martedì, Aprile 30, 2024
Labourdì

La Cassazione ribadisce la facoltà del datore di lavoro di rinunciare al periodo di preavviso cui è tenuto il dipendente dimissionario.

A cura di Federico Fornaroli

Gli Ermellini sono recentemente intervenuti a reiterare quello che ormai può ritenersi, a tutti gli effetti, un orientamento largamente consolidato in merito alla rinuncia al periodo di preavviso ad opera del datore di lavoro, in ipotesi di dimissioni volontarie di un proprio dipendente.

In particolare, mediante ordinanza n. 6782 del 14 marzo 2024, è stata confermata la predetta facoltà datoriale, con conseguente venir meno di qualsivoglia correlata indennità in favore del lavoratore dimissionario, a titolo di preavviso.

D’altronde, quanto precede si inserisce nel solco della pacifica qualificazione obbligatoria della natura del preavviso, in luogo di quella reale, applicata negli anni addietro.

Difatti, se ancora valesse quest’ultima interpretazione (scenario piuttosto obsoleto e remoto), l’eventuale rinuncia al periodo di preavviso da parte della società determinerebbe comunque la prosecuzione del cessando rapporto di lavoro fino alla scadenza dell’inerente periodo.

Tuttavia, come suindicato, una simile esegesi deve reputarsi esclusa da molto tempo, per granitica giurisprudenza avvicendatasi in materia (leggasi, fra le altre, Cass. Civ., Sez. Lav., n. 27934/2021).

Per il ché, è assodato che la parte non recedente di un rapporto di lavoro, che abbia rinunziato espressamente (e, quindi, per iscritto) al preavviso, non dovrà corrispondere alcunché alla parte recedente, la quale, dunque, non può vantare alcun diritto in tal senso e, più ampiamente, alla continuazione di detto rapporto fino alla naturale della scadenza del termine di preavviso contrattualmente spettante, giacché non può ritenersi sussistente un interesse giuridicamente qualificato al riguardo.

Pertanto, alla luce di quanto suesposto, diviene sempre più sensibile la corretta gestione e regolamentazione del periodo di preavviso sotto il profilo negoziale e diretto con il singolo dipendente coinvolto, sia in sede di dimissioni volontarie, sia – in una fase ancora più antecedente – all’atto dell’assunzione e/o in costanza di rapporto, sì da evitare che, pur in un’ottica di miglior favore e supporto al lavoratore, vengano stabilite previsioni differenti da quella suindicata, la quale consente, a ben vedere, alla società di godere di una posizione di pregio e, per certi versi, vantaggio, poiché potrebbe liberarsi anticipatamente delle prestazioni (anche economicamente parlando) di un soggetto prossimo all’uscita e potenzialmente più incline a limitare i propri sforzi, se non, addirittura, ad agevolare il futuro datore di lavoro (assumendo, soprattutto, l’assenza di un patto di non concorrenza post- contrattuale). Del resto, anche il possibile patto di estensione del preavviso individuato dal contratto collettivo vigente si ammette soltanto con l’osservanza di peculiari accortezze e prescrizioni negozialmente disposte dalle parti interessate (insomma, v’è una sorta di rigidità in materia).

Sicuramente, dal punto di vista datoriale, la scelta di applicare o meno tutta o parte del preavviso maturato rimane una valutazione da ponderare caso per caso, posto che, in linea generale, potrebbe essere suggeribile attendere sino all’avvio dello stesso (ovverosia, la cessazione del contratto), per capire quanto effettivamente sia ancora necessario l’apporto professionale del dipendente di lì al termine del preavviso medesimo, il quale potrebbe anche determinarsi in via parziale, andando, così, ad esonerare il lavoratore solamente per una quota della durata vigente.

Ad ogni modo, il totale o parziale esonero del dipendente dall’espletamento del periodo di preavviso dovrà essere disposto per iscritto e portato alla puntuale e precisa conoscenza dello stesso, il quale sarà bene che ne dia atto, quantomeno, per ricevuta: l’eventuale accettazione sarebbe “un di più” non strettamente richiesto dalla norma, stante la natura potestativa del diritto accordato al datore di lavoro e, quindi, unilaterale e ricettizia della decisione aziendale cui il destinatario dovrà semplicemente attenersi pedissequamente (comunque, qualora ciò accadesse, sarebbe un buon rafforzativo della posizione datoriale).

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