I punti fondamentali della manovra economica italiana in dirittura d’arrivo
In questi ultimi due mesi abbiamo assistito ad un intenso dibattito nell’opinione pubblica, ovvero ad uno scambio di posizioni fin troppo acceso tra fautori e detrattori di quella che, nelle intenzioni del Governo del Cambiamento, sarà “la Legge di bilancio che gli italiani attendono da anni”. Una manovra espansiva e che intende riflettere le vere esigenze delle fasce popolari indigenti, ma che allo stesso tempo darà nuova linfa alla crescita economica, garantendo una maggiore domanda aggregata e a tutto vantaggio del processo produttivo. Almeno stando alle dichiarazioni degli addetti ai lavori.
Una scommessa non da poco, considerando che le risorse da investire sono considerevoli e qualora non si verificasse la previsione della crescita del Pil, con conseguente riduzione del debito pubblico, gli scenari sarebbero a dir poco preoccupanti.
I buoni propositi, anche se spregiudicati, del Governo giallo-verde, hanno messo in apprensione un intero continente, spingendo i vari leader contrari al piano economico italiano ad esprimersi pubblicamente con dichiarazioni apocalittiche circa gli scenari politici ed economici futuri, qualora il Bel Paese andasse nella direzione opposta a quanto stabilito dalle strette maglie dei Trattati su cui si fonda l’Unione Europea.
Ecco perché potrebbe essere utile, al fine di una migliore comprensione del contesto attuale ripercorrere le fasi più importanti di questi due mesi di braccio di ferro tra Italia e UE, proprio nel momento in cui, questa storia così difficile, sembra stia volgendo al termine.
Il 18 ottobre 2018, arrivava nelle mani del Ministro dell’economia e delle finanze italiano Giovanni Tria, un primo e deciso intervento da parte delle istituzioni europee riguardo al contenuto della manovra di bilancio in corso d’opera.
Una “violazione grave e manifesta delle raccomandazioni adottate dal Consiglio ai sensi del Patto di Stabilità e Crescita per il 2019”, in questi termini si esprimevano i due firmatari della lettera Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici.
Nelle more della loro disamina, i commissari europei precisavano che: “Il debito pubblico italiano, in quel particolare frangente, prevede un tasso nominale di crescita della spesa pubblica primaria netta del 2,7%, al di sopra dell’incremento massimo raccomandato (0,1%). Il deterioramento strutturale (ricalcolato) nel 2019 ammonta allo 0,8% del PIL, il che corrisponde a una deviazione significativa rispetto allo sforzo strutturale dello 0,6% del PIL raccomandato dal Consiglio il 13 luglio 2018 per l’anno 2019”.
Ancora: “sia il fatto che il debito pubblico preveda un’espansione fiscale prossima all’1% del PIL, ove il Consiglio ha invece raccomandato al Paese un miglioramento del suo saldo strutturale, sia l’entità della deviazione (una differenza di circa l’1,5% del PIL) non hanno precedenti nella storia del Patto di Stabilità e Crescita.
Inoltre, in un contesto in cui il debito pubblico italiano è pari a circa il 130% del PIL, la nostra valutazione preliminare (precisano gli autori) indica che i piani dell’Italia non garantirebbero il rispetto della regola di riduzione del debito concordata tra tutti gli Stati Membri, la quale richiede una costante riduzione del debito pubblico verso la soglia del 60% del PIL stabilita dai Trattati”.
Il documento di bilancio pianificato dal governo guidato da Giuseppe Conte, metteva a repentaglio la conformità alle regole del c.d. braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita e rendeva poco credibile il raggiungimento dell’obiettivo di medio termine nel 2021.
Infine, i due commissari puntavano l’accento su di un aspetto procedurale e chiedevano conto al ministero di Via XX settembre: “osserviamo che le previsioni macroeconomiche sottostanti il progetto di bilancio dell’Italia non sono state validate dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), l’organismo indipendente di monitoraggio fiscale in Italia. Ciò sembra in contrasto con l’esplicito dispositivo del Regolamento 473/2013 (articolo 4), ai sensi del quale le previsioni macroeconomiche devono essere elaborate o validate da un organismo indipendente”[1].
La consegna della lettera di diffida è avvenuta al culmine dell’incontro che ha visto protagonisti proprio il ministro dell’economia Tria e il commissario agli affari economici e monetari Moscovici.
Quest’ultimo dal canto suo ha espressamente ed individualmente sottolineato che: “non può restare il rapporto deficit/Pil al 2,4%”, che “le stime di crescita non sono realistiche e che la Commissione non è contro l’Italia, non è un avversario dell’Italia ma è l’arbitro sul campo, la persona che fa rispettare le regole del gioco”.
Infine, sul giudizio espresso da Bruxelles di una “deviazione senza precedenti”[2] il Presidente del Consiglio chiosava: “forse si riferiscono al valore assoluto, ma noi già dovevamo partire da un riallineamento all’1,2%, più le clausole Iva si andava al 2%. Dal 2% al 2,4% è smentito che si tratti di una deviazione senza precedenti”[3].
Tuttavia, e nonostante i toni molto accesi che rendevano incandescente il dibattito sulla manovra tra sostenitori e detrattori, rassicuranti erano le parole del Tesoro che predicava calma, in un clima istituzionale in cui la collaborazione costruttiva doveva essere il binario da seguire nelle relazioni con i commissari europei.
Tanto è vero che il 22 ottobre, puntuale arrivavano i chiarimenti da parte di Palazzo Chigi in risposta alle obiezioni mosse dall’Ue nei confronti dell’impianto complessivo della legge di bilancio, Tria chiariva che, a suo parere, “essa non espone a rischi la stabilità finanziaria dell’Italia né degli altri Paesi membri”.
L’esecutivo italiano, continuava il ministro, “è cosciente di aver scelto un’impostazione della politica di bilancio non in linea con le norme applicative del Patto di Stabilità e Crescita”, ma si tratterebbe di un percorso necessario “alla luce del persistente ritardo nel recuperare i livelli di Pil pre-crisi e delle drammatiche condizioni economiche in cui si trovano gli strati più svantaggiati della società italiana”.
Il ministro dell’economia aggiungeva che “qualora i rapporti deficit/Pil e debito/Pil non dovessero evolvere in linea con quanto programmato il governo si impegna a intervenire adottando tutte le necessarie misure affinché gli obiettivi indicati siano rispettati”. Insomma, se la situazione lo avesse richiesto non veniva escluso che le risorse messe a bilancio avessero subito un ridimensionamento rispetto alle previsioni: ipotesi strategica questa e che il ministro a settembre aveva anticipato di voler inserire in manovra come vera e propria “clausola di salvaguardia” sul fronte delle uscite.
In sintonia con le parole espresse da Tria era lo stesso Giuseppe Conte che, nel confronto con gli organi di stampa d’oltralpe, esprimeva la “disponibilità a valutare un contenimento delle spese nel corso di attuazione della manovra” e precisava che il 2,4% di deficit/pil “è il tetto massimo“. Non veniva quindi esclusa la possibilità di evitare quel limite ultimo.
L’intenzione di base, come ribadito nella lettera, era quella di “non espandere ulteriormente il deficit strutturale” dopo il 2019, impegnandosi a “ricondurre il saldo strutturale verso l’obiettivo di medio termine a partire dal 2022”; ma “qualora il Pil dovesse ritornare al livello pre-crisi prima del previsto, il governo intende anticipare il percorso di rientro“.
Sulle continue oscillazioni dei rendimenti dei titoli di Stato, nella risposta all’Ue l’esecutivo ostentava sicurezza, facilmente desumibile dalla lettera: “il governo è fiducioso di poter far ripartire gli investimenti e la crescita del Pil e che il recente rialzo dei rendimenti sui titoli pubblici (i tassi pagati dai Btp) verrà riassorbito quando gli investitori conosceranno tutti i dettagli delle misure previste dalla legge di bilancio”. Ma soprattutto, precisava il ministro, “ad oggi il dibattito pubblico sulla legge di bilancio si è limitato alla consistenza dei numeri e degli indicatori e non ha ancora fatto emergere le riforme strutturali che formeranno parte integrante della legge di bilancio e dei disegni di legge ad essa collegati e che avranno un impatto significativo sulla percezione e sui comportamenti dei cittadini, delle imprese e degli investitori”. Un insieme di fattori che nelle convinzioni del ministro, dovrebbero giovare sui conti. E se questo non dovesse rivelarsi nella realtà, concludeva Tria: “il governo si impegna a intervenire adottando tutte le necessarie misure affinché gli obiettivi indicati siano rigorosamente rispettati”[4].
All’indomani dei chiarimenti con cui l’Italia difendeva il contenuto delle misure previste nella legge di bilancio e nel bel mezzo della tempesta dei mercati finanziari, il 30 ottobre 2018, giunge nel Bel Paese un’altra lettera con destinazione Via XX settembre.
In questo frangente i commissari chiedevano di fornire una relazione sui cosiddetti fattori rilevanti [5]che possano giustificare un andamento del rapporto Debito/Pil con una riduzione meno marcata di quella richiesta. Inoltre, veniva chiesta una risposta che doveva essere trasmessa entro il 13 novembre.
Un livello del debito pubblico così elevato e senza prospettive credibili di riduzione nel medio periodo venivano considerati “fonte di preoccupazione per l’area Euro nel suo complesso”; il Direttore generale della Direzione Affari economici e finanziari della Commissione Marco Buti, scriveva nella missiva indirizzata al Direttore generale del Mef Andrea Rivera che: “il debito pubblico italiano rimaneva di una vulnerabilità cruciale, in quanto a livelli così elevati, limita lo spazio di manovra del governo per spese più produttive a beneficio dei suoi cittadini. L’ampia espansione di bilancio prevista per il 2019 è in netto contrasto con l’aggiustamento di bilancio raccomandato dal Consiglio”. Prosegue il testo del messaggio: “questa traiettoria di bilancio, unita ai rischi al ribasso per la crescita del Pil nominale sarà incompatibile con la necessità di ridurre in maniera risoluta il rapporto debito/PIL dell’Italia”[6].
Si trattava di una fase assai delicata, momento nevralgico per il fragile equilibrio dei rapporti tra Italia e UE, una situazione che metteva in condizioni difficili la credibilità del sistema Paese di fronte agli investitori internazionali, tanto che il valore del differenziale di rendimento tra Btp italiani e Bund tedeschi era prono ad inoltrare la sua corsa sui livelli del 2011. Era palpabile nell’aria l’esigenza di un’intesa con le istituzioni europee, e ciò nonostante i continui scontri dialettici tra i leader della maggioranza e i commissari UE. Proprio sulla scia della ricerca del dialogo, si muoveva la seconda lettera con cui il Tesoro rispondeva ai suoi interlocutori il 14 novembre 2018.
“Il livello del deficit al 2,4% del Pil per il 2019 sarà considerato un limite invalicabile”, con questo vessillo il ministro dell’economia provava a persuadere lo scetticismo generale intorno alla legge di bilancio in cantiere. Nella lettera veniva puntualizzato che: “l’indebitamento netto sarà conseguentemente sottoposto a costante monitoraggio e il Dicastero dell’economia sarà tenuto a verificare che l’attuazione delle leggi avvenga in modo da non recare pregiudizio al conseguimento degli obiettivi concordati e ad assumere tempestivamente, in caso di deviazione, le conseguenti iniziative correttive nel rispetto dei principi costituzionali”.
Inoltre, nell’epistola si rendeva nota la fiducia con cui il governo guardava alla possibilità di conseguire gli obiettivi di crescita contenuti nel quadro programmatico del documento di programmazione. Veniva ribadito ancora che “la manovra era stata costruita sulla base del quadro macroeconomico tendenziale e non tiene conto della crescita programmata. Questa impostazione introduce nella legge di bilancio un cuscinetto di salvaguardia, che previene un deterioramento dei saldi di bilancio anche nel caso in cui gli obiettivi di crescita non siano pienamente conseguiti”[7].
Questo sforzo compiuto dal ministro Tria con l’auspicio di rasserenare i partner europei e calmierare le ebollizioni sui mercati finanziari non ebbe l’esito sperato. Sembrava ancora lontana la strada dell’accordo e la distanza stava semplicemente nei numeri: sul valore del deficit nominale/Pil, la Commissione chiedeva informalmente all’Italia di attestarsi intorno all’1,6%, mentre le previsioni di Palazzo Chigi alzavano l’asticella fino al 2,4%, con le stime dei burocrati di Bruxelles che addirittura vedevano schizzare questo parametro intorno al 2,9% in termini consuntivi. Ancora più ampia la distanza se si considera il valore del deficit strutturale/Pil in quanto, il Consiglio UE raccomandava il limite massimo dello 0,3%, mentre Via XX settembre lo voleva all’1,7%, con le stime della Commissione che volavano al 3%[8].
Troppa distanza insomma per sperare in un esito positivo della trattativa ed anzi, sempre più consistente si faceva viva l’ipotesi di una procedura d’infrazione a carico dell’Italia[9]. Un rischio questo da scongiurare in tutti i modi possibili, viste le gravi ripercussioni sull’economia nostrana che un tale evento possa causare.
Le regole comuni sul rispetto dei parametri macroeconomici, stabilite dal Patto di Stabilità e Crescita e nelle successive modifiche operate soprattutto con il Six pack e Two pack (5 regolamenti Ue e 2 direttive Ue) si concentrano innanzitutto sull’ obiettivo di medio termine (Mto), ossia quel percorso di correzione strutturale, da perseguire ogni anno e che differisce a seconda dello Stato membro in cui viene applicato. In caso di “scostamenti importanti” dal percorso di avvicinamento all’Mto, la Commissione invia un avvertimento allo Stato membro interessato, per chiederne i necessari adeguamenti politici. E proprio questo è quanto è stato fatto nei confronti dell’Italia a mezzo epistola da parte dei commissari europei tenuti alla sorveglianza del rispetto di tale regola, ritenuta fondamentale in un contesto economico integrato.
La procedura per squilibri macro-economici che rischiava di essere aperta ha un arco temporale di vita abbastanza ampio:
- la prima fase è basata su azioni di monitoraggio semestrali da parte dei tecnici di Bruxelles sui conti del Paese in oggetto. In pratica, la Commissione europea valuta passo dopo passo il rispetto degli impegni presi dal governo per gli anni a venire. Un buon esempio per comprendere quanto detto è rammentare quanto accaduto qualche anno fa a carico della Grecia.
- La seconda fase è quella delle sanzioni vere e proprie, la quale opera non prima di 5 anni. In sintesi, a subire questa zavorra sarebbero paradossalmente gli esecutivi futuri.
In primo luogo, il patto di stabilità e crescita, come modificato, prevede per gli Stati della zona euro la possibilità di imporre sanzioni sotto forma di un deposito fruttifero pari allo 0,2 % del Pil dell’anno precedente, nel momento in cui lo Stato membro non adotti misure di adeguamento appropriate. Se l’Italia non dovesse rispondere come si attendono le istituzioni europee allora si profilano “prelievi” dell’ordine di centinaia di milioni di euro.
- In realtà però, il danno maggiore deriverebbe dall’imposizione di un percorso di riduzione del debito pubblico, il cui valore odierno si attesta intorno al 131% del Pil e che per le regole deve arrivare al 60%, in ragione di una riduzione annuale pari a un ventesimo della parte eccedente. Come sottolineato da molti economisti, la Commissione europea potrebbe chiedere un impegno concreto per tre anni, con tagli del 3,5% al bilancio annuale. Ragionando in valore assoluto, si tratterebbe di un esborso di 60 miliardi l’anno.
- Ancora, nel quadro della procedura per disavanzi eccessivi, qualora lo Stato interessato non dia seguito alla richiesta di correzione rischia l’eventuale sospensione dei fondi strutturali e di investimento europei
- Infine, tenendo presente che le regole di bilancio sono fondate anche su quanto stipulato tra gli Stati membri con il Fiscal Compact che, porta nel suo grembo la regola aurea del pareggio di bilancio, il singolo Stato inadempiente potrebbe essere convenuto in giudizio dai partner dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea qualora tale norma non sia attuata in modo corretto. È il rischio in cui potrebbe incorrere l’Italia, essere denunciata da uno dei partner[10].
Ad ogni modo, prima che venga attivata formalmente la procedura ci sarà bisogno di qualche mese di tempo, tenendo presente però che l’Italia rischierebbe da subito una sanzione, con l’obbligo suddetto di un deposito pari allo 0,2% del Pil una volta che la Commissione UE avrà avviato formalmente l’iter.
Redatto il rapporto dai commissari UE riguardo la violazione della regola del debito, questo sarà discusso entro due settimane dal Comitato Economico e Finanziario del Consiglio UE, dopodiché la Commissione chiederà all’ Ecofin di pronunciarsi sull’esistenza di un deficit eccessivo. Sarà a quel punto che verranno indicate le tappe per il percorso di rientro che l’Italia eventualmente dovrà seguire. Questa procedura potrà essere avviata entro il 1 febbraio 2019 e molti osservatori ritengono che la decisione verrà presa alla prossima riunione dell’Ecofin in programma il 22 gennaio[11].
Volendo trarre un dato generale, sembra comunque positivo il quadro economico complessivo dell’Unione disegnato dagli euro-burocrati: la Commissione rileva un rallentamento globale della crescita dell’Eurozona, che nonostante tutto lascia registrare sempre il segno positivo. Ma è sul capitolo dedicato ai conti pubblici che l’euro-esecutivo sottolinea i maggiori elementi di positività, giacché, per la prima volta dalla nascita dell’euro nessun Paese membro ha un deficit superiore al 3%, il debito pubblico complessivo dell’area continua a scendere e il saldo primario aggregato della zona euro sarà positivo sia nel 2018 che nel 2019.
Riavvolgendo il nastro per tornare al braccio di ferro Italia-UE c’è da mettere in risalto che, all’indomani della bocciatura ufficiale di Bruxelles della legge di bilancio italiana, in via immediata, forti sono state le reazioni sui mercati finanziari con impennate dello Spread fino a 320 punti base ed ancora più aspre le voci delle opposizioni in Parlamento, cui hanno fatto seguito le chiusure nette ad una possibilità di dare spazio di manovra al Bel Paese da parte dei compagni di viaggio dell’eurozona.
Tanto è vero che, prima ancora che i commissari si esprimessero ufficialmente, sia l’Austria che l’Olanda si erano dette favorevoli ad attivare una procedura d’infrazione contro l’Italia.
Il ministro delle Finanze austriaco Hartwig Loeger ha palesato in questi termini la posizione del suo esecutivo: “il governo italiano con i messaggi populisti sta tenendo in ostaggio il suo stesso popolo”[12] avvertendo che il suo Paese insisterà per rafforzare il rispetto della disciplina fiscale e sarà deciso nel sostenere la procedura di deficit se l’Italia non giungerà ad un compromesso rispetto alle richieste della Commissione. Rincarando la dose, Loeger ha manifestato la propria disapprovazione con quanto affermato dal ministro Tria: “contrariamente a quanto sostiene il mio collega non si tratta di un affare italiano interno, ma di un affare europeo”. E infine, ha aggiunto che “l’Italia rischia di diventare un successore del modello greco”[13]
Sempre sulla linea del pugno duro anche la posizione dell’Olanda, come si evince dalle parole pronunciate dal ministro delle Finanze olandese Wopke Hoekstra, riguardo alla lettera inviata dall’Italia a Bruxelles: “Poco sorprendente ma molto deludente che l’Italia non abbia rivisto il suo piano di bilancio. Le finanze pubbliche italiane sono sbilanciate ed i piani del governo non porteranno ad una robusta crescita economica”. Questo budget è una violazione del Patto di stabilità e crescita. Sono profondamente preoccupato. Ora sta alla Commissione europea fare i passi successivi”[14].
Il governo italiano si trovava stretto in una morsa e col rischio di trovarsi isolato in un vicolo cieco, con l’obbligo di scavalcare il muro dei parametri imposti da Bruxelles per tenere fede alle promesse fatte in campagna elettorale. Una questione tutta politica sul tavolo del confronto con l’Europa, avendo sempre alle calcagna la minaccia dello spread e i declassamenti delle agenzie di rating che sicuramente non davano manforte alla credibilità dell’Italia di fronte agli investitori internazionali.
Ciò nonostante, l’attuale governo non sembrava intenzionato a fare passi indietro, soprattutto sulle richieste dei commissari di rivedere le colonne portanti della manovra: reddito di cittadinanza e riforma del sistema pensionistico con l’introduzione del “quota 100” per superare la legge Fornero.
Il giorno 8 dicembre 2018, il governo incassa la fiducia alla Camera sulla legge di bilancio con 312 voti a favore e 146 contrari. Nel testo del documento economico-finanziario sono presenti tutti i cavalli di battaglia della campagna elettorale dei due partiti di maggioranza.
Molte furono le critiche tra i banchi dell’opposizione, accompagnate anche da quelle dell’ex ministro dell’economia Pier Carlo Padoan:
“questa manovra rischia di produrre una frenata brusca e una inversione dell’economia italiana.Con una manovra che non c’è si distrugge la fiducia costruita con pazienza, e si producono danni veri. Ripristinarla richiederà tempo”. Il nodo cruciale della critica stava nella mancanza di misure per la crescita, giacché, continua nella sua disamina l’ex vertice di via XX settembre, “sono state cancellate le misure che funzionano come il super-ammortamento” e si scaglia proprio contro i due pilastri della manovra, ossia reddito di cittadinanza e quota 100, definendole “misure sbagliate, dannose, incoerenti” La manovra era ritenuta inadeguata e doveva cambiare, avvertiva Padoan riferendosi alla trattativa con Bruxelles, se davvero c’era l’intenzione di evitare la procedura di infrazione sul deficit: “Il dibattito si concentra sui numerini, su cui pure il governo traccheggia. Questo il cambiamento? Direi di no, l’Italia rischia la procedura d’infrazione permanente sul debito. Serve il ritorno a un cambiamento giusto che aveva permesso la discesa del debito vera. Serve un cambiamento non solo dei numerini, ma di sentiero”[15].
La rotta intrapresa dal governo giallo-verde aveva tutta l’aria di un attacco frontale alla stabilità dell’Unione, un punto di non ritorno dalle probabili e pesanti ritorsioni, con tanto di scenari inquietanti all’orizzonte. Dietro le quinte di Palazzo Chigi era già in cantiere una strategia diversa per scongiurare ulteriori scontri con i partner europei. La manovra sarebbe stata stravolta nel successivo passaggio a Palazzo Madama, andando proprio nella direzione del dialogo e del compromesso con l’Europa, il preludio ad un accordo che avrebbe accontentato entrambe le parti contendenti.
Nella tarda serata del 18 dicembre 2018, da fonti del ministero dell’Economia trapelava la notizia che sarebbe stato raggiunto un accordo “informale” e di tipo “tecnico” tra il governo e Bruxelles sulla legge di Bilancio. Le ultime rassicurazioni su deficit e debito fornite da Roma avrebbero convinto i commissari Ue. L’intesa significherebbe lo stop alla procedura di infrazione nei confronti del Bel Paese[16].
Il giorno successivo il premier Conte riferiva al Senato: “mi sono assunto la responsabilità del dialogo, i rinvii di questi giorni non sono stati causati da incertezze interne al governo”[17]Ci teneva a precisare tale aspetto l’avvocato del popolo italiano, in quanto, si erano fatte insistenti le voci di una spaccatura interna all’esecutivo, vicenda che in quel delicato momento doveva essere smentita con decisione perché da un lato, bisognava mostrarsi compatti di fronte all’interlocutore con cui si trattava e, dall’altro, per frenare la corsa dello spread. Continuando nella sua informativa il premier affermava che: “il governo italiano ha salvaguardato l’impostazione della manovra e non ha ceduto sui contenuti della legge di bilancio”. Facile intuire che questa stoccata andava a bersaglio di quanti ritenessero che il suo governo stava compiendo una forte inversione di rotta mostrando il suo vero volto, bugiardo, di fronte agli elettori. Mentre alcuni parlamentari di opposizione più volte interrompevano il suo discorso, Conte ribadiva che: “in queste settimane la sua squadra aveva lavorato per avvicinare le posizioni senza mai arretrare sugli obiettivi promessi agli italiani”[18].
Infine, il Presidente del Consiglio concludeva esprimendo un sentito ringraziamento a tutto l’emiciclo di Palazzo Madama, sia per la maggioranza che per l’opposizione, per la comprensione di quei giorni durante i quali l’iter della manovra ha proceduto con lentezza scontando ritardo con i tempi previsti dalla consueta procedura. Rinvii non causati da incertezze interne al governo precisava il professore: “il rallentamento è stata l’inevitabile compressione a causa complessa interlocuzione con l’Ue alla quale abbiamo dedicato le nostre più risolute energie e impegno. Quando il 21 novembre la commissione ha formalizzato le sue riserve mi sono assunto l’onere e la responsabilità di riannodare il dialogo affinché non fosse compromesso il processo riformatore avviato da questo governo”[19].
All’indomani della bocciatura formale da parte della Commissione, per riuscire ad ottenere il traguardo di una manovra con i contenuti promessi, e per cui tanto ci si era battuti in quelle settimane, ma allo stesso tempo scongiurare la morsa della procedura d’infrazione, era chiaro che il governo giallo-verde qualcosa dovesse cedere sul tavolo della trattativa. Ragion per cui, il primo caposaldo dell’accordo è stato quello di rivedere il rapporto deficit/Pil al ribasso in termini programmatici, scendendo dell’iniziale 2,4% al 2,04%.
Volendo tradurre questo taglio in termini assoluti, stiamo parlando di 7,5 miliardi di risorse in meno da poter distribuire con la manovra, di cui, 2 miliardi recuperati da sforbiciate alla Quota 100 e altrettanti da quelle al reddito di cittadinanza mentre la parte restante dovrebbe essere coperta da un amento del piano di dismissioni annunciato già in precedenza.
Come sottolineato, dopo il lavoro della Commissione bilancio di Montecitorio, la manovra è stata votata con la fiducia in aula. Prima di essere sottoposta al vaglio del Senato, il testo ha subito sostanziali modifiche per venire incontro alle richieste dei partner. Tecnicamente, per giungere a questa metamorfosi, l’esecutivo ha presentato un maxi-emendamento in cui, per offrire una valida garanzia sulla sostenibilità dei conti pubblici, sono state riproposte le clausole di salvaguardia a partire dal 2020: una bomba da disinnescare dato che il loro effetto graverebbe circa 23 miliardi sul futuro delle casse dello Stato e a maggior ragione perché, nella sostanza, queste risorse andrebbero ricavate da un intollerabile incremento dell’Iva (evitato con la legge di bilancio in dirittura d’arrivo) e delle accise sui carburanti[20].
Per quanto concerne il capitolo pensioni, il provvedimento noto come Quota 100 non è presente nel testo della Legge di bilancio, perché, come già annunciato in precedenza dal vicepremier pentastellato Luigi Di Maio, gli sarà dedicato un apposito disegno di legge. Tuttavia, nella manovra sono stati inseriti i fondi a disposizione. Dunque, si potrà andare in pensione con 38 anni di contributi e minimo 62 anni di età e sembra scongiurata l’ipotesi di introdurre forme di penalizzazione sull’assegno previdenziale. Per la misura sono stati stanziati inizialmente 6,7 miliardi che, in seguito alla revisione oggetto del maxi-emendamento, dovrebbero diventare 4,7 miliardi e si prevede che nel 2019 la platea dei beneficiari possa orbitare intorno alle 400.000 persone.
Viene prorogata l’opzione donna, ossia la norma che consente alle lavoratrici di andare in pensione a 57/58 anni d’età (più gli adeguamenti con le aspettative di vita) e 35 anni di contributi. Sul versante delle pensioni d’oro cala la scure, a seconda dell’importo dell’assegno ci potranno essere tagli fino al 40% (nel testo licenziato dalla Camera i tagli sono fino al 25% ma ci dovrebbe essere un innalzamento nel passaggio al Senato), con cinque aliquote partendo da chi percepisce 100.000 euro lordi l’anno.
Con questo taglio sarà possibile finanziare una parte delle risorse che il governo intende erogare a favore della pensione di cittadinanza. A dire il vero anche per questo provvedimento nella manovra sono disposti i soldi, ma tecnicamente la materia sarà trattata nel Disegno di Legge relativo al Reddito di Cittadinanza. I pensionati che soddisfano determinati requisiti legati al reddito, possono beneficiare di una integrazione al minimo della pensione fino al raggiungimento di 780€.
Dunque, anche per la misura di sostegno al reddito vale lo stesso discorso, le risorse sono stanziate e iscritte a bilancio, ma troveremo le disposizioni in un ddl appositamente dedicato. Dagli iniziali 10 miliardi, col maxi-emendamento si dovrebbe passare a 8,5 miliardi compresi i soldi per i centri per l’impiego.
Il contributo mensile di 780€ potrà crescere in base alla composizione della famiglia, con l’importo che verrà caricato su un bancomat e gli acquisti monitorati. Obbligo di frequenza a corsi di formazione e di accettare una delle prime tre offerte di lavoro sono le condizioni di base per mantenere il sostegno. Dovrebbe essere introdotto a marzo 2019, dopo la riforma dei centri per l’impiego per cui è stato stanziato 1 miliardo.
Ancora, restano presenti le norme a sostegno delle politiche per la famiglia e per sostenere la crescita demografica da anni al palo. Stanziati 100 milioni di euro per finanziare questa misura. Viene prorogato il bonus bebè con un aumento del 20% dell’importo per ogni figlio successivo al primo. Viene introdotta una concessione gratuita per 20 anni su terreni per le famiglie in cui nasca il terzo figlio. Per chi acquista poi la prima casa in vicinanza dei terreni, previsto un mutuo fino a 200.000 euro a tasso zero. Sulla tanto discussa e contrastata pace fiscale, nella nuova legge di bilancio, il governo Conte ha previsto 8 strade diverse per fare pace con il fisco.
Ecco quali sono le 8 strade indicate nel testo del decreto pace fiscale 2019:
- Saldo e stralcio cartelle Equitalia: il saldo e stralcio cartelle esattoriali arriverà con la legge di Bilancio 2019 al suo passaggio al Senato con aliquota forfettaria al 15% e per le cartelle minori.
- Rottamazione per cartelle esattoriali: affidate dal 2000 al 31 dicembre 2017, confermata e migliorata.
- Condono cartelle fino a 1000 euro con stralcio automatico dal 2000 al 2010 entro la fine del 2018, confermato.
- Definizione agevolata liti tributarie: confermata e migliorata.
- Definizione agevolata processi verbali di constatazione (pvc) della Gdf o dall’agenzia delle Entrate notificati entro la data di entrata in vigore del decreto fiscale e relativi a:
- imposte sui redditi per cui IRPEF e relative addizionali;
- IVA, Irap, imposte sostitutive;
- contributi previdenziali per INPS e INAIL e ritenute;
- Ivie e Ivafe.
- Definizione agevolata avvisi di accertamento, avvisi di rettifica e liquidazione e atti di recupero stralcio integrale di sanzioni e interessi, già avviata.
- Dichiarazione integrativa speciale: in base alle ultime novità, la dichiarazione integrativa pace fiscale sarà cancellata in quanto fortemente criticata per la sua natura di condono fiscale, al suo posto arriva nell’emendamento omnibus al decreto fiscale 2019, la nuova pace fiscale errori formali che consente ai contribuenti che hanno commesso violazioni formali che non hanno determinato variazioni in termini di tasse, imposte o tributi, di sanare la violazione commessa pagando una somma forfettaria pari a 200 euro per ogni anno d’imposta. Attraverso la nuova sanatoria irregolarità formali, si potranno quindi sanare le violazioni formali relative a imposte sui redditi, IVA e IRAP e sul pagamento dei tributi, commesse fino al 24 ottobre 2018.
- Sanatoria doganale.
Attraverso questi strumenti, i contribuenti potrebbero quindi sanare la loro posizione con il fisco con la possibilità di:
- non pagare sanzioni ed interessi, in caso di accertamento;
- di chiudere il contenzioso applicando uno sconto tra il 50 e l’80% a seconda del grado di giudizio[21].
Sulla dichiarata volontà di tenere il pugno duro contro gli evasori, è stata stralciata la norma che prevedeva il carcere per i grandi evasori fiscali, che sarà introdotta anch’essa in un ddl ad hoc. Confermata la rottamazione delle cartelle, senza pagare interessi e sanzioni, con la previsione di una rateizzazione fino a 10 rate in 5 anni. Inoltre, vengono cancellate multe e tasse non pagate (compreso il bollo auto) di importo inferiore a 1.000€ riferite al periodo 2000-2010. Dal 1 gennaio 2019 verrà recepito l’obbligo della fattura elettronica, per i primi sei mesi però non sono previste sanzioni. Previste anche semplificazioni come la possibilità di emissione entro dieci giorni dalla data dell’operazione. Prorogata invece la riduzione del canone Rai a 90 euro anche per gli anni successivi al 2018[22]. Per quanto riguarda il discorso Eco-tassa, chi acquista tra il 2019 e il 2021 un’auto non elettrica o a basse emissioni con costo superiore ai 45.000 euro, ci sarà un’imposta rapportata al numero di grammi di biossido di carbonio emessi.
Inoltre, altri punti che caratterizzeranno l’ormai imminente approvazione della manovra finanziaria italiana 2019 saranno:
- Raddoppio della detrazione, da 400 a 800 euro, per i figli con disabilità.
- Aumento da 10.000 euro a 15.000 euro il tetto massimo per l’uso del contante da parte dei turisti, anche cittadini UE.
- Disposizione di una tassa dell’1,5% per i trasferimenti di denaro effettuato con Money transfer verso paesi fuori dell’Unione Europea.
- Detassazione per le sigarette elettroniche.
- Detassazione dei metri quadrati di ombra degli ombrelloni presenti negli stabilimenti balneari.
- Web Tax: prelievo del 3% all’ammontare dei ricavi tassabili delle imprese che vendono online.
- Accise benzina: nel 2019 ci sarà solo in Liguria un aumento di 5 centesimi per litro.
- Flat Tax – Forfait al 15% per gli autonomi con reddito fino a 65.000€. Sugli importi successivi, fino a un massimo di 100.000€, si aggiunge un ulteriore 5%.
- Sterilizzazione delle clausole di salvaguardia per il 2019, le aliquote IVA restano invariate almeno per un altro anno.
- Sgravi Ires: l’aliquota al 24% scenderebbe di 9 punti sugli investimenti in ricerca e sviluppo, in macchinari e in assunzioni stabili. Il costo totale sarebbe intorno agli 1,5 miliardi di euro[23].
- Prorogato l’eco-bonus per le ristrutturazioni al 50%, quello per l’efficienza energetica aumenta al 65%.
- De-contribuzione al 100% per chi assume al sud giovani under 35 o con più di 35 anni ma disoccupati da almeno sei mesi. Approvata anche la proroga dell’esonero contributivo previsto dal Decreto Dignità elevandolo dal 50% al 100% per le categoria sopracitate.
- Introduzione di risorse pari a circa 525 milioni l’anno per il triennio 2019-2021 per un fondo ristoro a favore dei cittadini che sono stati truffati dalle banche: si potrà ottenere il 30% di quanto riconosciuto dalle sentenze fino a un massimo di 100.000 euro. Anche dopo il risarcimento i truffati potranno fare causa alle banche.
- Tagli alla Pubblica Amministrazione: il governo conta di recuperare 1 miliardo ogni anno eliminando le spese superflue nei Ministeri con un risparmio previsto di 400 milioni di euro, per un totale di 1,6 miliardi nel triennio.
- Taglio ai fondi per 600 milioni alle Ferrovie dello Stato.
- Sconti fiscali – Abolizione dell’ACE.
- Tagli per 850 milioni alle spese dedicate alle politiche comunitarie.
- Taglio degli incentivi per i contratti di apprendistato: saranno 5 milioni l’anno per il 2019, il 2020 e gli anni successivi, mentre dalla scorsa manovra erano previsti 15,8 milioni per il 2019 e di 22 milioni per il 2020.
- Tagli per 800 milioni al Fondo di Sviluppo e Coesione Sociale.
- Collegato alla manovra anche un Decreto Semplificazione contenente disposizioni urgenti per la sburocratizzazione; l’obiettivo finale è di eliminare oltre 100 adempimenti per le imprese.
- Sul versante dell’editoria, viene disposto l’azzeramento graduale del fondo pubblico per le testate giornalistiche.
- Taglio dei vitalizi: il dispositivo chiama in causa anche le Regioni che dovranno adeguarsi ai tagli decisi dalla Camera, pena una diminuzione degli stanziamenti.
- Previste delle dismissioni immobiliari che dovrebbero far incassare 600 milioni.
- Aumentano delle accise dal 1 gennaio su sigarette, sigari e tabacco trinciato. Ulteriore aumento dello 0,50%, oltre a quello previsto nel Decreto Dignità, su giochi e slot.
- Per le banche e le compagnie assicurative viene stabilito un aumento della tassazione. Per quest’ultime, Il tasso dell’acconto d’imposta sui premi assicurativi sale al 75% nel 2019, al 90% nel 2020 e al 100% nel 2021 e gli anni successivi. Infine, la scure si abbatte anche sulle spese militari, senza ripercussioni sull’occupazione, per 60 milioni nel 2019 e di ulteriori 531 milioni nel periodo dal 2019-2031[24].
Sono questi, in estrema sintesi, i pilastri della manovra per come dovrebbe venir fuori dall’esame in Senato, in cui, come anticipato, poco spazio sarà offerto alla discussione parlamentare, data la ristrettezza dei tempi e vista la decisione del governo di presentare un maxi-emendamento sul testo approvato in precedenza dalla Camera. Col beneplacito dell’Europa, la manovra finanziaria italiana per l’anno 2019 è in dirittura d’arrivo.
[1] Il testo della lettera della Commissione UE all’Italia.
Disponibile qui: https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/economy-finance/18_10_18_commission_letter_to_italy_it_5.pdf
[2] Claudio del Frate, Manovra, ecco la lettera dell’Ue all’Italia: “deviazione senza precedenti”, 18 ottobre 2018.
Disponibile qui: https://www.corriere.it/economia/18_ottobre_18/manovra-arrivo-lettera-ue-contestazione-spread-massimo-5-anni-7f88f470-d2df-11e8-aa91-90c7da029bcf.shtml
[3] Il Sole24Ore, Lettera UE all’Italia: nella manovra deviazione senza precedenti. Ecco il testo. 18 ottobre 2018.
Disponibile qui: https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-10-18/legge-bilancio-moscovici-consegnera-lettera-commissione-tria–145511.shtml?uuid=AEF7GKRG
[4] Il Fatto Quotidiano, Manovra, l’Italia ha inviato la lettera di risposta all’Ue. Tria: “Decisione difficile, ma necessaria”. L’Austria: va bocciata. 22 ottobre 2018.
[5] Adnkronos, Manovra, nuova lettera UE all’Italia, 30 ottobre 2018.
Disponibile qui: https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2018/10/30/manovra-nuova-lettera-all-italia_b3H0BRVOy1TGUrZtckAB6H.html
[6] Lettera43, Cosa dice la nuova lettera dell’Ue all’ Italia, 30 ottobre 2018.
Disponibile qui:
[7] QuiFinanza, Italia-UE ultimo atto, la risposta di Tria: 2,4% deficit limite invalicabile, 14 novembre 2018.
Disponibile qui: https://quifinanza.it/soldi/italia-ue-ultimo-atto-la-risposta-di-tria-24-deficit-limite-invalicabile/238665/
[8] Marco Conti, Italia-UE, procedura al via ma il governo tratta fino a gennaio, lunedì 19 novembre 2018.
Disponibile qui: https://www.ilmessaggero.it/economia/news/italia_ue_procedura_al_via_ma_il_governo_tratta_fino_a_gennaio-4116415.html
[9] In realtà la procedura d’infrazione potrà scattare solo all’indomani dell’approvazione della Legge di Bilancio da parte del Parlamento, ossia quando, una volta passata la fase integrativa dell’efficacia, diventerà ufficiale.
Dopo il Consiglio europeo di metà dicembre e la riunione dell’Ecofin del 22 gennaio, dunque solo al fiorire della primavera del 2019 arriverà una valutazione definitiva sulla manovra giallo-verde, e così, valutare poi l’attivazione della procedura a carico dell’Italia.
[10] Dario Prestigiacomo, Manovra, il braccio di ferro con l’Ue potrebbe costare 60 miliardi l’anno, 14 novembre 2018.
Disponibile qui:
[11] Skytg24, La manovra italiana bocciata dall’Ue: si va verso la procedura d’infrazione, 21 novembre 2018.
Disponibile qui: https://tg24.sky.it/mondo/2018/11/21/manovra-italia-bocciata-unione-europea.html
[12] Kenan Malik, estratto da “Lo spietato trattamento europeo dell’Italia non fa che rafforzare il risentimento popolare”, articolo apparso sul “Guardian” il 16 dicembre 2018 e tradotto da Nicoletta Forcheri per “Scenari Economici”.
Disponibile qui: http://247.libero.it/bfocus/594467/0/ue-sleale-con-l-italia-mentre-alla-francia-perdona-il-deficit/
Disponibile qui: https://www.ilmattino.it/primopiano/esteri/manovra_austria_contro_italia-4111461.html
[13] Adnkronos, Manovra: Austria e Olanda contro l’Italia, 14 novembre.
Disponibile qui: https://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2018/11/14/austria-scarica-italia-procedura-infrazione_gybB510W5O87EovO6KW5sI.html
[14] Mariangela Tessa, Pugno duro di Austria e Olanda: “procedura d’infrazione contro l’Italia”, 15 novembre.
Disponibile qui: http://www.wallstreetitalia.com/manovra-austria-e-olanda-procedura-di-infrazione-contro-italia/
[15] Emilia Patta, Le opposizioni alzano i toni in Aula: “Manovra vuota”, 6 dicembre 2018.
Disponibile qui: https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-12-06/le-opposizioni-alzano-toni-aula-manovra-vuota-124033.shtml?uuid=AE6DV7tG
[16] Quotidiano.net, Manovra, Mef: accordo informale con la UE. Palazzo Chigi frena: “prudenza”, 18 dicembre 2018.
Disponibile qui:
[17] Governo.it, Manovra economica, il Presidente Conte riferisce in Senato, 19 dicembre.
Disponibile qui:
[18] Repubblica.it, Manovra, Conte riferisce in Senato sulla trattativa con l’Ue, 19 dicembre.
Disponibile qui:
[19] Tgcom24, Manovra, Conte riferisce in Senato: “Non abbiamo mai ceduto sui contenuti”, 19 dicembre.
Disponibile qui: https://www.tgcom24.mediaset.it/politica/manovra-conte-riferisce-in-senato-non-abbiamo-mai-ceduto-sui-contenuti-_3181356-201802a.shtml
[20] Alessandro Cipolla, Legge di bilancio 2019: novità nel testo della manovra finanziaria, 20 dicembre 2018.
Disponibile qui: https://www.money.it/legge-Bilancio-2019-novita-testo
[21] Alessandra Losito, Legge di bilancio 2019: testo PDF definitivo maxiemendamento con novità, 21 dicembre 2018.
Disponibile qui:
[22] TPInews, Reddito di cittadinanza, Quota 100, Flat Tax: ecco cosa prevede la manovra in discussione al Senato, 21 dicembre 2018.
Disponibile qui:
[23] Ipsoa, Legge di bilancio 2019: accordo con Bruxelles. In arrivò il maxiemendamento, 20 dicembre 2018Disponibile qui: http://www.ipsoa.it/documents/impresa/finanza/quotidiano/2018/12/20/legge-bilancio-2019-accordo-bruxelles-arrivo-maxiemendamento
[24] Giuseppe Spadaro, Legge di bilancio 2019: pensioni e flat tax, il testo ufficiale PDF, 22 dicembre 2018.
Disponibile qui:
Fonte immagine: http://www.today.it/politica/manovra-bocciatura-ue.html
Luigi Pone, nato a Napoli il 6/10/1985.
Laurea specialistica in Scienze della pubblica amministrazione, con voti 110 e lode.
Tesi di Laurea in Giustizia Costituzionale italiana e comparata.
Titolo Tesi: “La Corte Costituzionale garante della legge elettorale; riforma della Carta e implicazioni sul sistema di giustizia costituzionale.
Area di interesse: politica economica.
Interessi: politica e attualità, evoluzione del diritto costituzionale e del sistema di diritto amministrativo in chiave nazionale ed europea.
Lavoro attuale: consulente commerciale presso azienda di noleggio apparecchiature informatiche.
Obiettivi futuri: lavorare nella pubblica amministrazione nazionale o locale.