Esiste un diritto alla secessione?
A cura di Claudia Cantone e Mattia Monticelli
I recenti referendum sull’indipendenza (in Iraq il 25 settembre, in Catalogna il 1 Ottobre) hanno portato al centro del dibattito politico e giuridico il tema della separazione. Esiste un diritto alla secessione?
La risposta non è chiara perché, sul punto, il diritto internazionale positivo è ambiguo. Da un lato, infatti, difende gli attuali confini internazionali e l’integrità territoriale degli stati moderni, dall’altro prevede il diritto all’autodeterminazione dei popoli. E’ proprio facendo leva su quest’ultimo principio, codificato nell’art. 1 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, che i movimenti indipendentisti invocano la secessione.
Ciò che, però, non bisogna dimenticare è la genesi del diritto di autodeterminazione, nato nella fase di decolonizzazione per legittimare l’emancipazione degli stati sottoposti a domini coloniali; all’epoca era ampiamente condivisa l’idea che i popoli colonizzati, non avendo un governo rappresentativo dei loro interessi, potessero separarsi dal colonizzatore e formare un nuovo stato indipendente. (1) L’autodeterminazione, quindi, emerge, inizialmente, nella sua accezione c.d. “esterna“.
Terminato il processo di decolonizzazione, si è data una lettura diversa di tale principio, da intendersi come diritto di autodeterminazione “interna“, ovvero la possibilità per ciascun popolo di determinare il proprio “statuto politico” e perseguire “liberamente il proprio sviluppo economico, sociale e culturale”, ma all’interno dei confini dello Stato cui appartengono.
Per questo motivo, oggigiorno, numerosi studiosi della materia ritengono che, al di fuori del contesto coloniale, l’ultima accezione dell’autodeterminazione sia l’unica valida e possibile, non esistendo il diritto per i popoli di separarsi dal proprio paese, minando l’integrità territoriale di uno Stato. Secondo una parte della dottrina minoritaria, invece, sarebbe possibile esercitare la c.d. autodeterminazione esterna solo in alcune circostanze limitate, in via rimediale, come nel caso di uno Stato “oppressore” completamente non rappresentativo degli interessi della propria popolazione.
Sul tema si segnala l’opinione del prof. Theodore Christakis, secondo cui nel diritto internazionale positivo non esiste un diritto alla secessione, al di fuori di due situazioni, ovvero decolonizzazione e occupazione militare. Ma, di contro, la secessione non è neanche proibita, tranne nel caso di aggressione di uno stato (come è avvenuto in Crimea, caso di secessione illegale perché conseguenza di aggressione di Stato terzo). Può, quindi, un popolo, un gruppo etnico tentare di fare una secessione? Secondo il professore, se riesce a stabilire un controllo effettivo e incontestabile sul territorio che reclama, uno Stato potrebbe nascere, ma è un processo complicato.
La questione più che giuridica è politica.
La vera difficoltà dei movimenti indipendentisti è trovare consenso nella comunità internazionale. Nel concreto, infatti, sono i “grandi poteri a riempire il vuoto” (2) lasciato dal diritto internazionale: finiscono per essere gli altri Stati a decidere se e quando un nuovo stato può nascere. Come nel caso del Kosovo, la cui separazione dalla Serbia fu sostenuta e riconosciuta immediatamente da parte dei Paesi NATO, sebbene la Russia, ad oggi, ancora non lo riconosca ancora come stato.
Il diritto internazionale, creato per e dagli Stati, non fa altro che adattarsi alla realtà contemporanea. Ad oggi, la comunità internazionale è restia ad accettare l’idea della creazione di nuove entità statali: nessuno intende dare il via a “precedenti” pericolosi, che alimenterebbero tendenze separatiste e genererebbero, oltre che conflitti, una immensità di micro-nazioni. D’altro canto sorge naturale chiedersi perchè se è stato l’uomo a disegnare i confini, non può essere l’uomo a scegliere di cambiarli?
Laureata con lode e menzione presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli “Federico II”, ha conseguito il dottorato di ricerca in “Internazionalizzazione dei sistemi giuridici e diritti fondamentali” presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. Durante gli anni di formazione, ha periodi di ricerca all’estero presso l’Università di Nantes (Francia), l’Università di Utrecht (Olanda) e il King’s College London (Regno Unito). Avvocato presso lo studio legale “Saccucci & Partners“, specializzato nel contenzioso nazionale e internazionale in diritti umani e diritto penale europeo e internazionale.
Indirizzo mail: claudia.cantone@gmail.com