bis del D.P.R. 633/72, ovvero entro tre mesi dalla richiesta, per tutelare quei soggetti passivi che, agendo quali fornitori delle pubbliche amministrazioni, si sarebbero trovati, con l’introduzione della nuova disciplina, con rilevanti posizioni creditorie nei confronti dell’Erario ( art. 8 del D.M. 23 gennaio 2015).

Il summenzionato D.L.n. 50/2017 amplia la portata applicativa dell’istituto sia sotto il profilo oggettivo, attinente al novero delle operazioni assoggettate al regime derogatorio dello split payment , sia sotto il profilo soggettivo, riguardante la categoria dei soggetti committenti/cessionari nei confronti dei quali trova applicazione la disciplina.

In riferimento all’aspetto oggettivo, di peculiare rilevanza è da ritenersi l’estensione dello split payment ai lavoratori autonomi.

L’art. 1 , comma 1, lett. c), del D.L. 50/2017 ha abrogato il secondo comma dell’art. 17 ter del D.P.R. 633/ 72 che escludeva in modo espresso l’applicazione della disciplina qualora, in caso di prestazione di servizi, il compenso fosse assoggettato a ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito. Sebbene l’espresso tenore letterale della norma, l’amministrazione Finanziaria, con la circolare AE n. 6 del 19 febbraio 2015, par. 8.7, ha interpretato in modo estensivo tale disposizione legislativa, ritenendo che venissero sottratte all’applicazione dello split payment anche le prestazioni di servizi assoggettate a ritenute a titolo d’acconto, come quelle dei professionisti.

La ratio di tale interpretazione amministrativa era quella di evitare un ulteriore aggravio in termine di liquidità a carico dei lavoratori autonomi, i quali già si trovano a dover subire una ritenuta d’acconto al 20 % sui compensi a loro spettanti. Non essendo mutato nulla in termini di ritenute, sembra essere ingiustificata e priva di buon senso l’abrogazione dell’articolo che prevedeva tale esclusione.

Tuttavia, si precisa che, in sede di conversione del DL. n. 50/ 2017, è stata formulata una proposta per limitare l’impatto dello split payment in capo ai lavoratori autonomi, limitandolo al 70% dell’iva.

Qualora tale emendamento dovesse essere recepito, parte dell’iva ( 30% )dovrà essere versata dal Committente e non direttamente all’Erario.

In merito all’ambito di applicazione soggettivo, si evidenzia che non vi è più l’indicazione espressa degli enti pubblici nei cui confronti trova applicazione il sistema dello split payment. Tale disposizione tassativa e restrittiva ha indotto l’Amministrazione Finanziaria a dare un’interpretazione estensiva delle disposizioni di legge.

Il D.L. 50/2017 fin qui analizzato, al contrario, all’art. 1, comma 1, lett. a) del DL 50/2017, ha previsto un rinvio recettizio all’elenco delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto consolidato pubblicato dall’ISTAT di cui all’art. 1 della L. 196 del 31 dicembre 2009 ( art 17- ter, comma 1, del 633/72). Tale modifica legislativa garantisce una maggiore certezza nell’individuazione e nella delimitazione del presupposto soggettivo del campo applicativo dello split payment.

Relativamente ai profili di incertezza, basti ricordare che l’Amministrazione finanziaria, nella circolare AE n. 15 del 13 aprile 2015, aveva affermato quanto segue: “in caso di incertezza si è dell’avviso che per i fornitori sia sufficiente attenersi alle indicazioni fornite dalla P.A committente o cessionaria, sul presupposto che la predetta P.A. abbia tutti gli elementi per valutare i propri profili soggettivi in ordine alla riconducibilità della stessa nell’ambito applicativo della scissione dei pagamenti”.

Si fa rilevare che tale elenco coincide con quello degli enti pubblici interessati dalla fatturazione elettronica in virtù del richiamo contenuto all’interno dell’art. 1, comma 209, della Legge . 244 del 24 dicembre 2007.

Inoltre, la novella legislativa, con l’inserimento del comma 1- bis all’art. 17- ter del DPR 633/72, ha esteso l’applicazione dell’istituto anche alle operazioni effettuate nei confronti di altri soggetti ad alta affidabilità fiscale quali: 1) le società controllate ai sensi dell’art. 2359, primo comma nn. 1 e 2 , del c.c., direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai ministeri; 2) le società controllate, ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n.1 c.c., direttamente dalle regioni, province, città metropolitane, comuni, unioni di comuni; 3) le società controllare direttamente o indirettamente, ai sensi dell’art. 2359 , primo comma, n. 1), o le società di cui alle lettere a) e b), ancorché quest’ultime rientrino tra i soggetti di cui alla lettera d) ovvero fra i soggetti di cui all’art.1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196; 4) le società quotate inserite nell’Indice FTSE MIB della Borsa Italiana

Sebbene la deroga inizialmente concessa dall’Unione Europea scadrà al termine del 2017, il Governo italiano ha già ottenuto l’autorizzazione da parte dell’Unione Europea sia alla proroga sia all’allargamento della disciplina. La concessione reiterata di deroghe rischia di far perdere alla misura quel connotato di straordinarietà ed eccezionalità, facendola diventare strutturale e permanente.

Inoltre, l’estensione della misura anche ai fornitori di società quotate sembra non limitare la misura derogatoria ad un settore circoscritto e specifico.

L’Unione Europea, in conclusione, pur di garantire una riscossione più efficace di un’imposta armonizzata che rappresenta una risorsa propria dell’Unione Europea, si sta dimostrando disposta ad accettare soluzioni che riducono il livello di  armonizzazione precedentemente raggiunto.

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