giovedì, Aprile 18, 2024
Uncategorized

I Big data e la rivoluzione digitale del diritto

big data

 

Nota di redazione: questo è il primo di una serie di articoli che tratta il tema dei big data dal punto di vista giuridico. L’obiettivo del presente articolo è dare una visione generale sui big data per poi affrontarne, in seguito, i problemi giuridici.

Cosa sono i big data? A cosa servono, e perché tutti ne parlano? Prima di rispondere alla domanda, è necessaria una premessa.

Negli ultimi anni la cosiddetta rivoluzione digitale, la cui portata rivoluzionaria è considerata addirittura maggiore di quella dell’introduzione della stampa, ha radicalmente mutato non solo tutti i settori produttivi, ma anche le nostre vite quotidiane. Ciascuno di noi, infatti, più o meno inconsapevolmente, vive in un mondo ad personam, cucitogli addosso su misura, in base agli interessi, le preferenze, l’età, l’estrazione sociale e l’ambito geografico in cui si trova.

Basti pensare, ad esempio, che ci vengono consigliati da Netflix film e serie TV che sono più simili possibili ai nostri gusti. Amazon, invece, quando cerchiamo un prodotto, ce ne consiglia altri che, sulla base di precedenti acquisti e ricerche effettuate online, sono confacenti ai nostri interessi. Facebook invece ci mostra solo i post che  ci possono interessare maggiormente, in base alle nostre preferenze che vengono tracciate durante il tempo. Lo smart-phone di ciascuno di noi è in grado di dirci automaticamente il tempo necessario ad arrivare a casa, o, qualora si sia a casa, il tempo per arrivare a lavoro. O ancora, le donne incinte ricevono, senza necessità di comunicare il loro stato interessante, offerte sui pannolini e latte in polvere. I dispositivi IoT, come gli smart-fridges, possono ordinare la spesa online in base alla dieta dell’utilizzatore, intolleranze o malattie (a riguardo, si veda l’articolo “Internet of Things tra benefici sociali e rischi per la protezione dei dati personali”)

Ciascuno di questi eventi, a cui sovente viene dato scarso rilievo, non è casuale, né guidato da fenomeni soprannaturali, bensì è il frutto del trattamento dei big data da parte di complicati algoritmi.

Se fino a qualche anno fa una frase come quella sopra avrebbe interessato esclusivamente qualche fanatico di tecnologia, oggi i big data sono sotto la lente d’ingrandimento dei leader di ogni settore economico, dei governi e dei consumatori. Ogni giorno, infatti, si leggono notizie sull’argomento e tutti, sicuramente, hanno letto almeno una volta la frase che afferma che i (big) data sono il nuovo petrolio (magari nell’originale in inglese “data is the new oil”).

Ma dunque, cosa sono i big data?

Con il termine “big data” (letteralmente “dati grandi”) si intende l’insieme dei dati digitali che vengono acquisiti tramite dispositivi di varia natura, quali smart phones, carte di credito, smart TV, sensori installati su edifici o mezzi di trasporto sia pubblici che privati, e cosi via[1].

I dati così raccolti si dividono in due macro-categorie: dati personali e non-personali[2]. I dati personali sono tutti quei dati che possono essere riferiti, direttamente o indirettamente, ad un individuo[3] (ad esempio, l’età, il peso, il numero di telefono, i gusti musicali, o la localizzazione GPS). I dati non-personali sono, a contrario, quelli che non sono associabili a nessun individuo (ad esempio, i dati sulle condizioni atmosferiche, il numero di macchine che circolano ad una certa ora in città, il tempo impiegato da un’auto a percorrere una distanza pari ad un chilometro).

Tali dati sono definiti “big” a causa dell’enorme ammontare della loro quantità, basti pensare che ogni giorno la popolazione mondiale crea 2 quintilioni e mezzo di Bytes di dati[4].

Tuttavia, il vero valore dei big data non è dato dalla loro quantità, bensì dalla possibilità di elaborarli, analizzarli ed utilizzarli con differenti finalità.

I dati, siano essi personali o meno, rappresentano infatti una fonte d’informazione di valore enorme, che permette alle aziende e ai governi di prendere decisioni, sfruttare al meglio le opportunità commerciali ed effettuare strategie di marketing mirate in base all’analisi dei comportamenti sociali. Proprio la fondamentale importanza che rivestono nella new economy della rivoluzione digitale ha fatto ‘sì che siano considerati un nuovo fattore di produzione, al pari dei fattori terra, lavoro e capitale considerati dall’economia classica[5]. Infatti, le innovazioni data-driven (ossia guidate da una strategia basata sull’utilizzo dei big data) portano alla possibile apertura di nuovi segmenti di mercato.

In aggiunta, i data vengono utilizzati altresì nella sfera pubblica: sono infatti utilizzati per studiare le associazioni tra livelli d’inquinamento e l’incidenza delle malattie, o, ancora, per decidere il dispiegamento delle forze di polizia nel luogo e nel momento in cui un reato ha la maggior probabilità di verificarsi.

Oltre agli utilizzi che vengono effettuati in ambito prettamente economico, i big data rappresentano una risorsa strategica capace di coordinare tecnologia, scienza, competenze e contesto sociale permettendo, ad esempio, notevoli ricerche in ambito sanitario.

Tirando le somme, i big data rappresentano uno strumento di straordinaria importanza, grazie al quale ci troviamo di fronte ad un vero e proprio cambiamento di era.

Tuttavia, a fronte di questa grande opportunità, non sono poche le questioni giuridiche sorte a riguardo. Negli articoli successivi, infatti, verranno analizzati e discussi svariate implicazioni giuridiche sorte dall’utilizzo di questa nuova fonte di informazioni, della difficile relazione tra big data e leggi anti-trust, alla privacy, alla relazione tra big data e proprietà intellettuale, la titolarità dei big data, nonché le politiche di accessibilità e libera circolazione dei dati promossa dall’Unione Europea per la creazione di un Mercato Unico Digitale.

[1] Per definizioni più ampie si veda Enciclopedia Treccani online, www.treccani.it e Gartner IT glossary, www.gartner.com

[2] La tutela dei dati personali è disciplinata a livello europeo dal GDPR, per un approfondimento in merito si veda l’articolo “Il nuovo scenario in tema di protezione dei dati personali alla luce dell’imminente applicazione del GDPR”.

[3] Art. 4 GDPR.

[4] 2,5 quintilioni di Byte di data corrispondono a 10 milioni di CD, che, se impilati uno sull’altro corrispondono a 4 volte l’altezza della Tour Eiffel, fonte http://www.vcloudnews.com/every-day-big-data-statistics-2-5-quintillion-bytes-of-data-created-daily/ . I dati, inoltre, sono definiti “big” anche per il loro elevato volume, l’elevata velocità di elaborazione  e la loro elevata variabilità.

[5] OECD, Supporting Investment in Knowledge Capital, Growth and Innovation, OECD Publishing, 2013, accessibile al link seguente: http://dx.doi.org/10.1787/9789264193307-en

Lucrezia Berto

Classe 1992, piemontese di nascita ma milanese d’adozione, si laurea nel 2016 in giurisprudenza alla School of Law dell’Università Bocconi. Dopo l'inizio della carriera professionale negli Stati Uniti e la pratica forense presso uno dei principali studi legali milanesi, decide di seguire le sue passioni iscrivendosi all’LL.M in Law of Internet Technology dell’Università Bocconi. Attualmente vive in Spagna, a Barcellona, dove si occupa di consulenza in materia IP, IT e Data Protection a startup ad alto livello tecnologico. Appassionata di nuove tecnologie, proprietà intellettuale e big data, è un’amante dei viaggi e dello sport. Contatto: lucrezia.berto@iusinitinere.it

Lascia un commento