giovedì, Dicembre 12, 2024
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La liquidazione coatta amministrativa: procedura concorsuale – amministrativa?

La tutela del mercato ha acquisito sempre più importanza col passare del tempo. Sembra essere diventata, ormai, un principio fondante dell’ordinamento italiano.
In particolare, il legislatore ha voluto garantire maggiore solidità a quelle imprese, le quali non svolgevano solo una funzione economica, ma avessero carattere pubblico o fossero sottoposte a controllo pubblico.
Il riferimento è, quindi, sia agli enti pubblici economici, sia alle imprese private sottoposte a controllo pubblico per il rilievo economico e sociale delle loro attività. Si tratta, ad esempio, di imprese bancarie, imprese di assicurazione, società cooperative e consorzi. Tali tipi di imprese non sono assoggettati alla normale procedura fallimentare in caso di insolvenza e/o dissesto, bensì ad una particolare procedura che prende il nome di liquidazione coatta amministrativa.

Essa è sì disciplinata nell’ambito della legge fallimentare (Regio Decreto n. 167 del 16 marzo 1942), ma è sottoposta alla vigenza di cc.dd. “leggi speciali”, le quali integrano il Titolo V ed in particolare vanno dall’art. 194 all’art. 215 della predetta legge fallimentare.
Si tratta di una procedura concorsuale a carattere amministrativo cui sono assoggettate le imprese di cui sopra. È competente l’autorità amministrativa e le finalità sono quelle di eliminare dal mercato l’impresa (si noti, qui, il riferimento alla tutela del mercato) e soprattutto sottrarla al fallimento, in applicazione del criterio della prevenzione. Si giungerà ad un provvedimento di liquidazione, il quale consiste in una disposizione con decreto dell’autorità governativa che ha la vigilanza sull’impresa; tale autorità nomina gli organi della procedura, ossia un commissario liquidatore e un comitato di sorveglianza, inoltre accerta l’eventuale stato di insolvenza dell’impresa oggetto della procedura.
L’accertamento dello stato di insolvenza può essere richiesto da uno o più creditori, dallo stesso imprenditore, ovvero dall’autorità governativa, costituendo il c.d. “accertamento preventivo”, oppure si può dar vita al c.d. “accertamento successivo”, cioè quello richiesto dal commissario liquidatore o dal P.M.
Se lo stato di insolvenza non è accertato, l’unico effetto che si può produrre è lo spossessamento. Invero, se tale stato risulta essere accertato, possono applicarsi le norme relative agli atti pregiudiziali e a varie sanzioni penali.
La ratio dell’istituto pare essere chiara: assoggettare queste imprese ad altra procedura concorsuale, significherebbe arrecare un danno all’erario e più in generale alla P.A. per cui giurisprudenza e dottrina sono concordi nel riconoscere che la prassi legislativa che si è generata è quella giusta su cui procedere.

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