Il ritiro dell’opera dal commercio: il diritto di “pentimento”
Al fine di scongiurare eventuali fraintendimenti, è meglio precisare da subito che il termine “pentimento” non va inteso letteralmente, non si parla quindi del diritto dell’autore ad essere preda dei sensi di colpa. Con “diritto di pentimento” si intende, invece, il diritto dell’autore/creatore dell’opera a ritirare la propria opera dal commercio nel caso di sopravvenienza di gravi ragioni morali.
Il diritto in oggetto è previsto dagli articoli 142 e 143 della legge sul diritto d’autore[1]. È importante notare che, sebbene i succitati articoli siano collocati nel capo della L.d.A. dedicato alla “trasmissione dei diritti di utilizzazione”, ciò non significa che il diritto di pentimento possa essere qualificato come diritto patrimoniale. Dal dispositivo del comma 1 dell’art. 142 della L.d.A., per cui il creatore dell’opera, in concorrenza di gravi ragioni di tipo morale, “ha diritto di ritirare l’opera dal commercio, salvo l’obbligo di indennizzare coloro che hanno acquistati i diritti di riprodurre, diffondere, eseguire, rappresentare o spacciare l’opera medesima” appare chiaro che la natura del diritto sia personale, come del resto, chiaramente espresso dal comma 2 dell’art 142 L.d.A., che ne prevede, inoltre, l’intrasmissibilità.
L’intrasmissibilità di tale diritto è dovuta all’ampio significato che l’espressione “gravi motivi morali” può assumere. Tali ragioni, infatti, possono riguardare anche motivi di ordine etico o religioso, o anche consistere nel sopravvenuto contrasto dell’opera con la mutata personalità dell’autore, ed essendo, quindi, così strettamente connesse con la personalità dell’autore, fanno sì che il diritto non possa essere trasmesso ad altri. Emblematico, in ciò, l’esempio dato dal film “Fantozzi il ritorno” del 1997. Nella pellicola era presente una scena in cui il protagonista, Fantozzi, per l’appunto, lanciava sassi da un cavalcavia, distruggendo la sua stessa macchina. Ciò che per molti altro non era che un’espediente comico, per altri, invece, costituiva un’istigazione a delinquere, tanto che il coordinatore del movimento nazionale “Sos Italia” Diego Volpe Pasini arrivò a presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Roma per richiedere il sequestro del prodotto, sostenendo che “la recrudescenza dell’ attività criminale svolta da coloro che lanciano pietre dai ponti stradali è incredibilmente, ma forse non casualmente, contemporanea all’inizio della proiezione nelle sale di tutta Italia”[2]. In seguito a ciò l’autore, Paolo Villaggio, per quanto si fosse sempre dichiarato in disaccordo con tale tesi, ritenendo che la scena, anzi, sarebbe stata perfettamente utilizzabile per uno spot educativo, acconsentì al ritiro dell’opera dal commercio ed al “taglio” della scena contestata, onde evitare qualsiasi tipo di interpretazione negativa della stessa.
E se ci fossero due o più autori? È questo il caso delle:
- Opere prodotte in collaborazione, in cui, nel caso della comunione, per il ritiro dal commercio è necessario il consenso di tutti gli autori (i contributi dei partecipanti siano indistinguibili e inscindibili, per cui i diritti patrimoniali d’autore sull’intera opera appartengono, salvo diverso accordo, a tutti i coautori in parti uguali);
- Opere collettive, nel qual caso si ritiene che l’autore di una parte distinta possa ritirarla dal commercio, pur soggiacendo all’obblio di risarcire anche i coautori eventualmente danneggiati (es. un’enciclopedia).
In ogni caso, la scelta di procedere al ritiro dell’opera dal commercio comporterà l’obbligo, in capo all’autore dell’opera, di rimborsare le spese sostenute da “coloro che abbiano acquistato i diritti di riproduzione, diffusione, esecuzione o rappresentazione dell’opera”[3].
Esiste un passaggio obbligato che, ai sensi del comma 3 dell’art 142 L.d.A., l’autore dell’opera deve affrontare per poter esercitare questo suo diritto, che consiste nel notificare una dichiarazione riportante le sue intenzioni sia alle persone cui ha ceduto i diritti sull’opera che al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Quest’ultimo, in base alle disposizioni governative del caso, provvederà a darne pubblicamente notizia, nonché ad annotare la detta dichiarazione nel registro pubblico delle opere protette.
Entro un anno dall’ultima data delle notifiche e delle pubblicazioni, chiunque sia interessato può esercitare il diritto di opposizione alla pretesa dell’autore ex antel’Autorità giudiziaria, oppure ricorrere ad essa per ottenere la liquidazione ed il risarcimento del danno che la pretesa stessa ha cagionato. Se l’Autorità giudiziaria riconosce la sussistenza delle gravi ragioni morali invocate dall’autore, emette sentenza con cui “ordina il divieto della riproduzione, diffusione, esecuzione, rappresentazione o spaccio dell’opera”[4], determinando l’importo dell’indennizzo che l’autore è tenuto, come già detto, a versare a “coloro che abbiano acquistato i diritti di riproduzione, diffusione, esecuzione o rappresentazione dell’opera”[5], nonché a fissare un termine per il pagamento dello stesso. Ciò, detto, due sono gli scenari ipotizzabili:
- L’autore non provvede ad effettuare il pagamento entro i termini fissati dall’Autorità giudiziaria, e la sentenza cessa di avere efficacia.
- L’indennizzo è versato entro i termini previsti, con conseguente ritiro dal commercio dell’opera.
Nel caso in cui, trascorso il termine, ex art. 142, comma 3, L.d.A., per ricorrere all’Autorità giudiziaria, la riproduzione, diffusione esecuzione, rappresentazione o spaccio dell’opera non cessi, si verifica una violazione del diritto d’autore, fattispecie cui la Legge del 22 aprile 1941, n. 633 (L.d.A.), commina sanzioni di carattere sia civile che penale.Una volta sopravvenuta l’estinzione del diritto d’autore (si parla, ovviamente, dei diritti patrimonialifacenti parte del diritto d’autore, i quali, come è noto, sono rinunciabili, potenzialmente oggetto di cessione a terzi[6] e con un limite temporale, hanno cioè una durata pari a tutta la vita dell’autore e fino a settanta anni dopo la sua morte[7]), l’opera diviene di pubblico dominio, fatto che ne comporta la libera utilizzazione da parte di chiunque ne abbia interesse, anche se con fini economici, purché si rispetti il diritto morale alla titolarità artistica.
Ricapitolando, quindi, possiamo dirci certi di due cose: primo, il diritto di “pentimento” conferisce all’autore (e solo a lui, essendo diritto morale e, quindi intrasmissibile) la possibilità di ritirare dal commercio la propria opera qualora sussistano gravi ragioni morali, ovvero motivazioni talmente forti da giustificare tale misura; secondo, l’autore che decide di avvalersi di tale diritto deve avere ben presente che, nel farlo, non deve “scordarsi” né di versare l’indennizzo a chi abbia acquistato i diritti di riproduzione, diffusione, esecuzione o rappresentazione dell’opera, né di dare pronta comunicazione del ritiro ai diretti interessati, nel cui novero rientra il Ministerodei beni e delle attività culturali e del turismo. Ciò posto, una volta che l’opera sia stata ritirata dal commercio, nulla impedisce all’autore di autorizzarne nuovamente l’immissione in un secondo momento, qualora le gravi ragioni morali causanti il ritiro non sussistano più (ad esempio nel caso in cui l’opera venisse modificata).
[1] Legge del 22 aprile 1941, n. 633 (L.d.A.), sulla “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”, disponibile qui: http://www.interlex.it/testi/l41_633.htm
[2] Fabio Chiusi, “Il guru che voleva censurare Fantozzi”, giugno 2012, disponibile qui: http://espresso.repubblica.it/palazzo/2012/06/22/news/il-guru-che-voleva-censurare-fantozzi-1.44359
[3] art. 142, comma 1, Legge del 22 aprile 1941, n. 633.
[4] art. 143, comma 1, Legge del 22 aprile 1941, n. 633.
[5] art. 142, comma 1, Legge del 22 aprile 1941, n. 633.
[6] art. 107, Legge del 22 aprile 1941, n. 633
[7] art. 25, Legge del 22 aprile 1941, n. 633
Dott.ssa Valentina Ertola, laureata presso la Facoltà di Giurisprudenza di Roma 3 con tesi in diritto ecclesiastico (“L’Inquisizione spagnola e le nuove persecuzione agli albori della modernità”). Ha frequentato il Corso di specializzazione in diritto e gestione della proprietà intellettuale presso l’università LUISS Guido Carli e conseguito il diploma della Scuola di specializzazione per le professioni legali presso l’Università degli Studi di Roma3. Nel 2021 ha superato l’esame di abilitazione alla professione forense. Collaboratrice per l’area “IP & IT”.