L’applicazione dell’art. 25 CCI al reato di bancarotta
Il Codice della Crisi di Impresa, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale lo scorso 14 Febbraio, riorganizza gli istituti di liquidazione giudiziale in diritto commerciale ma pone in essere poche modifiche in ambito penalistico.
I reati fallimentari, di fatto, non vengono riformati dal “nuovo” Codice della Crisi di Impresa, bensì, per questi ultimi, si segue la medesima disciplina già prevista dalla Legge Fallimentare.
Tra le poche riforme in ambito penalistico, però, è necessario sottolineare la presenza dell’art. 25 CCI, il quale si presenta, all’interno del codice, come una causa di esclusione della punibilità che ricorre ogni qualvolta si presentano le condizioni dettate dall’art. 24 CCI.
L’art. 25 del Codice della Crisi di Impresa stabilisce che:
“All’imprenditore che ha presentato all’OCRI istanza tempestiva a norma dell’articolo 24 e che ne ha seguito in buona fede le indicazioni, ovvero ha proposto tempestivamente ai sensi del medesimo articolo domanda di accesso a una delle procedure regolatrici della crisi o dell’insolvenza di cui al presente codice che non sia stata in seguito dichiarata inammissibile, sono riconosciuti i seguenti benefici, cumulabili tra loro:
a) durante la procedura di composizione assistita della crisi e sino alla sua conclusione gli interessi che maturano sui debiti tributari dell’impresa sono ridotti alla misura legale;
b) le sanzioni tributarie per le quali e’ prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un determinato termine dalla comunicazione dell’ufficio che le irroga sono ridotte alla misura minima se il termine per il pagamento scade dopo la presentazione dell’istanza di cui all’articolo 19, comma 1, o della domanda di accesso ad una procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza;
c) le sanzioni e gli interessi sui debiti tributari oggetto della procedura di composizione assistita della crisi sono ridotti della meta’ nella eventuale procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza successivamente aperta;
d) la proroga del termine fissato dal giudice ai sensi dell’articolo 44 per il deposito della proposta di concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e’ pari al doppio di quella che ordinariamente il giudice puo’ concedere, se l’organismo di composizione della crisi non ha dato notizia di insolvenza al pubblico ministero ai sensi dell’articolo 22;
e) la proposta di concordato preventivo in continuita’ aziendale concorrente con quella da lui presentata non e’ ammissibile se il professionista incaricato attesta che la proposta del debitore assicura il soddisfacimento dei creditori chirografari in misura non inferiore al 20% dell’ammontare complessivo dei crediti.
Quando, nei reati di cui agli articoli 322, 323, 325, 328, 329, 330, 331, 333 e 341, comma 2, lettere a) e b), limitatamente alle condotte poste in essere prima dell’apertura della procedura, il danno cagionato e’ di speciale tenuita’, non e’ punibile chi ha tempestivamente presentato l’istanza all’organismo di composizione assistita della crisi d’impresa ovvero la domanda di accesso a una delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza di cui al presente codice se, a seguito delle stesse, viene aperta una procedura di liquidazione giudiziale o di concordato preventivo ovvero viene omologato un accordo di ristrutturazione dei debiti. Fuori dai casi in cui risulta un danno di speciale tenuita’, per chi ha presentato l’istanza o la domanda la pena e’ ridotta fino alla meta’ quando, alla data di apertura della procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza, il valore dell’attivo inventariato o offerto ai creditori assicura il soddisfacimento di almeno un quinto dell’ammontare dei debiti chirografari e, comunque, il danno complessivo cagionato non supera l’importo di 2.000.000 euro”.
Il suddetto articolo inserisce, di fatto, una misura premiale per l’Imprenditore che, tempestivamente, fa ricorso all’OCRI per l’ormai imminente stato di insolvenza che sta per affrontare la sua attività di impresa. L’Imprenditore che non possiede una propria Impresa di medie e grandi dimensioni[1], prima ancora di dare impulso alle attività proprie della logica imprenditoriale, deve già conoscere le procedure da seguire qualora la stessa dovesse vertere in uno stato di difficoltà immediatamente antecedente la crisi[2]. Nel presente articolo, rubricato come “misure premiali”, altro non vi è che una causa di esclusione della punibilità del danno di speciale tenuità e della circostanza attenuante ad effetto speciale[3]. Nel dettato normativo del Codice della Crisi di impresa, infatti, non vi è un semplice rimando a istituti di diritto penale puro – si pensi, ad esempio, alle attenuanti – bensì agli stessi viene data una veste civilistica – cd. misure premiali non penali – volta a trarre, dall’applicazione degli stessi, un beneficio fiscale. La novità del Codice della crisi è la prevenzione dell’insolvenza, che si attua mediante strumenti di allerta, ovvero obblighi di segnalazione degli indizi che fanno presupporre la crisi, posti in capo a soggetti qualificati, nella misura in cui già il Codice Civile, nel delinearne le mansioni, ne riconosce obblighi amministrativi e di controllo[4]. Una precoce segnalazione del prossimo stato di insolvenza della crisi fa sì che gli organi preposti possano, con poche difficoltà, applicare misure volte a superare e regolare la crisi dell’impresa. L’introduzione di misure premiali risponde all’esigenza posta alla base della Riforma, ovvero quella di evitare l’insolvenza agevolando lo svolgimento di trattative tra creditori e debitori attraverso la mediazione dell’OCRI.
Il Codice della Crisi di impresa dispone, altresì,
di “disposizioni finali e transitorie”, in particolare nell’art. 338 CCI è espressamente previsto che lo stesso entri in vigore 18 mesi dopo la sua pubblicazione. Parimenti, in via del tutto eccezionale, vi sono alcune norme che sono entrate in vigore 30 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta – si pensi ad alcune abrogazioni nel settore penale, sancite dall’art. 373 CCI degli articoli 221, 235, 241 Legge Fallimentare. Allo stesso modo entrano in vigore decorsi i 30 giorni norme riguardanti che assetti organizzativi dell’impresa, sulla responsabilità degli amministratori e sulla nomina degli organi di controllo. Dalle disposizioni transitorie si evince, inoltre, che per i fatti di bancarotta commessi antecedente e non ancora definitivamente giudicati, le imputazioni non dovranno essere modificate e si dovrà fare riferimento agli illeciti contenuti nella precedente legge fallimentare se le condotte, ricollegate da nesso causale all’evento, siano state poste in essere precedentemente all’entrata in vigore della nuova disciplina. In particolare, ciò viene confermato dal dettato normativo dell’art. 389 CCI, il quale stabilisce che in relazione ai fatti trascritti nel primo e secondo comma, deve essere applicata la legge fallimentare del 2012. Dalla Relazione illustrativa del codice della crisi di impresa, è inoltre evidente, che per i fatti di bancarotta commessi ex post l’entrata in vigore del codice della crisi – a titolo meramente esemplificativo le condotte distrattive nella bancarotta post fallimentare, l’imprenditore potrà avvalersi della disciplina precedente a quella del codice della crisi di impresa nel momento in cui tali condotte siano collegate a procedure concorsuali da dover essere definite secondo la legge precedente – si guardi a tal proposito il principio delle leggi penali nel tempo – e, conseguentemente, tutte le condotte di bancarotta successive al 14 agosto 2020[5] verranno ricondotte all’ultimo decreto legislativo ce abrogherà in modo tacito tutte le vecchie norme incriminatrici. L’abrogazione tacita funge affinchè non si crei un doppio sistema sanzionatorio penale. Nel tempo di “vacatio legis” persisterà un sistema di doppio binario che opererà sino a quando non troverà applicazione la nuova disciplina. Ma è necessaria la mera disciplina transitoria nel nuovo codice per regolarne gli effetti? Per evitare possibili profili di incostituzionalità, sollevabili dalla lesione dei principi di legalità, eguaglianza e ragionevolezza, sarebbe necessario aggiungere un quid plus iuris alla disciplina del codice. Posta la stessa sarebbe necessario rinnovare le normative più favorevoli anche per quanto concerne le condotte di bancarotta consolidate nell’art. 389 CCI. Le innovazioni in bonam partem, interpretate da autorevole dottrina, dovrebbero riequilibrare il profilo di costituzionalità sotteso alle scelte inserite nel codice della crisi. Sarà poi necessario dotare di un apparato di regole organizzative l’OCRI poichè interagisca con l’imprenditore che, per il tramite dell’art. 25 cci e 14 cci, ricorrerà all’istituto della tempestiva segnalazione al fine che vi sia l’esonero della responsabilità che potrà essere commiata extra D.L.vo 231/2001.
[1] A tal proposito è necessario sottolineare come la gran parte delle norme del Codice della Crisi di Impresa si applichino solo nei confronti delle Imprese di medie e grandi dimensioni, lasciando un vuoto di tutela nei confronti del piccolo imprenditore e della piccola impresa.
[2] “Imprenditore ricordati che devi morire!” – Così ha ironizzato il Dott. Durante durante il convegno del 18 Aprile 2019 presso il Consiglio Superiore della Magistratura.
[3] GAMBARDELLA, Il nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza: un primo sguardo ai riflessi in ambito penale, Diritto Penale Contemporaneo, 2018. Contributo disponibile qui:
[4] Si segnala l’art. 12 del C.C.I. che delinea gli obblighi organizzativi dell’imprenditore.
[5] Data in cui entrerà in vigore ufficialmente il codice della crisi di impresa.
Avvocato, finalista della II edizione della 4cLegal Academy, responsabile dell’area Fashion Law e vice responsabile dell’area di Diritto Penale di Ius in itinere.
Maria Elena Orlandini nasce a Napoli il 2 Luglio 1993. Grazie all’esperienza di suo padre, fin da piccola si appassiona a tutto ciò che riguarda il diritto penale, così, conseguita la maturità scientifica, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi del Sannio.
Si laurea con 110 e lode il 20 Marzo 2018 con una tesi dal titolo “Mass Media e criminalità” seguita dai Proff. Carlo Longobardo e Prof. Felice Casucci, in cui approfondisce il modus attraverso il quale i social media e la tv siano in grado di mutare la percezione del crimine nella società.
Nel 2019 ha conseguito con il massimo dei voti il Master di II livello in Giurista Internazionale d’Impresa presso l’Università degli Studi di Padova – sede di Treviso, specializzandosi in diritto penale dell’economia, con una tesi dal titolo “Il reato di bancarotta e le misure premiali previste dal nuovo Codice della Crisi di Impresa”, sotto la supervisione del Prof. Rocco Alagna. Nel giugno 2020 ha superato il corso di diritto penale dell’economia tenuto dal Prof. Adelmo Manna, professore ordinario presso l’Università degli Studi di Foggia, già componente della commissione che ha varato il d.lgs. 231/2001. All’età di 27 anni consegue l’abilitazione all’esercizio della professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia.
Dal 2019 segue plurimi progetti legati al Fashion Law e alla proprietà intellettuale, prediligendone gli aspetti digital in tema di Influencer Marketing.
Nel 2020 viene selezionata tra i cinque giovani talenti del mercato legale e partecipa alla seconda edizione della 4cLegal Academy, legal talent organizzato dalla 4cLegal, visibile sul canale BFC di Forbes Italia, su Sky.
Nel 2022 si iscrive al corso di aggiornamento professionale in Fashion Law organizzato dall’Università degli Studi di Firenze.
Passione, curiosità, empatia, capacità di visione e self control costituiscono i suoi punti di forza.
Collabora per le aree di Diritto Penale e Fashion Law & Influencer marketing di Ius in itinere.
email: mariaelena.orlandini@iusinitinere.it