RUNTS ed enti religiosi
SOMMARIO: 1. Le attività del ramo ETS – 2. La costituzione del ramo ETS – 3. Il regolamento del ramo ETS – 4. Il patrimonio del ramo ETS: effetto segregativo
- Le attività del ramo ETS
Il Codice del Terzo Settore[1] (CTS) riconosce che anche agli enti religiosi civilmente riconosciuti si possa applicare la disciplina degli Enti del Terzo Settore (ETS). A tal proposito, è necessario fare alcune precisazioni sulle attività consentite:
- gli enti ecclesiastici devono svolgere in modo costitutivo ed essenziale attività di religione o di culto (art. 2 della legge n. 222/1985[2]), e possono svolgere altre attività soltanto se non sono costitutive ed essenziali (art. 15 della legge n. 222/1985). Queste altre attività, in ogni caso, devono comunque essere coerenti con il fine dell’ente, che deve necessariamente essere quello di religione o di culto in modo costitutivo ed essenziale, nonché con la sua struttura[3];
- gli ETS devono svolgere in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, di cui all’art. 5 del CTS (es. istruzione e formazione professionale, interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente, accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti ecc.). Gli ETS possono anche svolgere, in virtù dell’art. 6, attività diverse rispetto a quelle indicate dall’art. 5, tuttavia a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e che siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale[4].
A questo punto bisogna aggiungere che, come precisato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la nota n. 3734 del 15 aprile 2019[5], le attività di religione e culto, che si ricorda gli enti ecclesiastici devono necessariamente svolgere in via esclusiva o principale, non possono essere ricondotte né tra quelle di interesse generale di cui all’art. 5, né tra quelle diverse di cui all’art. 6 del Codice del Terzo Settore. Questo ci porta a due importanti conseguenze:
- un ente civile deve necessariamente assumere direttamente la qualifica di ETS, qualifica che si riferirà all’intero ente in quanto tale, dato che deve svolgere in via esclusiva o principale una delle attività di interesse generale di cui all’art. 5;
- un ente religioso civilmente riconosciuto deve necessariamente svolgere in via esclusiva o principale un’attività di religione o di culto, e non potrà quindi svolgere in modo principale o esclusivo una delle attività di interesse generale di cui all’art. 5 (non rientrando, come detto, le attività di religione o di culto tra quelle previste in tale articolo) così come prescritto dal CTS: le due attività non potrebbero coesistere. Questo significa che un ente religioso civilmente riconosciuto non può assumere direttamente la qualifica di ETS e che gli rimangono, a questo punto, solo due alternative:
- la costituzione di un ente civile autonomo rispetto all’ente religioso, che quindi possa svolgere in via esclusiva o principale le attività di interesse generale di cui all’art. 5 del CTS così da assumere direttamente la qualifica di ETS, e che sia però controllato dall’ente religioso stesso;
- la costituzione di un apposito ramo ETS[6], che svolga una o più delle attività di interesse generale di cui all’art. 5 del CTS in modo esclusivo o principale, e che saranno però secondarie rispetto all’ente religioso civilmente riconosciuto (del quale il ramo ETS costituisce una parte) che, invece, continuerà a svolgere in modo esclusivo o principale le attività di religione o di culto: soltanto il ramo appositamente creato assumerà la qualifica di ramo ETS, mentre tale qualifica non sarà assunta dall’ente religioso al quale il ramo ETS appartiene.
Obbligando l’ente religioso civilmente riconosciuto a costituire un apposito ente controllato o un ramo ETS, si impedisce l’estensione delle agevolazioni previste dal CTS anche alle attività di religione e di culto che sono proprie di questi enti. Sempre per quanto riguarda il tema delle attività svolte dal ramo ETS, un argomento molto dibattuto è quello concernente le attività diverse di cui all’art. 6 CTS. Infatti, da un’interpretazione letterale dell’art. 4 co. 3 CTS (“Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del presente decreto si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui all’articolo 5 […]”), si era sostenuto che i rami ETS degli enti religiosi non potessero esercitare le attività diverse strumentali e secondarie disciplinate dall’art. 6 CTS. Tale dubbio, però, è stato poi superato con il D.M. 15 settembre 2020 n. 106[7] (c.d. Decreto RUNTS) che, coerentemente con quanto stabilito dall’art. 53 CTS, ha chiarito le modalità di iscrizione al RUNTS. All’art. 14, nell’elencare i dati che devono essere contenuti nel regolamento del ramo ETS degli enti religiosi civilmente riconosciuti, tale decreto indica in modo espresso sia le attività di interesse generale sia le attività diverse ai sensi dell’art. 6 del CTS.
- La costituzione del ramo ETS
L’art. 4 co. 3 CTS, al fine di qualificare il ramo dell’ente religioso come ETS, stabilisce alcuni requisiti. Nello specifico, rispetto alle attività svolte nel ramo:
- deve essere adottato un apposito regolamento “in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che, ove non diversamente previsto, ed in ogni caso nel rispetto della struttura e delle finalità di tali enti, recepisca le norme del CTS […] e sia depositato nel registro unico nazionale del terzo settore (RUNTS)”. Del regolamento, che deve essere depositato nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), si parlerà meglio più avanti (v. par. 3);
- deve essere costituito un patrimonio destinato (v. par. 4);
- devono essere tenute scritture contabili separate.
Con riferimento alla pubblicità del ramo, invece, va ricordato che l’art. 5 della legge n. 222/1985, stabilisce che gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti devono essere iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche (RPG): da ciò deriva che un ente ecclesiastico che voglia far acquisire al proprio ramo la qualifica di ramo ETS, deve essere iscritto contemporaneamente al Registro delle Persone Giuridiche in quanto ente e al RUNTS con il suo ramo ETS. Occorre, quindi, prestare attenzione affinché non vi risultino notizie contraddittorie.
Per quanto riguarda la costituzione del ramo ETS, inoltre, bisogna fare alcune ulteriori precisazioni oltre a quanto indicato finora. Mentre per gli enti civili l’iscrizione al RUNTS ha effetti costitutivi, per gli enti ecclesiastici ha effetti dichiarativi[8]. La disciplina concernente l’acquisto della personalità giuridica prevista dall’art. 22 CTS, quindi, non può applicarsi anche agli enti ecclesiastici, così come previsto anche dall’art. 15 co. 2 del già citato Decreto RUNTS (D.M. n. 106/2020): l’istituzione del ramo ETS, infatti, presuppone necessariamente l’esistenza di un ente religioso, cioè quello a cui il ramo ETS appartiene, a cui sia stata già civilmente riconosciuta la personalità giuridica.
Si specifica, inoltre, che la decisione di istituire un ramo ETS è un atto di straordinaria amministrazione: ciò significa che l’amministratore dell’ente di cui il ramo ETS fa parte, prima di poter procedere alla costituzione del ramo stesso, deve acquisire le necessarie autorizzazioni canoniche[9] da parte dell’Ordinario (art. 18 della legge n. 222/1985). Un riscontro di quanto detto, lo si trova anche all’art. 14 co. 3 del D.M. n. 106/2020.
- Il regolamento del ramo ETS
Il Regolamento del ramo ETS non deve essere considerato come una sorta di statuto dello stesso, avente il compito di definirne il funzionamento. La sua funzione, infatti, è quella di:
- permettere ai terzi di essere a conoscenza del ramo ETS;
- dichiarare quali sono le attività del ramo, ovviamente coerentemente con gli artt. 5 e 6 CTS (v. par. 1);
- contenere le norme del CTS che verranno applicate al ramo.
Il regolamento è richiesto, infatti, in quanto gli enti religiosi derivano direttamente dagli ordinamenti confessionali e, quindi, potrebbero non avere uno statuto[10]: con il regolamento si dà certezza ai terzi che hanno contatti con il ramo circa la sua esistenza, le attività da questo svolte e le regole a esso applicabili. Il regolamento, per essere idoneo alla produzione di effetti giuridici, deve contenere le informazioni previste dall’art. 14 del più volte citato Decreto RUNTS (D.M. n. 106/2020), tra le quali ci sono:
- la denominazione del ramo;
- l’assenza dello scopo di lucro;
- le scritture contabili separate;
- le attività di interesse generale e quelle diverse;
- la sede legale;
- i nominativi degli amministratori e i loro poteri di rappresentanza;
- l’esatta indicazione dei beni che costituiscono il patrimonio del ramo ETS.
Si ricorda, inoltre, come già spiegato nel par. 2, che alla domanda di iscrizione al RUNTS, la quale deve essere presentata dal legale rappresentante, oltre al regolamento dovrà essere allegato l’atto con il quale la competente autorità religiosa autorizza l’iscrizione al RUNTS o dichiara che tale autorizzazione non è necessaria (art. 14 co. 3 del D.M. n. 106/2020).
Non bisogna dimenticare, inoltre, che trattandosi di un “ramo” dell’ente religioso, e non di un ente da questo separato e controllato (per le due alternative, v. par. 1), questo resta sempre disciplinato in prima istanza dalla normativa che interessa l’intero ente: dato che agli enti religiosi si applica in prima istanza la normativa della confessione religiosa a cui appartengono, come corollario anche ai rami ETS si applicheranno tali norme. La particolarità dei rami ETS, quindi, è il loro assoggettamento sia alle norme proprie della rispettiva confessione religiosa di appartenenza, sia alla disciplina del CTS: anche il regolamento, pertanto, non potrà mai essere in contrasto con le norme proprie della confessione religiosa cui appartiene l’ente in quanto il ramo, se pur equiparato a un ETS, continua a rappresentarne una parte. È necessario, quindi, analizzare le norme del CTS in modo da distinguere quelle che devono necessariamente essere contenute nel regolamento, dalle altre. Il legislatore, infatti, ha precisato che non devono essere recepite nel regolamento le norme del CTS quando:
- è così disposto dal CTS;
- il loro inserimento nel regolamento avrebbe come effetto anche la modifica della struttura e della finalità dell’ente religioso: infatti, l’art. 4 co. 3 CTS dispone che il regolamento debba recepire le norme del CTS “[…] in ogni caso nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti […]”. Nella pratica potrebbe rivelarsi difficile identificare quali norme non debbano essere recepite nel regolamento, anche se il CTS chiede che siano inserite negli statuti degli ETS, in quanto incompatibili con la struttura e le finalità dell’ente religioso.
- Il patrimonio del ramo ETS: effetto segregativo
Ai sensi dell’art. 8 CTS il patrimonio del ramo ETS, così come identificato attraverso il regolamento, deve essere necessariamente utilizzato per lo svolgimento di attività con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale: si crea, quindi, un vero e proprio vincolo di destinazione.
Una questione che per molto tempo è rimasta priva di risposta, invece, è quella relativa all’effetto segregativo: ci si domandava, cioè, se il patrimonio del ramo ETS costituisse un patrimonio separato oppure no. La questione è molto rilevante, poiché se si afferma la sussistenza dell’effetto segregativo allora i creditori dell’ente religioso a cui il ramo ETS appartiene possono rivalersi anche sul patrimonio destinato al ramo ETS, e viceversa; se, invece, si afferma l’insussistenza dell’effetto segregativo allora ciò non può avvenire, e i creditori dell’ente religioso a cui il ramo ETS appartiene possono rivalersi solo sul patrimonio dell’ente, ma non anche sul patrimonio destinato al ramo ETS, e viceversa. La dottrina era, a riguardo, molto divisa. Alcuni sostenevano che, in considerazione dell’esigenza di evitare che il patrimonio dell’ente religioso fosse soggetto a pregiudizio, l’effetto segregativo sussistesse. Altri, invece, asserivano che l’effetto segregativo costituisce un’eccezione al principio generale della responsabilità patrimoniale del debitore affermata dall’art. 2740 C.c., la quale può essere limitata soltanto laddove sia la legge a stabilirlo espressamente (carattere tassativo della separazione patrimoniale): non sussistendo tale previsione, si concludeva con l’affermare l’insussistenza dell’effetto segregativo. Questa seconda tesi era quella preferibile. Questo punto è stato definitivamente chiarito dall’art. 66 D.L. n. 77/2021[11], convertito con legge n. 108/2021[12], il quale ha stabilito che l’ente religioso, per le obbligazioni assunte nell’esercizio dell’attività ETS, risponde unicamente con i beni che fanno parte del patrimonio dedicato al ramo stesso: si crea un patrimonio separato. Questa disposizione risolve una questione che per molto tempo ha spinto diversi enti religiosi, intimoriti dal fatto che un’attività diversa potesse intaccare il proprio patrimonio stabile destinato alle attività di religione e di culto, a preferire la costituzione di un nuovo ente ETS controllato da quello religioso.
[1] Il Codice del Terzo Settore, è disponibile qui: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2017-07-03;117
[2] La legge n. 222/1985, è disponibile qui: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1985-05-20;222!vig=
[3] A tal proposito, v. E. Vitali – A. G. Chizzoniti, Manuale breve Diritto Ecclesiastico, edizione 2021, pp. 121-125
[4] ivi, pp. 150-152
[5] La nota n. 3734 del 15 aprile 2019 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è disponibile qui: https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normative/Documents/2019/Nota-prot-3734-del-15042019-relativa-alle-attivita-di-culto.pdf
[6] A tal proposito, v. E. Vitali – A. G. Chizzoniti, op. cit., p. 150
[7] Il D.M. n. 106/2020, è disponibile qui: https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normative/Documents/2020/DM-106-del-15092020.pdf
[8] A tal proposito, v. E. Vitali – A. G. Chizzoniti, op. cit., p. 154
[9] ibid.
[10] Si tratta di enti che sono stati costituiti o approvati dall’autorità ecclesiastica ovviamente secondo le norme del diritto canonico e che, quindi, rimangono comunque assoggettati a tale normativa. Lo si può desumere anche dallo Scambio di note tra la Santa Sede e l’Italia circa l’interpretazione e l’applicazione delle norme sui beni e gli enti ecclesiastici, risalente al 1997: “[…] Non può dunque richiedersi ad essi ad esempio la costituzione per atto pubblico o il possesso in ogni caso dello statuto, né la conformità del medesimo, ove l’ente ne sia dotato, alle prescrizioni riguardanti le persone giuridiche private […]”. Il testo completo è consultabile qui: https://www.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/31/2021/09/S.Sede-Italia_enti-beni_ecclesiastici.pdf
[11] Il D.L. n. 77/2021, è disponibile qui: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2021;77~art8
[12] La legge n. 108/2021, è disponibile qui: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2021-07-29;108#:~:text=Conversione%20in%20legge%2C%20con%20modificazioni,accelerazione%20e%20snellimento%20delle%20procedure
Diplomato con lode all’I.I.S.S. Domenico Romanazzi, durante il periodo scolastico svolge un’intensa attività di rappresentanza studentesca, anche come Consigliere della Consulta Provinciale degli Studenti di Bari, durante la quale si dedica principalmente all’organizzazione di attività di promozione della cittadinanza attiva ed è, inoltre, incaricato dell’interlocuzione studentesca con l’amministrazione comunale e metropolitana in materia di edilizia scolastica.
Ora Studente di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, collabora con le associazioni studentesche nella promozione di metodologie didattiche peer-to-peer, organizzando incontri volti ad aiutare gli Studenti nell’elaborazione di un metodo di studio, nonché nella preparazione degli esami universitari. Nell’ambito dell’insegnamento di Storia del Diritto italiano ha approfondito il tema dell’integrazione europea, con riferimento anche alla Conferenza sul futuro dell’Europa, redigendo una tesina intitolata “Europa: vola solo chi osa farlo”.
Da ultimo, è autore presso Ius in Itinere.