giovedì, Aprile 18, 2024
Labourdì

Accesso documentale agli atti del procedimento ispettivo

 

 

La disciplina applicabile è quella contenuta nella legge n. 241/1990, in particolare negli artt. 22 ss. che si riportano, per quel che qui interessa, evidenziandone i punti fondamentali.
Il diritto di accesso di cui all’art. 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi.
Per “diritto di accesso” si intende il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi.
Per “interessati” si intendono tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.
Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6.
Il diritto di accesso è escluso:

  1. a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge.
  2. b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano;
  3. c) nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione;
  4. d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi.

Le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso ai sensi del comma 1.
Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni, salvo accesso civico generalizzato di cui al decreto D.lgs. n. 33/2013 come modificato dal D. lgs. n. 97/2016. Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

Come si evince in norma la richiesta di accesso ai verbali ispettivi non è di per se inammissibile o da vietare sempre e comunque, bensì è di norma esaudibile salva, appunto, la ricorrenza di situazioni che, in concreto, possano portare a situazioni pregiudizievoli per lavoratori o terzi. Un eventuale diniego di accesso può essere opposto solamente dopo una accurata istruttoria nella quale sia dimostrato in modo preciso e compiuto che l’interesse alla conoscenza dei contenuti di atti e documenti, anche a fini di trasparenza oltre che di tutela, è recessivo rispetto al diritto di vedere garantita la propria posizione di lavoratore o di soggetto interessato nella vicenda oggetto di ispezione. In altre parole, la P.A. deve dare puntualmente conto di simile attività valutativa e, in tal senso, deve motivare puntualmente ai sensi di quanto previsto dall’art. 3 e 25 della legge sul procedimento.

Queste due norme in particolare ribadiscono che la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata e che essa deve essere rivolta all’amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente. Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dall’art. 24 e devono essere motivati.

Sotto il profilo rimediale è previsto che decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta (silenzio significativo). In caso di diniego dell’accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell’art. 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione.

Occorre una precisazione, necessaria per il tema in oggetto, relativa alle ulteriori categorie di documenti esclusi e alla durata del divieto.
Sempre in norma (art. 24 comma 6 lett. d) il Governo può prevedere casi di sottrazione all’accesso di documenti amministrativi quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono.
È il caso, infatti, delle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede di verifica ispettiva. Il Ministero del Lavoro ha infatti emanato il Decreto n. 757/1994 secondo il quale:
Sono sottratte al diritto di accesso le seguenti categorie di atti in relazione alla esigenza di salvaguardare la vita privata e la riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, di gruppi, imprese e associazioni:

  1. a) documenti contenenti notizie sulla programmazione dell’attività di vigilanza, nonché sulle modalità ed i tempi di svolgimento di essa;
  2. b) documenti contenenti le richieste di intervento dell’Ispettorato del lavoro;
  3. c) documenti contenenti notizie acquisite nel corso delle attività ispettive, quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o di terzi;
  4. d) documenti contenenti notizie riguardanti le aziende pubbliche o private quando la loro divulgazione possa portare effettivo pregiudizio al diritto alla riservatezza o provocare concretamente una indebita concorrenza;
  5. e) relazioni ispettive presso gli enti previdenziali ed assistenziali;
  6. f) verbali di ispezione alle società cooperative;
  7. g) documenti riguardanti il lavoratore e contenenti notizie sulla sua situazione familiare, sanitaria, professionale, finanziaria, sindacale o di altra natura, sempreché dalla loro conoscenza possa derivare effettivo pregiudizio al diritto alla riservatezza;
  8. h) documenti riguardanti il dipendente dell’amministrazione e contenenti notizie sulla sua situazione familiare, sanitaria, professionale, finanziaria, sindacale o di altra natura, sempreché dalla loro conoscenza possa derivare effettivo pregiudizio al diritto alla riservatezza.

Le notizie contenute nei documenti indicati alle categorie g) ed h), del comma 1 del presente articolo, cessano di essere escluse dall’accesso quando costituiscono rispettivamente titoli per l’avviamento al lavoro o la partecipazione a pubblici concorsi.
Per quanto concerne la durata del divieto, le categorie di documenti indicate in norma sono sottratti all’accesso rispettivamente per il periodo sotto indicato, che decorre dalla data del provvedimento che chiude il procedimento di cui essi fanno parte:

  1. a) cinque anni;
  2. b) cinque anni, o finché perduri il rapporto di lavoro nella ipotesi che la richiesta di intervento provenga da un lavoratore o abbia comunque ad oggetto un rapporto di lavoro;
  3. c) finché perduri il rapporto di lavoro, salvo che le notizie contenute nei documenti di tale categoria risultino a quella data sottoposti al segreto istruttorio penale;
  4. d) fino a quando sussista il titolare del diritto alla riservatezza;
  5. e) finché è in vita il titolare del diritto alla riservatezza;

Il supremo consesso della Giustizia Amministrativa ha sul punto chiarito che il Ministero non potrebbe invocare l’art. 2, comma 1, lett. c), del D.M. n. 757/1994 posto a tutela della riservatezza dei lavoratori. Tale disposizione, infatti, non preclude in via assoluta l’accesso ai verbali ispettivi, bensì limita il diritto di accesso ai “documenti contenenti le notizie acquisite nel corso dell’attività ispettiva, quando dalla loro divulgazione possono derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico dei lavoratori o di terzi”. La sottrazione all’accesso di tali atti in materia di lavoro postula che risulti un effettivo pericolo di pregiudizio per i lavoratori o per i terzi, sulla base di elementi di fatto concreti, e non per presunzione assoluta. (1)
La tesi prospettata dall’Amministrazione ricorrente del caso in nota sarebbe quindi infondata e si desume dalla stessa ratio della sopra richiamata normativa. Tale ratio è quella di tutelare i lavoratori ed i terzi che collaborino in sede ispettiva per far emergere irregolarità nella gestione del rapporto di lavoro.
Occorre infatti evitare che i lavoratori (o i terzi) possano subire ritorsioni da parte del datore di lavoro (tanto è vero che la durata del divieto è sottoposta al limite temporale della durata del rapporto di lavoro: cfr. art. 3, comma 1, lett. c) dello stesso D.M. 4 novembre 1994 n. 757). Questa disposizione è stata dunque introdotta nel sistema a tutela del lavoratore e non a suo danno. Peraltro, nel caso in cui i prestatori non lavorino più nell’impresa, perché licenziati o non soggetti a rinnovo del proprio contratto, occorre una prova anche rafforzata di possibili pregiudizi a carico dei dipendenti che abbiamo reso dichiarazioni in sede ispettiva. L’Amministrazione dovrebbe dunque valutare se la divulgazione dei verbali ispettivi sia idonea a ledere la posizione dei soggetti che hanno reso le dichiarazioni in sede ispettiva.

Non solo, ma anche la giurisprudenza amministrativa di primo grado (2), nell’accogliere il ricorso, ha stabilito allora che nelle predette ipotesi, non essendovi esigenze di riservatezza da tutelare mediante la deroga all’obbligo di trasparenza, il diritto di accesso si riespande nella sua pienezza con la conseguenza che l’interesse che giustifica l’istanza non deve necessariamente basarsi su una specifica esigenza difensiva. Conforme, ancora, è il TAR Parma che in motivazione ribadisce che “circa la portata di tale limitazione, la più recente giurisprudenza ha rilevato che la predetta norma non pone un divieto assoluto e generalizzato di accesso ai verbali ispettivi ed ai presupposti atti istruttori, ma prevede un limite alla diretta conoscibilità delle notizie acquisite nel corso dell’attività ispettiva, “quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico dei lavoratori o di terzi” . (3)

Ne deriva che, in relazione alla documentazione in questione, non è configurabile un assoluto divieto di ostensione che può, pertanto, essere negata unicamente in presenza di un effettivo pericolo di pregiudizio per i terzi che deve essere esplicitato anche sulla base delle allegazioni degli eventuali controinteressati cui deve essere, come disposto dal già richiamato art. 3 del D.M. 757/1994, data comunicazione dell’istanza di accesso.
Di conseguenza il datore di lavoro deve poter ottenere gli atti necessari al miglior esercizio del diritto di difesa e non può subire un assoluto e costante divieto di ostensione in assenza dei limiti e dei presupposti sopra evidenziati.

1 – Cons. Stato, Sez. VI, 11 febbraio 2011, n. 920; Cons. Stato Sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 714

2 – TAR Toscana, I Sez., con la sentenza del 30 maggio 2018 n. 770

3 – TAR Parma sent. n. 163/2018; TAR Toscana, Sez. I, 30 maggio 2018, n. 770.

Dario Di Stasio

Diplomato al liceo scientifico e laureato con lode in giurisprudenza presso l'Università degli studi di Napoli "Federico II" all'età di 24 anni discutendo la tesi in diritto del lavoro in tema di licenziamenti e tutele indennitarie. Vincitore delle collaborazioni studentesche part-time A.A. 2014/2015, socio Elsa Napoli e vincitore assegnatario del bando per le attività di tutorato e orientamento A.A. 2017/2018. Ha superato con esito positivo il tirocinio presso il TAR Campania per l'accesso al concorso in magistratura. Ha completato il primo anno di praticantato come consulente del lavoro. Appassionato di diritto tributario, ha approfondito alcune sue branche, dalla finanza decentrata ai sistemi fiscali comparati. Sostenitore del federalismo europeo. E' stato eletto segretario della sezione di Napoli della Gioventù Federalista Europea nel 2017 e ha contribuito alla pubblicazione del volume “Europa: che fare? L’Unione Europea tra crisi, populismi e prospettive di rilancio federale”, edito da Guida Editore. Condivide e sostiene il progetto federalista di Altiero Spinelli volto all'unione politica e fiscale così da eliminare quelle disuguaglianze sostanziali che di fatto impediscono il pieno sviluppo della personalità anche oltre i confini nazionali.

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