Il reato di tortura: ci tutelerà o è una mera “beffa”?
Mercoledì 17 maggio il Senato ha approvato con 195 voti favorevoli, 8 contrari e 34 astenuti un disegno di legge che introduce nel nostro ordinamento il reato di tortura. Il testo, esaminato dal Senato per la terza volta dopo numerose modifiche, ora torna alla Camera per essere approvato. Una legge molto agognata considerando la ratifica avvenuta ormai già 28 anni fa della convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Il promotore di questa legge fu il senatore Luigi Manconi che alla votazione della nuova legge, si è astenuto dichiarando il suo come un atto gravoso ma dovuto, asserendo che il disegno così come modificato è: “un testo mediocre, un compromesso al ribasso che non permetterà di applicare facilmente le disposizioni in tribunale”. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo firmata a Roma il 4 novembre 1950, e ratificata dall’Italia con legge 4 agosto 1955 n. 848, all’articolo 3 prevede: «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti»; l’Italia però ha aspettato diversi anni per munirsi di una norma.
Definizione di tortura
La tortura è la condotta di chi agendo con “violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa”.
Il testo della legge
Art. 613-bis – Tortura – “Chiunque, con più atti di violenza o di minaccia, ovvero mediante trattamenti inumani o degradanti la dignità umana, ovvero mediante omissioni, cagiona acute sofferenze fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia o autorità o potestà o cura o assistenza ovvero che si trovi in una condizione di minorata difesa, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni ovvero da un incaricato di un pubblico servizio nell’esercizio del servizio, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni. Se dal fatto deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate. Se dal fatto deriva una lesione personale grave le pene sono aumentate di un terzo e della metà in caso di lesione personale gravissima. Se dal fatto deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo”.
Art. 613-ter – Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura – “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
– il testo modifica anche il testo sull’immigrazione : dove viene statuito che non sono ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a Tortura.
Critiche e assensi
– Il Sentore Luigi Manconi sostiene che le modifiche approvate lasciano ampi spazi discrezionali perché, ad esempio, il singolo atto di violenza brutale di un pubblico ufficiale su un arrestato potrebbe non essere punito; e presentano anche un’altra incongruenza: la norma prevede perché vi sia tortura un verificabile trauma psichico, ma i processi per tortura avvengono per loro natura anche a dieci anni dai fatti commessi…come si fa a verificare dieci anni dopo un trauma avvenuto tanto tempo prima? Tutto ciò significa ancora una volta che non si vuole seriamente perseguire la violenza intenzionale dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio in danno delle persone private della libertà, o comunque loro affidate. Secondo Manconi, poi, il reato viene considerato come comune e non proprio, slegato quindi nella sua definizione dall’operato dei pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio.
– Per Amnesty International “la priorità è stata quella di voler proteggere gli appartenenti all’apparato statale anche quando commettono gravi violazioni dei diritti”.
– Per l’associazione Antigone il testo è “confuso e pasticciato” e pensato per “le preoccupazioni di chi vuole restringere le aree della potenziale punibilità”.
– Ilaria Cucchi afferma che questa è “una legge talmente inapplicabile da essere controproducente, si creano altri problemi e altra confusione e si favorisce chi commette questo reato”.
– Secondo il ministro della Giustizia Orlando il testo è un “passo decisivo” e, “frutto delle necessarie mediazioni parlamentari, ci avvicina all’obiettivo di introdurre nel nostro ordinamento una nuova figura di reato, su cui anche molti organismi internazionali sollecitano da tempo il nostro Paese”.
Alcuni casi di tortura in Italia
In quanto a violenze e torture la stessa Italia non ha certo storie passate del tutto limpide o edificanti.
– nel 2001 ci fu un blitz della polizia alla scuola Diaz, alla caserma Bolzaneto a Genova, centinaia di giovani furono letteralmente torturati per giorni e giorni, solo nell’aprile del 2016 dopo aver fatto ricorso alla Cedu, il governo italiano ha risarcito con un totale di 45mila euro i danni morali e le spese processuali sostenuti da sei persone che avevano subìto violenze e torture nella caserma. In quell’occasione la Corte ha dichiarato all’unanimità che è stato violato l’articolo 3 della Convenzione: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti. La Corte di Strasburgo rileva che il carattere del problema è “strutturale” e richiama l’Italia a “stabilire un quadro giuridico adeguato, anche attraverso disposizioni penali efficaci”, munendosi di strumenti legali in grado di “punire adeguatamente i responsabili di atti di tortura o di altri maltrattamenti”, impedendo loro di beneficiare di misure in contraddizione con la giurisprudenza della Corte stessa. Dopo tali fatti si discusse dell’introduzione di tale reato ma per opposizioni politiche, in particolare della Lega Nord,cadde tutto nel dimenticatoio.
– nel 2003 degli agenti della CIA, con la complicità dei nostri servizi, rapirono a Milano e trasferirono in Egitto l’imam Abu Omar, anche lui poi torturato e seviziato. L’Italia ancora una volta viene condanna da parte della Corte di Strasburgo.
– Il caso Aldrovandi è la vicenda giudiziaria e di cronaca che ruota intorno all’uccisione del diciottenne Federico Aldrovandi, studente ferrarese deceduto nel 2005 a causa delle percosse inflittegli da quattro poliziotti condannati in appello e poi definitivamente nel 2012 a 3 anni e 6 mesi di reclusione, una pena minima.
– Stefano Cucchi, muore nel 2009 assassinato da servitori dello Stato a causa delle percosse subite e non dichiarate causa del decesso dai medici dell’ospedale. È durissima la requisitoria di Eugenio Rubolino, procuratore generale al processo d’appello bis per la morte di Stefano Cucchi che vede imputati cinque medici dell’ospedale Pertini di Roma. Il processo è stato riaperto quando la Cassazione nel 2015 accoglie il ricorso contro la sentenza di assoluzione da parte dei giudici d’appello e riapre un grado di appello-bis.
– Andrea Cirino, nel 2004, ha subito atti di tortura nel carcere di Asti eppure per i responsabili accertati, una squadra di quindici poliziotti italiani, non c’è stata nessuna condanna proprio in assenza del reato di tortura. La Corte Europea dei diritti dell’uomo condanna l’Italia anche questa volta, invitandola a colmare il gravissimo vuoto legislativo.
– Giulio Regeni nel 2016 fu rapito e il suo corpo fu ritrovato il 3 febbraio successivo, seviziato e torturato. Il 10 marzo 2016 il Parlamento Europeo a Strasburgo ha approvato una proposta di risoluzione che ha condannato la tortura e l’uccisione di Giulio Regeni e le continue violazioni dei diritti umani del governo di al-Sisi in Egitto. La risoluzione è stata approvata con ampia maggioranza
Doveva questa essere una legge che mettesse un punto da cui ripartire, che desse dignità alle innumerevoli vittime che l’Italia conta e che non hanno ancora ricevuto giustizia. Doveva essere una legge volta a dissuadere da abusi di potere, garantendo al cittadino diritto alla difesa e alla fiducia nelle istituzioni; eppure così come è stata rivisitata non sembra altro che una mero tranello. Il popolo italiano o chi come gli operatori giudiziari crede fortemente nella giustizia non si può accontentare di una legge cavillosa e discrezionale pronta a creare ulteriori e infiniti scompensi.
Valeria D’Alessio è nata a Sorrento nel 1993.
Sin da bambina, ha sognato di intraprendere la carriera forense e ha speso e spende tutt’oggi il suo tempo per coronare il suo sogno. Nel 2012 ha conseguito il diploma al liceo classico statale Publio Virgilio Marone di Meta di Sorrento.
Quando non è intenta allo studio dedica il suo tempo ad attività sportive, al lavoro in un’agenzia di incoming tour francese e in viaggi alla scoperta del nostro pianeta.
È molto appassionata alla diversità dei popoli, alle differenti culture e stili di vita che li caratterizzano e alla straordinaria bellezza dell’arte.
Con il tempo ha imparato discretamente l’inglese e si dedica tutt’oggi allo studio del francese e dello spagnolo.
Nel 2017 si è laureata alla facoltà di Giurisprudenza della Federico II di Napoli, e, per l’interesse dimostrato verso la materia del diritto penale, è stata tesista del professor Vincenzo Maiello. Si è occupeta nel corso dell’anno di elaborare una tesi in merito alle funzioni della pena in generale ed in particolar modo dell’escuzione penale differenziata con occhio critico rispetto alla materia dell’ergastolo ostativo.
Nel giugno del 2019 si è specializzata presso la SSPL Guglielmo Marconi di Roma, dopo aver svolto la pratica forense – come praticante avvocato abilitato – presso due noti studi legali della penisola Sorrentina al fine di approfondire le sue conoscenze relative al diritto civile ed al diritto amministrativo, si è abilitata all’esercizio della professione Forense nell’Ottobre del 2020.
Crede fortemente nel funzionamento della giustizia e nell’evoluzione positiva del diritto in ogni sua forma.