giovedì, Marzo 28, 2024
Uncategorized

Il destino dei contratti al tempo del Covid-19

Pacta sunt servanda: i patti devono essere osservati.

Benvero, secondo alcuni studiosi[1]: “una volta concluso, il contaratto getta un vincolo sopra le parti, le «impegna», nel senso che esse non possono più sottrarsi ai suoi effetti, i quali a questo punto si producono, piaccia o non piaccia alle parti“.

Tuttavia, l’intangibilità degli obblighi contrattuali si affievolisce allorché conoscano insorgenza eventi imponderabili idonei a cagionare uno stravolgimento dell’originario assetto di equilibrio.

In rilievo sono finiti i contratti di locazione commerciale che, per la loro natura sinallagmatica quanto per la loro rilevanza socio-economica, hanno risentito maggiormente degli effetti delle chiusure prodotte dalle misure emergenziali conseguenti alla diffusione del Covid-19.

Il rapporto sinallagmatico trova la sua origine nell’art. 1571 del Codice Civile, il quale prevede che: “la locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo”.

E, dunque, se ci trovassimo nel caso di mancato godimento del bene per causa non imputabile al locatore, bensì, come nel caso de quo, a eventi di forza maggiore, quale sorte conoscerebbe tale negozio giuridico?

Ebbene, il nostro ordinamento prevede una pluralità di strumenti preordinati al fine di riequilibrare quella corrispettività che caratterizza il sinallagma.

1) Art. 1256 Codice Civile. Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea.

L’articolo in epigrafe esordisce: “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”.

Una pericope di un pronunciato della Cassazione – Cass. civ. sez. II, sentenza n. 25777 del 15/11/2013 – è oltremodo luminosa circa la definizione della nozione di impossibilità di cui al primo comma: “In materia di obbligazioni pecuniarie, l’impossibilità della prestazione deve consistere, ai fini dell’esonero da responsabilità del debitore, non in una mera difficoltà, ma in un impedimento obiettivo ed assoluto che non possa essere rimosso, non potendosi ravvisare nella mera impotenza economica derivante dall’inadempimento di un terzo nell’ambito di un diverso rapporto[2].

Tuttavia, per il caso che ci occupa risulta essere più pertinente il secondo comma dell’articolo in esame, il quale, giustappunto, specifica: “Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura,non è responsabile del ritardo nell’adempimento.

Indi, è dato rinvenire un’indole di impossibilità – quella temporanea – che non è da considerarsi causativa di scenari risolutivi.

Invero, la liberazione del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione può esservi soltanto ove concorrano elementi obiettivi.

Inoltre, i cd. “factum principis”, ovvero quelle circostanze improvvise dovute adivieti sopravvenuti dell’autorità amministrativa dettati da interessi generali (e che rendono impossibile la prestazione), rappresentano, evidentemente, una esimente alla condotta dell’obbligato, il quale non potrà essere ritenuto responsabile del ritardo dell’adempimento.

Tuttavia, è bene sottolineare che il disposto sospende soltanto i tempi dell’adempimento, non potendo il debitore appellarsi neppure ad una diversa situazione economica causata dai divieti imposti dall’autorità.

2) Art. 1467 Codice Civile. Contratto con prestazioni corrispettive.

Prima facie, anche l’art. 1467 c.c.appare foriero di una soluzione per il caso che ci interessa.

Difatti il prefato articolo, al 1° comma prevede che: Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto…”.

In alternativa alla risoluzione, ai fini della sopravvivenza del rapporto contrattuale, è possibile procedere nel solco di quanto previsto dal terzo comma della disposizione in esameove è previsto che: “La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.”.

Evidentemente, la possibilità di risolvere il contratto a causa di un’eccessiva onerosità, legata ad eventi eccezionali ed imponderabili, è appannaggio del conduttore, parte debole del contratto.

Al locatore, dal suo canto, non resta che proporre una modifica delle condizioni del contratto.

Si precisa altresì che, in materia di contratti con prestazioni corrispettive, l’art. 1463 c.c.preclude alla parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione la possibilità di esigere la controprestazione, in conformità del brocardo inadimplenti non est adimplendum, che, per l’appunto, sovraintende all’andamento sinallagmatico del contratto.

All’uopo, appare evidente che al fine di potersi avvalere di una risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione è necessario che si determini un onere patrimoniale che alteri il nativo rapporto di equivalenza, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all’altra, ovvero facendo diminuire o cessare l’utilità della controprestazione.

Va da sé, dunque, che la domanda di risoluzione di un contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione necessita di una corretta verifica del fatto determinante l’alterazione e l’assoluta imprevedibilità delle condizioni originarie del negozio.

2.1) Rinegoziazione delle clausole del contratto

Il precedente disposto non può essere letto senza valutazione di un combinato degli artt. 1374 e 1375c.c.i quali assoggettano l’adempimento del contratto alla buona fede e “a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità”.

In effetti, è la buona fede, principio solidaristico che impronta ogni rapporto contrattuale, ad ispirare una rivisitazione pattizia nell’eventualità in cui intervengano situazioni eccezionali ed imprevedibili.

Il disposto in esame è denotativo della volontà del legislatore di determinare una permeabilità delle prestazioni contrattuali ad eventuali circostanze straordinarie le quali, per l’appunto, andrebbero a legittimare una ridefinizione del tenore degli obblighi delle parti.

La possibilità di “modificare” in itinerelo squilibrio sopravvenuto tra le prestazioni si rende inevitabile in casi come quello contingente, nella misura in cui permette di scongiurare una risoluzione del contratto attraverso una sua manutenzione in chiave equitativa.

2.2) Art. 1175 Codice Civile. Comportamento secondo correttezza

Il parametro della buona fede permea l’intera vita del rapporto contrattuale a decorrere dalla fase delle negoziazioni. Esso, secondo l’opinione prevalente in dottrina e giurisprudenza, è costitutivo di “un criterio regolatore, integrativo o interpretativo di obblighi previsti da disposizioni di legge, ma non è in sé fonte di obblighi negoziali nuovi e diversi rispetto a quelli già introdotti dal legislatore[3].”.

L’art. 1175 prevede espressamente che: “Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza”.

Sulla scorta di tale parametro, ragionevolmente sussiste l’aspettativa che il creditore abbia dei contegni che si allineino alla contingenza improvvisamente insorta e causativa dello squilibrio contrattuale.

3) Dunque, concludendo

La presa di coscienza della sopravvenuta emergenza deve fungere da ammonimento a soluzioni che si armonizzino con i principi di buona fede e correttezza contrattuale che permeano il nostro Codice Civile; deve, cioè, auspicabilmente condurre ad una rivisitazione delle clausole e delle condizioni contrattuali di guisa da favorire il superamento delle numerose difficoltà sottese al periodo emergenziale, e ripristinare l’equilibrio contrattuale. Ciò, anche allo scopo di salvaguardare l’equilibrio socio-economico messo in pericolo dall’attuale emergenza.

Riepilogando, ogni valutazione degli effetti giuridici del COVID-19 viene rimandata all’esame del caso specifico, tenendo conto di una molteplicità di variabili che si contrappongono tra loro ma che debbono trovare, nella loro complessità, una soluzione che possa riequilibrare le posizioni delle parti contrattuali.

[1]V. RoppoDiritto privato, 2010

[2]Giustizia Civile, Massimario 2013

[3]P. Serrao d’Aquino, “Call – Diritto, diritti ed emergenza ai tempi del coronavirus

Lascia un commento