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La FIGC è tenuta al rispetto del Codice degli Appalti: la pronuncia del TAR Lazio

Le federazioni sportive (in particolare la FIGC) devono essere considerate organismi di diritto pubblico ed in quanto tali sono sottoposte, in via generale, ai principi delle procedure ad evidenza pubblica e, in particolare, al regime contemplato dal Codice degli Appalti[1].

E’ questa l’importante ed innovativa conclusione[2] a cui è giunto il TAR Lazio in una recente sentenza[3] a seguito di un’approfondita e scrupolosa analisi della natura giuridica delle Federazioni sportive.

Il contenzioso amministrativo alla base della pronuncia trae origine dalla “Procedura Negoziata plurima per l’affidamento dei servizi di trasporto e facchinaggio” da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa bandita dalla FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) nel dicembre del 2016.

In quell’occasione la Federazione ha invitato diverse società, tra cui la De Vellis Servizi Globali S.r.l. (odierna ricorrente) a formulare la propria offerta secondo le modalità previste dal Portale Acquisti FIGC.

Successivamente (nel marzo 2017) la concorrente de qua riceveva una missiva con la quale la stazione appaltante, nel comunicare che la società era risultata tra le prime due in graduatoria all’esito della prima fase a mezzo Portale FIGC, la convocava presso gli Uffici della Federazione per la seconda fase di negoziazione.

Quindi, non avendo avuto notizie dell’esito di tale seconda fase, la ricorrente invitava, con nota del 6 giugno 2017, la Federazione a “voler comunicare in via ufficiale” lo stato e l’esito dell’iter selettivo” evidenziando in ogni caso che “nell’esperimento della procedura in parola non erano stati rispettati i principi e le regole poste dall’ordinamento giuridico in materia di pubblicità delle sedute di gara e di conservazione dei plichi.

Successivamente, con mail del giugno 2017, la Stazione appaltante rendeva noto che l’offerta formulata dalla società non aveva avuto successo.

Tutto ciò, ovviamente, ha spinto la società De Vellis a proporre ricorso innanzi al TAR Lazio per ottenere l’annullamento dell’ultima comunicazione ricevuta dalla Federazione e di tutti i presupposti atti della procedura.

Tra le doglianze della ricorrente figuravano, in particolare, la violazione degli artt. 1 e 3 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 ed in generale la violazione dei principi e delle norme in materia di evidenza pubblica, dei principi di imparzialità, buon andamento e correttezza dell’azione amministrativa, difetto di istruttoria, contraddittorietà, travisamento e sviamento al cui rispetto la FIGC era tenuta in quanto organismo pubblico[4].

La FIGC si difendeva eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito in conseguenza della natura di associazione di diritto privato della Federazione.

Secondo i giudici punto di partenza imprescindibile per una corretta disamina della questione è l’articolo 3 del D.Lgs. 50/2016 che dopo aver incluso alla lettera a) tra le amministrazioni aggiudicatrici anche gli organismi di diritto pubblico, specifica nella successiva lettera d) i tre requisiti che consentono di attribuire tale natura giuridica; si deve trattare, in particolare, di enti:

  1. istituiti per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;
  2. dotati di personalità giuridica;
  3. le cui attività siano controllate o finanziate, in modo maggioritario dallo Stato, enti pubblici territoriali ed economici ovvero altri organismi di diritto pubblico; oppure ancora i cui organi di amministrazione, direzione o vigilanza siano costituiti da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, entri pubblici territoriali ed economici o altri organismi di diritto pubblico.

Ciò premesso, il TAR , servendosi della disciplina contemplata dal D.Lgs. 242/1999[5], ha evidenziato i tratti distintivi delle federazioni sportive nazionali, giungendo a ricostruirne la natura di associazioni con personalità giuridica di diritto privato senza fini di lucro alle quali sono assegnate funzioni di rilievo pubblicistico individuate dall’articolo 23 dello Statuto del CONI[6].

Le Federazioni sportive sono istituzionalmente deputate allo svolgimento delle funzioni di cui all’articolo 23, di modo che la connotazione privatistica della forma associativa dalle stesse rivestita convive, per definizione, con la valenza pubblicistica di parte delle attività svolte.

Risulta, dunque, per espressa dizione legislativa, sussistente sia  il requisito (richiesto per la configurabilità dell’organismo di diritto pubblico) della personalità giuridica che l’ulteriore requisito del soddisfacimento di esigenze di interesse generale, avente carattere non industriale o commerciale.

A questo punto i giudici si concentrano sulla sussistenza  del terzo requisito di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 50/2016 che prevede, in alternativa, il finanziamento in misura maggioritaria delle attività da parte dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico, oppure il controllo, da parte dei medesimi enti sulla gestione, anche nella forma della designazione diretta dei componenti degli organi di amministrazione, direzione o vigilanza.

Nel caso di specie è incontestato che non si versi nell’ipotesi del finanziamento maggioritario di provenienza pubblica, in quanto il finanziamento in favore della FIGC da parte del CONI è inferiore al 50% dei fondi dalla stessa posseduti.

Va quindi esaminato il controllo effettuato da quest’ultimo ente sulla federazione che secondo il Giudice Amministrativo non può assolutamente essere messo in dubbio.

In forza dello Statuto del CONI (esattamente di quanto disposto all’art. 20, comma 4) le federazioni sportive sono tenute, comunque, a svolgere le proprie attività associative in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI, e che, soprattutto, nel sistema delle fonti dell’ordinamento sportivo le federazioni nazionali, sebbene dotate di autonomia tecnica, organizzativa e di gestione,  sono sempre sottoposte alla vigilanza del Comitato Olimpico Nazionale Italiano.

Il TAR Lazio non ha potuto far a meno di osservare come, oltre ai già rilevanti compiti di vigilanza, il CONI esercita (in base al proprio Statuto) anche dei significativi poteri di controllo sulle federazioni, a cominciare dalla verifica dei requisiti per il riconoscimento della personalità giuridica, passando per l’approvazione annuale dei bilanci delle federazioni, sino alla stessa approvazione degli statuti di cui ogni singola  federazione sportiva si dota.

Per queste ragioni risulta evidente che il controllo esercitato dal CONI sulla FIGC si concretizzi: ‹‹nella titolarità di poteri salienti nella vita e nell’attività […] della FIGC, a cominciare dal riconoscimento […] per continuare con l’approvazione dello statuto e del bilancio […] fino alla verifica complessiva in ordine allo svolgimento dell’attività di promozione sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI. Il complesso di tali poteri deve ritenersi integrante il contenuto della nozione comunitaria di controllo, recepita dal legislatore nazionale nel disciplinare la figura dell’organismo di diritto pubblico».

A ben vedere sussistono tutti i requisiti contemplati dal Codice degli Appalti per la configurabilità della FIGC come organismo di diritto pubblico e, dunque, la consequenziale estensione della qualifica di amministrazione aggiudicatrice ai fini dell’applicazione del Codice stesso[7].

Il TAR Lazio, a questo punto, pur avendo risolto la questione inerente la natura giuridica delle Federazioni sportive, per fugare ogni dubbio, si spinge oltre e dimostra come, anche prescindendo dal riconoscimento della natura di organismo di diritto pubblico delle federazioni sportive, la giurisdizione amministrativa e la sottoposizione dell’attività contrattuale delle stesse alle regole di evidenza pubblica non siano in discussione.

In particolare viene richiamata una risalente e consolidata giurisprudenza amministrativa in cui è stato affermato che «la licitazione privata con cui la FIGC sceglie il contraente di un contratto atipico di sponsorizzazione della squadra nazionale di calcio [che] non costituisce una fase della c.d. vita interna della Federazione ma rappresenta il momento in cui questa, come organo del Coni, disciplina interessi fondamentali, strettamente connessi con l’attività sportiva con la conseguenza che la giurisdizione sull’eventuale controversia nascente da tale situazione deve essere riconosciuta al Giudice Amministrativo[8]››.

Anche volendo aderire a questa seconda tesi secondo la quale le Federazioni sportive sarebbero assoggettate alle regole di evidenza pubblica ed alla giurisdizione del giudice amministrativo soltanto ove svolgano attività a valenza pubblicistica[9] si perverrebbe, comunque, alla medesima soluzione nel caso in esame; la gara indetta dalla FIGC ha, infatti, ad oggetto servizi (trasporto e facchinaggio da effettuare, oltre che presso le sedi federali di Roma, in occasione delle trasferte delle Squadre Nazionali, in Italia e all’estero) che non attengono unicamente alla vicenda della vita interna dell’ente  (come sarebbe accaduto ad esempio nel caso dell’affidamento del servizio di pulizia delle sedi della Federazione) ma sono anche strumentalmente connessi alle funzioni pubblicistiche alla stessa rimesse e finalizzate a soddisfare esigenze di carattere generale.

Per tutte le ragioni emerse dall’attenta analisi appena ricostruita, i giudici di Via Flaminia hanno ritenuto di dover accogliere il ricorso presentato dalla società De Vellis (annullando gli atti impugnati) in quanto, la FIGC invece di  indire la gara nel rispetto della disciplina prevista per le amministrazioni aggiudicatrici dal D.Lgs. n. 50/2016 ha provveduto ad un mero confronto tra le ditte interessate senza seguire le regole suddette.

[1] D.Lgs n. 50/2016.

[2] Nella sentenza infatti si legge: “La peculiarità e la novità della questione controversa giustificano, comunque, la compensazione delle spese di lite”.

[3] TAR Lazio 13 aprile 2018, n. 4100.

[4] All’articolo 3, comm. 1, lett. a), del D.Lgs. 50/2016 si legge, infatti, che ai  fini del codice si intende per “amministrazioni aggiudicatrici”, le amministrazioni dello Stato , gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico, le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti.

[5] In particolare la sentenza ne richiama l’articolo 1 che attribuisce personalità giuridica di diritto pubblico al CONI ponendolo sotto la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali e l’articolo 15 relativo alle attività svolte dalle federazioni sportive in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO, delle federazioni internazionali e del CONI.

[6]  Ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, e successive modificazioni e integrazioni, oltre quelle il cui carattere pubblico è espressamente previsto dalla legge, hanno valenza pubblicistica esclusivamente le attività delle Federazioni sportive nazionali relative: 

           a) all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati;

           b) alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione

           c) al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici

          d) all’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping, nonché le attività relative alla                                preparazione olimpica e all’alto livello, alla formazione dei tecnici, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi               pubblici.

[7] A supporto della propria osservazione il TAR richiama una delibera dell’ANAC (la n. 372 del 26 marzo 2016) in cui l’Autorità anticorruzione è giunta alla medesima conclusione.

[8] Cons. St., sez. VI, 10.10.2002, n. 5442; nel medesimo senso Cons. Stato, sez. VI, 10.9.2007, n. 4743.

[9] Occorre, inoltre, puntualizzare come il TAR Lazio abbia significativamente precisato, con la sentenza in commento, che, ai fini della qualificazione come organismo di diritto pubblico della FIGC, il soddisfacimento di bisogni d’interesse generale, che siano privi di natura commerciale o industriale, non debba necessariamente rivestire carattere esclusivo delle attività poste in essere, essendo sufficiente che una parte dell’attività della FIGC presenti tali fondamentali qualità; la Federazione potrebbe, dunque, perseguire al contempo interessi di carattere commerciale e industriale, rimanendo in ogni caso qualificabile come organismo di diritto pubblico, così come affermato dalla recente pronuncia della Corte Giust. UE 5 ottobre 2017, n. 567.

Paola Verduni

contatti: pverduni90@gmail.com

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