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La non configurabilità dell’abuso d’ufficio in mancanza dell’ingiusto vantaggio in caso di frazionamento dei lavori comunali e loro affidamento in via diretta, Cass. Pen., Sez.VI. Sentenza n. 26625 dell’11 luglio 2022

Premesse introduttive

L’odierno contesto socio-culturale caratterizzato da una crescente complessità e variabilità, unitamente alla cavillosità della burocrazia e alla contestuale esigenza di una P.A. sempre più moderna ed efficiente, ha fatto sì che l’azione di quest’ultima , non fosse solo indirizzata a garantire la legittimità del singolo atto, bensì volta – benché sempre nel rigoroso rispetto delle norme – ad un agire teso alla realizzazione di risultati ed obbiettivi preventivamente fissati o nascenti in via d’urgenza.

In tale contesto, l’agire della P.A deve essere diretto, in coerenza con il principio di sussidiarietà, a rivestire un ruolo di centralità in qualità di erogatore di servizi a vantaggio delle comunità di riferimento.

Alla luce delle suindicate premesse, il presente contributo giuridico – commento di una recente Sentenza della Corte di Cassazione -, è volto ad attenzionare i lettori in ordine ai possibili risvolti penalistici che potrebbero scaturire da un’eventuale violazione di legge finalizzata a sopperire fatti e /o evenienze – esigenze, non preventivamente prevedibili dalla macchina organizzativa dell’ente pubblico.

Il caso

La pronuncia in esame, trae origine a seguito del ricorso per Cassazione proposto dal responsabile dell’ ufficio tecnico del Comune di (omissis) avverso la Sentenza emessa dalla Corte di Appello di (omissis) nel Novembre del 2021, che dapprima dichiarava la prescrizione di alcuni reati e per il resto confermava la condanna per abuso d’ ufficio continuato (art 323 c.p; art 81 c.p.) disposta dal Tribunale di (omissis) nei confronti del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di (omissis), per aver in qualità di responsabile dell’ ufficio medesimo, provveduto con fare artificioso al frazionamento di alcuni lavori al fine di mantenere gli stessi, singolarmente considerati, al di sotto della soglia dei 40.000,00 euro consentendone al contempo il loro affidamento in via diretta. [1]
Avverso tale sentenza, veniva proposto ricorso per Cassazione su tre motivi; il primo motivo, sull’ erronea applicazione dell’ articolo 157 c.p. in relazione all’ art 192.2 c.p.p. e sulla mancanza e manifesta illogicità della motivazione, il secondo motivo di censura, concerneva l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’art 323 c.p. in relazione all’ art 125 d.lgs. n. 163/2006, il terzo motivo invece, concerneva l’inosservanza o erronea applicazione dell’art 323 in relazione all’ elemento soggettivo (dolo) nonché alla mancanza o comunque manifesta illogicità della motivazione. [2]

La soluzione

Il ricorso veniva accolto con trattazione unitaria dei motivi, in particolare , il ragionamento operato dal Supremo Consesso, nel prescindere dalla circostanza in ordine all’ eventuale violazione o meno della normativa di settore operata dal responsabile del Comune di (omissis), in quanto ciò avrebbe comportato necessariamente una preventiva ricostruzione in fatto, preclusa alla medesima, si focalizzava sull’ ambito applicativo dell’ art 323 c.p. e sulla contestuale mancanza di configurabilità dello stesso alla stregua di una mera violazione di legge. [3]

Invero, la Corte rilevava come onde evitare una “indebita sovrapposizione tra vizio dell’atto amministrativo e area di rilevanza criminale”, per la configurazione del reato di cui all’art. 323 c.p., era necessario che l’agente a seguito della violazione di legge, procurasse “per sé o per altri”, un “ingiusto” vantaggio patrimoniale.

Ancora, nel richiamare sul punto i propri recenti orientamenti “(Sez. 6, n. 26429 del 14/04/2021, Ronconi c/Ferrigno, Rv. 281582; Sez. 6, n. 12075 del 06/02/2020, Stefanelli, Rv278723; Sez. 6, n. 47978 del 27/10/2009, Calzolari, Rv. 245447)”, chiariva che l’ingiusto vantaggio patrimoniale non si sarebbe potuto far coincidere “formalisticamente” con “il riflesso della condotta posta in violazione di legge”, stante il contestuale svilimento di un elemento costituivo della fattispecie, necessario a restringere il campo applicativo onde evitare un travalicamento nell’alveo del mero illecito amministrativo, in spregio al principio di offensività penale.[4]

Orbene, alla luce dei principi e dei precedenti sopra richiamati, il Supremo Consesso evidenziava come nel caso di specie fosse necessario procedere alla stregua di una lettura in chiave sostanziale onde verificare in concreto se la contrarietà del danno o del vantaggio concernesse un interesse reale della P.A.; a tal fine, rilevava che l’ assegnazione dei lavori aggiuntivi di ristrutturazione alla medesima ditta, era stata dettata da esigenze sopravvenute in corso d’opera e non preventivamente determinabile ab origine, in quanto la richiesta di esecuzione di ulteriori lavori per il miglioramento degli impianti, dei parcheggi e della viabilità della strada era stata avanzata dai responsabili della società organizzatrice dell’ evento “ soltanto un mese prima del ritiro estivo della squadra calcistica del (omissis) presso lo stadio di (omissis)…” e che pertanto la scelta di affidare gli ulteriori lavori sopravvenuti alla medesima ditta affidataria ab origine, era da contestualizzare nell’ambito del rispetto dei principi di buon amministrazione. [5]

Dunque, la Corte significava che il frazionamento dei lavori disposti dal responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di (omissis), non aveva procurato alcun vantaggio in contrasto con l’interesse dell’ente bensì mirava semplicemente a salvaguardare una maggiore funzionalità sia in termini di esecuzione delle opere che in termini di risparmio economico.

Sulla scorta di quanto sopra, non essendo configurabile un ingiusto vantaggio, né la sussistenza dell’elemento soggettivo dell’abuso d’ ufficio, il ricorso veniva accolto con contestuale annullamento senza rinvio della sentenza della Corte d’ Appello di (omissis) per mancata sussistenza del fatto. [6]

[1] Cass. pen. Sez. VI, sent. 11 Luglio 2022 n.26625

[2] Cass. pen. Sez. VI, sent. 11 Luglio 2022 n.26625

[3] Cass. pen. Sez. VI, sent. 11 Luglio 2022 n.26625

[4] Cass. pen. Sez. VI, sent. 11 Luglio 2022 n.26625

[5] Cass. pen. Sez. VI, sent. 11 Luglio 2022 n.26625

[6] Cass. pen. Sez. VI, sent. 11 Luglio 2022 n.26625

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