martedì, Marzo 19, 2024
Di Robusta Costituzione

Nota a Corte cost. 240/2021: Verso il giudizio preventivo sulla legislazione elettorale?

A cura di Francesco Fonte 

1.

La sentenza 240/2021 della Corte Costituzionale, oltre che inserirsi nella linea evolutiva che il giudice delle leggi ha tracciato a partire dalle sentenze concernenti le questioni di legittimità concernenti la legislazione elettorale e, ai fini della presente analisi, la legge 56/2014 (cd. Legge Delrio; Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), si può inquadrare nel più ampio dibattito che da lungo tempo interessa l’opinione pubblica[1]. Essa ha riguardato il giudizio di legittimità costituzionale, promosso dalla Corte d’Appello di Catania dell’art. 13, commi primo e quattordicesimo della legge della regione Siciliana n.15/2015, rispettivamente sostituiti dall’art. 4 della legge della Regione Siciliana n. 23/2018 ai commi primo e secondo e dell’art. 1, diciannovesimo comma della legge citata legge 56/2014 per contrasto con gli articoli 1, 2, 3 e 48 e 5, 97 e 114 della Costituzione; il giudizio difatti può caratterizzarsi pienamente nell’ottica di un sindacato sulla stesso impianto della legge Delrio, in quanto, come del resto la Corte si perita ricordare, il contenuto delle disposizioni impugnate risulta sostanzialmente riproduttivo del contenuto normativo dell’automatismo legislativo di cui al diciannovesimo comma dell’art. 1 della legge 56.

 

2.

Il Giudice delle Leggi, mediante la sentenza in esame, pur rilevando l’inammissibilità delle questioni a causa un difetto di competenza della stessa nella definizione di novità di sistema, al cospetto della discrezionalità propria del legislatore statale[2], tenuto conto delle caratteristiche della legislazione elettorale in relazione alla natura e rilevanza politica delle disposizioni impugnate[3], nell’ottica di una riforma strutturale che ponga fine alla circostanza, così come desunta dalla pretesa del ricorrente nel giudizio a quo, secondo la quale il meccanismo di attribuzione ope legis della carica di Sindaco Metropolitano al cittadino eletto alla carica di Sindaco nel comune capoluogo si porrebbe in contrasto con  plurime disposizioni costituzionali, in ispecie con riferimento all’uguaglianza del voto di cui agli articolo 48 e 3 Cost. A partire da questo assunto i profili di contrarietà a Costituzione della normativa impugnata si riscontrano nella mancanza di rappresentatività dello organo Sindaco Metropolitano così come dalla conseguente impossibilità di fornire indirizzi politico-amministrativi in capo ai cittadini residenti nel territorio della città metropolitana, menomando conseguentemente il principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.

A partire dall’argomentazione contenuta nell’ottavo punto del “considerato in diritto”, non rileverebbe la circostanza della presenza di una disposizione che prevede la possibilità di disciplinare altrimenti il meccanismo di elezione del Sindaco Metropolitano, data la natura particolarmente gravosa del procedimento finalizzato a tale scopo.[4]

A fronte delle considerazioni emerse nei commenti a caldo successivi alla pubblicazione della sentenza risulta talora ricorrente l’orientamento secondo il quale il giudice delle leggi abbia ritenuto apertamente incostituzionale il solo meccanismo di identificazione ratione officii tra il sindaco del comune capoluogo e il sindaco dell’ente di area vasta. Si limita inoltre a richiamare l’impossibilità dell’assunzione a tertium comparationis della normativa concernente le province, in quanto sulla base del dato testuale dell’art. 114 si ritengono enti che necessitano di una differenziazione che non giustificherebbe eventuali estensioni della disciplina elettorale avulse dal contesto normativo della legislazione in materia di autonomie locali.

 

 

3.

Occorre previamente, come del resto ha effettuato la Corte Costituzionale nel percorso argomentativo della sentenza, delineare un quadro ricostruttivo della normativa vigente in materia di enti di area vasta[5], nell’impossibilità di scindere i meccanismi elettivi dalle generali previsioni riguardanti la forma di governo dell’ente locale[6], sussistendo ad avviso della Corte un meccanismo di complementarietà e integrazione tra la forma di governo propria dell’ente locale e il meccanismo di elezioni delle istituzioni dello stesso[7].

Il primo periodo del quinto comma della legge in commento dispone che la legge sia entrata in vigore nell’attesa della riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione e delle relative norme di attuazione. Secondo una rilevazione di una parte della dottrina, detta menzione non dovrebbe riferirsi, come in molte circostanze ricordato, alla riforma costituzionale delineata nel disegno di legge Renzi-Boschi, naufragata a fronte dell’esito negativo della consultazione referendaria del 4 dicembre 2016 bensì ad un disegno di riforma costituzionale presentato nel corso del governo Letta con l’intitolazione “Abolizione delle Province”, nell’ottica di una soluzione di continuità con il sistema delle Province.[8] Si può a rigore rilevare che il ddl Renzi Boschi avrebbe superato il modello della ripartizione degli enti territoriali di cui all’art. 114 Cost, revisionando la posizione costituzionale delle città metropolitane nell’ottica dell’attribuzione di funzioni di coordinamento inter-comunali piuttosto che sovra-comunali, come nell’attuale sistema, e operando una de-costituzionalizzazione delle Province, non la loro totale abolizione come prevista nel disegno di legge costituzionale redatto durante il governo Letta. In ogni caso le prospettive delineate nel disegno di legge che avrebbe portato alla revisione costituzionale della seconda parte della costituzione nel 2016 vengono oggi ritenute, anche a fronte di quanto emerge dalla sentenza in esame, come la mancata riforma che rende rilevanti le riflessioni operate in questa sede.

L’art. 2 dispone che le Città Metropolitane sono enti di area vasta con la finalità di cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano, della promozione e della gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della Città Metropolitana. Viene inoltre prevista la cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, comprese le relazioni con le altre città e aree metropolitane europee. Gli organi della città metropolitana si ripartiscono quindi in Sindaco Metropolitano, Consiglio Metropolitano e Conferenza Metropolitana. Le funzioni dei suddetti organi sono delineate all’ottavo comma della legge in commento mentre le funzioni dell’ente di vasta area sono ricomprese ai commi 44-46 e 85-97, questi ultimi mediante un rinvio operato al comma 44.

Non risulta possibile in questa sede analizzare le singole disposizioni attributive di competenze contenute nella legge 56/2014 ma si può certo evincere che le funzioni attribuite non risultano di mero coordinamento, così come auspicato dalle intenzioni di riforma costituzionale bensì vere e proprie funzioni di natura amministrativa (cfr. supra).

 

4.

La corte viene colta nell’atto di operare una revisione del materiale giurisprudenziale che rileva se raffrontato ai consolidamenti interpretativi precedenti. Mediante l’introduzione del giudizio di legittimità costituzionale in esame si è prospettata una questione interpretativa sulla categoria del ricorso in via incidentale. Argomentando la rilevanza e l’incidentalità della questione oggetto dell’ordinanza di rinvio, come rilevato da uno dei  recenti commenti rivolti alla sentenza 240/2021 la prospettazione di un’azione di accertamento del diritto di voto in un giudizio di legittimità risulterebbe una distorsione della funzionalità di detta categoria processuale, in quanto determinerebbe un affievolimento dei necessari caratteri dell’incidentalità[9], in quanto, come sottolineato in passato dalla dottrina, causerebbe l’emersione di un surrogato del ricorso diretto, strumento processuale non previsto nel nostro ordinamento ma presente in altri sistemi di giustizia costituzionale quali quello tedesco e spagnolo.[10]

L’indirizzo di conseguenza prospettato viene fatto in un certo modo proprio dalle osservazioni dell’Avvocatura dello Stato, in difesa del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Presidente della Giunta della Regione interessata, in quanto non si riterrebbe opportuna la forzatura in via interpretativa dei requisiti della rilevanza poiché si introdurrebbe nel giudizio di legittimità costituzionale un’azione di accertamento atipica e soprattutto con la conseguenza dell’insorgenza di una problematica relativa alla competenza a conoscere dei casi concernenti la legislazione elettorale nel merito, ritenuti di competenza della giurisdizione ordinaria[11].

Si ripropongono pertanto in questa sede le riflessioni concernenti le cd. Zone franche dal giudizio di costituzionalità in quanto, secondo il suddetto indirizzo ermeneutico, la legislazione elettorale risulterebbe esclusa dal sindacato di costituzionalità.

La Corte, a fronte delle circostanze sopracitate è giunta, con la sentenza 1/2014 a ritenere ammissibili questioni di legittimità costituzionale concernenti leggi di natura elettorale che dovevano essere applicate in giudizi atti ad accertare il fondamentale diritto di voto[12] di cui all’art. 48 (e 3) della Costituzione. L’ammissibilità delle questioni è stata prospettata sia in giudizi concernenti la potenziale menomazione del diritto di voto a causa del tenore letterale delle disposizioni contenute nelle leggi elettorali così come in caso di negazione dello stesso diritto di elettorato, in ispecie passivo.[13]

Inoltre, a sostegno della rilevanza della questione, non si porrebbe la necessità di un’impugnativa innanzi alla giurisdizione ordinaria di un atto derivante da una procedura elettorale bensì sarebbe la stessa vigenza dell’automatismo legislativo di cui al comma 19 che legittimerebbe l’azione ancor prima che si proceda all’atto delle votazioni.[14]

Si fa inoltre riferimento alla circostanza secondo la quale il cittadino ricorrente sarebbe fattualmente stato nell’impossibilità di impugnare alcun atto, in quanto a partire del 2012, a causa della successione dei regimi normativi nella regione siciliana e dei ripetuti commissariamenti degli enti locali, non si è più proceduto alla consultazione elettorale ai fini dell’elezione degli organi degli enti di vasta area, procedendo invece mediante atti commissariali.[15]

Perciò rilevato l’interesse ad agire e la rilevanza della questione pendente nel giudizio a quo ben si potrebbe ammettere il ricorso al giudizio di legittimità quale extrema ratio per le volte in cui risulti impossibile adire diversamente il giudice delle leggi[16], finalizzato alla garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva rispetto al diritto di voto. Si ha l’impressione che il nodo pivotale dal punto di vista interpretativo circa l’ammissibilità o meno della questione di legittimità sia proprio la posizione del ricorrente in relazione alle contingenze del contesto politico rilevando in questo caso la mancanza di un procedimento elettorale causata dall’inefficienza del contesto amministrativo di taluni comuni.

A parte di chi scrive, la necessità del giudice delle leggi di enumerare[17], in un’ottica argomentativa di ampliamento rispetto alla soluzione adottata in sede di redazione della sentenza 1/2014  i criteri processuali finalizzati all’ammissibilità delle questioni di legittimità concernenti la materia elettorale, rivelerebbe auspicabile un intervento operato a livello della legislazione costituzionale volto a stabilizzare la procedura di accesso al sindacato di costituzionalità per detto settore normativo[18]. L’incertezza delle soluzioni adottate, come sottolineato dalla citata dottrina[19] ha portato ad uno stravolgimento del consolidamento interpretativo precedente, nell’ottica di decisioni di inammissibilità. Rilevanti profili emergono in considerazione dell’inedita assunzione, con la sentenza 110/2015, di parametri costituzionali non vigenti bensì prefigurati nel disegno di riforma, soluzione adottata dalla Corte nell’ottica del salvataggio delle norme della legge Delrio, collocandosi nel solco delle pronunce che guardano con sfavore a detta modalità di giudizio.  Conseguentemente alle questioni di giustizia costituzionale che di fatto emergono, si può ricordare la possibilità, operata dal legislatore francese con la legge organica 830/2010 di disciplinare le modalità di accesso al sindacato di costituzionalità in riferimento alla legislazione elettorale.[20] Il già citato ddl Renzi-Boschi, allo stesso modo, prevedeva a quello che sarebbe risultato il novellato articolo 134 della Costituzione, la stabilizzazione di detto procedimento, che si sarebbe svolto, ad avviso della dottrina[21], in una fase immediatamente precedente la promulgazione e il controllo operato dal Presidente della Repubblica.

Assunte queste prospettive, un’obiezione può essere mossa in merito alla pertinenza di siffatti interventi normativi nei confronti della questione relativa alla sentenza in commento. Tuttavia a fronte dell’indirizzo fatto proprio dalla corte Costituzionale ossia l’inscindibilità e la stretta interrelazione tra disposizioni elettorali e disposizioni sulla forma di governo si è portati ad escludere che il sindacato di costituzionalità debba solo ritenersi operabile nei confronti di disposizioni che determinino il meccanismo di conversione dei voti bensì alle norme che pur non attenendo a detto profilo, ben si inseriscono nell’ambito della legislazione delle elezioni. Il profilo costituito dall’automatismo impugnato dalla Corte d’Appello di Catania, pertanto si inscriverebbe in questa logica, con la conseguenza della necessità per il legislatore di considerare l’eventualità di questa decisione.

 

 

[1] G. Citroni, G. Falcone, M. T. Galanti, “Chi vivrà vedrà. Le arene metropolitane tra Legge Delrio e referendum costituzionale”, in “Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, Rivista quadrimestrale” 3/2016, pp. 373-398, nel quale si rileva la circostanza della presenza nel dibattito pubblico della questione legata alle città metropolitane sin dagli ultimi anni del secolo scorso.

[2] Punto 7.1 del “considerato in diritto”.

[3] Ibidem.

[4] Punto 8 del “considerato in diritto”.

[5] Si rimanda e per le affermazioni che seguono, ai fini della trattazione, al testo della legge 56/2014.

[6] Si riporta di seguito il contenuto della pronuncia in esame: il meccanismo di individuazione del sindaco metropolitano, da un lato, e il sistema di elezione indiretta del Presidente della Provincia non possono essere considerati in modo atomistico, come se fossero avulsi dal complesso di previsioni che disciplinano la forma di governo dei due enti di area vasta.

[7]Considerato in diritto”, 7.2. La corte rileva che il meccanismo delineato nella legislazione elettorale debba armonizzarsi con la forma di governo, con lo scopo di garantirne un equilibrato funzionamento. Detto indirizzo risulta coerente con la previsione di cui all’art. 97 della Costituzione in materia di buon andamento dell’amministrazione.

[8] A. Simoncini, G. Mobilio, “L’identità delle Città metropolitane attraverso i loro Statuti: sintomi di una sindrome «bipolare»?”, in “Le Regioni, Bimestrale di analisi giuridica e istituzionale”, 4/2016, pp. 669-708.; così come G. Boggero, “Dopo il referendum costituzionale del 2016 Sindaco Metropolitano e presidente della provincia pari (non) sono?”; In Federalismi, interventi al convegno del 20 dicembre 2021 “La sentenza 240 del 2021: La Corte Costituzionale e la legge Delrio, 2021.

[9] G. Boggero, op. cit., p. 2.

[10] A. Mangia, L’azione di accertamento come surrogato del ricorso diretto, in: www.lacostituzione.info, 2017.

[11] Punto 4 del “ritenuto in fatto”.

[12] Punto 2 del “ritenuto in fatto”.

[13] Punto 3.1 del “considerato in diritto”.

[14] Ibidem.

[15] Punto 5.1 del “ritenuto in fatto”.

[16] Ibidem.

[17] Punto 4.2.3 del “considerato in diritto”.

[18] Sul punto A. Poggi, La sentenza 240: un nuovo strappo all’incidentalità del giudizio e un revirement sulla legge Delrio, In Federalismi, relazione al convegno cit., 2021.

[19] Ibidem.

[20] Si prevede nella citata legge organica, la possibilità di un sindacato preventivo sulla legislazione elettorale che determina, fino al completamento della procedura prevista, la sospensione del termine di promulgazione. Il conseil constitutionnel potrà giudicare contraria a costituzione l’intera legge o parti di essa, così come di rilevare la sua conformità a costituzione. Il profilo maggiormente rilevante in questo senso è la declaratoria d’incostituzionalità di una disposizione o di una serie di disposizioni considerabili atomisticamente per il fatto che non incidono sull’impianto generale della legge in esame. Si prevede in tal caso la facoltà del Presidente della Repubblica di rinviare la legge alle camere per un riesame.

[21] A. Rauti, il giudizio preventivo di costituzionalità sulle leggi di Camera e Senato, in “Federalismi”, 2016, sez. focus-dottrina.

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