Capire la Riforma Orlando: l’estinzione del reato per condotte riparatorie
Nota di redazione: questo è il quarto di una serie di articoli dedicati alla “riforma della Giustizia Orlando”, dal nome del Ministro proponente. Obiettivo è far chiarezza sulla portata di suddetta legge e sulle novità da essa introdotte.
L’art. 35 del decreto legislativo 274 del 2000 relativo al procedimento dinanzi al giudice di pace prevede che il giudice, sentite le parti e l’eventuale persona offesa, dichiara con sentenza l’estinzione del reato quando l’imputato dimostra di aver proceduto, prima dell’udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato mediante le restituzioni o il risarcimento e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato. E’ necessario che tali restituzioni siano in grado di soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione, sulla base del disvalore complessivo generato dalla condotta contestata all’imputato.
Ebbene questa definizione alternativa del procedimento è stata estesa, dalla riforma Orlando, al processo ordinario, tramite l’introduzione dell’art. 162 ter c.p, rubricato “Estinzione del reato per condotte riparatorie”. Dunque, sentite le parti e la persona offesa, il giudice – per i reati procedibili a querela e suscettibili di rimessione – dichiara il reato estinto se l’imputato ha riparato interamente il danno cagionato, tramite restituzioni, risarcimento o eliminazione delle conseguenza dannosa o pericolose del reato.
La norma prevede che l’attività riparatoria debba essere posta in essere entro il termine massimo dell’apertura del dibattimento. Il risarcimento del danno potrà essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo.
Inoltre il secondo comma dell’art. 162 ter c.p. recita: “Quando dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile, entro il termine di cui al primo comma, l’imputato può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento; in tal caso il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito e comunque non oltre novanta giorni dalla predetta scadenza, imponendo specifiche prescrizioni. Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso. Si applica l’articolo 240, secondo comma.” Tale facoltà di sospensione è analoga a quella prevista nel procedimento dinanzi al giudice di pace, qualora l’imputato richieda nell’udienza di comparizione di poter provvedere alla riparazione del danno e dimostri di non averlo potuto fare in precedenza. La richiesta, in questo caso, potrà essere motivata anche dalla precedente inconsapevolezza dell’effetto estintivo della riparazione e la sospensione non potrà essere superiore a tre mesi.
Infine il terzo comma dell’art. 162 ter c.p. prevede: “Il giudice dichiara l’estinzione del reato, di cui al primo comma, all’esito positive delle condotte riparatorie.” Anche nel procedimento dinanzi al giudice di pace si prevede che nell’udienza diretta a verificare l’avvenuta esecuzione della attività imposte, il giudice dichiara con sentenza estinto il reato.
Dunque, analizzando il testo normativo, evidenziamo innazitutto l’assenza di discrezionalità del giudice in merito a tale causa di estinzione del reato: il legislatore utilizza il tempo indicativo, “il giudice dichiara” dando man forte a tale tesi, a differenza di altre cause di estinzione del reato quali il perdono giudiziale, dove utilizza il termine “può”.
In quest’ottica, l’inciso “sentite le parti e la persona offesa” dovrebbe essere inteso semplicemente come adempimento volto a verificare che l’imputato abbia effettivamente provveduto alle restituzioni; una volta verificatasi tale situazione, al giudice non rimarrebbe che dichiarare l’estinzione del reato. Al contrario, nel caso in cui venga richiesto un termine ulteriore ai sensi del secondo comma dell’art. 162 ter c.p., il giudice provvederà alla sospensione solo laddove decida di accogliere la richiesta.
Quali sono gli effetti dell’applicazione di tale causa estintiva?
Questa travolge le pene principali, le pene accessorie, gli effetti penali della condanna e le misure di sicurezza, ad eccezione della confisca obbligatoria, prevista dall’art. 240 comma due c.p.
Circa il rapporto con gli altri istituti che attribuiscono peculiare rilevanza alle condotte riparatorie del reo, possiamo ricordare la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n.6 c.p.: ebbene questa troverà applicazione per tutti i reati per i quali non è prevista la querela o quelli procedibili d’ufficio. Lo stesso vale anche per le altre ipotesi estintive, subordinate a restituzione e risarcimento, fermo restando che i loro rapporti con l’art. 163-ter saranno più nel dettaglio regolati dalla disciplina generale di cui all’art. 183 c.p. relativo al concorso di cause estintive.
Infine, sul fronte del diritto intertemporale, il comma 2 dell’articolo unico prevede che le disposizioni del nuovo art. 162-ter c.p. “si applicano anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge”, precisando inoltre che in tali casi “il giudice dichiara l’estinzione anche quando le condotte riparatorie siano state compiute oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado”.
Claudia Ercolini, ha ventiquattro anni ed è laureata in giurisprudenza con il massimo dei voti. Il suo obiettivo è accedere alla magistratura, la considera la carriera più adatta alla sua personalità, al suo istinto costante di ricercare meticolosamente le ragioni alla base di ogni problema. Svolge il tirocinio presso la Procura generale della corte di appello. Ha partecipato al progetto Erasmus in Portogallo dove ha sostenuto gli esami in lingua portoghese e ha proceduto alla scrittura della tesi. Ha deciso di fare questa esperienza all’estero per arricchirsi e scoprire come viene affrontato lo studio del diritto al di fuori dell’Italia. Ha conseguito il livello B2 di lingua inglese presso il British Council e il livello A2 di lingua portoghese. La sua tesi di laurea è relativa ad una recente legge di procedura penale: il proscioglimento del dibattimento per tenuità del fatto. Con questa tesi ha coronato quello che rappresenta il suo sogno sin da bambina: si è iscritta, infatti, a giurisprudenza proprio per la sua passione per il diritto penale, per il suo forte carattere umanistico e perché da sempre si interroga sul connesso concetto di giustizia. E ‘ membro della associazione ELSA che le ha permesso di partecipare alla “moot competition” relativa al diritto internazionale. Ha già partecipato alla stesura di articoli di giornale relativi al diritto penale e alla procedura penale. Le è sempre piaciuto scrivere, anche semplici pensieri e riflessioni, conciliare dunque la scrittura con la materia che maggiormente la fa sentire viva, rappresenta per lei una grandissima soddisfazione. Chiunque la volesse contattare la sua mail è: claudia.ercolini@virgilio.it