venerdì, Novembre 8, 2024
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Brevetti e emergenza Covid-19: quali scenari?

I brevetti e l’emergenza Covid-19

Ha fatto il giro del mondo la vicenda dell’azienda italiana Isinnova che, per dare una risposta veloce e concreta all’espandersi del contagio da Covid-19 in uno dei territori più colpiti d’Italia, il bresciano, ha stampato mediante tecnologia 3D valvole respiratorie, da fornire agli ospedali in prima linea nella cura dell’infezione, inserite all’interno delle famose maschere da snorkeling della multinazionale francese Decathlon[1].

Ma le risposte al dilagare dell’epidemia non sono mancate anche fuori dall’Italia. La società farmaceutica AbbVie ha rinunciato ai propri diritti derivanti dal brevetto sul farmaco antivirale Kaletra[2], permettendone così una maggiore diffusione. Medtronic, azienda produttrice di dispositivi medici, ha condiviso le specifiche di progettazione per la realizzazione di un modello di ventilatore semplificato, consentendo così la produzione anche ad aziende con limitata esperienza precedente[3]. TransPod, start-up canadese specializzata nella progettazione di tecnologie di trasporto ad altissima velocità, ha sviluppato un respiratore partendo dalla progettazione (già in corso) di un sistema di ventilazione per le cabine dei suoi veicoli[4].

A tal proposito sorge dunque spontaneo chiedersi: i diritti di privativa concessi a tutela di un (valido) titolo di proprietà intellettuale, quali i brevetti, possono dirsi “sospesi” o meglio, non violati, a fronte dell’attuale emergenza Covid-19?

Possibili soluzioni

L’uso privato a fini non commerciali

Il sistema brevettuale italiano prevede diverse ipotesi di usi leciti dell’invenzione altrui. Le utilizzazioni libere, nonostante costituiscano una deroga ai diritti di esclusiva conferiti dal brevetto al titolare dello stesso, sono il portato di principi costituzionali quali l’inviolabilità della sfera privata, la libertà di ricerca, di concorrenza e la tutela della salute, diritti da garantire anche in presenza di privative brevettuali.

In proposito, l’art. 68 del codice di proprietà industriale (“c.p.i”) disciplina gli atti compiuti in ambito privato e per fini non commerciali. A tal fine, la norma qualifica come leciti gli usi non imprenditoriali, anche se svolti da persone giuridiche, purchè non nel contesto di un’attività economica. La libera utilizzazione copre peraltro non solo l’uso ma anche la fabbricazione dell’oggetto brevettato. Data tuttavia la difficoltà di concepire un’ipotesi concreta nella quale venga fatto uso di un prodotto brevettato per fini meramente non commerciali, l’eccezione in parola è stata negli anni di rado azionata, venendo dunque meno le occasioni di evoluzione giurisprudenziale sul punto.

Ciò non toglie, tuttavia, che si possano svolgere alcune considerazioni generali. A ben vedere, infatti, in una situazione emergenziale quale è quella attuale, la fabbricazione di valvole, quali quelle realizzate nel nostro esempio, senza che ciò comporti la realizzazione di alcuna forma di profitto, potrebbe rientrare a buon titolo tra le utilizzazioni libere concesse per legge.

Chiaro è tuttavia, che essa rimane una eccezione alla contraffazione e in quanto tale deve essere di volta in volta azionata dal soggetto al quale venga contestata la contraffazione del brevetto, necessitando, in ultima istanza, dell’intervento di un tribunale. Evidente dunque che tale strumento non può costituire una soluzione sistematica agli interrogativi che si stanno ponendo in questi mesi di emergenza, non eliminando completamente il rischio, per le imprese terze quali Isinnova, di veder la propria attività condannata quale contraffazione e di dover, di conseguenza, risarcire il danno subito dal titolare del brevetto.

Le licenze obbligatorie

Strumento alternativo offerto dal sistema brevettuale italiano è la licenza obbligatoria, la cui ratio è quella di reprimere possibili abusi, posti in essere dal titolare del brevetto, soprattutto nella misura in cui ciò comporti una lesione degli interessi collettivi dovuta alla mancata o insufficiente implementazione dell’invenzione. Costringere il titolare del brevetto a concedere licenze a terzi, tuttavia, introduce una limitazione nevralgica alla sfera dei diritti in capo a questo nascenti, da cui la non uniformità della disciplina nei vari ordinamenti del mondo.

Il diritto italiano prevede la licenza obbligatoria per il caso in cui l’invenzione non sia stata sufficientemente attuata. In proposito, l’art. 70 c.p.i. ne prevede l’introduzione a fronte della mancata o insufficiente attuazione dell’invenzione, suscettibile di realizzare una “grave sproporzione con i bisogni del paese”. Il fine della legge è quello di garantire che l’offerta di beni o servizi relativi all’invenzione brevettata non sia lontana da quella che si avrebbe se l’invenzione fosse in pubblico dominio e dunque liberamente attuabile. Dunque, in presenza di uno scarto tra i bisogni del paese e la reale attuazione dell’invenzione, il titolare del brevetto si vedrebbe costretto a concedere una licenza per lo sfruttamento della propria invenzione.

Tuttavia, la norma in questione prevede che la mancata o insufficiente attuazione dell’invenzione debba protarsi per un periodo di tempo superiore a tre anni. È dubbio dunque se tale strumento, almeno negli esatti termini di cui all’art. 70 c.p.i., possa applicarsi anche ad un’impossibilità temporanea quale è quella creatasi a fronte dell’emergenza Covid-19. In ogni caso, data anche la difficoltà pratica di ottenere la licenza (la richiesta deve essere presentata all’UIBM), è evidente che questo strumento è altamente insoddisfacente se finalizzato alla gestione dell’attuale emergenza sanitaria.

Tuttavia, l’istituto delle licenze obbligatorie (se riformulato ad hoc per l’emergenza Covid-19) potrebbe invero rivelarsi uno degli strumenti più efficaci di gestione dell’emergenza. Non stupisce infatti che paesi quali Canada, Cile, Ecuador, Israele e Germania abbiano già preso provvedimenti di tal genere, prevedendo l’ipotesi di licenze obbligatorie su farmaci, vaccini e strumenti medici per il trattamento del Covid-19. La stessa OMS sta valutando l’ipotesi di istituire un cd. patent pool per garantire l’accesso a test diagnostici, farmaci, vaccini e dispositivi medici[5].

Lo stato di necessità

Ulteriore strumento di tutela offerto dall’ordinamento italiano è il cd. “stato di necessità” previsto dal codice civile. Al proposito, l’art. 2045 codice civile fa salvi gli atti (anche se astrattamente in violazione di un diritto altrui) compiuti a fronte della necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. In tali circostanze, al titolare del diritto leso sarà riconosciuto il diritto di ottenere un’indennità per il danno subito, senza che ciò comporti il risarcimento del danno tout court, che sarebbe invece la conseguenza diretta della violazione del diritto altrui.

Per invocare la protezione accordata dallo stato di necessità, è necessario dimostrare che l’atto astrattamente lesivo posto in essere sia la diretta conseguenza di uno stato di necessità, ciò comportando che non sarà sufficiente invocare l’esistenza della pandemia, ma sarà necessario dimostrare, ad esempio, la carenza di farmaci, di dispositivi medici, o, nel nostro esempio, di valvole.

Rimangono, rispetto a tale strumento, i dubbi, già evidenziati, derivanti dal ruolo, al più, di strumento di difesa a fronte di una contestazione di contraffazione e non di risposta sistematica agli interrogativi che si pongono. Nonostante ciò, tuttavia, essa rimane una difesa forte, che ben si adatta all’emergenza che stiamo affrontando.

Conclusioni

È auspicabile, dunque, per una gestione ottimale dei brevetti nel contesto dell’attuale emergenza Covid-19, un intervento dei governi nazionali che garantisca la risposta più rapida possibile al diffondersi del virus, ma che non porti con sé la sistematica violazione di diritti di privativa (i.e. brevetti).

Fondamentale infatti è da un lato evitare un rallentamento nei tempi di reazione e risposta alla cura del virus, inevitabili se alle imprese terze non vengono offerti strumenti di accesso lecito alle tecnologie di titolarità di terzi, e dall’altro il dilagare di situazioni di incertezza nelle quali si assista alla contraffazione di brevetti altrui senza alcun controllo da parte né del titolare né delle autorità, con il rischio di veder crescere la produzione di prodotti contraffatti e non rispettosi dei requisiti di legge.

In un momento storico quale quello attuale, l’innovazione e la ricerca devono necessariamente essere messe al primo posto, e nel fare ciò è necessario garantire il bilanciamento degli interessi delle imprese titolari dei diritti di privativa, incoraggiandole a investire più che mai nella ricerca, e delle imprese terze che, se messe nella condizione di poter sviluppare e fabbricare farmaci, vaccini e dispositivi medici, ancorchè coperti da privativa, potrebbero aumentare in modo esponenziale la velocità di reazione al diffondersi dell’epidemia.

[1] https://it.businessinsider.com/isinnova-maschere-snorkeling-terapia-intensiva/

[2]

[3] https://techcrunch.com/2020/03/30/medtronic-is-sharing-its-portable-ventilator-design-specifications-and-code-for-free-to-all/

[4] https://marsdd.com/magazine/how-canadian-startups-are-tackling-the-covid-19-crisis/

[5] https://uk.reuters.com/article/us-health-coronavirus-patents/u-n-agency-says-coronavirus-emergency-could-trump-some-patent-rights-idUKKBN21P1PZ

Camilla Cristalli

Camilla si è laureata con lode in giurisprudenza presso l'Alma Mater Studiorum Università di Bologna nel 2019 discutendo una tesi in Diritto Commerciale. Nell'anno 2017/2018 ha conseguito un LLM in Intellectual Property & Information Law presso la Dickson Poon School of Law del King's College di Londra. È attualmente trainee lawyer.

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