Il contratto di licenza d’uso del software
Il contratto di licenza d’uso del software
a cura di Sofia Giancone
L’oggetto del contratto
Nell’ambito del diritto dell’informatica e precisamente all’interno della categoria dei contratti informatici[1], il contratto di licenza d’uso del software è un contratto atipico, generalmente a titolo oneroso, che permette al titolare di un software di cederlo in uso a uno o più soggetti per un determinato periodo di tempo trasferendo loro tutti o parte dei propri diritti patrimoniali d’autore[2] (artt. 12 e ss. Legge 22 aprile n. 633/1941 sul diritto d’autore), pur rimanendone egli titolare, atteso che il contenuto del diritto d’autore è analogo a quello di proprietà[3].
Il software rientra a tutti gli effetti nella categoria delle opere dell’ingegno (come disciplinate all’art. 2575 c.c.) e cioè quelle opere a carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia) poiché nel tempo è stato equiparato totalmente ad esse[4]. Pertanto, gode al pari di queste della tutela prevista dalla Legge sul diritto d’autore e successive modifiche.
Ad essere tutelato infatti è lo sforzo creativo ed intellettuale attuato dall’autore per generare il software[5] e l’esigenza necessitata affinché operi la tutela d’autore è proprio l’originalità del programma che non deve avere le stesse caratteristiche di quelli già esistenti ma differire da essi per determinati tratti e funzionalità.
Ciò posto, nell’ambito del contratto di licenza d’uso i diritti esclusivi che l’autore del programma trasferisce al beneficiario sono quelli patrimoniali, ossia i diritti di utilizzazione economica del software oggetto della tutela, sempre trasferibili – differentemente da quelli morali che sono inalienabili[6] – i quali sono precisamente elencati agli artt. 12 e ss. della Legge n. 633/41, e cioè:
- il diritto di pubblicazione, che permette all’autore di portare la propria opera alla conoscenza del pubblico, essendo considerata come prima pubblicazione la prima forma di esercizio del diritto stesso (art. 12 comma 3 LdA);
- il diritto di riproduzione, ossia “la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell’opera, in qualunque modo o forma” (art. 13 LdA);
- il diritto di modificazione e trasformazione e traduzione dell’opera (art. 18 LdA);
- il diritto di distribuzione, e cioè il diritto in capo all’autore di stabilire la modalità con la quale rende accessibile la propria opera al pubblico (art. 17 LdA);
- il diritto di noleggio e prestito, cioè il diritto esclusivo dell’autore di autorizzare la cessione in uso dell’opera per un periodo limitato di tempo per un beneficio economico o commerciale diretto o indiretto (art. 18-bis LdA).
La trasferibilità dei diritti patrimoniali di un’opera intellettuale tutelata dalla L. n. 633/41 è sancita all’art. 107 della stessa legge, il quale dispone espressamente che essi possono essere: “acquistati, alienati o trasmessi in tutti i modi e forme consentiti dalla legge” ed inoltre i diritti patrimoniali sono tra loro indipendenti, come si evince dall’art. 19 della legge sul diritto d’autore che sancisce che l’esercizio di uno di essi non esclude l’esercizio di ciascuno degli altri diritti. Sono, quindi, esercitabili separatamente o congiuntamente e possono avere ad oggetto l’opera nella sua interezza o per parti di essa.
Peraltro il Codice civile all’art. 2581, secondo comma, dispone che qualora il trasferimento dei diritti economici avvenga per atto tra vivi, esso deve essere provato per iscritto, ma senza che tale forma risulti essenziale ai fini della validità della cessione, essendo richiesta ad probationem.
I soggetti coinvolti e le caratteristiche essenziali del contratto
I soggetti coinvolti nella fattispecie del contratto di licenza d’uso del software sono il licenziante (proprietario del software) e il licenziatario (beneficiario della concessione d’uso) e il contratto consente alle parti di definire le condizioni di utilizzo del programma e regolare gli aspetti del rapporto che si andrà a creare facendo luce su quelli più tecnici e complessi.
Per fare un esempio pratico si può pensare al caso di un imprenditore che voglia innovare la propria azienda avvalendosi di un software gestionale di una società di sviluppo software (c.d. software house), in grado di velocizzare alcuni processi lavorativi che svolge quotidianamente insieme al proprio team e sia intenzionato ad offrire ai clienti servizi più efficienti. In tal caso l’accordo di licenza vedrà la società di sviluppo software in qualità di licenziante/fornitrice del software e l’imprenditore in qualità di licenziatario/beneficiario dell’uso di esso.
Con riguardo ai motivi alla base della stipula del contratto, se il vantaggio del licenziatario è la digitalizzazione della propria azienda grazie all’utilizzo del software; i vantaggi per il licenziante sono legati all’opportunità di accedere ad una platea di utenti interessati al software così da farsi riconoscere sul mercato, oltre alla possibilità di ottenere un riscontro economico dalla distribuzione del proprio programma.
Uno degli aspetti essenziali del contratto di licenza è che con la sottoscrizione di esso il software non viene venduto al licenziatario, come invece avviene con il contratto di cessione del software[7], che consiste sostanzialmente in una compravendita.
La differenza tra le due tipologie di contratti risiede nel fatto che – in caso di cessione – l’acquirente ottiene tutti i diritti patrimoniali sul software ed anche il codice sorgente[8], dunque sarà libero di disporne secondo la propria volontà. Il contratto di licenza, invece, permette al licenziatario di ottenere solo alcuni dei diritti d’uso a determinate condizioni e limitazioni – temporali e sostanziali – imposte dal licenziante, che rimane proprietario del software.
Per condizioni e limitazioni d’uso si intende ad esempio il periodo di tempo stabilito entro cui il licenziatario può godere dell’utilizzo del software; inoltre, sussiste il limite sostanziale per cui la semplice licenza d’uso non permette al licenziatario di venire a conoscenza del codice sorgente del software, da ciò derivando che egli non potrà modificarlo, implementarlo o migliorarlo; o ancora, possono essere previsti altri limiti sostanziali – variabili a seconda del caso concreto – che il licenziante può imporre in ordine ad un numero massimo di copie effettuabili o un numero massimo di installazioni del software eseguibili su dispositivi.
Oltre alla durata della licenza, alla decorrenza degli effetti di essa e alle condizioni d’uso del programma occorrerà che nel contratto siano ben definiti:
- la natura della licenza d’uso: ad es. licenza d’uso proprietaria o licenza open source (il cui significato letterale è “a codice aperto” [9]) laddove con la prima il licenziante concede al licenziatario il solo utilizzo del software per un periodo di tempo; mentre con la seconda concede non solo l’utilizzo ma anche la possibilità di modificarlo, migliorarlo e in alcuni casi cederlo a terzi;
- i diritti, gli obblighi e le responsabilità in capo al licenziante e al licenziatario;
- il canone d’uso del software, periodico o annuale;
- la facoltà di esercizio (completo o parziale) di eventuali servizi accessori da utilizzare unitamente al software.
Molto spesso il contratto di licenza ha ad oggetto software “standard” ossia già esistenti e disponibili sul mercato e non creati ad hoc per utenti specifici, i quali, in base ad esigenze precise, saranno portati a richiedere non una licenza semplice quanto piuttosto un software personalizzato, per il quale è sempre necessario uno sviluppo preordinato. Dunque la tipologia di software ceduto in licenza dipenderà dalle esigenze individuali del licenziatario[10].
Per quanto riguarda la forma del contratto, questo si conclude in forma scritta[11] (rendendo così agevole l’adempimento dell’onere probatorio in sede giudiziale – come prescritto dall’art. 110 l. n. 633/41 – oltre che semplice l’eventuale registrazione del programma nel Registro Pubblico Speciale per Programmi di Elaborazione[12] presso la SIAE – Società Italiana Autori ed Editori) a seguito di una fase negoziale tra le parti; o senza tale fase qualora il licenziante si avvalga di contratti già predisposti per un numero indefinito di stipule (art. 1342 c.c.[13]) e l’utente si limiti ad aderirvi; o ancora mediante la sottoscrizione di accordi online[14].
Ciò posto, qualora le condizioni siano state predisposte ab origine dal solo licenziante è importante la riconoscibilità delle eventuali clausole vessatorie ai sensi dell’art. 1341 c.c.[15] Peraltro per la riconoscibilità nel tempo della paternità del programma è importante che esso riporti un numero identificativo o che comunque ne sia sempre rintracciabile l’origine[16].
Esistono vari tipi di licenza in ragione della molteplicità e varietà delle esigenze da tutelare, ma in generale si può parlare di:
- licenza esclusiva: con cui un solo licenziatario può ottenere il diritto di utilizzare il software e non anche il licenziante, che vi rinuncia temporaneamente e pertanto per tutta la durata del contratto solo il licenziatario godrà del bene;
- licenza non esclusiva: con cui si disciplina che una pluralità di licenziatari ed anche il licenziante possono goderne;
- licenza unica: con cui sia il licenziatario sia il licenziante possono goderne[17].
Esistono poi licenze che fungono da prova per il licenziatario (c.d. trial license), il quale può scaricare il software senza dover apporre alcuna firma e utilizzarlo per un determinato periodo di tempo, alla scadenza del quale valuterà se acquistarlo o meno[18].
In generale, comunque – qualunque sia il tipo di licenza oggetto dell’accordo – l’utente finale deve sempre aver cura di leggere attentamente i termini e le condizioni di esso prima di aderirvi e procedere all’installazione del software sul proprio hardware, così da conoscerne gli aspetti e non incappare, anche inconsapevolmente, in violazioni dei c.d. diritti di privativa[19], cioè i diritti di utilizzazione esclusiva del titolare sul software.
Un’ipotesi di violazione dei diritti esclusivi.
Spostando l’attenzione su una possibile ipotesi di violazione dei diritti esclusivi del titolare, è interessante analizzare il tema della trasferibilità della licenza di un software aziendale in caso di cessione di ramo d’azienda, su cui si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza del 2011[20].
La pronuncia della Suprema Corte ha chiarito che: “la licenza d’uso di un software trasferita dal titolare – che ne ha un diritto personale ed esclusivo – a favore di un’impresa il cui ramo d’azienda sia successivamente ceduto a terzi, rientra tra i contratti nei quali può subentrare l’acquirente dell’azienda, ma solo a condizione che ciò sia espressamente pattuito tra il titolare del diritto ed il suo contraente licenziatario e non ai sensi dell’art. 2558 c.c.”.
Infatti l’art. 2558 c.c., primo comma, in tema di successione nei contratti, dispone che: “se non è pattuito diversamente l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale”.
A fronte di ciò, la Corte di Cassazione ha statuito che il carattere personale dei diritti sul software, legato all’inventiva, implica il pieno dominio del titolare anche nella determinazione dell’uso da parte dei terzi, salvo una diversa pattuizione tra le parti.
Dunque alla luce della particolarità di tali diritti è previsto che la trasferibilità di essi in caso di cessione di ramo d’azienda a terzi non sia automatica né necessariamente contestuale a detta cessione, dal momento che si rende necessario il consenso espresso del titolare dell’opera. Ne consegue che se si ammettesse il contrario, potrebbero violarsi i diritti esclusivi del titolare del software potendo il trasgressore subire le relative conseguenze sul piano giudiziale.
In conclusione, per scongiurare ogni eventuale contrasto è essenziale che siano chiare sin da subito le esigenze delle parti ed in seguito tutti gli aspetti del rapporto. Da qui la convenienza di una contrattazione in cui le esigenze e le necessità dei soggetti coinvolti siano state regolamentate ed espressamente accettate. Tale convenienza emerge sia quando il titolare del software ne gestisca da solo la distribuzione, sia quando questa venga gestita con l’ausilio di un intermediario che abbia svolto in favore delle parti una consulenza preventiva.
[1] Ovvero quei contratti che permettono la fornitura, la vendita e lo scambio di beni e servizi informatici. M. Ricolfi, “i contratti dell’informatica”, 1998.
[2] Il software, o programma per elaboratore, è tutelato nel nostro ordinamento dalla legge sul diritto d’autore, dalla quale discendono diritti morali e diritti patrimoniali in capo al programmatore, il quale è libero di distribuire, mediante licenze, cessioni, noleggi, il proprio software a determinate condizioni. I diritti patrimoniali d’autore sono quelli trasferibili, a differenza di quelli morali che permangono in capo al titolare anche in caso di cessione del programma e grazie ai quali egli può rivendicare la paternità della propria opera nei confronti di chiunque. I diritti patrimoniali sono disciplinati agli artt. 12 e ss. della legge sul diritto d’autore e all’art. 2577 c.c. e sono legati all’utilizzazione economica del programma, tra cui: la riproduzione, la diffusione, la distribuzione, il noleggio, la traduzione. Da G. F. Campobasso, “Manuale di diritto commerciale”, 2016; A. Torrente, P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, 2019.
[3] A tal riguardo l’art. 2577 c.c. dispone che:” L’autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera e di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge. L’autore, anche dopo la cessione dei diritti previsti dal comma precedente, può rivendicare la paternità dell’opera e può opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione dell’opera stessa, che possa essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione”.
[4] Come da direttiva comunitaria 91/250/CEE.
[5] Difatti la Legge n. 633/41 ha esteso ai programmi per elaboratore la protezione assicurata alle opere dell’ingegno di carattere creativo, a condizione che essi siano originali, cioè siano il risultato di una creazione intellettuale dell’autore. In particolare la legge, al comma 8 dell’art. 2, protegge: “i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso”.
[6] Artt. 20 e 24; artt. 12 e ss. L. n. 633/1941.
[7] P. G. Casali, “I contratti di fornitura di software: qualificazione, adempimento, responsabilità’ e garanzie”, www.blog.ilcaso.it, aprile 2019.
[8] Per codice sorgente si intende il linguaggio utilizzato dal programmatore per creare il software – di cui rimane proprietario salvo diversa pattuizione con il contraente – e che costituisce la forma espressiva del software. Differisce dal codice oggetto che è il linguaggio della macchina digitale (in bit), la quale trasforma automaticamente il codice sorgente e lo rende elaborabile. Da R. Borruso, “la tutela giuridica del software”, 1999.
[9] L. Chimienti in “Lineamenti del nuovo diritto d’autore”, 2002.
[10] G. Fioriglio, “Contratto di licenza d’uso di software: la consulenza legale è ancora necessaria?”, www.dirittodellinformatica.it, dicembre 2014.
[11] Ai sensi dell’art. 2581 c.c. secondo comma il quale dispone che “il trasferimento per atto tra vivi dei diritti di utilizzazione economica deve essere provato per iscritto”.
[12] Istituito con l’art. 6 del D. Lgs 518/1992 e la registrazione del bene immateriale farà fede fino a prova contraria e ne attesta la sua esistenza e la sua pubblicazione.
[13] Il quale disciplina i contratti conclusi mediante moduli o formulari e dispone che: “Nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario dalle parti prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate”.
[14] Da M. Maggi, “Il contratto online: basta il point and click?”, www.diritto24.ilsole24ore.com, settembre 2013.
[15] Infatti, come disposto dall’art. 1341 c.c. primo comma: “le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza”. Ciò in ragione della loro idoneità a sbilanciare il sinallagma contrattuale poiché predisposte unilateralmente da una delle parti.
[16] G. F. Campobasso, “Manuale di diritto Commerciale”, edizione 2016.
[17] Da La licenza esclusiva e la licenza non esclusiva, www.ilpuntocartesiano.it
[18] Da “Il contratto di licenza software”, www.ufficiobrevetti.it
[19] Da D. Folesani, E. Vianello, “Contratti di licenza dei diritti di proprietà industriale”, Modello Commentato, 2016.
[20] Cassazione Civile, sentenza n. 16041/2011, consultabile qui: http://www.gadit.it/articolo/37458
Avvocato e Dottoranda di Ricerca in diritto privato presso l’Università Tor Vergata – Roma
Sofia Giancone fa parte di Ius In Itinere da maggio 2020.
Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza nel 2019 con Lode presso l’Università di Roma Tor Vergata, discutendo la tesi in Diritto Commerciale dal titolo: “Il software: profili strutturali, tutela giuridica e prospettive”.
Ha svolto la pratica forense in ambito civile e il tirocinio formativo in magistratura ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Corte d’appello civile di Roma.
Successivamente ha approfondito i temi legati all’IP & IT e si è specializzata in Tech Law & Digital Transformation con TopLegal Academy.
Si è occupata di consulenza e assistenza legale nell’ambito del Venture Building, innovazione e startup, contrattualistica di impresa.
Ad ottobre 2022 ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense e ad oggi esercita la professione di Avvocato.
Dal 2022 svolge inoltre il Dottorato di ricerca in diritto privato presso l’Università di Roma Tor Vergata.
Profilo LinkedIn: linkedin.com/in/sofia-giancone-38b8b7196