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Annullamento in autotutela di permessi di costruire: la posizione del Consiglio di Stato

Il Comune di Telese Terme (BN) ha proposto un ricorso (R.G. n. 9698 del 2015), contro la società “Telesia Immobiliare di Vegliante Quirino s.n.c.”, avente ad oggetto la riforma della sentenza del T.A.R. Campania –  Napoli, Sezione VIII, n. 4286 del 4 settembre 2015, concernente l’annullamento in autotutela di permessi di costruire.

Occorre, allo stato, specificare cosa si intenda per “autotutela”, cosicché si riesca a comprendere le finalità dell’Ente beneventano: l’autotutela amministrativa può essere definita come quel complesso di attività con cui ogni Pubblica Amministrazione risolve i conflitti potenziali o attuali, relativi ai suoi provvedimenti o alla sue pretese. In questi casi, la P.A.. interviene con i mezzi amministrativi a sua disposizione, tutelando autonomamente la propria sfera d’azione.

Nel caso di specie, L’oggetto del presente giudizio è costituito dai seguenti atti:

  1. a) il provvedimento n. 5489 del 5 maggio 2014, con cui il Comune di Telese Terme ha annullato in autotutela i permessi di costruire n. 25/2004 e n. 22/2007, aventi ad oggetto, rispettivamente, “il cambio di destinazione d’uso di un fabbricato esistente da autorimessa pubblica in commistione funzionale ad edificio di interesse pubblico” e “l’ampliamento e completamento funzionale di un edificio di interesse pubblico da destinare a struttura sanitaria ed amministrativa del distretto sanitario di Telese“;
  2. b) la comunicazione di avvio del procedimento di autotutela prot. n. 6868 del 29 giugno 2011.

Procedendo analiticamente, è possibile individuare specifici “momenti salienti” della vicenda:

  1. a) con concessione edilizia n. 74/99 il Comune autorizzava i sigg. Fusco Rosina, Vegliante Luigi e Vegliante Michele a realizzare, in espressa applicazione dell’art. 25 N.T.A. del P.R.G[1]., in zona F4, un edificio, destinato ad autorimessa per autobus ed un edificio a destinazione commerciale con la prescrizione di realizzare 166 posti auto, di cui 108 nella struttura ad autorimessa e 58 nella struttura a servizi;
  2. b) in base alla richiamata norma urbanistica, la realizzazione delle opere sarebbe avvenuta “in commistione funzionale” di guisa che l’autorimessa, quale attrezzatura pubblica, una volta realizzata, sarebbe stata, alternativamente, ceduta al Comune ad un prezzo calmierato, ovvero locata, ferma restando la possibilità, in funzione premiale, di realizzare unità terziarie e produttive con gli indici e i parametri più favorevoli previsti per la contigua zona C3. [Si tenga presente che il fenomeno della zonizzazione funzionale è ancora ampiamente diffuso, nonostante gran parte della dottrina e prassi diffuse, stiano spingendo per altre forme di pianificazione territoriale].
  3. c) con atto notarile del 14 aprile 2000 i predetti sigg. F. R., V. L. e V. M. cedevano alla Edil Lux di Carotenuto Raffaele, parte del lotto relativo ai lavori assentiti con la concessione edilizia n. 74/99 ed in particolare l’area di sedime dell’immobile a destinazione commerciale;
  4. d) dopo uno scambio di note, nell’anno 2002, tra il nuovo proprietario del suolo ed il Comune per acquisire la disponibilità a cedere il fabbricato destinato ad autorimessa, la Telesia Immobiliare, pervenuta nella titolarità del suolo in data 5 settembre 2003, aderiva all’avviso dell’ASL di Benevento per acquisire la disponibilità di immobili da destinare a sede del distretto sanitario, cosicché chiedeva ed otteneva dal Comune, con la concessione edilizia n. 25 del 1° aprile 2004, l’autorizzazione al relativo cambio di destinazione d’uso;
  5. e) in data 9 maggio 2006 veniva stipulato tra l’ASL di Benevento e la società Telesia il contratto preliminare di vendita della struttura con il versamento, a titolo di caparra confirmatoria in favore della promittente venditrice, della somma di € 210.800,00, cui seguiva il permesso di costruire n. 22 del 24 aprile 2007 recante autorizzazione all’esecuzione dei lavori;
  6. f) il Comune, con delibera di C.C. n. 4 del 23 gennaio 2012, approvava uno schema di accordo tra lo stesso Ente, la società Telesia e l’ASL di Benevento per subentrare nel predetto rapporto contrattuale impegnandosi a rilasciare permesso in deroga;
  7. g) con nota prot. n. 8868 del 29 giugno 2011 il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune comunicava l’avvio del procedimento di autotutela che si concludeva con la determinazione in epigrafe n. 5489/2014.

Con ricorso proposto davanti al T.A.R. Campania – Napoli, Sezione VIII, la società Telesia ha lamentato l’illegittimità di tali atti per:

  1. A) difetto di motivazione in ordine alle ragioni di interesse pubblico;
  2. B) mancata considerazione delle osservazioni formulate in sede procedimentale;
  3. C) insussistenza del presunto contrasto con la normativa urbanistica.

Con la sentenza n. 4286 del 4 settembre 2015 il Tribunale, nella resistenza del Comune, ha così deciso:

  1. A) ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso;
  2. B) ha accolto il ricorso reputando fondato il primo motivo di gravame;
  3. C) ha respinto gli altri due motivi di ricorso reputandoli infondati;
  4. D) ha condannato il Comune al rimborso delle spese di lite.

Il Tribunale riteneva che il provvedimento impugnato non presentasse la necessaria congrua motivazione sul pubblico interesse, in comparazione con quello privato riguardante la conservazione dell’atto nel rispetto dell’affidamento ingeneratosi in capo alla società. Inoltre, il Comune aveva omesso di valutare in concreto per quale ragione la perdita di parcheggi pubblici avesse recato “pregiudizio al corretto sviluppo urbanistico dell’area e alla pianificazione del territorio”.
Il Comune di Telese Terme aveva articolato cinque motivi di gravame:

  • il Tribunale, pur rilevando la illegittimità dei titoli edilizi annullati, aveva ritenuto prevalente l’affidamento consolidatosi in capo alla società per effetto del decorso del tempo senza considerare che l’intervento era destinato a realizzare uno standard urbanistico, ovvero la realizzazione di autorimessa per autobus così come stabilito da inoppugnata previsione di PRG e da precise statuizioni normative (art. 41 quinquies della legge urbanistica n. 1150/1942[2] e art. 3 del D.M. n. 1444/1968);

2) doveva ritenersi che il provvedimento di autotutela fosse adeguatamente motivato “con il solo dichiarato espresso interesse pubblico alla osservanza delle disposizioni del Piano Regolatore e alla realizzazione dello standard urbanistico[3];

3) poiché il titolo prevedeva la realizzazione dello standard urbanistico in regime convenzionale, nel senso che “il privato si sostituiva alla P.A. nella realizzazione della rimessa per autobus ed in regime premiale realizzava in zona F4 un edificio commerciale”, la società era ben consapevole che solo la realizzazione dello standard urbanistico gli consentiva la edificazione dell’immobile ad uso commerciale, consapevolezza che non gli aveva peraltro impedito di rispondere all’avviso pubblico dell’ASL di Benevento ben prima di ottenere il permesso per il mutamento della destinazione d’uso;

4) il Tribunale aveva omesso di considerare che il permesso di costruire n. 25/2004, col quale si autorizzava la modifica di destinazione d’uso, non era preceduto da variante deliberata dall’organo consiliare del Comune così risultando in radice illegittimo;

5) nel valutare i presupposti per l’applicazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990[4], il Tribunale aveva omesso di considerare, in prospettica applicazione dell’art. 1227 c.c., il comportamento della società “che ha liberamente scelto acquisire un terreno destinato a standard, laddove il terreno destinato alla realizzazione dell’edificio ad uso commerciale era stato in precedenza ceduto ad altro soggetto giuridico”.

Con ordinanza n. 5633 del 18 dicembre 2015, il Collegio ha respinto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza oggetto di gravame e condannato l’appellante alle spese della fase cautelare (€ 2.000,00 oltre IVA e CPA) con la seguente motivazione: “Considerato che, ad un sommario esame, la sentenza impugnata appare congruamente motivata mediante l’applicazione dei noti principi in materia di autotutela; considerato altresì che non appaiono sussistere i presupposti per la sospensione dell’efficacia della sentenza medesima, avendo l’appellante chiesto, a giustificazione della domanda di sospensione, un intervento chiarificatore sulla vicenda (che, ovviamente, può essere dato solo nella sede di merito) senza allegare un concreto pregiudizio attuale, grave ed irreparabile, discendente dall’esecuzione della pronuncia gravata in questa sede, ed ovviamente differente dall’interesse al mero ripristino della legalità violata”.

Il Collegio, preliminarmente aveva osservato che le memorie difensive erano state tempestivamente depositate. Esso aveva, tra l’altro, richiamato un precedente del Consiglio di Stato, mediante il quale aveva sostenuto che il processo amministrativo risentisse della necessità di impedire che, in vista dell’udienza di trattazione del merito, le parti assumessero iniziative che comportassero forme di abuso degli strumenti processuali con finalità elusive dei termini perentori che governano la produzione di memorie e documenti.[5]

Ha poi sostenuto che non potessero essere esaminati mezzi di gravame sviluppati per la prima volta nelle memorie difensive del Comune aventi, in quanto tali, funzione meramente illustrativa e, comunque, certamente tardivi rispetto ai termini decadenziali[6].

L’appello, dunque, secondo il Consiglio di Stato, non meritava accoglimento, per cui non era possibile riformare la Sentenza del Tribunale.

I cinque motivi di appello, esaminati e disattesi, non convincevano. In particolar modo, “i provvedimenti di annullamento in autotutela sono attratti all’alveo normativo dell’art. 21 nonies che ha riconfigurato il relativo potere attribuendo all’Amministrazione un coefficiente di discrezionalità che si esprime attraverso la valutazione dell’interesse pubblico in comparazione con l’affidamento del destinatario dell’atto.

Inoltre, secondo il Collegio, l’annullamento di ufficio di un titolo edilizio è possibile anche “ad una distanza temporale considerevole dal titolo medesimo”, ma deve essere adeguatamente motivato “in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale”, tenuto anche conto degli interessi privati coinvolti.

[1] Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale.

[2] Art. 41quinquies della Legge n. 1150 del 1942:
[commi da 1 a 5 abrogati dall’articolo 136 del d.P.R. n. 380 del 2001].
Nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile, ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25 non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi alla intera zona e contenenti la disposizione planovolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa.

  1. (abrogato dall’articolo 136 del d.P.R. n. 380 del 2001)
  2. In tutti i Comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi.
  3. I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministero per i lavori pubblici di concerto con quello per l’interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall’entrata in vigore della medesima.
    (si veda il decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444)”.

 

[3] Interesse questo in relazione al quale l’affidamento ingenerato nel privato dal rilascio del permesso di mutamento di destinazione d’uso del 2004 non può ritenersi affatto prevalente”, interesse che non può non essere frustrato dalla realizzazione di un edificio adibito a servizi rispetto alla programmata autorimessa per autobus;

[4] Art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990:
1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.(comma modificato dall’art. 25, comma 1, lettera b-quater), legge n. 164 del 2014, poi dall’art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015).
2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.
2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.”
(comma aggiunto dall’art. 6, comma 1, legge n. 124 del 2015).

[5] Cfr. Sent. Del Consiglio di stato, sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5676:
Nel processo amministrativo la facoltà di replica discende in via diretta dall’esercizio della correlata facoltà di controparte di depositare memoria difensiva nel termine di trenta giorni prima dell’udienza di merito, con la conseguenza che ove quest’ultima facoltà non sia stata esercitata, non può consentirsi la produzione di memoria definita di replica dilatando il relativo termine di produzione (pari a trenta giorni e non a quello di venti giorni prima dell’udienza, riservato dal menzionato art. 73 appunto alle repliche)

[6] Cfr. art. 92 Codice del processo amministrativo.

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