Reverse charge – I commenti dell’Agenzia delle Entrate
Il reverse charge è un particolare meccanismo di applicazione dell’IVA che pone sul cessionario/committente, se soggetto passivo IVA, gli obblighi formali e sostanziali di assolvimento dell’imposta in luogo del cedente/prestatore .
Il presente contributo si propone di soffermarsi sui chiarimenti contenuti nella recente circolare n. 16/E dell’Agenzia delle Entrate in materia di sanzioni amministrative relative a violazioni concernenti il sistema dell’inversione contabile ( reverse charge), istituto che negli ultimi anni ha assunto sempre più rilevanza quale strumento di contrasto ai fenomeni di frode ai fini IVA.
Il sistema sanzionatorio tributario è stato interamente riformato dal D.Lgs n. 158/2015, che è intervenuto, inter alia, in modo rilevante sulla disciplina delle violazioni degli obblighi di assolvimento dell’Iva mediante il meccanismo dell’ inversione contabile.
Le modifiche introdotte, benché in vigore dal 1° gennaio 2016, hanno efficacia retroattiva, ovvero sono applicabili, in virtù del principio del favor rei, anche alle violazioni commesse in precedenza, purché i relativi atti di contestazione non risultino già essere definiti in tale data.
La disamina si incentrerà sulle modifiche apportate al comma 9- bis dell’art. 6 art. del D.Lgs 471/1991 e sull’introduzione dei commi 9- bis.1, 9-bis 2 e 9- bis 3, precisando, come tra l’altro ribadito dall’Agenzia delle Entrate, che i commi di nuova introduzione si pongono quali norme speciali rispetto alla norma generale dettata dal comma 9-bis, prevedendo un trattamento sanzionatorio più mite per specifiche ipotesi di violazione degli obblighi di assolvimento dell’ imposta tramite reverse charge.
Al fine di illustrare le novità introdotte nel 2015, è necessario, in via preliminare, analizzare la disposizione generale (i.e. Il comma 9-bis), per poi passare alla disamina dei commi di nuova introduzione aventi carattere di specialità.
La norma sanzionatoria generale commina la sanzione al cessionario/committente che, tenuto ad assolvere l’IVA mediante reverse charge, omette di compiere gli adempimenti connessi all’inversione contabile.
La nuova formulazione della norma prevede l’applicazione di una sanzione in misura fissa in luogo della previgente sanzione proporzionale e più onerosa , purché l’omissione degli adempimenti relativi al reverse charge non “ occulti” l’operazione, la quale deve comunque risultare dalla contabilità tenuta ai fini dell’imposta sui redditi. Nel caso in cui l’operazione non emerga dalla contabilità, viene irrogata una sanzione più gravosa proporzionale.
Resta salva, in ogni caso, l’applicazione delle sanzioni ordinarie per dichiarazione infedele e per l’illegittima detrazione IVA derivanti dall’omissione degli adempimenti connessi all’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile..
La Circolare chiarisce, come tra l’altro già indicato in precedenza con la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 140/E del 29 dicembre 2010, che la violazione concernente l’irregolare assolvimento dell’IVA a causa dell’erronea applicazione del reverse charge si realizza al momento della liquidazione ( mensile o trimestrale) dell’imposta, dato che è in questa fase che il cedente/prestatore (in seguito, il cedente) ed il cessionario procedono erroneamente alla determinazione dell’imposta da assolvere relativa alle operazioni attive. Pertanto, la sanzione sarà commisurata all’importo complessivo dell’imponibile relativo alle operazioni soggette a reverse charge riconducibili a ciascuna liquidazione e con riguardo a ciascun fornitore.
Al fine di evitare l’applicazione delle sanzioni, la stessa disposizione prevede il meccanismo di sanatoria dell’omesso adempimento degli obblighi derivanti dall’applicazione del reverse charge.
Qualora il cedente non abbia adempiuto agli obblighi di fatturazione entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione o abbia inviato una fattura irregolare, il cessionario è tenuto ad informare L’Ufficio competente entro il trentesimo giorno successivo, provvedendo all’ emissione della fattura o alla sua regolarizzazione.
Le sanzioni previste dal comma 9- bis si applicano anche nelle ipotesi di omessa regolarizzazione di operazioni intracomunitarie, sebbene la suddetta procedura di regolarizzazione non sostituisca quella appositamente prevista per le operazioni intracomunitarie.
I nuovi commi 9-bis-1 e 9-bis.2, in precedenza regolati dal comma 9-bis, contemplano ipotesi di irregolare assolvimento del tributo nelle due sue declinazioni: 1) imposta assolta in via ordinaria ma relativa ad un’operazione che deve essere assoggettata al meccanismo dell’inversione contabile; 2) imposta assolta in reverse charge che deve essere assoggettata ad IVA in via ordinaria.
Nel primo caso, sebbene l’operazione sia assolta in modo irregolare, la stessa è comunque effettuata dal cedente, poiché esposta nella fattura regolarmente registrata e confluita poi nella liquidazione di competenza. In questi casi il comma 9-bis.1 prevede che il cessionario non sia tenuto a regolarizzare l’operazione, conservi il diritto alla detrazione e sia punito con una sanzione in misura fissa ( da € 250 ad € 10.000), del cui pagamento è responsabile, in via solidale, anche il cedente.
Nel secondo caso, il comma 9-bis.2 prevede che il cessionario conservi il diritto alla detrazione dell’imposta regolarmente assolta e il cedente, sebbene debitore dell’imposta, non sia obbligato all’assolvimento della stessa e sia punito con una sanzione in misura fissa, del cui pagamento è responsabile, in via solidale, anche il cessionario.
Nei casi di mancata emissione di fattura o di emissione di fattura senza IVA da parte del cedente e di omesso assolvimento dell’imposta tramite il meccanismo del reverse charge da parte del cessionario, trova applicazione, per il cedente, la sanzione ordinaria per la violazione degli obblighi di documentazione e registrazione di operazioni imponibili e, per il cessionario, la sanzione prevista per la mancata regolarizzazione dell’operazione. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’esatto ambito di applicazione del comma 9-bis.2 è da ricondurre ai casi in cui l’imposta è stata erroneamente assolta con il meccanismo dell’inversione contabile a fronte di operazione che, sebbene in astratto siano soggette a questa disciplina, non soddisfano tutte le condizione per l’applicazione della stessa.
La formulazione delle due disposizioni è in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, tra l’altro confermata dalla Cassazione, che, in tema di reverse charge, ha escluso che la violazione degli obblighi formali possa determinare la perdita del diritto alla detrazione.
Per entrambe le disposizioni trova applicazione la più grave sanzione proporzionale nei casi in cui l’applicazione dell’IVA in modo ordinario, anziché con l’inversione contabile, sia stata determinata da una finalità di evasione o frode di cui è provata la consapevolezza dell’altra parte.
L’ultimo dei commi aggiunti con la riforma del 2015, il comma 9-bis.3, prevede una disciplina specifica, a carattere procedurale, per le ipotesi di errata applicazione del meccanismo di inversione contabile ad operazioni esenti, non imponibili o non soggette ad imposta.
In questi casi l’Amministrazione Finanziaria annulla il debito erroneamente computato dal cessionario nelle liquidazioni periodiche e la conseguente detrazione operata, garantendo il diritto a recuperare l’imposta eventualmente non detratta mediante un’apposita richiesta di rimborso o l’emissione di una nota di variazione. Con riferimento alle operazioni inesistenti, per le quali l’IVA è stata assolta con il meccanismo del reverse charge, la norma prevede anche l’irrogazione di una sanzione proporzionale ( dal 5% al 10% dell’imponibile, con un minimo di € 1.000).