Tar Lombardia: permesso di costruzione non ritirato, i lavori continuano
Il Tar Lombardia si è trovato, nel mese di novembre scorso, a riaffrontare la delicata questione che coinvolge le opere edili, i permessi ed i committenti. Il fatto di specie, però, ha riguardato l’ipotesi di opere edili realizzate senza che il committente avesse, previamente, ritirato il relativo permesso di costruire.
La sentenza del Tar Lombardia [1] si è occupato, in primis, delle conseguenze concrete del mancato ritiro del permesso. Il fatto raccontato dinanzi il Tar, difatti, aveva individuato come conseguenza la demolizione integrale dell’edificio costruito dalla ricorrente. A tale ordinanza, però, seguiva anche la decadenza, della ricorrente sempre, da ogni valida concessione edilizia.
Il Tar Lombardia, in prima indagine, non ha toccato il merito della questione ma si è limitato ai “profili di particolare complessità“, i quali sono risultati sufficienti per la sospensione[2] dell’ordinanza demolitiva, tempestivamente impugnata. Il fondamento normativo di tale decisione si ritrova, chiaramente, nell’ accertamento che l’opera, realizzata dalla società ricorrente, è conforme al contenuto del titolo edificatorio non ritirato. Per tale ragione si è andata ad esaminare una situazione in cui vi è la legittimità dell’opera, il permesso della sua costruzione, ma tale ultimo non è mai stato ritirato dall’interessato. La questione di diritto, ergo, concerne la validità del permesso di costruire regolarmente emesso e che non presenta taluno errore di forma o contenuto, ma, nella concretezza dei fatti, mai entrato nel possesso dell’interessato. La questione si sposta, a questo punto, sugli effetti di tale permesso e se, analizzando il primo provvedimento di sospensione, debba considerarsi non emesso. Il Tar Lombardia si è, in seconda battuta, interessato della legittimità ed efficacia del provvedimento; che si è analizzato in tutti i suoi elementi. Il Tar, difatti, ha osservato che “il permesso di costruire diviene efficace già al momento del suo rilascio, non essendo a tal fine necessario che lo stesso venga comunicato o ritirato dal destinatario”. Tale dicitura mantiene ben chiaro l’elemento da cui discende l ‘efficacia: il rilascio. Il mancato ritiro, quindi, non incide sull’efficacia, ma sul possesso del permesso. Il Tribunale quindi, seguendo una linea di sostanza tendente alla concretizzazione del provvedimento, ha così deciso di anteporre la sostanza alla forma, ritenendo che “l’efficacia del summenzionato permesso dovesse dipendere dalla positiva conclusione del procedimento amministrativo teso al suo rilascio, a nulla rilevando la circostanza che il richiedente non si fosse attivato per ritirare il provvedimento autorizzativo“.
Il ragionamento del Tribunale Amministrativo, però, ricorda quello del Consiglio di Stato esplicato in una sua pronuncia del 2015 [3], in cui si è espresso sulla natura del permesso di costruire che ha “natura ampliativa della sfera giuridica del richiedente, per cui è ex se idoneo a produrre gli effetti suoi propri fin dal momento della sua emanazione, indipendentemente dal fatto che sia comunicato all’interessato e che questo abbia materialmente provveduto a ritirarlo“. Tale decisione, anzitempo, ha sancito la centralità dell’emissione come momento cruciale per la nascita dell’efficacia del provvedimento.
Il provvedimento , ergo, non è sanzionato con la decadenza né il mancato ritiro del titolo stesso, né il ritardato o mancato pagamento del contributo di costruzione; fattispecie quest’ultima specificamente contemplata dall’art. 42 del d.P.R. n. 380 del 2001 la quale prevede come rimedio “l’applicazione di una sanzione pecuniaria rapportata all’entità del contributo non pagato e al ritardo accumulato e, nei casi di più grave ritardo, la possibilità per i comuni di tutelarsi mediante la riscossione coattiva”.
Tale ragionamento sembra essere il migliore possibile, oltre ad essere perfettamente in linea con le normative vigenti. Per ben capire, però, la condivisione di questa scelta, si può prospettare il modus operandi di un’azione contraria. Seguendo l’opposto ragionamento, infatti, la società ricorrente avrebbe dovuto subire la demolizione integrale di quanto realizzato, pur avendo essa operato nel pieno rispetto di un permesso di costruire regolarmente rilasciato. Tale conseguenza sarebbe stata maggiore rispetto la portata della questione. In primis si rileva che ci sarebbe stata non proporzionalità tra problematica e risoluzione.
La linea giurisprudenziale seguita prima dal Consiglio di Stato e poi dal Tar Lombardia oltre ad essere una pietra miliare della questione, svela la direzione del ragionamento basilare del giudice amministrativo: arrecare il minore danno possibile, puntando sul contenuto e preferendoli, in casi specifici, alla forma. Il non ritiro di un provvedimento legittimo non può riversarsi in conseguenze spropositate sul soggetto.
[1] Decisione Tribunale Amministrativo Regionale Lombardia, sez. II, sentenza 14/11/2017 n° 2173
[2] Il riferimento è alla sospensione del provvedimento impugnato con ordinanza n. 1215/2016
[3] Decisione del Consiglio di Stato n. 5971/2015
Mirella Astarita nasce a Nocera Inferiore nel 1993. Dopo la maturità classica prosegue i suoi studi presso la facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo Federiciano.
Amante fin da piccola della letteratura e dei mondi a cui dà accesso, crescendo impara a guardare e raccontare con occhio critico ciò che la circonda. Le piace viaggiare, conoscere posti nuovi, sentire le loro storie ed immaginare come possa essere vivere lì. Di indole curiosa lascia poche cose al caso.
La sua passione verso il diritto amministrativo nasce seguendo i primi corsi di questa materia. Attenta all’incidenza che ha questa sfera del diritto nei rapporti giuridici, le piace sviscerare fino in fondo i suoi problemi ed i punti di forza.
Attualmente è impegnata nella stesura di una tesi di diritto amministrativo comparato, riguardante i sistemi di sicurezza.