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Welfare: dalle politiche sociali all’evoluzione aziendale

Dal 2008, con crisi che ha colpito l’Italia e non solo, l’assetto economico e sociale è cambiato e continua a cambiare ad una velocità incalcolabile, portando in luce sfide ambientali, politiche, sociali e culturali, segnando una modifica nell’assetto organizzativo di un’azienda e nel concetto più generale di “benessere”, o meglio di welfare; oggi, inoltre, è ancora poco chiaro tale concetto e sono molti i dubbi che lo investono, ma nella sua essenza cos’è?

Il welfare nasce sul finire dell’Ottocento per porre rimedio ai problemi che nacquero con lo sviluppo dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione delle economie[1]; lo sviluppo economico e sociale pose le basi per l’imminente nascita delle politiche sociali, ovvero l’insieme delle politiche e degli interventi pubblici che hanno come scopo l’equidistribuzione di risorse ed opportunità con l’intento di garantire il benessere dei singoli cittadini – che compongono la società – nell’osservanza dei diritti civili, politici e sociali.

Nella prospettiva delle politiche sociali, conosciute anche come policy, rientrano due concetti:

  1. Rischio → si indica la possibilità che possa accadere un fenomeno che minaccia il raggiungimento del proprio benessere;
  2. Bisogno → con il termine si indica la necessità di ottenere qualcosa per il raggiungimento del benessere;

A partire da questi due concetti e con la risoluzione di eventuali rischi è nato il concetto di welfare con il quale si definisce l’insieme degli interventi pubblici connessi alla modernizzazione che garantiscono una forma di protezione sociale con l’introduzione di diritti sociali e doveri finanziari.

Figura 1. Matrice del Welfare[2]

Da come possiamo osservare dall’immagine, il welfare può essere descritto con una matrice in cui l’asse verticale fa riferimento allo scopo, distinguendo un modello tradizionale basato sulle classi sociali e uno moderno basato sull’ordine sociale[3], mentre quella orizzontale ai destinatari; ogni quadrante descrive un modello diverso, partendo da sinistra abbiamo il modello classista, modello conservatore, modello liberale e modello universalistico.

L’iter evolutivo dei modelli elencati è composto di cinque passaggi fondamentali, quali: a) instaurazione; b) consolidamento; c) espansione; d) crisi e e) riforma. Queste fasi hanno accompagnato anche la formazione del welfare di cui oggi sentiamo maggiormente trattare: quello aziendale, in cui subentra un’altra caratteristica quella comunicativa, in quanto nelle aziende è importante che esista sia la comunicazione interna, che rende conoscibile il piano di impresa e il piano di welfare ai dipendenti, che quella esterna, in cui si rendono espliciti – al “pubblico” – i piani di responsabilità e di etica di impresa.

Figura 2. Schema del welfare aziendale[4]

La creazione di un ambiente soddisfacente e positivo è uno degli obiettivi di un imprenditore e come prima risorsa messa in gioco vi sono le politiche remunerative; oltre a queste per la costruzione del clima aziendale bisogna osservare i bisogni, i desideri e gli obiettivi che ogni singolo dipendente ha e su questi elementi che si instaura il welfare aziendale. Già negli anni ’80 sociologi e consulenti aziendali, nello studio di organizzazione del lavoro, avevano ben chiaro il concetto e stilarono delle regole che le aziende di successo seguivano «Trattare gli individui da adulti. Trattarli come partner; trattarli con dignità; trattarli con rispetto. Trattare loro, e non gli investimenti di capitale o l’automazione, come fonte primaria degli incrementi di produttività[5]».

Normalmente per studiare e analizzare il clima in un’azienda si costruisce un questionario che indaga su diversi aspetti quali: ergonomia[6]; sicurezza sul lavoro; incentivi e riconoscimento; chiarezza della propria funzione; soddisfazione della funzione; libertà di pensiero; soddisfazione relazionale; qualità dei rapporti con colleghi, superiori, con tutta l’azienda; responsabilità e autonomia; motivazione e coinvolgimento; collaborazione e coesione col gruppo di lavoro; fluidità delle informazioni.

Tale analisi permette di rilevare come l’organizzazione risulti uno strumento manageriale e di coesione aziendale e subentrano altre analisi come la soddisfazione sul lavoro, le prospettive a lungo termine e il lavoro dei manager.

Nella definizione di welfare aziendale rientrano degli specifici metodi di misurazione che riguardano l’efficacia, l’efficienza e i fattori di soddisfazione definendo le informazioni qualitative dell’impresa e gli indicatori usati sono:

  • ROI (Return On Investment) = (Benefici della formazione – Costi della formazione) / Costi della formazione x 100[7];
  • ROHCI (Return On Human Capital Invested);
  • ROE (Return On Equity) = reddito netto / mezzi propri[8];
  • ROS (Return On Sales) = reddito operativo / fatturato[9].

Dopo aver analizzato i vari aspetti ed indicatori di questo concetto così tanto dibattuto nel corso dei secoli, alla luce della Riforma sul Terzo Settore con il contributo degli Enti pubblici e privati è nata una nuova prospettiva, in cui al centro vi è l’individuo collegato ad una rete composta da altri individui, aziende, imprese, Enti e associazioni, grazie alle quali si crea una partnership compositiva e collaborativa con la creazione di capitale sociale sostenibile con lo sviluppo di un nuovo ruolo socio-politico tutto da giocare[10].

[1] Con questa locuzione si intende il passaggio da un’economia agricola ad una industriale.

[2] http://www.hyperpolitics.net/hyperdictionary/quadrants.php?entry=welfare

[3] Equilibrio garantito dal controllo delle azioni che si svolgono all’interno del sistema, con la conseguente assunzione di condotte conformistiche.

[4]https://www.odcec.mi.it/docs/default-source/quaderni/n-68—il-welfare-aziendale-dalla-teoria-alla-pratica.pdf?sfvrsn=6

[5]T. J. Peters, R. H. Waterman, Alla ricerca dell’eccellenza, ed. Sperling & Kupfer, 1986

[6]Disciplina che si occupa dei problemi relativi al lavoro umano e realizza un adattamento del sistema uomo-macchina-ambiente di lavoro in riferimento sia alle capacità che ai limiti psico-fisiologici dell’uomo. http://www.treccani.it/vocabolario/ergonomia/

[7]È un indice di bilancio per l’analisi della redditività aziendale, indicatore di efficienza nell’uso di risorse. http://www.treccani.it/enciclopedia/roi_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/

[8]È una misura sintetica del profitto ottenuto dagli azionisti di un’impresa, inoltre indica il rendimento in titoli privati del rischio dell’investimento. http://www.treccani.it/enciclopedia/roe_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/

[9]È l’indicatore più esemplificativo dell’efficienza di un’azienda. http://www.treccani.it/enciclopedia/ros_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/

[10]

Fonte immagine: http://www.project4life.it/2019/05/29/welfare-aziendale/

Roberta Iacobucci

Laureata in Sociologia all'Università di Napoli "Federico II", tesi di laurea in Statistica per la ricerca sociale sulla comparazione degli indicatori economici e sociali che si usano per misurare il grado di povertà di un Paese. Laureata con lode in Comunicazione, Valutazione e Ricerca Sociale presso l'Università di Roma "La Sapienza", tesi di laurea in Sociobiologia e Teoria dei giochi, per l'analisi dell'agire strategico cooperativo in riferimento al suo grado di funzionamento all'interno della società. Area di interesse: Politica Economica

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