L’interrogatorio: i fattori che incidono sulla sua buona condotta e sulla sua efficacia
L’interrogatorio, in generale, è “un processo di valutazione di un sospetto […], attraverso la proposta di opportune domande, al fine di trarre informazioni o correlare evidenze che possano essere utilizzate per la soluzione di un delitto”[1].
Nella disciplina giuridica italiana, l’interrogatorio è l’atto tipico con il quale il Pubblico Ministero e il Giudice acquisiscono dal presunto colpevole informazioni relative al reato commesso e al suo possibile coinvolgimento. L’attore principale su cui confluiscono le indagini è, quindi, la persona indagata. L’indagato può essere interrogato sia dal Giudice, ad esempio ex artt. 294 e 421, c. 2 c.p.p.; sia dal Pubblico Ministero, ex art. 375, co. 3, c.p.p.. È possibile che tale atto venga delegato dal Pubblico Ministero alla Polizia Giudiziaria[2], i cui agenti per primi porranno domande all’indagato, sempre nel rispetto delle garanzie difensive (art 350 c.p.p.).
L’interrogatorio deve essere condotto rispettando le garanzie previste per legge. In questa sede, si fa riferimento agli articoli 64 e 65 del codice di procedura penale, i quali tutelano l’indagato, facendo assumere all’interrogatorio la veste tipica di strumento di difesa. In sintesi, questi articoli garantiscono la libertà morale e di autodeterminazione dell’interrogato, insieme all’art. 188 c.p.p. che vieta l’utilizzo di metodi o tecniche che influenzino la capacità di autodeterminarsi o di ricordare i fatti.
La buona conduzione dell’interrogatorio è un elemento imprescindibile per renderlo realmente efficace. Realizzare un interrogatorio adeguato, però, non è un lavoro semplice. Diversi fattori, infatti, giocano un ruolo importante e influiscono sull’obiettivo finale.
L’atteggiamento di chi conduce l’interrogatorio e la conseguente interazione interrogato-interrogante, ad esempio, diventano cruciali per evitare, da una parte, l’inquinamento della fonte di prova; dall’altra, per evitare “traumi” dal punto di vista psicologico. Per realizzare una adeguata interazione con l’interrogato, si possono seguire alcune linee guide, utili in generale ogniqualvolta si deve sentire qualcuno, sospettato o testimone che sia (anche testimoni vulnerabili, come i minorenni), in quanto disegnano una struttura in grado di porre un terreno fertile per il proseguo delle indagini. La struttura disegnata da queste linee guida può fornire all’investigatore un pattern importante da seguire per creare un buon rapporto con l’indagato-imputato e per metterlo nelle migliori condizioni per fornire informazioni sull’evento oggetto di indagine.
Un altro fattore di grande rilevanza che serve per mettere a suo agio l’intervistato, per trovare la tecnica giusta per farlo sentire libero e non preoccupato di parlare è possedere indicazioni precise su colui che si ritiene essere il colpevole. Si tratta di informazioni che vanno acquisite preliminarmente all’inizio dell’interrogatorio, ma non sono solo quelle afferenti alla sua storia giuridica (es.: precedenti penali). Si tratta, soprattutto, di informazioni relative alla sua storia personale. La conoscenza di chi è, della sua intelligenza, del suo lavoro, delle sue abitudini, di chi frequenta, del suo modus operandi, della vittima che ha colpito costituiscono un quid pluris nella scelta delle strategie da utilizzare, dall’inizio alla fine del colloquio investigativo[3].
Infine, esiste un altro fattore che influisce sulla buona conduzione del colloquio. Chiunque si approcci all’interrogatorio è bene che conosca le regole generali della conversazione. Una delle regole fondamentali è sapere che quando si parla si dice molto di più di quello che si pensa di dire, in quanto intervengono elementi, di ordine psicologico e comportamentale, di cui il soggetto che parla non si rende conto, ma che vengono percepiti dall’interlocutore. Conoscere quegli elementi, quindi, vuol dire sia saperli gestire, sia saperli vedere, riconoscere, analizzare e capire.
In conclusione, l’esperienza pratica, l’esperienza teorica, il compimento di una buona attività investigativa e la conseguente conoscenza della personalità del sospettato, l’instaurazione di un buon rapporto tra interrogato e interrogante e, infine, la conoscenza della sua storia personale sono le basi per realizzare un interrogatorio capace di ottenere un risultato positivo.
[1] M. Picozzi, A. Zappalà, L’apporto del criminal profiling, p. 327.
[2] La possibilità di delega è prevista dall’art. 370, co. 1, c.p.p.
[3] In caso di crimine violento, si ritiene ad esempio che conoscere le caratteristiche dell’omicida possa indirizzare meglio il susseguirsi dell’interrogatorio. Sapere, cioè, sé rientra nella categoria di “organizzato” o “disorganizzato” può effettivamente essere utile per la scelta delle modalità di approccio e di interrogatorio. Per un maggior approfondimento vedi: M. Picozzi, A. Zappalà, L’apporto del criminal profiling, p. 340-342.
Fonte immagine: projectojusticia.org
Avvocato penalista, esperta in Scienze Forensi, Vice Responsible dell’area di Criminologia di Ius in Itinere.
Maria Vittoria Maggi nasce a Padova il 29/07/1992.
Dopo un percorso complesso, ma ricco, si laurea in giurisprudenza il 7 dicembre 2016 con voto 110/110, con tesi in procedura penale, dal titolo “L’esame del testimone minorenne”.
Prima della laurea, Maria Vittoria svolge uno stage di sei mesi presso il Tribunale di Trento: i primi tre mesi, svolge mansioni legate alla sistemazione dei fascicoli del giudice e alla citazione di testimoni; per i restanti tre mesi, affianca un magistrato nell’espletamento delle sue funzioni, con particolare riferimento alla scrittura dei capi di imputazione e dei decreti, alla partecipazione alle udienze, alla risoluzione di problematiche giuridiche inerenti a casi in corso di udienza.
Una volta laureata, il 7 febbraio 2017 Maria Vittoria decide di continuare il percorso iniziato in precedenza e, così, diventa tirocinante ex art. 73 d.l. 69/2013 presso il Tribunale di Trento. Durante i 18 mesi previsti di tirocinio , la stessa ha assistito un Giudice Penale partecipando alle udienze e scrivendo le motivazioni delle sentenze.
Contestualmente al primo anno di tirocinio, Maria Vittoria ha voluto approfondire in maniera più seria la sua passione. Ha, così, iniziato un Master di II livello in Scienze Forensi (Criminologia, Investigazione, Security, Intelligence) presso l’università “La Sapienza” di Roma. Ha concluso questo percorso il 16 febbraio 2018, con una votazione di 110/110L e una tesi dal titolo “L’interrogatorio e l’analisi finalizzata all’individuazione del colpevole”.
Una volta concluso anche il tirocinio in Tribunale, Maria Vittoria ha intrapreso la pratica forense presso uno studio legale a Trento, approfondendo il diritto civile. Dal 29 ottobre 2018 si è, quindi, iscritta al Registro dei praticanti dell’Ordine degli Avvocati di Trento. Dopo questa esperienza, nell’ottobre 2019 Maria Vittoria decide di frequentare anche un rinomato studio penale di Trento. Questa frequentazione le permette di completare, a tutto tondo, l’esperienza penalistica iniziata con un Pubblico Ministero, proseguita con un Giudice e conclusa con un avvocato penalista.
Il 23 ottobre 2020, Maria Vittoria si abilita all’esercizio della professione forense. Dal novembre 2020 Maria Vittoria fa, inoltre, parte di LAIC (Laboratorio Avvocati-Investigatori-Criminologi).
Collabora per le aree di Diritto Penale e Criminologia di Ius in itinere.
email: mvittoria.maggi92@gmail.com