Notificazioni all’imputato irreperibile
A cura di Michele Del Macchia
- Introduzione
La conoscenza di atti afferenti ad un procedimento penale riguarda sia il diritto di difesa che la persecuzione di una verità processuale che sia la più vicina possibile a quella fattuale, raggiungibile attraverso l’attuazione di un contraddittorio che sia effettivo. Inoltre, essa non può considerarsi sganciata dal “sistema” in cui si inserisce, il quale non può fare a meno di considerare anche esigenze economiche e di tutela dei beni giuridici violati. Invero, la dicotomia tra conoscenza effettiva – certezza storica della conoscenza – e conoscenza legale – conoscenza presunta – nasce proprio da qui. Il procedimento di notificazione si snoda nel tentativo di bilanciare, quantomeno in parola, le due esigenze sopra descritte. Tale procedimento, mediante uno sforzo di immaginazione, può essere concepito come una scala al vertice della quale si colloca la consegna personale degli atti da notificare, che garantisce il maggior grado di conoscenza effettiva, ed al cui pedice troviamo il rito degli irreperibili, quale espressione di una fictio iuris di conoscenza del procedimento penale.
- Disciplina
La disciplina del rito degli irreperibili si articola in due disposizioni, l’art. 159 c.p.p. nel quale vengono chiariti i presupposti e gli effetti del decreto di irreperibilità, e l’art. 160 c.p.p. nel quale è prescritta l’efficacia “temporale” del medesimo.
Giustifica l’approdo alla dichiarazione di irreperibilità, anzitutto, il presupposto dell’impossibilità di realizzare le notifiche nei modi individuati dall’art. 157 c.p.p. Sul tema dell’impossibilità, la Corte di legittimità è intervenuta chiarendo che rappresenta requisito per la validità del decreto di irreperibilità la dimostrazione da parte dell’autorità giudiziaria dell’impossibilità di eseguire le notifiche a seguito di ricerche e non anche il previo tentativo di notifica[1]. In altre parole, l’autorità giudiziaria non necessita di avvalorare l’impossibilità con un materiale tentativo di notifica con esito negativo, bensì è sufficiente che l’impraticabilità della notifica risulti in modo chiaro dalle ricerche svolte. Invero, queste ultime rappresentano l’altro presupposto previsto dal legislatore che si qualifica, potremmo dire, come un presupposto del presupposto in quanto è da esse che deve risultare l’impossibilità. Più precisamente, l’art. 159 c.p.p. enuncia una serie di attività nelle quali devono concretizzarsi le suddette ricerche, le quali devono considerarsi non alternative, bensì cumulative e successive[2]. Oltre a ciò, l’elenco ivi previsto non deve considerarsi tassativo. Di talché, alle ricerche nel luogo di nascita, nel luogo di ultima residenza anagrafica conosciuta, in quello di ultima dimora ed in quello ove l’interessato ha svolto abituale attività lavorativa, nonché presso l’amministrazione carceraria centrale, devono aggiungersi, tutte quelle ricerche necessarie, in considerazione delle cognizioni e dei mezzi a disposizione dell’autorità giudiziaria, a garantire l’effettiva conoscenza dell’atto ed il ricorso al rito degli irreperibili quale extrema ratio. Invero, la giurisprudenza, nella sua attività esegetica ha introdotto il principio della effettività delle ricerche in virtù del quale l’autorità giudiziaria ha l’onere dell’utilizzo “nei modi più efficaci delle notizie ed informazioni di cui dispone, senza rigorosi formalismi, in considerazione del rilievo costituzionale degli interessi tutelati”[3]. Tentiamo di avventurarci in un esempio concreto: qualora nel corso delle indagini preliminari l’autorità giudiziaria venga a conoscenza dell’utenza telefonica mobile dell’imputato, ad esempio a seguito di intercettazioni telefoniche, si qualifica quale presupposto per la validità del decreto di irreperibilità, l’impiego di quell’informazione al fine di informare l’imputato della pendenza del procedimento? Ebbene, nonostante non manchino gli orientamenti in senso opposto[4], la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che, ai fini dell’emissione del decreto di irreperibilità, non soltanto, l’elenco delle ricerche delineato dal legislatore debba intendersi in senso esemplificativo e non esaustivo e che, anzi l’autorità giudiziaria deve “compiere tutti quegli accertamenti che, sulla base delle circostanze emergenti dagli atti, si rivelino logicamente utili e oggettivamente praticabili”[5], ma, anche che il principio anzidetto impone all’autorità giudiziaria, nel caso in cui sia a conoscenza dell’utenza telefonica mobile dell’indagato, l’obbligo di impiegarla per rendere esaustive le proprie ricerche[6].
Orbene, in tutti quei casi in cui il decreto di irreperibilità risulti viziato da incompletezza delle ricerche, può trovare applicazione la disciplina della nullità assoluta. L’art. 179 c.p.p., invero, accoglie i vizi afferenti alla citazione dell’indagato/imputato, dovendosi riferire a questa formulazione tutti quei vizi che non consentano all’interessato di avere contezza della vocatio in iudicium, tra cui anche le notificazioni[7]. Pertanto, la nullità del decreto di irreperibilità conseguente ad insufficienti ricerche è assoluta, e tutte le notifiche al difensore ex art. 159 c.p.p., sono travolte dalla medesima sorte[8].
Qualora entrambi i presupposti maturino, il pubblico ministero o il giudice emettono un decreto di irreperibilità che ha quale conseguenza la statuizione di una situazione meramente processuale che qualifica il difensore – il quale se non ancora presente viene nominato d’ufficio nel decreto – come rappresentante dell’indagato/imputato. Egli, da quel momento, riceverà le notifiche dirette e queste “in tal modo eseguite sono valide ad ogni effetto”[9].
3. Limiti
Orbene, è facile a questo punto comprendere come una notificazione svolta secondo queste forme non garantisca l’effettività della conoscenza dell’atto da parte dell’interessato, anzi, di fatto, non sussiste alcuna garanzia a sostegno della presunzione secondo cui la conoscenza dell’atto da parte dell’indagato/imputato deriverebbe automaticamente dalla conoscenza dello stesso da parte del suo difensore – magari d’ufficio –, il quale ben potrebbe non aver mai conosciuto o avuto contatti con l’assistito e con ogni probabilità non dispone di mezzi più efficaci di quelli dell’autorità giudiziaria per ricercarlo e trasmettere lui la comunicazione.
Sulla scorta di queste invettive, appare opportuno riferire come il legislatore non ignori la “pericolosità” del rito degli irreperibili. A tal uopo, egli ha provveduto ad introdurre delle limitazioni, talvolta dirette, come l’art. 160 c.p.p., talaltra indirette, come l’art. 420-bis comma 2, al suo impiego ed alla sua efficacia.
In prima battuta, il comma 5 dell’art. 156 chiarisce come non possa mai essere considerato irreperibile, il destinatario di una notificazione che sia detenuto o internato in Italia.
Dopodiché, il predetto art. 160 c.p.p., stabilisce che il decreto di irreperibilità emesso nelle indagini preliminari ha efficacia fino al provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare, oppure fino alla conclusione delle indagini stesse. Pertanto, pochi dubbi si pongono nei casi di giudizio a seguito di udienza preliminare, ove il decreto emesso in fase di indagini preliminari non può estendere i propri effetti fino a ricoprire anche la notificazione del decreto che dispone il giudizio, essendo necessario un nuovo decreto di irreperibilità preceduto da nuove ricerche[10]. Qualora invece, allineandosi al principio enunciato dalle Sezioni Unite in sede di risoluzione di un annoso contrasto giurisprudenziale, il decreto di irreperibilità sia stato emesso al fine di notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, lo stesso mantiene la sua efficacia anche per la notificazione della citazione a giudizio ex art. 552 c.p.p., a patto che a seguito della notifica il Pubblico Ministero non svolga ulteriori indagini[11]. Invero, in caso contrario, il momento conclusivo non coinciderebbe con l’avviso di cui all’art. 415-bis c.p.p.
Procedendo sul solco delle fasi e dei gradi del procedimento, un nuovo decreto dovrà essere emesso per la citazione in appello anche a seguito di pronuncia in primo grado avvenuta a seguito di vocatio in ius notificata a norma dell’art. 159 c.p.p.; nonché una nuova dichiarazione di irreperibilità potrà dover essere disposta in Cassazione dal momento che l’art. 613 comma 4 c.p.p. prevede che all’imputato vengano notificati gli avvisi disposti a favore del difensore d’ufficio che lo rappresenta[12].
Inoltre, un limite indiretto poiché frutto di una riforma che non ha contemplato le norme in tema di irreperibilità, ovvero la legge n. 67 del 28 aprile 2014, per mezzo della quale è stato espunto dal nostro sistema penale l’istituto della contumacia, può essere rintracciato nella disciplina dell’assenza. Non è questa la sede per analizzarla compiutamente, quello che interessa, piuttosto, è considerare gli effetti che la previsione del nuovo art. 420-bis comma 2, introducendo la possibilità di proseguire il processo in assenza dell’indagato/imputato, ha sulla portata del decreto di irreperibilità. Invero, l’attribuzione dello status di assente incorpora la presunzione secondo cui, al verificarsi di determinati fatti o atti individuati nella rubrica dell’articolo, l’imputato sia venuto a conoscenza del procedimento a suo carico ed abbia scelto di non prendervi parte personalmente. L’assenza viene valutata all’udienza preliminare oppure alla prima udienza dibattimentale. Vien da sé che, ai fini della regolare costituzione delle parti, le notifiche esperite ritualmente ex art. 159 c.p.p. non hanno più valore ai fini della prosecuzione del processo.
Oltre ciò, rimangono da sottolineare il divieto per il PM di richiedere il giudizio immediato “ordinario”, ed il dovere a carico del Giudice di revocare il decreto penale di condanna eventualmente emesso nei confronti dell’irreperibile.
- Conclusioni
In conclusione, il rito degli irreperibili potrebbe essere inteso quale fase patologica del procedimento di notificazione intervenendo come “male necessario” nel momento in cui, procedendo verso il basso sulla “scala immaginaria”, riducendo progressivamente le garanzie a favore delle esigenze di prosecuzione del procedimento, non sia stato possibile in alcuno dei modi previsti dall’art. 157 c.p.p. provvedere alla notificazione. Esso nasconde delle insidie tali per cui risulta necessario mantenere un’attenzione costante nel suo impiego. A tal riguardo, deve sottolinearsi lo sforzo profuso dal legislatore e dalla giurisprudenza volto a “rimediare” all’impiego di un rito sbilanciato a favore della conoscenza legale. Il primo si è spinto fino ad introdurre una sorta di “sbarramento” oltre il quale il processo non possa proseguire senza l’integrazione di ulteriori presupposti contemplati dall’art. 420-bis che diano “prova certa della conoscenza del procedimento da parte dell’imputato”[13], anche se, di nuovo, mediante indici presuntivi.
La seconda, dal canto suo, ha progressivamente ristretto i limiti per l’emissione di un decreto valido. Infatti, le attività di ricerca devono essere consentanea a quel principio giurisprudenziale di effettività e completezza delle ricerche, ispirato dal fatto che si versa in un ambito nel quale il sacrificio delle garanzie difensive deve essere ridotto al minimo, che, seppur non risolvendo integralmente tutti i profili potenzialmente pregiudizievoli scaturenti dal bilanciamento tra conoscenza e prosecuzione del procedimento, risulta essere indissolubilmente legato al favor nei confronti di una conoscenza effettiva del procedimento penale.
[1] Cass. Pen. Sez. II, Sent. n. 36982, 28 giugno 2011, in www.ilsole24.ilsole24ore.com; e anche Cass. Pen. Sez. I, Sent. n. 2084, 21 febbraio 2008.
[2] Cass. pen. Sez. I Sent. n. 11341, 27 novembre 2020.
[3] Cass. Pen. Sez. V, Sent. n. 34993, 9 dicembre 2020.
[4] G.S. Bassi, “Illegittimo il decreto di irreperibilità emesso senza che siano state effettuate ricerche sul numero di utenza mobile del destinatario della notifica (in possesso dell’autorità procedente)”, in Giurisprudenza Penale, 13 dicembre 2020, https://www.giurisprudenzapenale.com/2020/12/13.
[5] Cass. Pen. Sez. V Sent. n. 35103, 17 agosto 2014.
[6] Cass. Pen. Sez. II Sent. n. 37781, 05 ottobre 2021.
[7] G.P. Voena, Capitolo II Atti, in G. Conso e V. Grevi, Compendio di Procedura Penale, Wolters Kluwer Italia, IX Edizione, 2018, p. 289.
[8] Cass. Pen. Sez. I Sent. n. 5479, 10 gennaio 2006; Cass. Pen.Sez. II Sent. n. 40041, 30 settembre 2009; Cass. Pen. Sez. V Sent. n. 35103, 17 agosto 2014; Cass. Pen. Sez. V Sent. n. 44374, 20 giugno 2014; Cass. Pen. Sez. V Sent. n. 34993, 09 ottobre 2020.
[9] G. Lo Faro, F. Giunchedi e C. Santoriello, “C.p.p. commentato, art. 159 – Notificazioni all’imputato in caso di irreperibilità”, in Leggi d’Italia, Wolters Kluwer.
[10] Cass. Sez. VI, Sent. n. 86, 8 marzo 2005 e Cass. Sez. I, Sent. n. 109, 28 gennaio 2003.
[11] G. Leo, “Dalle Sezioni Unite una soluzione compromissoria circa la notifica del decreto di citazione all’imputato già dichiarato irreperibile in fase di indagini”, in Diritto Penale Contemporaneo, 21 giugno 2012, https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/1588-dalle-sezioni-unite-una-soluzione-compromissoria-circa-la-notifica-del-decreto-di-citazione-all-imp.
[12] G.P. Voena, Capitolo II Atti, Op. cit., p. 260.
[13] A. Ciavola, “Alcune considerazioni sulla nuova disciplina del processo in assenza e nei confronti degli irreperibili. Tante ombre e qualche luce”, in Diritto Penale Contemporaneo, Fascicolo n. 1 del 2015.