Esercizio abusivo di professione: il caso del dietista
Quante volte si sente parlare di esercizio abusivo di professione? Ma, in concreto, in che cosa consiste?
L’art. 348 c.p. dispone che “Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da cento tre euro a cinquecento sedici euro”. Secondo il codice penale, per integrare il reato è necessario non avere l’abilitazione richiesta dallo Stato. Questo può significare, ad esempio, non aver conseguito il titolo di studio o non aver superato l’esame di Stato, richiesto appunto per l’esercizio di quella specifica professione. Anche la mancata iscrizione presso l’albo di riferimento può rappresentarne un esempio. Secondo il codice, sembrerebbe quindi semplice il riconoscimento dell’esercizio abusivo di professione. Ma non è sempre così.
La casistica in materia di esercizio abusivo di professione è ampia. In questa sede, è utile portare uno dei casi più frequenti, che ha condotto la Cassazione Penale a pronunciarsi di recente. Il caso riguarda la professione di dietista e di biologo. Capita spesso, nelle palestre, negli ospedali o nelle cliniche, che ci sia il soggetto formalmente abilitato, e chi, invece, sprovvisto della abilitazione richiesta, non si sottrae dal dispensare consigli alimentari e salutari. Questi soggetti, dal momento che agiscono in buona fede, non si rendono forse conto che il loro comportamento è già sufficiente per integrare il reato di esercizio abusivo di professione. Ma lo è, per il semplice motivo che il lavoro di dietista è pur sempre di natura professionale. Spesso capita, infatti, che questi soggetti si spingano a dare qualche generale informazione sul tipo di dieta tenere, sull’esercizio fisico da compiere, sul tipo di medicinale generico da assumere. Si spingano a raccogliere dati del cliente, realizzando un diario alimentare. In sintesi, si spingono a fornire “schede alimentari personalizzate, con indicazione delle caratteristiche fisiche di ogni cliente e relative valutazioni, diari alimentari, prescrizioni alimentari e revisione delle prescrizioni. Sono tutte attività riservate a biologi o dietisti, a meno di commettere esercizio abusivo della professione”.
Di conseguenza, con sentenza 28 aprile 2017, n. 20281, la Cassazione ha dichiarato che “È abusivo esercizio di una professione, ai sensi dell’art. 348 c.p., chi – non abilitato all’esercizio della professione di dietista o di biologo – prescrive programmi alimentari, elargendo generici consigli alimentari, svolgendo attività di educazione alimentare”. Anche la prescrizione di una scheda alimentare personalizzata, dunque, rientra tra le attività che può compiere solo chi ha titolo di medico dietista o biologo. Il personal trainer o gli altri componenti della palestra, riferendosi al caso di specie, non possono valicare i limiti del loro lavoro.
In conclusione, esistono attività che possono essere poste in essere, in maniera indiscriminata, da diversi professionisti. Ne esistono altre, invece, come “l’individuazione dei bisogni alimentari dell’uomo attraverso schemi fissati per il singolo con rigide previsioni e prescrizioni che al massimo possono competere in via concorrente ad altre categorie professionali per le quali è comunque prescritta l’acquisizione di una specifica abilitazione, quali medici, farmacisti, dietisti” (Cass. pen., 28 aprile 2017, n. 20281). Qualora queste attività vengano compiute da chi non ha l’abilitazione richiesta, allora non potrà che essere integrato l’esercizio abusivo di professione.
Non meno importante, ai fini della integrazione dell’esercizio abusivo di professione, è la tutela nei confronti dell’affidamento dei clienti. Basti considerare che, alla base dell’art. 348 c.p., c’è una ratio particolare. Si intende tutelare l’interesse generale a ricevere una prestazione con competenze tecnica qualificata. E si vuole tutelare, certamente, la salute pubblica. Nel caso di specie, il comportamento dei soggetti non qualificati ha ingenerato “l’oggettiva apparenza della legittimità dello svolgimento di una attività professionale qualificata” ai clienti, ledendo il loro affidamento e, quindi, la ratio sotteso alla norma di riferimento.
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Avvocato penalista, esperta in Scienze Forensi, Vice Responsible dell’area di Criminologia di Ius in Itinere.
Maria Vittoria Maggi nasce a Padova il 29/07/1992.
Dopo un percorso complesso, ma ricco, si laurea in giurisprudenza il 7 dicembre 2016 con voto 110/110, con tesi in procedura penale, dal titolo “L’esame del testimone minorenne”.
Prima della laurea, Maria Vittoria svolge uno stage di sei mesi presso il Tribunale di Trento: i primi tre mesi, svolge mansioni legate alla sistemazione dei fascicoli del giudice e alla citazione di testimoni; per i restanti tre mesi, affianca un magistrato nell’espletamento delle sue funzioni, con particolare riferimento alla scrittura dei capi di imputazione e dei decreti, alla partecipazione alle udienze, alla risoluzione di problematiche giuridiche inerenti a casi in corso di udienza.
Una volta laureata, il 7 febbraio 2017 Maria Vittoria decide di continuare il percorso iniziato in precedenza e, così, diventa tirocinante ex art. 73 d.l. 69/2013 presso il Tribunale di Trento. Durante i 18 mesi previsti di tirocinio , la stessa ha assistito un Giudice Penale partecipando alle udienze e scrivendo le motivazioni delle sentenze.
Contestualmente al primo anno di tirocinio, Maria Vittoria ha voluto approfondire in maniera più seria la sua passione. Ha, così, iniziato un Master di II livello in Scienze Forensi (Criminologia, Investigazione, Security, Intelligence) presso l’università “La Sapienza” di Roma. Ha concluso questo percorso il 16 febbraio 2018, con una votazione di 110/110L e una tesi dal titolo “L’interrogatorio e l’analisi finalizzata all’individuazione del colpevole”.
Una volta concluso anche il tirocinio in Tribunale, Maria Vittoria ha intrapreso la pratica forense presso uno studio legale a Trento, approfondendo il diritto civile. Dal 29 ottobre 2018 si è, quindi, iscritta al Registro dei praticanti dell’Ordine degli Avvocati di Trento. Dopo questa esperienza, nell’ottobre 2019 Maria Vittoria decide di frequentare anche un rinomato studio penale di Trento. Questa frequentazione le permette di completare, a tutto tondo, l’esperienza penalistica iniziata con un Pubblico Ministero, proseguita con un Giudice e conclusa con un avvocato penalista.
Il 23 ottobre 2020, Maria Vittoria si abilita all’esercizio della professione forense. Dal novembre 2020 Maria Vittoria fa, inoltre, parte di LAIC (Laboratorio Avvocati-Investigatori-Criminologi).
Collabora per le aree di Diritto Penale e Criminologia di Ius in itinere.
email: mvittoria.maggi92@gmail.com
Quindi anche un banale consiglio (dato da un PT che in teoria ha studiato le basi dell’alimentazione) come ad esempio “bevi più acqua” dato a una persona che beve mezzo litro al giorno è da considerarsi abuso di professione? (l’esempio ovviamente è estremo per capire fino a che punto arriva questa sentenza). Grazie mille
Se per dare questo consiglio ti fai pagare si, stai abusando di una professione. È qui che sta la differenza! Un conto fare le cose per le quali non chiedi il compenso, un conto chiederlo.