La massima.
“L’aggravante di cui all’art. 604-ter c.p. sussiste anche quando si rapporti, nell’accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell’agente” (Cass. pen., sez. V, 07.01.21, n. 307).
Il caso.
La pronuncia origina dal ricorso per cassazione presentato dal difensore dell’imputato contro la sentenza della Corte d’Appello di Palermo la quale aveva confermato la decisione del GUP del Tribunale di Termine Imerese, il quale – a seguito di giudizio abbreviato – aveva riconosciuto la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati di lesioni personali aggravate dalla finalità di discriminazione od odio razziale, ai sensi degli artt. 582, 585 e 604-ter c.p. Il gravame si fondava, quanto al primo motivo, sulla violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla dichiarata utilizzabilità delle sommarie informazioni rese dal ricorrente, il secondo concerneva la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della scriminante della legittima difesa, con il terzo motivo si denunciava la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta aggravante dell’art. 604-ter c.p. Ancora, con il quarto motivo si deduceva la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non valutando la provocazione della persona offesa e la giovane età dell’imputato.
La motivazione.
La Corte di Cassazione, nella motivazione, afferma preliminarmente che il primo motivo di impugnazione è inammissibile per mancanza di specificità perché quando si lamenta l’inutilizzabilità di un elemento a carico, si deve illustrare l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta prova di resistenza, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento.
Anche il secondo motivo risulta inammissibile perché versato in fatto e, sulla dinamica dell’occorso, la Corte territoriale aveva svolto ampie e non manifestamente illogiche considerazioni.
Con riferimento all’aggravante ex art. 604-ter c.p., la Corte di Cassazione, ripercorrendo l’orientamento dominante in giurisprudenza (Cass. pen., sez. V, 08.02.17, n. 13530), afferma che la predetta sussiste non solo quando l’azione, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all’esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio e comunque a dar luogo, in futuro o nell’immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, ma anche quando essa si rapporti, nell’accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell’agente. Emerge di fatto, per i giudici di legittimità, un pregiudizio negativo nutrito dall’imputato nei confronti della persona offesa esplicatasi nelle frasi ingiuriose e offensive proferite.
La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile.
Nato a Treviso, dopo il diploma presso il liceo classico Cavanis di Venezia ha conseguito la laurea in Giurisprudenza (Laurea Magistrale a Ciclo Unico), presso l’Università degli Studi di Verona nell’anno accademico 2016-2017, con una tesi dal titolo “Profili attuali del contrasto al fenomeno della corruzione e responsabilità degli enti” (Relatore Chia.mo Prof. Avv. Lorenzo Picotti), riguardante la tematica della corruzione e il caso del Mose di Venezia.
Durante l’ultimo anno universitario ha effettuato uno stage di 180 ore presso l’Ufficio Antimafia della Prefettura UTG di Venezia (dirigente affidatario Dott. N. Manno), partecipando altresì a svariate conferenze, seminari e incontri di studio.
Ha svolto la pratica forense presso lo Studio dell’Avv. Antonio Franchini, del Foro di Venezia; ha inoltre effettuato un tirocinio di sei mesi presso il Tribunale di Sorveglianza di Venezia in qualità di assistente volontario.
Nella sessione 2019-2020 ha conseguito l’abilitazione alla professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia ed è attualmente iscritto all’Ordine degli Avvocati di Venezia.
Da gennaio a settembre 2021 ha esercitato la professione di avvocato presso lo studio legale associato BM&A; attualmente è associate dell’area penale e tributaria presso lo studio legale MDA di Venezia.
Da gennaio 2022 è Cultore di materia di Diritto Penale 1 e 2 presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Udine (Prof. Avv. E. Amati).
È socio della Camera Penale Veneziana “Antonio Pognici” e membro della Commissione per la formazione e la promozione dei giovani avvocati; è altresì socio AIGA – sede di Venezia e di AITRA giovani.
Email di contatto: francescomartin.fm@gmail.com