domenica, Novembre 3, 2024
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Infrastrutture in Italia: tra manutenzione e investimenti

Alla luce della tragedia del Ponte Morandi di Genova, sorge spontanea una riflessione sul problema delle opere infrastrutturali in Italia.

Tale problema presta il fianco a considerazioni di più ampio respiro che abbracciano tutto il panorama normativo. A fronte di ciò è necessario, dunque, un breve excursus delle recenti riforme, al fine di comprendere quanto sia instabile e – a tratti – lacunosa la disciplina di tale settore.

Negli ultimi due anni si è assistito ad un notevole processo di riforma che ha messo in primo piano il comparto delle opere pubbliche.

L’obiettivo principale del legislatore, invero, era ridefinire ambiti e regole, tenendo conto del principio di trasparenza, in un settore esposto a corruzione e a forte inefficienza.

Di qui la decisione di adottare un nuovo codice dei contratti pubblici, introdotto con d.lgs. 50/2016, in attuazione delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici n. 23/24/25 del 2014, capace di garantire a tutti gli attori del mercato regole chiare, in chiave di crescita del Paese e di rilancio degli investimenti.

Nei fatti, tuttavia, tale obiettivo non è stato raggiunto.

Dopo nemmeno un anno di distanza è stato introdotto un decreto correttivo – d.lgs. 56/2017 – volto ad integrare e correggere talune disposizioni del codice dei contratti pubblici, e, ancora – proprio in questi giorni – il nuovo governo tende a porre mano con ulteriori interventi correttivi[1].

Pertanto, la frequenza con cui il legislatore tende a modificare la disciplina di un settore così sensibile e fondamentale per il Paese, è sintomo di una forte instabilità normativa che comporta sfiducia e incertezza nei confronti dei pubblici amministratori e dei privati.

  • Non sarebbe meglio, invece di emanare correttivi, dare attuazione al Codice in tutte le sue forme e dopo osservarne le conseguenze?[2]

Inoltre, dei circa 60 provvedimenti attuativi previsti, ne sono stati adottati meno della metà: risultano privi di applicazione – tra quelli più importanti – sia il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, ex art. 38 d.lgs. 50/2016[3], sia l’albo dei commissari esterni, ex artt. 77-78 d.lgs. 50/2016[4], i quali avrebbero dovuto costituire i pilastri della riforma in materia di trasparenza e semplificazione.

Infatti senza questi istituti, il nuovo codice appalti rischia di configurarsi come un’operazione di mera manutenzione ordinaria rispetto al previgente.

Un’ulteriore riprova dell’inadeguatezza del legislatore rinviene nella scelta di affidare la disciplina attuativa del codice all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), non solo per l’elevato carico di lavoro delegato all’Autorità, ma per l’atipicità dei suoi strumenti regolatori, cd. soft law, si è verificato un elevato livello di incertezza e confusione negli operatori che devono applicare quelle norme.

Le conseguenze di queste politiche, dunque, sono palesi a tutti.

A fronte ti tali considerazioni, è necessario, pertanto, puntualizzare che il problema delle infrastrutture in Italia si può snodare in due rami: la manutenzione per quelle già costruite, e gli investimenti per quelle da costruire.

Circa le opere già costruite, secondo l’International transport forum dell’OCSE, l’Italia si colloca in seconda posizione, dietro alla Norvegia, come Paese che per gli investimenti in manutenzione spende di più (circa 15 mila euro per km in infrastrutture stradali) [5].

Tuttavia anche se non sembra esserci un problema di risorse, i fatti sembrano essere ben diversi: infatti non si spiega di come sia possibile che negli ultimi 20 anni a fronte dei 170 miliardi di euro per le nuove opere, per quelle già costruite si è investito meno del 10% di tale cifra, con una conseguente spesa di circa un miliardo di euro all’anno solo per i danni provocati da disastri naturali. Tale ricaduta economica è sintomo di una maladministration, che non provvede a prevenire o ad utilizzare i fondi e le risorse di cui dispone al fine di controllare e monitorare lo stato di ammodernamento, completamento e manutenzione del parco infrastrutture esistente[6].

È in questo quadro che si inserisce il terribile disastro del ponte di Genova: un’opera che fin dal suo collaudo ed entrata in esercizio è stata oggetto di inchieste, polemiche, dibattiti e che proprio per questo doveva essere sottoposta a verifiche e manutenzione straordinaria continua.

Per quanto riguarda il problema che ruota intorno agli investimenti per le infrastrutture da costruire, il discorso è leggermente diverso.

Da non sottovalutare, nel nostro Paese, è il fenomeno dell’opposizione locale alla progettazione e alla costruzione delle opere pubbliche, il quale ha da sempre rappresentato un problema che coinvolge in primo luogo i processi decisionali pubblici.

In tale contesto si inserisce la sindrome Nimby (Not in my backyard), acronimo utilizzato per definire i movimenti locali che si oppongono alla progettazione di un’opera, o alla costruzione della stessa, spesso ritenuta pregiudizievole all’ambiente o alla qualità di vita.

Tale fenomeno – riprendendo la classificazione di Lowi[7] – si inserisce nei casi di politiche a costi concentrati e benefici diffusi, ovvero i costi per la realizzazione dell’infrastruttura sono interamente a carico della comunità locale “ospitante”, mentre i benefici sono distribuiti ed estesi alla collettività intera, manifestandosi in tal modo una diseguaglianza nella ripartizione delle somme di denaro.

Tale problema deriva principalmente dalla mancata informazione e alle scarse modalità di esercizio del potere amministrativo che tende a perseguire l’interesse generale.

Il codice dei contratti pubblici, dunque, per sopperire a tale disagio, all’art. 22 introduce l’istituto del “débat public[8], collocato all’interno del titolo relativo alla “pianificazione, programmazione e progettazione[9]”. Questa disposizione garantisce la consultazione pubblica nella fase embrionale del progetto. In questa fase quindi, dato che le proposte sono da formulare e l’amministrazione non ha ancora preso alcuna decisione, si crea una situazione di generale negoziazione sul contenuto discrezionale della scelta dell’amministrazione.

Sebbene in tale sede ci limiteremo a un breve cenno sull’istituto del “dibattito pubblico”, è fondamentale almeno render noto di come tale istituto ha cercato di superare le ricadute economiche che hanno riguardato il regime partecipativo, giungendo alla conclusione che i costi, sia sociali che economici, relativi alla realizzazione di una grande opera, sono maggiori qualora il progetto non sia condiviso dai soggetti che subiscono direttamente le esternalità negative dell’opera.

Un esempio di “conflitto di prossimità” – per riprendere in parte la strage di Genova – si ebbe con la variante autostradale nota come “Gronda di Ponente[10]”. Progetto, iniziato negli anni ’80, e solo nel 2008 si ottennero cinque diverse opzioni di tracciato per la nuova autostrada. Si decise di includere sia le istituzioni e le società coinvolte nel progetto, sia i privati. Si nominò dunque una Commissione composta da esperti esterni al contesto politico. La Commissione divise in due le fasi del dibattito, e vi parteciparono i rappresentanti di Autostrada per l’Italia, dell’Anas e del Comune di Genova, e i cittadini, a cui era data la possibilità di intervenire. In conclusione, seppur tale strumento sia stato in grado di tutelare la trasparenza e il dialogo e dimostrare una notevole riduzione delle proteste, tenendo conto anche della naturale tendenza oppositiva del cittadino, mostrò anche alcuni limiti applicativi. Delle cinque soluzioni inizialmente scelte solo una venne in definitiva approvata dalla maggioranza, ma tuttavia all’esito del dibattito pubblico e quindi del confronto tra le parti, si assistette ad un effettivo cambiamento del rapporto tra gli interessi generali e quelli locali, sacrificando in termini di efficienza e di equità le soluzioni precedentemente adottate. Si produsse, così, «un fenomeno noto come “montée en géneralité”, che comporta il trasferimento del dibattito dal come costruire una infrastruttura al se costruirla[11]».

Tuttavia il progetto della Gronda non è mai stato portato a termine, ed oggi tale mancanza provoca una divisione non solo tra la parte ovest e la parte est della città, ma anche di tutta la Liguria e del porto, uno dei più importanti d’Italia. Infatti questa sorta di tangenziale avrebbe – in parte – contribuito ad alleggerire il traffico del ponte Morandi e migliorato la viabilità.

[1] Cfr. il Decreto Semplificazioni approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 dicembre 2018. In base a tale delega, il Governo dovrà adottare diversi decreti legislativi di semplificazione, riassetto normativo e codificazione, agendo per settori omogenei o per specifiche attività o gruppi di attività, con l’obiettivo semplificare e coordinare sotto il profilo formale e sostanziale il testo delle disposizioni legislative vigenti. In materia di contratti pubblici, le disposizioni saranno volte ad assicurare la piena coerenza delle norme interne in tema di partecipazione alle gare con il contesto europeo, garantendo la piena tutela delle stazioni appaltanti in caso di gravi illeciti professionali o carenze nell’esecuzione di precedenti contratti.

[2] Intervista a R. Cantone, in Le interviste di A&C, a cura dell’Avv. Alessandro Mastari

[3] Art. 38, comma 2, D.lgs. 50/2016: “Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la semplificazione della pubblica amministrazione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, sentite l’ANAC e la Conferenza Unificata, sono definiti i requisiti tecnico organizzativi per l’iscrizione all’elenco di cui al comma 1, in applicazione dei criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione, tra cui, per le centrali di committenza, il carattere di stabilità delle attività e il relativo ambito territoriale. Il decreto definisce, inoltre, le modalità attuative del sistema delle attestazioni di qualificazione e di eventuale aggiornamento e revoca, nonchè la data a decorrere dalla quale entra in vigore il nuovo sistema di qualificazione.” Tale decreto non è ancora stato emanato.

[4]L’ANAC affida a un comunicato del Presidente le istruzioni operative per l’iscrizione all’Albo nazionale obbligatorio dei commissari di gara e per l’estrazione dei commissari attraverso l’Applicativo, alla luce di quanto disposto dagli artt. 77 e 78 del Codice dei contratti pubblici, nonché dalle Linee Guida n.5 dell’ANAC medesima. Ai fini dell’iscrizione degli esperti l’Albo è operativo dal 10 settembre 2018; invece, ai fini dell’estrazione degli esperti, l’Albo è operativo, per le procedure di affidamento per le quali i bandi o gli avvisi prevedano termini di scadenza della presentazione delle offerte a partire dal 15 gennaio 2019

[5] Spendendo più del Giappone, e più del doppio del Regno Unito. Si veda la sez. Investment trends in inland transport infrastructure, in www.itf-oecd.org.

[6] Non è da sottovalutare l’apertura di due procedure d’infrazione (2014 e 2017) da parte dell’Unione Europea nei confronti del nostro Paese a causa dei ritardati pagamenti della PA.

[7] Sulle teorie di Lowi, cfr. La Spina A, Espa E, Analisi e valutazione delle politiche pubbliche, il Mulino, 2011.

[8] Art. 22, D.lgs. 50/2016: 1. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblicano, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio, nonché gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse. I contributi e i resoconti sono pubblicati, con pari evidenza, unitamente ai documenti predisposti dall’amministrazione e relativi agli stessi lavori. 2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente codice, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, in relazione ai nuovi interventi avviati dopo la data di entrata in vigore del medesimo decreto, sono fissati i criteri per l’individuazione delle opere di cui al comma 1, distinte per tipologia e soglie dimensionali, per le quali è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico, e sono altresì definiti le modalità di svolgimento e il termine di conclusione della medesima procedura. Con il medesimo decreto sono altresì stabilite le modalità di monitoraggio sull’applicazione dell’istituto del dibattito pubblico. A tal fine è istituita, senza oneri a carico della finanza pubblica, una commissione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il compito di raccogliere e pubblicare informazioni sui dibattiti pubblici in corso di svolgimento o conclusi e di proporre raccomandazioni per lo svolgimento del dibattito pubblico sulla base dell’esperienza maturata. Per la partecipazione alle attività della commissione non sono dovuti compensi, gettoni, emolumenti, indennità o rimborsi di spese comunque denominati. {disposizione modificata dal D.Lgs.56/2017 in vigore dal 2052017} 3. L’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore proponente l’opera soggetta a dibattito pubblico indice e cura lo svolgimento della procedura esclusivamente sulla base delle modalità individuate dal decreto di cui al comma 2. 4. Gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte sono valutate in sede di predisposizione del progetto definitivo e sono discusse in sede di conferenza di servizi relativa all’opera sottoposta al dibattito pubblico.

[9] Il titolo III, intitolato “pianificazione, programmazione e progettazione”, comprende gli artt. 21-27, d.lgs. 50/2016.

[10] Del nuovo tratto autostradale tra Voltri e Genova Ovest, si veda Bobbio L., Il dibattito pubblico sulle grandi opere. Il caso dell’autostrada di Genova, in Rivista italiana di politiche, 2010

[11]Averardi A., Amministrare il conflitto: costruzione di grandi opere e partecipazione democratica, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, Milano, 2015, p. 1187

Martina Cardone

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Napoli Federico II, con il massimo dei voti. Ha conseguito un Master di II livello in Management and policies of Public Administration presso l’Università Luiss Guido Carli. Ad oggi è dottoranda di ricerca in diritto e impresa, presso la Luiss.

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