venerdì, Luglio 26, 2024
Di Robusta Costituzione

Una rivoluzione in materia di attribuzione del cognome

Una rivoluzione in materia di attribuzione del cognome: nota a Corte cost. n. 131/2022

  1.  Introduzione

 

La Corte Costituzionale, a seguito della promozione del giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma del codice civile[1], sollevando la questione innanzi a se nell’ordinanza n. 18/2021[2] e nel giudizio di due ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse, in un giudizio a cause riunite[3], pronuncia la sentenza n. 131/2022.

La sentenza in oggetto si colloca nel percorso giurisprudenziale che riguarda i giudizi di legittimità costituzionale che vertono su questioni che derivano dal meccanismo di attribuzione del cognome[4].

A seguito della divulgazione del comunicato stampa che illustra gli estremi essenziali della pronuncia[5], la sentenza è stata sin da subito accolta con grande clamore dall’opinione pubblica[6].

Il tema dell’attribuzione del cognome ai figli risulta già da molto tempo oggetto di interesse nell’ambito dell’ordinamento italiano. Fino a partire dalle sentenze n. 61/1988 e 588/1988 l’illegittimità costituzionale della disposizione del codice sopra menzionata era stata rilevata dalla Corte costituzionale in via interpretativa, in quanto l’attribuzione del cognome paterno fosse emanazione di un retaggio di matrice romanistica ma il giudice delle leggi non aveva mai condotto le sue argomentazioni a sostegno di una declaratoria di illegittimità costituzionale, preferendo la Corte rimettersi al prudente apprezzamento del legislatore nell’esercizio del potere discrezionale di cui è titolare. Tale rimessione, peraltro ripetuta nella sentenza del 2022, verrebbe statuita in ragione della natura della materia familiare, di competenza espressamente prevista del legislatore statale ex art 117, secondo comma, lett. l).

La sentenza in commento ha condotto alla declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre con riferimento ai figli, sia nel caso in cui essi siano nati all’interno del matrimonio, sia che risultino figli naturali o adottivi, a partire dall’assunto secondo il quale l’automatica attribuzione del cognome paterno si presenti quale una disposizione lesiva dell’identità del figlio[7] e discriminatoria nei confronti dello stesso. Il dispositivo della sentenza reca l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, secondo periodo del codice civile così come tre declaratorie di illegittimità costituzionale in via consequenziale ex art. 27 legge n. 87/1953 conseguente alla declaratoria di illegittimità dell’art. 262 c.c., della norma che si può desumere dal combinato disposto degli artt. 262, primo comma cod. civ., 297, terzo comma cod. civ., 27, primo comma della legge n. 184/1983; dell’art. 299, terzo comma, cod. civ. e infine dell’art. 27, primo comma della già menzionata legge n. 184/1983.

L’illegittimità delle disposizioni è stata rilevata in via generale per contrasto con gli artt. 2, 3 e 117, primo comma della Costituzione, quest’ultimo nella misura in cui gravi l’obbligo di attuazione degli artt. 8 e 14 della CEDU, congiuntamente ad altre disposizioni di documenti normativi internazionali di cui infra si fornirà compiutamente l’analisi.

Si può del resto affermare che l’identità del figlio, colta nel caso di specie in relazione all’attribuzione del cognome, costituisce un essenziale connotazione della personalità, costituzionalmente presidiata dalla generale enunciazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione[8].

La regola oggi vigente, conseguente alla decisione del giudice delle leggi, è l’automatica attribuzione del cognome di entrambi i genitori al figlio, nell’ordine dagli stessi concordato, salvo la circostanza in cui essi decidano di attribuire soltanto un cognome dei due, coerentemente alle motivazioni contenute nell’ordinanza di remissione, dal momento che la censura viene rivolta nella parte in cui non si preveda l’attribuzione al figlio del solo cognome della madre nel novero dei casi possibilmente verificabili. La Consulta, pervenuta a tale esito, ha superato l’orientamento dimostrato nella sentenza n. 286/2021[9], con la quale si è dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 262 c.c. nella parte non cui la disposizione non ammetteva la possibilità dell’attribuzione del cognome materno in aggiunta a quello paterno.

A fronte della possibile mancanza di accordo i coniugi dovranno a rigore ricorrere al sussidiario intervento del giudice[10].

La decisione in commento ha certamente innovato il regime normativo italiano nel renderlo maggiormente flessibile rispetto alla condizione previgente, alla stregua delle disposizioni concernenti la scelta del cognome di altri ordinamenti europei nell’ambito delle relazioni familiari e dei corollari che ne derivano.

Lo scopo del presente contributo è di analizzare gli esiti della sentenza n. 131/2022 della Corte costituzionale, orientandosi secondo il percorso decisorio dettato dalla stessa, nella consapevolezza della temporaneità dell’assetto legislativo che ne deriva, dal momento che il legislatore, per le ragioni summenzionate, dovrà intervenire fornendo un quadro organico della materia.

 

  1. L’attribuzione del cognome in alcuni ordinamenti dell’Unione Europea

 

La sentenza n. 131/2022, come già ricordato, allinea il meccanismo di attribuzione del cognome presente nell’ordinamento italiano a quanto previsto da altri ordinamenti di Paesi dell’Unione Europea. È stato pertinentemente rilevato dalla dottrina che i meccanismi di attribuzione del cognome risultano omogenei nell’ambito di ordinamenti propri di comunità che presentano simili tradizioni religiose[11]. Si darà di seguito illustrazione dei meccanismi di attribuzione dei cognomi di alcuni tra i principali paesi dell’Unione Europea, con la finalità di evidenziare l’evidente tendenza del nostro ordinamento, soprattutto a seguito della sentenza n. 131/2022 verso modelli maggiormente simili a quanto emerge dal dato comparato.

Il modello maggiormente vicino al modello del doppio cognome è regolato dal Codigo civil spagnolo. La disciplina del meccanismo di attribuzione del cognome nel codice civile spagnolo è regolata dall’art. 109, così come modificato dalla ley n. 40/1999[12]. Con riferimento all’attribuzione del cognome, il secondo comma dell’art. 109 del codice civile spagnolo stabilisce che se la filiazione è “determinata da ambo le parti”, il padre e la madre possono decidere di comune accordo l’ordine di trasmissione dei rispettivi cognomi prima della registrazione. In caso di mancato esercizio di tale possibilità si prevede che l’ordine dei cognomi sia attribuito ope legis secondo la disposizione cognome del padre-cognome della madre a norma dell’art. 194 del Decreto Reale del 14 novembre del 1958. Il terzo comma dell’art. 109 del codice civile spagnolo stabilisce che la scelta esercitata all’atto della prima registrazione relativamente all’ordine di attribuzione dei cognomi risulta vincolante per gli eventuali altri figli fatta salva, al quarto comma, la possibilità per il figlio, compiuta la maggiore età, di fare richiesta di invertire l’ordine dei cognomi precedentemente determinato. La decisione relativa all’attribuzione del cognome si deve intendere riferita sia ai figli nati in costanza di matrimonio che ai figli nati all’infuori dello stesso, stante l’equiparazione degli status operata dall’art. 108[13].

Per quanto riguarda l’ordinamento tedesco il meccanismo di attribuzione del cognome è disciplinato nei § 1616-1618 e si intreccia con il dispositivo previsto al § n. 1355 del BGB. Il § 1355 BGB prevede la possibilità di scelta del cognome coniugale all’atto della celebrazione del matrimonio l’adozione di un cognome coniugale comune mediante dichiarazione innanzi allo Standesamt (ufficiale di stato civile), scelto preferibilmente tra quelli che i coniugi presentano al momento della celebrazione del matrimonio (§ 1355, secondo comma BGB), fatta salva la possibilità di mantenere il proprio cognome di nascita. Il cognome coniugale comune sarà anche il cognome della prole. Occorre distinguere pertanto le tre ipotesi che si possono configurare ai sensi delle pertinenti disposizioni del Burgerliches Geseztbuch. Ai sensi del § 1616, in caso di precedente dichiarazione innanzi allo Standesamt relativa all’adozione di un cognome coniugale ex § 1355 BGB, ai figli verrà attribuito il cognome coniugale comune. Si profila successivamente il caso in cui, quando i genitori esercitino la responsabilità genitoriale congiuntamente, si prevede la possibilità dell’assegnazione del cognome del padre o del cognome della madre. In caso di disaccordo il Familiengericht (tribunale della famiglia) assegnerà il compito di determinare quale dei due cognomi dovrebbe essere attribuito al figlio ad uno dei due genitori, fissando a tal fine un congruo termine ai sensi del §1617 BGB. Decorso inutilmente il termine predetto si prevede l’attribuzione ope legis del cognome del genitore cui la scelta era stata deferita. Infine, nell’ assenza di un cognome coniugale e di esercizio della responsabilità genitoriale in capo ad un genitore soltanto, ai sensi del § 1617 a, al figlio verrà attribuito il cognome del genitore esercente la responsabilità genitoriale.

Per quanto riguarda l’ordinamento francese, esso non presenta un assetto che presenta sostanziali differenze da ciò che di risulta emerge dagli effetti della sentenza n. 131/2022. Il meccanismo di attribuzione del cognome è disciplinato agli artt. 311-24-311-24 del “code civil”. Per quanto riguarda l’ordinamento francese occorre distinguere due ipotesi, ovverosia che il figlio sia riconosciuto simultaneamente o disgiuntamente. In caso di riconoscimento simultaneo la soluzione è analoga a quella prospettata dalla sentenza in commento. L’ordinamento francese, dal momento che ha già fornito una disciplina organica della materia, prevede che in caso di disaccordo notificato all’ufficiale di stato civile, il figlio assuma i cognomi dei genitori disposti in ordine alfabetico.

 

 

  1. Il “percorso giurisprudenziale” della Corte costituzionale in materia di attribuzione del cognome

 

Per quanto attiene alla evoluzione storica della sensibilità dimostrata nella giurisprudenza costituzionale con riferimento alle questioni legate all’attribuzione del cognome, la trattazione delle statuizioni delle sentenze che si inseriscono in questa vicenda è presente al punto n. 7.2 del “considerato in diritto”. Si fa inizialmente riferimento all’ordinanza n. 176/1988, nell’ambito della quale il giudice delle leggi ha affermato che sarebbe “possibile, e probabilmente consentaneo all’evoluzione della coscienza sociale, sostituire la regola vigente in ordine alla determinazione del nome distintivo dei membri della famiglia costituita dal matrimonio con un criterio diverso”, vengono conseguentemente evocati il necessario rispetto dell’autonomia dei coniugi nell’eventuale intervento legislativo rivolto in tale senso, nella conformità ai principi stabiliti dall’art. 29 della Costituzione[14]. La Corte costituzionale tuttavia preferisce non intervenire sulla materia dell’attribuzione ope legis del cognome al figlio, preferendo rimettersi, in ragione della materia in questione, al prudente apprezzamento del legislatore[15]. Oltre all’ordinanza n. 176/1988 occorre ricordare l’ordinanza n. 586/1988, con la quale si è rilevata la non contrarietà a Costituzione del meccanismo di attribuzione ope legis del patronimico, dal momento che, ad avviso della Corte, il conseguente limite all’uguaglianza dei coniugi nell’ambito di tale meccanismo non si porrebbe in contrasto con la fattispecie delineata dall’art. 29 Cost. in quanto tale regola sarebbe derivabile dal “costume sociale” e posta a presidio dell’unità della famiglia fondata sul matrimonio[16].

La Corte rileva inoltre che le argomentazioni del giudice si volgono sul piano della politica legislativa di valutazione dell’opportunità dell’introduzione di un meccanismo alternativo di attribuzione del cognome volto al medesimo modo a salvaguardare l’unità della famiglia senza comprimere l’uguaglianza dei coniugi[17]. Momento di svolta nell’orientamento interpretativo della Corte costituzionale in materia di attribuzione del cognome è costituito dalla sentenza n. 61/2006[18], successivamente ripresa dall’ordinanza n. 145/2007[19]. Al punto n. 2.2. del “considerato in diritto” della sentenza n. 61/2006 si afferma infatti che non possa “non rimarcarsi che il sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico e, di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna”[20]. La pronuncia appena riportata tuttavia conclude nel senso dell’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale prospettate dal giudice a quo dal momento che la materia è ritenuta ancora di stretta competenza del legislatore. L’intervento richiesto nell’ordinanza di remissione avrebbe infatti comportato una soluzione manipolativa non di competenza della Corte così come del fatto che quand’anche a fronte di un petitum pertinentemente formulato e indicante il verso dell’addizione in un intervento assai circoscritto si sarebbero determinati diversi vuoti normativi di competenza del legislatore[21]. La sentenza contestualmente, a suffragio dell’argomento dell’eterogeneità delle soluzioni prospettabili in riferimento alla risoluzione di tali vuoti procede in un elenco dei disegni di legge presentati nel corso della XIV legislatura in materia[22]. Tale dato è indicatore della maturata sensibilità politica rispetto al tema dell’attribuzione automatica del cognome. Nella citata ordinanza n. 145/2007, rigettando le questioni prospettate nell’ordinanza di rinvio dal Tribunale ordinario di Bolzano, la Corte si pronuncia altresì sulla base de parametri internazionali, vincolanti ai sensi dell’art. 117, primo comma della Costituzione, evocati dal giudice a quo, ovverosia l’art. 16 della Convenzione ONU del 18 dicembre 1979 “Convention against all forms of discrimination against women” (CEDAW)[23] e delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa n. 1271 del 1995 e n. 1362 del 1998[24]. Con riferimento alla poc’anzi analizzata sentenza n. 61/2006, gli esiti della stessa hanno condotto ad una condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nei confronti dell’Italia, stando a quanto emerge della nota sentenza Cusan e Fazzo del 2014, proprio a seguito del processo che ha interessato la Corte costituzionale italiana con la redazione d della sentenza n. 61. Le parti hanno pertanto adito la Corte del Consiglio d’Europa con la finalità di ottenere un congruo ristoro dal pregiudizio subito a seguito del diniego della possibilità di attribuire anche in cognome della madre[25].

Il chiaro indirizzarsi dell’opinione pubblica nell’ottica di ammettere la possibilità dell’attribuzione del cognome materno e la maturazione di una casistica giurisprudenziale assai rimarcata hanno condotto alla sentenza n. 186/2016, ove si è dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma del codice civile nella parte in cui non prevede la possibilità, in sede di riconoscimento del figlio congiunto, di attribuire anche il cognome della madre. Tale sentenza, oltre che a stimolare un vivace dibattito dottrinale[26], ha caratterizzato l’impianto legislativo fino all’intervento della Corte costituzionale di del quale in questo contributo si da trattazione, pur riguardando direttamente, a differenza della sentenza n. 131/2022, l’attribuzione del cognome di figli nati in costanza di matrimonio.

Ulteriori segnali provengono dalla giurisprudenza di legittimità. Con la sentenza n. 14878/2015 la Suprema Corte ha statuito la non contrarietà all’ordine pubblico internazionale della rettifica dell’atto di nascita di un minore nato all’estero da una sola cittadina italiana, al quale oltre al cognome della suddetta era stato aggiunto il cognome di un ulteriore donna che ha riconosciuto in seguito il figlio[27].

Nell’ambito del percorso decisorio della sentenza n. 131/2022 della Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 262 del codice civile assume una rilevanza di carattere pregiudiziale rispetto al meccanismo di attribuzione ope legis del cognome paterno. L’art. 262, primo comma del codice civile stabilisce infatti che in caso di riconoscimento congiunto del figlio nato all’infuori del matrimonio, questi assume il cognome del padre[28]. Coerentemente a quanto disposto dall’art. 262, l’art. 299 del codice civile prevede la medesima circostanza in caso di adozione così come dell’art. 27 della legge n. 184/1983, nella misura in cui l’adottato assuma e trasmetta il cognome dell’adottante. Con riferimento alla norma in commento La Corte costituzionale dichiara inammissibili le prospettazioni dell’ordinanza di remissione della Corte d’Appello di Potenza[29] per una generale carenza nella motivazione della non manifesta infondatezza della questione[30].

L’analisi, coerentemente alla precedente giurisprudenza della Corte costituzionale, sarà effettuata con riguardo all’ordinanza di rimessione del Tribunale di Bolzano e sull’ordinanza di auto-rimessione n. 18/2021.

Occorre previamente, ai fini di delineare l’argomentazione della Consulta, illustrare le caratteristiche principali dei casi di specie che hanno condotto alla redazione della sentenza in commento.

Per quanto attiene al giudizio innanzi al Tribunale ordinario di Bolzano, il rimettente afferma di essere stato chiamato a pronunciarsi sul ricorso presentato dal pubblico ministero presso il medesimo tribunale ai fini di ottenere la rettificazione dell’atto di nascita ex art. 95 del d.P.R. n. 396/2000. A fronte del testo di tale atto emergeva la volontà dei genitori di attribuire il solo cognome materno alla figlia nata fuori dal matrimonio A fronte di tale attribuzione l’Ufficiale di stato civile ha presentato un’istanza presso la procura della Repubblica ove richiede la possibilità di rettificazione dell’atto di nascita conformemente alla legislazione vigente e agli effetti della sentenza n. 286/2016 della Corte costituzionale.

A fronte delle questioni emerse dall’ordinanza di rimessione del Tribunale ordinario di Bolzano, la Corte costituzionale, con la nota ordinanza n. 18/2021 ha promosso un giudizio di legittimità costituzionale innanzi a se stessa per contrasto della disposizione impugnata con gli artt. 2, 3, e 117 primo comma della Costituzione e con riferimento a quest’ultimo, con gli artt. 8 e 14 della CEDU. La corte si sofferma nuovamente sugli esiti della citata sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo Cusan e Fazzo, a sostegno dell’indicazione del parametro interposto convenzionale. La sentenza Cusan e Fazzo può dirsi il punto di svolta nell’ambito delle questioni di legittimità costituzionale dei meccanismi di attribuzione del cognome.

 

 

  1. Uguaglianza dei coniugi e identità dei figli nella sentenza n. 131/2022, un rinnovamento del sistema di attribuzione del cognome?

 

La sentenza n. 131/2022 della Corte costituzionale muove dall’assunto secondo il quale vi sia un nesso tra il diritto all’identità personale dei figli[31] e l’uguaglianza dei genitori[32]. La Corte costituzionale “scinde” la fattispecie dell’identità familiare del figlio[33] di cui all’art. 262, primo comma, secondo periodo, nell’assunto secondo il quale essa si possa scomporre in tre corollari[34], nella consapevolezza che essa preesista all’attribuzione del cognome. Primariamente l’identità del minore nella famiglia si potrebbe individuare nel legame genitoriale con il padre, identificato da un cognome rappresentativo del suo ramo familiare; nel legame genitoriale con la madre, anche lei identificata da un cognome ulteriormente rappresentativo del suo ramo familiare e infine dalla scelta dei genitori di attribuire, in sede di riconoscimento congiunto, il cognome al figlio accogliendolo nell’ambito del nucleo familiare[35]. Sulla base di questa rilevazione la Corte asserisce la non conformità dell’art. 262, primo comma agli artt. 2 e 3 della Costituzione, nella misura in cui l’attribuzione “preferenziale” nei confronti del cognome paterno oscurerebbe “unilateralmente il rapporto genitoriale con la madre” e conseguentemente, violata uguaglianza giuridica dei genitori rispetto al parametro dell’art. 3 Cost., si riverbererebbe sull’identità del figlio, determinando un contrasto con l’art. 2 Cost.[36]. La Corte richiama inoltre il già citato obiter dictum della sentenza n. 61/2006 a sostegno della tesi secondo la quale l’attribuzione del solo patronimico sia retaggio di una concezione patriarcale della famiglia improntata al diritto di famiglia romano[37]. Si può rilevare inoltre che sotto il profilo del principio di uguaglianza, si sostanzierebbe una mancata attuazione dello stesso al momento nel quale “in contesto oramai divenuto paritario[38]si evidenzi la mancanza di uno strumento attuativo dell’uguaglianza nell’ambito dei rapporti familiari in questione, dei coniugi o dei genitori a seconda del modello preso in esame. Si prende inoltre in considerazione la possibilità che fratelli e sorelle non abbiano il medesimo cognome. In tale ipotesi secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale si dovrebbe consentire la possibilità di attribuire al figlio il solo cognome di uno dei genitori, quando i fratelli già viventi presentino tale cognome[39]. Il sistema giuridico italiano inoltre, in ragione di quanto emerso dalla citata Cusan Fazzo della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, avrebbe presentato una lacuna nella misura in cui non permettesse l’iscrizione del figlio al registro anagrafico con il solo cognome della madre in presenza di un accordo tra i coniugi[40]. Si perviene pertanto alla declaratoria di legittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, secondo periodo del codice civile “nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto”. La Corte ammette che la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 262 conduce a considerare altri ambiti[41], primariamente la considerazione della legittimità costituzionale in via consequenziale della norma desumibile dagli artt. 237, secondo comma cod. civ, 262, primo comma cod. civ. e dall’art. 27, primo comma della legge n. 184/1983, nella misura in cui in questa sede non si preveda la possibilità dell’attribuzione del cognome nei termini stabiliti per il solo art. 262 cod. civ. dalla Corte così come dell’art. 299 del codice civile in materia di cognome dell’adottato[42]

La Corte rivolge infine due moniti al legislatore ai fini dell’attuazione di quanto stabilito nella sentenza nell’ottica di fornire un quadro sistematico alla materia in commento, a corollario delle questioni di legittimità prospettate nella pronuncia stessa[43].

Il primo dubbio che potrebbe sorgere all’atto dell’affermazione della possibilità di attribuire il doppio cognome così come uno dei due cognomi previo accordo dei coniugi è quello concernente i rischi che potrebbero derivare dal conseguente “meccanismo moltiplicatore”, nel succedersi delle generazioni che risultasse lesivo della funzione identitaria del cognome stesso[44]. La corte, fatta presente la circostanza che a partire dalla sentenza n. 61/2006 diversi interventi normativi abbiano condotto di fatto all’adozione di doppi cognomi[45] e illustrato il processo legislativo e giurisprudenziale che ha condotto all’adozione della decisione in commento ha stabilito che occorra, nell’ambito dei rapporti sia di diritto pubblico che di diritto privato, nella prudente valutazione del legislatore, preservare la funzione identitaria del cognome[46].

Il secondo monito che il Giudice delle Leggi rivolgeal legislatore, contenuto al punto n. 15.2 del “considerato in diritto”, nel senso che spetterebbe allo stesso la valutazione dell’interesse del figlio a non vedersi attribuito un cognome differente da quello attribuito ai fratelli[47]. La Corte propone in questo senso un modello normativo al legislatore, nell’ottica dell’approvazione di una disposizione che renda vincolante il cognome scelto per i figli successivi al primo. Tale decisione sarebbe vincolante all’atto del riconoscimento ex art. 262, primo comma, secondo periodo c.c. del primo figlio; della prima nascita in costanza di matrimonio; della prima adozione. Tale quadro si dimostrerebbe coerente con le declaratorie di illegittimità costituzionale in via consequenziale che la Corte ha condotto a partire dalle questioni prospettate sull’art. 262, primo comma, secondo periodo.

La valutazione del profilo cui si informa il secondo monito rivolto dalla Corte costituzionale al legislatore pone le basi per una riflessione attinente alla politica del diritto. Come supra analizzato, nel corso delle legislature precedenti alla sentenza in commento sono stati prospettati diversi disegni di legge, talora ricalcanti il modello del codice civile spagnolo, ora di quello francese o tedesco[48].

Si pensi al disegno di legge A.S. n. 2547 il quale presentava un impianto normativo tale per cui all’art. 2 in caso di disaccordo dei coniugi sull’ordine dei cognomi ovvero su quale di essi sarebbe stato il cognome del figlio (art. 2, primo e secondo comma) prevedeva l’automatismo dell’attribuzione di entrambi i cognomi in ordine alfabetico (art. 2, terzo comma), prevedendo successivamente la vincolatività della scelta del cognome alla prima filiazione per i casi futuri (art. 2, quarto comma). Elemento distonico rispetto alla funzione identitaria del cognome, integralmente detratto da una logica di natura istituzionale della famiglia sarebbe stato il quinto comma dell’art. 2, il quale prevede che all’atto di attribuzione del cognome ai nipoti, il figlio con doppio cognome avrebbe potuto trasmettere un cognome a sua scelta[49].  Il meccanismo consistente nella previsione della vincolatività della prima scelta nei confronti delle seguenti attribuzioni del cognome costituirebbe infatti un pertinente corollario legislativo discendente dal secondo monito della sentenza n. 131/2022.

[1] L’impugnativa è stata intesa nella parte in cui il citato articolo non permetterebbe la possibilità dell’attribuzione al figlio di entrambi i cognomi dei genitori e conseguentemente non consente ai genitori di trasmettere alla nascita il solo cognome materno.

[2] Sull’ordinanza n. 18/2021 della Corte costituzionale si rinvia, inter alia, a D. Berloco, “Corte Costituzionale. Ordinanza 11 febbraio 2021, n. 18 nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, del codice civile”, in Lo Stato Civile Italiano, fasc. 3/2021, pp. 22-23; C. Ingenito, “Una nuova occasione per superare “l’anche” nell’attribuzione al figlio del cognome dei genitori. Riflessioni a margine dell’ordinanza n. 18/2021 della Corte costituzionale, in Federalismi.it, fasc. 11/2021, pp. 57-72; G. Sulpizi, “Un cambio di passo nel diritto di famiglia, l’ordinanza n. 18/2021 della Corte costituzionale”, in Ius in Itinere, 2021, disponibile al seguente link: https://www.iusinitinere.it/un-cambio-di-passo-nel-diritto-di-famiglia-lordinanza-n-18-2021-della-corte-costituzionale-36171; E. Frontoni, “Il cognome del figlio: una questione senza soluzione?”, in Osservatorio Aic, fasc. 4/2020, pp. 276-291; G. Monaco, “Una nuova ordinanza di autorimessione della Corte costituzionale”, in Federalismi.it, fasc. 11/2021, pp. 161-175; E. Malfatti, “Ri-costruire la “regola” del cognome: una long story a puntate (e anche un po’ a sorpresa)”, in Nomos, fasc. 1/2021, pp. 1-13; Con riferimento alla tematica concernente l’”autorimessione” della questione di legittimità costituzionale provengono dalla dottrina osservazioni critiche, dal momento che rappresenterebbe un eccesso di attivismo giudiziale della Giudice delle Leggi, spesso in correlazione con la presenza di materie che comportano un’ampia discrezionalità politica nell’esercizio del potere legislativo. Si concentra maggiormente sul dato dell’”autorimessione” A. Patroni Griffi “Forza e limiti dell’autorimessione della questione di costituzionalità (A proposito della ord. n. 18/2021).”, in Quaderni costituzionali, fasc. 2/2021, pp. 414-417; B. Caravita, “Appunti in tema di Corte giudice a quo (con particolare riferimento alle questioni sollevate nel corso dei giudizi incidentali di legittimità costituzionale, in A.A.V.V. Strumenti e tecniche di giudizio della Corte costituzionale, Milano, 1988, pp. 315 ss. citato in  G, Monaco, op. cit., p. 165, sub nota n. 12.

[3] Si veda a tal proposito il contenuto del “ritenuto in fatto” della sentenza in commento così come il punto n.4 del “considerato in diritto”, ove il giudice delle leggi stante il fatto che gli articoli 237 e 262 del codice civile, pur presentando una differente sfera applicativa presentano i medesimi problemi di ordine sostanziale

[4] Sul punto la Corte costituzionale è intervenuta, nell’ambito delle pronunce più rilevanti, tra cui le sentenze n. 61/1988, 588/1988 e 286/2016, per quanto attiene alla pronuncia più recente; sul punto E Frontoni, op. cit., pp. 277-279.

[5] Il comunicato della Corte costituzionale mediante il quale si sono resi noti gli estremi essenziali della pronuncia in commento è rinvenibile al seguente link: https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20220427135449.pdf.

[6] Si vedano a tal proposito alcuni articoli pubblicati tra le maggiori testate giornalistiche italiane, P. Macciocchi, “Doppio Cognome, prima sentenza che accoglie la decisione della Consulta”, in Il sole 24ore, 29 aprile 2022, disponibile al seguente link: https://www.ilsole24ore.com/art/doppio-cognome-prima-sentenza-che-accoglie-decisione-cassazione-AEu0BLVB; A. Arachi, “Corte Costituzionale e nuovo cognome del figlio, cosa dicono le nuove regole”, in Corriere della Sera, 28 aprile 2022, disponibile al seguente link: https://www.corriere.it/cronache/22_aprile_28/corte-costituzionale-doppio-cognome-figlio-regole-fc0a16ac-c6cc-11ec-9886-30033cb6ccfe.shtml; L. Milella, “Ai figli anche il cognome della madre, la svolta della Corte costituzionale”, in La Repubblica, 27 aprile 2022, disponibile al seguente link: https://www.repubblica.it/cronaca/2022/04/27/news/consulta_stop_automatismo_cognome_paterno_ai_figli-347113226/;

[7] La tematica concernente l’attribuzione di entrambi i cognomi analizzata in relazione al best interest of the child, risulta oggetto dell’attenzione della letteratura da tempo. Sul punto si veda, senza alcuna pretesa di esaustività, nell’ambito della copiosa letteratura: R. J. Lussier, “DeLaney v. Appeal from Probate: When Is a Dual Surname in the Best Interest of the Child.”, in Conn. Prob. LJ, fasc. 9/1994, pp. 161 ss; C. Ingenito, op. cit., p. 14. L’illegittimità costituzionale delle norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome paterno era stata già rilevata a più riprese dalla Corte costituzionale, pur sempre pervenendo ad una decisione di inammissibilità stante la pertinente competenza del legislatore a legiferare nella materia in discussione. Tra queste, emergono inizialmente le sentenze n. 61/1988 e 588/1998, già menzionate nella nota n. 3.

[8] P. Perlingieri, “La personalità umana nell’ordinamento giuridico”, Ed. Scientifiche Italiane, 2007, citato altresì in L. Tullio, “The Child’s Surname in the Light of Italian Constitutional Legality”, in Italian Law Journal, fasc. 3/2017, pp. 221 ss; Del resto il diritto all’identità personale, nel suo legame con il principio personalista, ricade inoltre sotto la più ampia previsione dell’art. 8 CEDU, sul punto si veda, pur se con attinenza ad altra questione giuridica, il contributo di R. Lugarà, “Il cognome del marito su tessere e certificati elettorali: brevi spunti di riflessione su identità e uguaglianza dei coniugi”, in Osservatorio Costituzionale, fasc. 4/2019, pp. 5-23, in ispecie si veda il paragrafo numero 2.

[9] La sentenza ha stimolato un vivace dibattito dottrinale. Si riportano di seguito alcuni commenti nell’ambito della nutrita letteratura in tema: E. Malfatti, “l’illegittimità dell’automatismo nell’attribuzione del cognome paterno: la “cornice” (giurisprudenziale europea) non fa il quadro”, in Forum di Quaderni Costituzionali, 5 gennaio 2017, disponibile online; S. Scagliarini, “Dubbie certezze e sicure incertezze in tema di cognome dei figli”, in Rivista Aic, fasc. 2/2017; A. Fusco, “<<Chi fuor li maggior tui?>>: la nuova risposta del Giudice delle leggi alla questione dell’attribuzione automatica del cognome paterno, riflessioni a margine di C.cost.sent.n. 286/2016, in Osservatorio Costituzionale, fasc. 3/2017, pp. 31-38; C. Ingenito, “L’epilogo dell’automatica attribuzione del cognome paternoal figlio ( Nota a Corte costituzionale n. 286/2016), in Osservatorio Costituzionale, fasc. 2/2017, pp. 249-267; A Ruggeri, “Unità della famiglia, uguaglianza tra i coniugi, tutela del preminente interesse dei minori”, in Diritti comparati, fasc. 1/2017, pp. 90-124.

[10] L’intervento sussidiario del giudice rientra tra i problemi definitori che possono sorgere a seguito del deposito della sentenza n. 131/2022. A tal proposito la Consulta

[11] Carla Bassu, “Nel nome della madre. il diritto alla trasmissione del cognome materno come espressione del principio di uguaglianza. Un’analisi comparata”, in “Diritto pubblico comparato ed europeo, Rivista trimestrale”, fasc. 3/2016, pp. 545-582. Si rileva infatti nel citato contributo che il meccanismo di attribuzione “alternativa” tra il cognome del padre e quello della madre ovvero della scelta di un “cognome coniugale sia proprio dei paesi di tradizione protestante quando il meccanismo di attribuzione del doppio cognome risulta proprio dei paesi di tradizione cattolica.

[12] Sul punto si rinvia al testo della legge n. 40/1999, in materia di attribuzione del cognome mediante il seguente link: https://www.boe.es/buscar/doc.php?id=BOE-A-1999-21569.

[13] Per quanto attiene ad un’analisi della normativa susseguente alla riforma approntata con la legge n. 40/1999 si veda, nell’ambito del contributo citato nella nota precedente, quanto riportato sotto la nota n. 38. La disciplina dell’iscrizione del nome del figlio nei registri dello Stato civile è contenuta agli artt. 49-57 della legge n. 20/2011.

[14] Ord. N. 176/1988, pres. Saja, red. Mengoni. La richiesta che aveva condotto all’instaurarsi del giudizio era quella della possibilità di attribuire entrambi i cognomi al figlio. Del resto, la coscienza sociale e politica propria del periodo di redazione dell’ordinanza in commento non aveva destato scalpore. Si può rilevare infatti che a partire dall’ordinanza di rigetto si può evincere che ne le parti ne il Presidente del Consiglio dei ministri si fossero costituite innanzi alla corte ai fini delle pertinenti deposizioni. In ragione della circostanza che non fosse ancora intervenuto un intervento legislativo in materia di filiazione, si afferma in questa sede che la posizione del figlio nato nell’ambito del matrimonio non possa essere comparabile con quella del figlio naturale contemplata dall’art. 262, secondo comma cod. civ, potendosi restringere il confronto all’ipotesi delineata dal primo comma dello stesso articolo

[15] Ibidem.

[16] Sul punto si veda S. Scagliarini, op. cit., p. 1 così come sub nota 1.

[17] Ord. N. 586/1988.

[18] Nell’ambito dei commenti effettuati dalla dottrina sulla sentenza n. 61/2006, senza pretesa di esaustività e a mero titolo di esempio si rinvia, inter alia, a I. Nicotra, “L’attribuzione ai figli del cognome paterno è retaggio di una concezione patriarcale: le nuove camere colgano il suggerimento della Corte per modificare la legge”, in Studi e Commenti di Consulta online”, 2006; A. Ciervo, “il diritto al doppio cognome del minore”, in Rivista Aic, 2006; G. Repetto, “Famiglia e figli in tre pronunce della Corte costituzionale”, in Rivista Aic, 2006.

[19] Punto n. 7.2 del considerato in diritto”.

[20] Corte cost n. 61/2006 punto 2.2 del “considerato in diritto”.  

[21] Corte cost. n. 61/2006, punto n. 2.3 del “considerato in diritto”

[22] Ibidem. Si fa riferimento ai disegni di legge: 1739-S, il quale prevede che a figli [legittimi] nati in costanza di matrimonio siano attribuiti entrambi i cognomi dei genitori e che sia riportato per primo quello del padre e che inoltre al figlio naturale (rectius) nato non in costanza di matrimonio, quando riconosciuto, sia attribuito il doppio cognome di colui che lo ha riconosciuto per primo; 1454-S, il quale prevede un meccanismo assai eterogeneo di attribuzione del cognome, facendo ricadere tale decisione all’atto dell’iscrizione al registro anagrafico del neonato, con la possibilità dell’attribuzione del cognome esclusivamente paterno, esclusivamente materno, di entrambi nell’ordine stabilito di comune accordo dai coniugi e, ad arginare l’intervento giudiziale in siffatta decisione, in caso di disaccordo l’ufficiale di stato civile dovrà procedere all’attribuzione dei cognomi in ordine alfabetico; 3133-S, dispone che il cognome parentale è composto dai primi dei cognomi dei genitori. Il disegno disponeva inoltre che all’atto della celebrazione del matrimonio i coniugi, con dichiarazione resa innanzi all’ufficiale di stato civile, avrebbero stabilito che nella scelta del cognome parentale dovesse precedere quello materno o paterno e, in assenza di accordo, il cognome del figlio sarà composto primariamente dal cognome del padre e da quello della madre. Si sarebbe riportata, in questo caso, la scelta del cognome all’atto della celebrazione del matrimonio, quasi alla stregua di quanto stabilito nella § 1355 BGB, come supra ricordato.

[23] L’art. 16, primo comma, lettera g) della CEDAW impone l’obbligo, in capo alle parti contraenti, di prendere tutte le misure adeguate al fine eliminare la discriminazione nei confronti della donna in tutte le questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari, garantendo uguaglianza rispetto agli uomini, tra gli altri, nella garanzia degli stessi diritti personali alla moglie e al marito, “compresa la scelta del cognome”, di una professione o di un’occupazione. Sulla rilevanza della CEDAW nell’ambito della giurisprudenza, di merito, di legittimità e costituzionale in tema di attribuzione del cognome così come il generale per quanto attiene ai rapporti familiare si veda A. Fabbricotti, “La rilevanza della convenzione delle Nazioni Unite contro la discriminazione verso le donne (CEDAW) nella giurisprudenza degli stati contraenti, un commento a margine della recente pronuncia della consulta in tema di trasmissione del cognome ai figli”, in Rivista Aic, fasc. 2/2017; A. Apostoli, “l’attuazione della CEDAW nell’ordinamento interno”, in DPCE online, fasc. 1/2021, pp. 581-597; A. Mazzola, “La convenzione CEDAW a quarant’anni dalla sua approvazione”, in DPCE online, fasc. 1/2021, pp. 599-618.

[24] Con riferimento alle citate raccomandazioni del Consiglio d’Europea si intende richiamare il draft report del 1994 dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa in materia di discriminazioni tra uomo e donna sulla scelta del cognome e sulla trasmissione del cognome ai figli, cui si rinvia mediante il seguente link: https://rm.coe.int/09000016807ac3c8.  

[25] Per quanto attiene al testo della citata sentenza, esso è disponibile online al seguente link: https://hudoc.echr.coe.int/eng-press#{“itemid”:[“003-4624361-5596419”]}.

[26] Si rinvia senza alcuna pretesa di esaustività, nell’ambito della letteratura costituta da note a Corte cost. n. 286/2016 a S. Scagliarini, op. cit.; E. Malfatti, op. cit., 2017; A. Fusco, op. cit.; C. Fioravanti, “Sul cognome della prole: nel perdurante silenzio del legislatore parlano le Corti”, in Le nuove leggi civili commentate, fasc. 3/2017, pp. 626-652 così come “La Consulta (finalmente!) dichiara incostituzionale l’automatismo dell’assegnazione del cognome paterno”, in Studium Iuris, fasc. 6/2017, pp. 678-686; C. Favilli, “Il cognome tra parità dei genitori e identità dei figli”, in La nuova giurisprudenza civile commentata, fasc. 6/2017, pp. 823-830; R. Favale, “Il cognome dei figli e il lungo sonno del legislatore”, in Giurisprudenza italiana, fasc. 4/2017, pp. 815-824; G. Casaburi, “Sull’attribuzione del cognome materno”, in Il Foro Italiano, fasc. 1/2017; V. Brizzolari, “Il cognome materno in aggiunta a quello paterno: una realtà anche in Italia, in Familia, fasc. 1 /2017, pp. 75-84.

[27] Per quanto attiene al caso di specie riguardante la citata sentenza si rinvia al testo della stessa nell’impossibilità di procedere in questa sede all’analisi compiuta della pronunci si rimanda al testo della stessa mediante il seguente link: https://www.rivistafamilia.it/wp-content/uploads/2017/11/Cass.-14878-2017.pdf.

[28] La portata della disposizione sopracitata non era neanche stata scalfita dalla riforma della filiazione, nell’ambito della quale, con l’art. 27, primo comma, lett b) del D.Lgvo n. 154/2013, si era solo “asportato” dalla formulazione della disposizione l’aggettivo naturale, nel solco dell’intervento di uniformazione dello status di figlio nato nel matrimonio a quello nato all’infuori dello stesso. Per quanto attiene al riconoscimento dei figli naturali, in riferimento alla riforma si veda E. Falletti, “Il riconoscimento del figlio naturale dopo la riforma: aggiornato alla Legge 10 dicembre 2012, n. 219, Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali-(GU 17 dicembre 2012, n. 293)”, Vol. 98, Maggioli Editore, 2013. Per quanto attiene ad una prospettiva generale della filiazione nell’ambito della riforma si richiamano a titolo esemplificativo, sia coevi che precedenti alla riforma stessa, R. Rossi, “Filiazione. Cosa cambia”, Giuffrè editore, 2013; A Renda, “Equiparazione o unificazione degli status filiationis?”, in Rivista di diritto civile, vol. 54, fasc. 1/2008, pp. 103-130; R. Pasquilli, “La famiglia nel tempo”, in Forum, 2013, pp. 221-233.

[29] Coerentemente a quanto emerge dal punto n. 3 del “ritenuto in fatto”, trattasi dell’ordinanza depositata il 12 novembre del 2021 e iscritta al n, 222 del Registro delle Ordinanze del 2021. La decisione di inammissibilità è contenuta, oltre che pertinentemente al dispositivo della sentenza, al punto n. 5 del “considerato in diritto”, attinenti alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 237, 262 e 299 del codice civile e dell’art. 72, primo comma, del Regio Decreto n. 1238/1939 (ordinamento dello stato civile) e degli artt. 33 e 34 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 396/2000, promossi per il contrasto delle anzidette disposizioni del codice civile nei confronti degli artt. 2, 3, 29 secondo comma e 117, primo comma Cost. in relazione agli artt. 8 e 14 della CEDU. Si richiamano al citato punto n.5 pertanto le sentenze n. 30/2021; 54/2020; 33/2019 e 240/2017, con riferimento al tema della rilevazione dell’inammissibilità per carenza di motivazione della non manifesta infondatezza.

[30] La giurisprudenza della Corte costituzionale è orientata nel senso di dichiarare inammissibili questioni di legittimità costituzionale che siano prospettate con la sola indicazione delle disposizioni da raffrontare, dal momento che è richiesta la valutazione del giudizio negativo rispetto al contenuto precettivo delle stesse disposizioni (Sent. n. 114/2015 Pres. Criscuolo rel. Sciarra). L’argomentazione della non manifesta infondatezza deve essere adeguatamente motivata conformemente al contenuto dell’art. 23 della legge n. 87/1953. Si vedano i rilievi a tal proposito di U. Bellini, “Rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, tecnica di redazione dell’ordinanza di rimessione”, in Giustizia Tributaria, relazione al convegno “Istanze costituzionali e sovranazionali nel diritto tributario”, 2016, sotto la nota n. 55 in quanto rileva che il giudizio concernente l’ammissibilità della questione sotto il profilo della motivazione della non manifesta infondatezza della stessa si stia avvicinando, negli ultimo anni, stante la modalità decisoria della Corte costituzionale, a quanto accade nell’ambito del Bundesverfassungsgericht, ove il giudice deve motivare il dubbio che la legge sia incostituzionale e non già che la questione di legittimità sia non manifestamente fondata in relazione ai parametri costituzionali evocati.

[31] Sull’identità familiare dei figli in riferimento all’attribuzione del cognome si veda G. Ferrando, “Diritto all’identità e cognome dei figli”, in Minorigiustizia, fasc. 3/2011, pp. 79-88.

[32] Punto n. 9 del “considerato in diritto”.

[33] L’identità familiare del figlio si presenta nella letteratura scientifica come in relazione con l’uguaglianza dei coniugi e l’unità familiare, entrambi parametri codificati all’art. 29 Cost. Si veda, per una disamina del disegno di legge si veda, per quanto attiene ad un disegno di legge che ha sollevato interrogativi in materia di attribuzione del cognome ai figli G. Ballarani, “Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli (ddl n. 1628)”, in Il diritto di famiglia e delle persone, fasc. 2/2018, pp. 741-752. La stretta interrelazione tra l’unità della famiglia nell’uguaglianza dei genitori o dei coniugi e l’identità familiare del minore mediante il cognome sono risultati oggetto dell’attenzione della Consulta. Una sintetica enumerazione delle sentenze coinvolte in questa tematica è contenuta al già citato punto n. 9 del “considerato in diritto”.

[34] Punto n. 10 del “considerato in diritto”.

[35] Ibidem.

[36] Punto n. 10.1 del “considerato in diritto”.

[37] Cfr. nota n. 22

[38] Sul punto del mutato contesto sociale e giuridico in riferimento all’uguaglianza dei coniugi con particolare riferimento all’evoluzione della sensibilità della giurisprudenza costituzionale sul tema si vedano i contributi di A. Ciervo, “Antonello Ciervo, Il giudice delle leggi e i mutamenti della coscienza sociale: un ragguaglio critico della giurisprudenza della Corte costituzionale, in “Politica del diritto”, fasc. 4/2019, pp. 523-600. Nell’ambito del citato contributo si evidenziano osservazioni attinenti al tema della rilevanza del “fatto” nel giudizio di legittimità costituzionale e sulle forme di anacronismo legislativo, rilevate dalla Corte costituzionale in quanto distonici rispetto al mutamento della coscienza sociale. La pronuncia in commento si inserisce infatti, a seguito di un lungo processo che ha testimoniato il progressivo avvicinarsi alle decisioni di accoglimento proprio muovendo dall’assunto del superamento del retaggio di matrice romanistica che ha informato il sistema di attribuzione del cognome fino alla sentenza n. 286/2016 della Corte costituzionale. Per quanto attiene alla sterminata letteratura in materia di fatto nel giudizio di legittimità costituzionale si rinvia ai pertinenti contributi in materia, a causa dell’estraneità, fuorché per quanto attiene alla questione di legittimità costituzionale in commento, al profilo della presente analisi. Si veda a mero titolo esemplificativo, intendendo richiamare la bibliografia selezionata dall’autrice M. Vicario, “I fatti nel giudizio di legittimità costituzionale”, in Rivista del Gruppo di Pisa, fasc. 3/2017, relazione a convegno.

[39] Punto n. 12 del “considerato in diritto”. Si darebbe in tale senso “prioritario risalto al rapporto tra fratelli e sorelle”.

[40] Ibidem.

[41] Punto n. 14 del “considerato in diritto”

[42] Per quanto attiene all’analisi delle questioni di legittimità costituzionale dedotte in via consequenziale si vedano i punti 14 ss. del “considerato in diritto”.

[43] Punti n. 15 ss. del “considerato in diritto”.

[44] Punto n. 15.1 del “considerato in diritto”.

[45] Ibidem.

[46] Ibidem.

[47] Punto n. 15.2 del “considerato in diritto”.

[48] Con riferimento alla ricordata circostanza si faccia riferimento alla nota n. 24.

[49] Per quanto attiene al citato disegno di legge si rinvia al testo dello stesso mediante il seguente link: https://senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/370144.pdf.

Francesco Fonte

Nato a Torino il 19-09-2001, attualmente studente alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano. Già Vicesegretario Nazionale dei Giovani Popolari, svolge un intensa attività in ambito associativo. Attualmente svolge le funzioni di Segretario del Gruppo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) Giuseppe Lazzati.  

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