domenica, Dicembre 1, 2024
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L’eredità della Formula di Radbruch tra certezza e mutevolezza del diritto

A cura della Dott.ssa Di Rocco Domenica

 

1. Certezza del diritto, giustizia e diritto effimero.

La pandemia da Covid19 e gli scenari di guerra che investono il panorama europeo sono emblema del divenire rispetto all’immanenza delle certezze cristallizzate in regole austere, così inaugurando l’era di un diritto fluido e sempre più emergenziale.

Wittgenstein, in Delle Certezze, argomentava come le regole, metaforizzate nell’alveo del fiume, si possano spostare sotto la forza dirompente dell’acqua, cioè delle urgenze vitali che potenzialmente possono ribaltare l’ordine costituito in senso etico-politico.[i]

Dal canto loro, gli operatori del diritto appaiono ormai assuefatti al confronto quotidiano col “diritto effimero”, proprio in un contesto in cui i principi di certezza del diritto sono consustanziali ai formanti giuridici[ii].

Ma la certezza è valore distinto dalla giustizia e sovente contrapposto alla “giustizia sostanziale”: un diritto può essere certo, ma ingiusto, oppure giusto ma incertamente applicato.  Il “conflitto” tra Certezza del diritto e Giustizia è stato affrontato nel tempo da una pluralità di autori, spesso richiamatisi all’ “opposizione tra forma e sostanza”. Due le principali correnti di pensiero: una formalistica, che reputa la “Certezza” essenziale e costitutiva del concetto di diritto, per cui il diritto merita di essere tale soltanto se assistito da connotati di certezza[iii] ed un’altra corrente, antiformalistica, che considera la certezza una mera “illusione” o addirittura come un “mito”[iv].

Ma cosa succede in caso di conflitto tra Certezza e Giustizia del diritto?

Il caso concreto difficilmente ci ha messi di fronte ad esempi di diritto giusto benché incerto, soprattutto nell’età del “positivismo giuridico”, tuttavia si sono avuti diversi esempi di diritto certo ma ingiusto perché “disposto  in  modo arbitrario e criminale”.

  1. Una eccezione alla regola dell’irretroattività: la formula di Radbruch.

Il ritorno al diritto della naturalezza.

La storia del secolo scorso, con le nefandezze perpetrate durante la seconda guerra mondiale, ha offerto occasioni scottanti di dibattito e riflessioni sul rapporto tra applicazione dello ius positum rispetto allo ius naturalis.

Emblematici sono stati i processi di Norimberga, che imposero l’applicazione di un diritto “non cogente” al tempo della commissione dei feroci crimini di guerra, quindi retroattivo in pejus, tuttavia necessario e giusto, attingendo alla costellazione dei principi giusnaturalistici (in rebus naturae positum), ritenendoli sovraordinati, prevalenti, indifferibili, al fine di condannare e punire le mostruosità commesse dal regime nazista.

L’efferatezza e la brutalità dei crimini di guerra erano tali da meritare la giusta condanna, pur in assenza di una legge che ne riconoscesse la perseguibilità al momento della loro commissione. Questa, in estrema sintesi, l’essenza delle note Formule di Radbruch, attraverso le quali si volle dare una chiave di lettura per la soluzione del conflitto tra i valori del diritto.[v]

La prima Formula, detta Unertraglichkeitsformel” o “formula dell’intollerabilità”, si basava sull’assioma “dell’intollerabilità dell’ingiustizia” del diritto posto, superato il quale il diritto cogente perde il carattere di vincolatività e, quindi, la Certezza deve cedere il passo alla Giustizia. Tale formula lasciava, comunque sia, insoddisfatto l’interrogativo riguardante la soglia di tollerabilità dell’ingiustizia del diritto, il suo limite di valicabilità.

La seconda formula, conosciuta come “Verleugnungsformel o “formula della negazione deliberata”,[vi] si contrapponeva alla prima perché si fondava sulla valutazione aprioristica della legge, ritenendo che, laddove mancasse la benché minima parvenza di aspirazione alla giustizia, la legge posta, priva di uno dei suoi valori fondamentali, non avrebbe mai potuto fare ingresso nel campo del diritto e sarebbe dovuta essere – sillogisticamente – considerata inesistente, tamquam non esset.

Ne discendeva un disconoscimento ontologico, ex tunc, della disposizione di legge: “là la legge non è solamente un diritto ingiusto, ma sfugge completamente alla natura del diritto[vii].

In questa seconda formula di Radbruch si evince un espresso riferimento alle leggi naziste, in particolare a quelle che deliberatamente negavano l’uguaglianza tra gli uomini, ergo, la giustizia stessa, perché in tale assurda disposizione si palesava il paradosso della “assenza totale di diritto”.

Il bisogno di pena poteva giustificare una deroga al principio di irretroattività della legge penale?

La Corte di Norimberga poté superare l’empasse  della questione della retroattività delle sanzioni ed eluderne il divieto, sostenendo l’incriminazione delle condotte in base ai diversi trattati internazionali che, seppur non ancora tutti ratificati dalla Germania nazista, lo erano stati da un numero così elevato di altri Stati, da elevarli a rango di consuetudini internazionali, vincolanti per la Germania stessa.

In un articolo del 1946 Gustav Radbruch[viii] affermava “l’esistenza di un limite invalicabile della legge nel punto in cui si trova in contrasto con le regole di diritto internazionale universalmente riconosciute e con il diritto naturale, ovvero quando il contrasto dello ius positum con la giustizia raggiunga livelli insopportabili, al punto da dover far piegare la giustizia medesima[ix].

La Formula di Radbruch è stata cristallizzata nell’art. 7, comma 2, della CEDU, di fatto introducendo una deroga al principio di irretroattività, all’indomani della conclusione dei Processi di Norimberga, al fine di legittimare le sanzioni poste.

Tale principio, vexata quaestio tra quanti volevano rendere giustizia alle vittime del regime nazista in base a principi universali e quanti, invece, sostenevano l’impossibilità e la inopportunità di strappi al sacrosanto principio di legalità, è stato ritenuto da Donini[x] una sorta di fictio iuris, giustificata, a livello internazionale, come “retroattività soltanto apparente a fronte di una giustizia calpestata, ben più accettabile dei vari esempi di giustizia del vincitore sul vinto, avvicendatisi a livello nazionale dopo il secondo conflitto mondiale”.

La formula di Radbruch introduce, quindi, una disciplina eccezionale e sui generis, dalla portata innovativa nel panorama di quel tempo e non solo, rispetto alla disciplina della successio legis che, per esempio, nell’ordinamento italiano è tradizionalmente ancorata al fondamento costituzionale dell’irretroattività della legge penale (art. 25, co. 2, Costituzione), che condensa il disvalore della retroattività in senso sfavorevole.

  1. Evoluzione del principio del nullum crimen, nulla poena sine lege.

L’art. 7, co.1, della CEDU, statuisce il principio dell’irretroattività della legge penale con una formulazione sovrapponibile ai principi già dettati dalla legislazione italiana in tema di successio legis.[xi]

Ma inopinatamente, al secondo comma dell’art. 7, la CEDU aggiunge che il sancito principio di irretroattività “non può, in ogni caso, ostacolare il giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione o omissione che, al tempo in cui fu commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali di diritto riconosciuti dalle  nazioni civili[xii][xiii].

Tale enunciato ha una portata rivoluzionaria, il cui episteme va inscritto proprio in quel contesto storico che aveva partorito la formula di Radbruch e che continua ad essere fertile strumento di analisi e disposizione controversa, apparentemente confliggente con quel principio di legalità che denomina, non delimitandolo, l’art. 7 stesso della Convenzione.

Dunque, l’art. 7 si erge a baluardo sia della legalità (primo comma), che della proporzionalità (secondo comma).

La disciplina della CEDU penetra inesorabilmente il nostro ordinamento interno, in primis come complesso di norme incorporate nell’ordinamento giuridico italiano, ex lege n. 848/1955; in secundis, come canone ermeneutico, orientando l’interpretatio legis da parte della magistratura; infine, come criterio ermeneutico cui ricorre la Corte Costituzionale, che inesorabilmente guarda alla CEDU per precisare o arricchire di contenuto le stesse garanzie costituzionali.

Il nullum crimen sine lege va pertanto letto tenuto conto del combinato disposto degli artt. 25, co. 2, Cost. e art. 7 CEDU, e delle corrispondenti garanzie riconosciute anche dal diritto internazionale dei diritti umani, come l’art. 15 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966), che ripercorre gli stessi principi enucleati dall’art. 7 CEDU, compreso il riferimento a quei principi generali riconosciuti dalla comunità internazionale, che al secondo comma non escludono il deferimento a giudizio, in deroga al principio di irretroattività della legge penale.[xiv]

L’art 7 CEDU, dunque, sancisce alcuni dei più importanti principi della civiltà giuridica europea.  Considerato il primario ruolo garantista della norma, l’art. 15. 2 CEDU ne prevede l’inderogabilità, vale a dire la sua appartenenza al c.d. “nocciolo duro” della Convenzione.

Il rispetto dell’art. 7 CEDU non richiede che il fatto incriminato o la pena comminata siano previsti come tali da una legge intesa in senso formale, essendo sufficiente che il reato o la pena possano così qualificarsi “secondo il diritto interno o il diritto internazionale”.

In conclusione, le Formule di Radbruch costituiscono ancora oggi un imprescindibile substrato teorico, avendo avuto il merito di consentire alla Corte EDU di elaborare una nozione “autonoma” di legge, così scuotendo l’impalcatura dogmatica del principio di legalità, con l’intento di ricordarci che il sistema di norme naturali, dove vomos deve convivere con etos, ha il compito di delimitare e ordinare l’azione umana, quasi al pari di quelle leggi divine di cui la ribelle Antigone diceva che, anche se non scritte, “giammai dovrebbero essere oltrepassate dalle leggi mortali”.

 

[i]    L. WITTGEINSTEIN, “Delle Certezzeanalisi filosofica del senso comune”, Biblioteca Einaudi, 1999. Il filosofo mostra come le regole non siano calate dall’alto e trascendenti i giochi ma siano  ad essi immanenti.

[ii]   R. SACCO, “Che cos’è il diritto comparato”, Giuffrè Editore, 1992, “I sistemi giuridici moderni  sono costituiti da un grande numero di formanti, i quali tendono a influenzarsi a vicenda. In ognuno di essi si distinguono  formanti legali (a livello costituzionale, di norma ordinaria, regolamentare), formanti giudiziari  e formanti dottorali”.

[iii] R. ALEXY, “Begriff und Geltung des Rechts”. Verlag Karl Alber, Freiburg 1992.“Fra diritti fondamentali e proporzionalità  sussisterebbe una connessione necessaria, che non dipende dal diritto positivo, ma dalla natura stessa dei diritti fondamentali”.

[iv]   FRANK J., “Law and modern mind”, Peter Smith, Gloucester, 1970.

[v]     G. VASSALLI, “Formula di Radbruch e diritto penale”, Milano, Giuffrè, 2001

[vi]“Contrariamente a quanto afferma Alexy, non esiste una relazione interna fra prescrizione e pretesa di correttezza morale, analoga a quella che intercorre fra asserzione e verità. Infatti, si può prescrivere una certa azione, pur senza credere che essa sia moralmente corretta. Questi elementi  potranno offrire al destinatario ragioni per non obbedire, ma non per negare che l’atto in questione sia una prescrizione”https://journals.openedition.org/revus/2895

[vii]F. DONNICI, “Giustizia e Irretroattività Penale -Diritti umani e esperienze storiche in Germania”, Tesi di Laurea, Università di Pisa, 2013.

[viii]G. RADBRUCH, (21 November 1878 – 23 November 1949) was a German legal scholar and politician. He served as Minister of Justice of Germany during the earlyWeimar Period. Radbruch is also regarded as one of the most influential  Legal philosophers of the 20th century.  http://artandpopularculture.com/Radbruch.

[ix]L. BIN, «Formula di Radbruch», Principio di irretroattività e lex mitior, 2014, https://www.penalecontemporaneo.it/upload/1396873525BIN_2014.pdf.

[x]Il processo di Norimberga fu salutato con grande favore dai giusnaturalisti tedeschi, che vedevano in esso il riconoscimento della primazia di un diritto naturale aggiornato e moderno, molto più vicino ai diritti dell’uomo che alla legge divina.  https://www.penalecontemporaneo.it/upload/1396873525BIN_2014.pdf

[xi]La garanzia sancita dall’articolo 7 occupa un posto primario, non prevede alcuna deroga, neanche in tempo di guerra. Essa deve essere interpretata e applicata in modo da assicurare una tutela effettiva contro azioni penali e  condanne arbitrarie (S.W.c. Regno Unito, § 34; C.R.c. Regno Unito,§32; Del Río Prada c. Spagna [GC],§ 77; Vasiliauskas c. Lituania [GC],§153).  https://www.echr.coe.int/Documents/Guide_Article.

[xii]G. VASSALLI “Nullum crimen, nulla poena sine lege” in DPP, vol. VIII, Torino, 1994. L’estensione del divieto di retroattività  alle cause di giustificazione “non scritte”, riprende la questione del conflitto tra giustizia e certezza del diritto, evidenziando come tale divieto sarebbe sacrificabile quando lo Stato si trovi nell’eccezionale situazione di dover applicare un diritto prodotto dagli abusi di uno Stato scevro di democrazia, giustizia e uguaglianza.

[xiii]Art 49, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. 1. Nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale (..). 2. Il presente articolo non osta al giudizio e alla condanna di una persona colpevole di un’azione o di un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali riconosciuti da tutte le nazioni  https://fra.europa.eu/it/eu-charter/article/49-principi-della-legalita-e-della-proporzionalita-dei-reati-e-delle-pene

[xiv]Art. 15, comma 2, Patto Internazionale sui diritti civili e politici: Nulla preclude il deferimento a giudizio e la condanna di qualsiasi individuo per atti od omissioni che, al momento in cui furono commessi, costituivano reati secondo i principi generali del diritto riconosciuti dalla comunità delle nazioni.  https://fidu.it/wp-content/uploads/2017/03

 

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