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Mediazione e procedimento monitorio

Su chi grava l’onere di proporre istanza di mediazione in sede di opposizione a decreto ingiuntivo?

Con ordinanza interlocutoria n. 18741 del 12 luglio 2019 la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso la questione al vaglio delle Sezioni Unite.

Il caso in esame interessa l’istituto della mediazione e nello specifico l’art. 5 del D. Lgs n. 28 del 2010 rubricato “Condizione di procedibilità e rapporti con il processo”.

La suddetta norma stabilisce che:

– chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia nelle materie elencate nei commi 1 e 1 bis è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione;

– l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, ovvero può essere rilevata d’ufficio dal giudice ma non oltre la prima udienza;

– non si applica ai procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione (comma 4).

Per quanto qui interessa occorre esaminare le ragioni che hanno portato la Suprema Corte a rimettere la questione alle Sezioni Unite.

In merito al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo che abbia ad oggetto una materia soggetta a mediazione obbligatoria, il Legislatore nulla dice in merito a quale parte, tra opponente e opposto, sia gravata dell’onere di esperire il procedimento di mediazione. Interveniva, quindi, negli anni la giurisprudenza sostenendo tesi opposte.

Compiuta questa breve seppur necessaria premessa appare necessario, pertanto, analizzare i due orientamenti giurisprudenziali contrastanti.

Onere del debitore opponente

Così come affermato in precedenza dalla Suprema Corte (cfr. Cass. n. 24629/2015), in questa materia è possibile sostenere che l’onere processuale di proporre istanza di mediazione gravi sul debitore opponente. Precisa il Giudice Supremo che il debitore opponente è la parte interessata all’instaurazione di un processo ordinario di cognizione poiché contrariamente, qualora non venisse opposto, il decreto ingiuntivo notificato acquisterebbe esecutorietà e passerebbe in giudicato.

È principalmente questo il motivo per il quale la Corte sostiene detta tesi sottolineando il fatto che è lo stesso debitore che instaurando il giudizio di opposizione è interessato a coltivare lo stesso affinché si giunga alla decisione di merito.

Inoltre, a fondamento di questa tesi, la Terza Sezione del Tribunale Supremo cita la Costituzione e rifacendosi al principio generale di ragionevole durata del processo così rafforza la propria posizione “…attraverso il decreto ingiuntivo l’attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. E’ l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa… E’ dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria…”[1].

Conclude infine la Corte precisando che la soluzione opposta sarebbe manifestamente illogica perché a favore della passività dell’opponente e pesando sugli oneri in capo al creditore.

Onere del creditore opposto

La tesi contraria sostiene, invece, che l’onere di proporre istanza di mediazione ricada sul creditore opposto poiché attore in senso sostanziale. È il creditore infatti colui che, in sede di opposizione, è gravato dell’onere probatorio dell’ane del quantumdella propria domanda giudiziale.

L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Pertanto, così come disposto dall’art. 5 del D. Lgs 28/2010 “… chi intende esercitare in giudizio un’azione … è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione”[2].

A fondamento di questa tesi la Suprema Corte cita l’art. 24 Cost. e la pronuncia della Corte Cost. 98/2014. Precisa, pertanto, la Terza Sezione che “l’esigenza che viene in rilievo è quella che l’accesso alla giurisdizione condizionata al previo adempimento di oneri non può tradursi nella perdita del diritto di agire in giudizio tutelato dall’art. 24 Cost.”[3]

Infatti, nell’ipotesi in esame l’irretrattabilità del decreto ingiuntivo, e la relativa perdita del diritto di agire in giudizio, deriverebbero dall’inattività relativa ad un rimedio preventivo rispetto al processo. Contrariamente, qualora l’onere di esperire il processo di mediazione dovesse gravare sul creditore opposto, il giudice che pronuncia l’improcedibilità e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo lascia in ogni caso salva la possibilità per il creditore di riproporre la stessa domanda e anche mediante lo stesso procedimento monitorio.

In attesa delle sezioni unite

Il Collegio rilevava un ampio dibattito dal punto di vista dottrinale e, altresì, contrasto nella giurisprudenza di merito. Inoltre tale situazione di incertezza è appesantita dalla mole di procedimenti che interessano la questione in esame. La Terza Sezione della Suprema Corte, pertanto, considerata la vastità del contenzioso interessato dalla mediazione e il diffuso ricorso al procedimento monitorio ritiene necessario l’intervento delle Sezioni Unite al fine di espletare la funzione nomofilattica propria della Suprema Corte di Cassazione.

[1]Cass. Civ. Sez. III, Sent. n. 24629, 3 dicembre 2015

[2]Art. 5 del D. Lgs 28/2010

[3]Corte cost., Sent., n. 98, 16 aprile 2014

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