venerdì, Luglio 26, 2024
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La recente riforma del whistleblowing

a cura di Chiara Limiti

Disciplina giuridica

La definizione e la connotazione giuridica del whistleblower (letteralmente il “soffiatore di fischietto”) hanno il proprio fondamento nel sistema statunitense, identificando colui che segnala illeciti all’interno della propria organizzazione. In Italia, fino ad oggi, per whistleblower si è inteso il dipendente pubblico, o un altro soggetto, che segnali il sospetto di illeciti di interesse generale e non individuale di cui sia venuto a conoscenza.

L’Italia, per diversi anni, ha registrato una sorta di vacatio legis sul tema del whistleblowing[1], nonostante il Paese avesse aderito a numerose convenzioni internazionali che avevano regolamentato la materia. A tale condizioni si è posto rimedio solamente nel 2012 con la legge 190 (cosiddetta legge anticorruzione)[2] che è intervenuta in modifica del decreto legislativo 165 del 2001. In particolare l’articolo 1, comma 51, della citata legge 190/2012 ha introdotto nel testo unico sul pubblico impiego (decreto legislativo 165/2001) un nuovo articolo, il 54-bis, rubricato “tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”. Proprio sulla base di quanto definito dall’articolo 54-bis è stata introdotta una disciplina volta a favorire la segnalazione di illeciti da parte di soggetti informati sui fatti. In particolare il citato articolo 54 bis[3] affermava che “fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, o all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato. L’adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. La denuncia è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni….

L’articolo 54-bis del decreto legislativo 165 del 2001 prevedeva che le segnalazioni dovessero essere inviate al Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e Trasparenza (RPCT). Mentre, nel caso in cui le segnalazioni riguardassero proprio l’operato dell’RPCT, queste dovevano essere indirizzate all’ANAC.

Se, in una fase iniziale, l’ambito di applicazione soggettivo dell’articolo sembrava riguardare specificamente il dipendente pubblico, in un secondo momento, tramite le modifiche introdotte dalla legge 179/2017, l’ambito di applicazione della norma è stato ampliato includendo non solo il personale dipendente di pubbliche amministrazioni (di cui all’articolo 1 comma 2 del decreto legislativo 165/2001), ma anche soggetti che impiegano personale operante in regime di diritto pubblico e enti e società private che sono sottoposte al controllo pubblico ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile. Inoltre, sempre ad opera della legge 179 del 2017[4], si assiste ad un’ulteriore estensione della disciplina del whistleblowing e della relativa tutela a tutti i soggetti che avessero un rapporto di impiego o di collaborazione con imprese che forniscono servizi e beni alla pubblica amministrazione.

L’ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione, ha, inoltre emanato delle specifiche linee guida per le pubbliche amministrazioni con determinazione numero 6 del 28 aprile 2015[5]. Con questo intervento l’Autorità ha finito per sollecitare il legislatore ad una tutela più efficace del segnalatore e ha auspicato una tutela anche per i lavoratori e/o dipendenti operanti nel settore privato.

Il whistleblower nel Regno Unito, Francia e Stati Uniti

Come detto la tradizione giuridica del whistleblowing nasce negli Stati Uniti. Tuttavia molti Paesi l’hanno fatta propria con differenze e specificità che vale la pena analizzare in modo da comprendere possibili evoluzioni ed eventuali impatti. In questo paragrafo si tratterà delle previsioni contenute negli ordinamenti di Stati Uniti, appunto, ma anche Regno e Francia.

Nel Regno Unito il riferimento è costituito dalla legge che va sotto il nome di Public Interest Disclosure Act, che venne sottoscritta dalla Regina Elisabetta il 2 luglio 1998 ed entrò in vigore nel 1999. La legislazione inglese prevede un unico atto sia per la tutela dei dipendenti pubblici che per quella dei privati. Inoltre, sono compresi nella tutela prevista dalla citata normativa i collaboratori, gli appaltatori, i soggetti che afferiscono al servizio sanitario e le forze di polizia. Rimangono, invece, esclusi i cittadini, i liberi professionisti e quanti operano nell’ambito delle funzioni di intelligence. La norma prescrive la tutela nei casi in cui il soggetto segnali dei possibili reati penali, civili, amministrativi o situazioni che possano creare pregiudizio alla sicurezza, all’ambiente e alla salute, senza distinzioni in merito al luogo fisico (territorio nazionale e non) in cui tali fatti si siano verificati o stiano per verificarsi. In un primo momento, al fine di ricevere la protezione prevista dal Public Interest Disclosure Act, era necessario che il soggetto avesse agito in buona fede; successivamente, con l’Enterprise and Regulatory Reform Act del 2013 la protezione è stata collegata al fatto che le dichiarazioni dovevano essere rese nell’interesse pubblico.

Il riferimento normativo francese, che ha riconosciuto alla questione una dignità e ha riordinato i precedenti interventi normativi è la legge n. 2016-1691. La norma prevede innanzitutto che il whistleblower, che può essere sia un dipendente che un collaboratore esterno o occasionale, debba essere una persona fisica che deve avere una conoscenza diretta dei fatti ed agire in buona fede senza trarre per questo dei vantaggi personali. In merito alla modalità con cui effettuare la segnalazione, si prevede una sorta di procedura graduale, per cui la prima segnalazione può essere inviata al datore di lavoro, per poi passare all’autorità giudiziaria o amministrativa e solo in ultima ipotesi può renderla pubblica. Mentre solo in caso di pericolo è consentito inviare la comunicazione direttamente all’autorità giudiziaria o amministrativa. Al fine di consentire la segnalazione al datore di lavoro, la legge obbliga i soggetti giuridici sia diritto pubblico che privato con almeno 50 dipendenti, i comuni con più di 10.000 abitanti, le amministrazioni statali e gli enti di cooperazione territoriale a predisporre delle procedure per la raccolta di queste segnalazioni.

Il caso sicuramente più interessante, anche per diversità di approccio, è costituito dagli Stati Uniti che vantano una tradizione secolare in materia. Infatti, le premesse in merito alla tutela del whistleblower sono presenti già nel False Claims Act del 1863 che era volto a tutelare non solo i dipendenti ma anche i soggetti esterni all’azienda.  Quello che risulta del tutto anomalo rispetto all’approccio europeo e che rappresenta la maggiore distanza dai sistemi visti precedentemente, è il fatto che il False Claims Act prevedeva il pagamento di ricompense al whistleblower da parte del Dipartimento di Giustizia che potevano variare dal 15% al 25% (in alcuni casi si può arrivare al 30%) di quanto recuperato dal Governo federale attraverso la segnalazione. Il sistema della ricompensa ha permesso al governo degli Stati Uniti di recuperare una cifra che si aggira attorno ai 40 miliardi nel periodo che va dal 1986 al 2015.La normativa statunitense in materia, tuttavia, non è uniforme, prevedendo specifiche tutele per i diversi settori di applicazione Nel 1912, infatti, con il Lloyd-La Follette Act, con un intervento più specificamente centrato sulle tutele nei confronti del whistleblower, si è inteso preservare dal licenziamento i lavoratori del settore pubblico, nonché riaffermare la possibilità per quest’ultimi di aderire a sigle sindacali. In merito alle protezioni previste per il whistleblower pubblico va anche citato il Civil Service Reform Act. Mentre, l’intervento più recente in materia è rappresentato dal Whistleblower Protection Act del 1989, e dalle sue successive modificazioni, che aveva lo scopo di proteggere i dipendenti federali.

Whistleblowing: la nuova disciplina

Tornando nello specifico al caso Italiano e alle recenti evoluzioni sul tema, il 9 dicembre scorso è stato approvato, in esame preliminare con il concerto del Ministro della pubblica amministrazione, lo schema di decreto legislativo in materia di whistleblowing[6], volto a tutelare le segnalazioni in merito a fatti che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’Amministrazione Pubblica o dell’ente privato. Lo schema di decreto legislativo[7] è stato proposto sulla base di quanto previsto nella legge di delegazione europea 2021 (n. 127 del 2022) ed è, inoltre, chiamato a dare attuazione a quanto disposto dalla direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019. La citata direttiva 2019/1937 ha lo scopo di uniformare le normative nazionali in materia con l’intento di rafforzare i principi di responsabilità e trasparenza e di ridurre e prevenire la commissione di reati di corruzione. I settori in cui la direttiva interviene sono espressamente indicati e tra questi vi sono: appalti pubblici, salute pubblica, privacy, servizi finanziari, sicurezza dei prodotti e dei trasporti, ambiente, alimenti. Nell’ottica di uniformare la normativa non solo dei diversi Stati dell’Unione, ma anche dei diversi settori, la direttiva prevede una tutela unica per il whistleblower sia nel settore pubblico che in quello privato.

Uno dei punti principali di intervento nello schema di decreto legislativo, che deve ancora essere sottoposto all’esame delle commissioni parlamentari competenti e che quindi potrà subire delle modifiche e delle integrazioni, è il divieto di ritorsione e le specifiche misure di protezione nei confronti del whistleblower nonché i limiti alla responsabilità penale, o altre, in merito alla diffusione di informazioni sulle violazioni. Il soggetto segnalante dovrà attivarsi lì dove abbia un fondato motivo per ritenere vere le sue segnalazioni; mentre non rilevano, ai fini della protezione prevista dal decreto, i motivi che abbiano spinto il segnalante. Il decreto, poi, prevede uno specifico elenco di possibili ritorsioni in merito alle quali è prevista una specifica tutela, con la possibilità di segnalare all’ANAC eventuali casi. Nel qual caso, nel settore pubblico, l’ANAC invierà l’informativa al Dipartimento della funzione pubblica o ad altri organismi di garanzia; mentre, nel settore privato, sarà attivato l’Ispettorato nazionale del lavoro. L’ANAC è, quindi, incaricata di emanare apposite linee guida, in accordo con il Garante per la protezione dei dati personali, con cui saranno individuate idonee procedure per la presentazione di segnalazioni atte a garantire la giusta sicurezza, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia. Inoltre all’ANAC, spetta anche il compito di applicare delle sanzioni amministrative pecuniarie, che tengano conto della dimensione dell’ente e dell’amministrazione, qualora sia accertato il comportamento ritorsivo.

Appare evidente da subito che il decreto interviene ampliando le funzioni dell’ANAC in materia e prevedendo che questa abbia competenza sia nel settore privato che in quello pubblico (in merito all’ampliamento di competenze, il decreto prevede anche un ampliamento della dotazione organica). Infine, il decreto prevede espressamente il veto a diffondere l’identità del whistleblower non solo nell’ambito dei procedimenti disciplinari, ma anche in relazione a procedimenti penali e contabili.

L’intento del legislatore nell’ambito della revisione prevista dal citato decreto è quello di cogliere l’occasione per proporre una disciplina organica in ambito di whistleblowing attraverso una sorta di testo unico. A tale scopo è stato necessario integrare le previsioni preesistenti nel sistema con gli obiettivi di uniformità contenuti nella direttiva europea, estendendone l’adottabilità anche al settore privato.

[1] https://www.transparency.it/informati/pubblicazioni/whistleblowing-2021

[2] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2012-11-06;190!vig=

[3] https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2001-03-30;165!vig=

[4] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/12/14/17G00193/sg

[5] https://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6123

[6] https://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-9/21240

[7] https://www.fieldfisher.com/getattachment/0de5997a-4cea-467a-afc1-febf1a532d28/Schema-D-lgs-WB_-9-dicembre-2022.pdf?lang=it-IT

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