L’applicazione della disciplina delle clausole vessatorie ai contratti della Pubblica Amministrazione
A cura di Pasquale La Selva
Tradizionalmente, la giurisprudenza ha sempre disapplicato la disciplina delle clausole vessatorie sui contratti della Pubblica Amministrazione, la quale, nella sua fase ad evidenza pubblica, opera attraverso i capitolati generali, che per definizione sono dei regolamenti pubblici, ovvero fonti del diritto (amministrativo) per cui sarebbero conseguentemente sottratti alla disciplina del contratto.
Inoltre, la presunzione di imparzialità dell’operato dell’Amministrazione, che persegue i fini predeterminati dalla legge, lascerebbe intendere che quest’ultima opera secondo criteri di giustizia obiettiva.
La caratteristica della vessatorietà sembrerebbe dunque incompatibile con l’operato della Pubblica Amministrazione, la quale persegue costantemente interessi di rilevanza pubblica, escludendo così il perseguimento di interessi privati.
Per definizione, vessatorie sono le “condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria” (art. 1341 co. 2 c.c.).
La giurisprudenza ha però invertito orientamento (C. 20 febbraio 1996, n.1321) sancendo l’applicazione della disciplina circa le clausole vessatorie anche ai contratti della PA quando questa si avvalga delle condizioni generali di contratto predisposte mediante moduli o formulari.
Anche nei contratti della Pubblica Amministrazione, bisogna approvare per iscritto ogni singola clausola onerosa.
Ancora, la giurisprudenza afferma l’assenza di necessità della specifica approvazione per iscritto di tali clausole quando queste siano state oggetto di un controllo delle pubbliche autorità (C. 11 maggio 1953, n.1317).
Un caso specifico è stato sottoposto al Consiglio di Stato, che si è espresso con la sentenza n.3535 del 10/07/2014.
Una società presentava una domanda di fornitura di farmaci ospedalieri per alcuni lotti di gara, specificando fin dall’inizio che non avrebbe accettato alcune disposizioni ritenute vessatorie, e in caso di aggiudicazione, avrebbe ritardato la stipula del contratto superando i termini imposti dalla stazione appaltante (in questo caso specifico, l’Azienda Sanitaria Locale del Molise).
La stazione appaltante, ritenuti irrilevanti i presupposti chiariti dalla società, aggiudicava alcuni lotti di gara, ma il relativo contratto non veniva mai stipulato.
La società allora proponeva ricorso in primo grado, chiedendo, in via principale, l’accertamento del diritto a stipulare il contratto per la fornitura di farmaci; chiedeva altresì la condanna dell’ASL a stipulare il contratto in assenza delle clausole sopra citate; in via subordinata, chiedeva l’annullamento delle clausole del capitolato contestate.
Il T.A.R. Molise riteneva che la domanda del ricorrente esulasse dall’ambito di giurisdizione del giudice amministrativo come delimitato dall’art. 133 c.p.a., in quanto tale giurisdizione si conclude con la aggiudicazione definitiva, escludendo così la fase tra aggiudicazione e conclusione del contratto in quanto inerente al rapporto privatistico successivo alla fase ad evidenza pubblica e a tal fine veniva richiamato anche l’art. 11 d.lgs.163/2006 che stabilisce che l’aggiudicazione definitiva non equivale ad accettazione della offerta. Infine il T.A.R. riteneva inammissibile la domanda di annullamento delle disposizioni ritenute vessatorie per carenza di interesse, in quanto riteneva tali disposizioni non lesive.
Proposto appello da parte della società, anche questo è stato ritenuto non meritevole di accoglimento. Nello specifico, le clausole contestate che, secondo l’appellante, consentirebbero l’ingiustificato e vessatorio onere a carico della società di continuare la fornitura anche in caso di ritardo di pagamento da parte della stazione appaltante, non esclude il fatto che la prestazione della società sia legata non solo ad un mero rapporto contrattuale, bensì ad un superiore interesse pubblico di fornitura di farmaci (come vaccini) all’utenza sanitaria, che non può essere interrotto o sospeso, recando così un danno ai soggetti bisognosi o più deboli.
Tali clausole dunque non potevano essere annullare, altrimenti vi sarebbe stato il rischio di perdere la garanzia della continuità della fornitura.
Sciogliendo dunque il nodo della questione, il Consiglio di Stato respinge l’appello proposto dalla società per i seguenti motivi:
- sul piano impugnatorio, l’appellante non ha interesse nell’ottenere l’annullamento delle clausole, perché una vicenda simile comporterebbe la riedizione della gara in quanto vanificherebbe l’intento della stazione appaltante di garantire la continuità del rapporto di fornitura;
- l’ambito della controversia non è posto da parte dell’appellante come fatto giuridico verificato, ma come futuro ed eventuale inadempimento;
- nella eventualità di inadempimento, il fatto inerisce alla prestazione contrattuale, per cui competente sarebbe il giudice ordinario.
La Sentenza del Consiglio di Stato dunque sottolinea l’importanza delle clausole vessatorie nella materia del Diritto Amministrativo, ma probabilmente l’esito dell’impugnazione sarebbe stato diverso se la società avesse sottoscritto il contratto, e successivamente impugnato di fronte al giudice ordinario (che gode di una esperienza sicuramente maggiore in questo caso specifico) le suddette clausole e i termini di pagamento.
Pasquale La Selva nasce a Napoli il 22 Febbraio 1994.
Ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con tesi in Diritto Amministrativo dal titolo “Il socio pubblico e la golden share”, a relazione del Prof. Fiorenzo Liguori, ed ha conseguito, presso il Dipartimento di Scienze Politiche dello stesso Ateneo la laurea magistrale in Scienze della Pubblica Amministrazione, con una tesi sulle “competenze e poteri di ordinanza tra Stato, Regioni ed Enti Locali nell’emergenza sanitaria” a relazione del Prof. Alfredo Contieri.
Pasquale ha conseguito anche un Master di II livello in “Compliance e Prevenzione della Corruzione nei settori Pubblico e Privato” presso l’Università LUMSA di Roma, con una tesi sulla rotazione del personale quale misura anticorruttiva.
Pasquale è direttore del Dipartimento di diritto amministrativo di Ius in itinere ed è praticante avvocato.
Durante il periodo degli studi, Pasquale è stato anche un cestista ed un atleta agonista: detiene il titolo regionale campano sui 400 metri piani della categoria “Promesse” dell’anno 2016, è stato vice campione regionale 2017 della categoria “assoluti” sulla stessa distanza, ed ha partecipato ad un Campionato Italiano nel 2016.
Contatti: pasquale.laselva@iusinitinere.it