martedì, Marzo 19, 2024
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Cass. pen., sez. III, 1° settembre 2020, n. 24614

commento breve a cura di Rossella Giuliano

La Corte Suprema di Cassazione, con riguardo al rapporto tra confisca ed applicazione della pena su richiesta delle parti (o patteggiamento) al ricorrere di reati tributari, ha chiarito che il disposto dell’art. 12-bis, 2° comma, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (introdotta dall’art. 10, 1° comma, d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158), il quale stabilisce che la confisca diretta o per equivalente di beni che costituiscano il profitto o il prezzo del reato non opera per la parte che il contribuente s’impegni a versare all’erario – salvo inottemperanza – anche in presenza di sequestro, dev’essere inteso nel senso che la confisca è eseguibile soltanto allorché si verifichi l’evento futuro ed incerto preso in considerazione dalla norma e rappresentato dal mancato pagamento del debito tributario.

Più precisamente, la dizione “non opera” non significa che sia stata esclusa la possibilità di ordinare la confisca – così come il sequestro preventivo ad essa preordinato – a fronte dell’accordo rateale concluso: piuttosto, il legislatore ha inteso circoscrivere l’efficacia della confisca alla quota di debito estranea all’impegno contratto dal contribuente, puntualizzando che l’istituto in parola trova piena applicazione in ipotesi di successivo inadempimento del soggetto passivo.

Ne consegue, tuttavia, che l’estinzione del debito tributario nella sua totalità impedisce l’adozione del provvedimento di confisca ed importa l’obliterazione del sequestro imposto a tal fine, in virtù della necessità di evitare una sostanziale duplicazione del debito.

 

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 luglio – 1° settembre 2020, n. 24614
Presidente Andreazza – Relatore Gai

Ritenuto in fatto

  1. Con l’impugnata, il Giudice del Tribunale di Macerata ha applicato, a norma dell’art. 444 c.p.p., a M.P. la pena di mesi sei e giorni 20 di reclusione, con il riconoscimento della circostanza attenuante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13 bis, in relazione ai reati di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 2, commessi nel 2013 e 2014.
  2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata il Procuratore generale della Corte d’appello di Ancona, articolando un unico motivo, con il quale denuncia violazione di legge, a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione alla mancata applicazione della confisca ai sensi del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74,, art. 12 bis, L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143 e art. 322 ter c.p..
  3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’annullamento della sentenza con rinvio.
    Il difensore di M.P. ha depositato memoria scritta con cui ha rilevato l’inammissibilità del ricorso per cassazione, ex art. 448 c.p.p., comma 2 bis, e l’infondatezza del motivo di ricorso avendo il M. provveduto al pagamento del debito tributario ottenendo l’applicazione della circostanza attenuante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13 bis da cui l’applicazione dell’art. 12 bis, cit. secondo cui la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro.

Considerato in diritto

  1. Va anzitutto rilevata l’ammissibilità del ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione di pena ai sensi dell’art. 448 c.p.p., comma 2 bis (cfr. SU inf. prov. 32/2019 in proc. Savin secondo cui è ammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., con riferimento alle misure di sicurezza, personali o patrimoniali, che non abbiano formato oggetto dell’accordo delle parti).
  2. Il ricorso del Procuratore generale è inammissibile.
    La denunciata violazione di legge dedotta, per avere omesso l’applicazione della confisca ai sensi del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 12 bis, L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143 e art. 322 ter c.p. è manifestamente infondata.
    Risulta dalla sentenza impugnata che il ricorrente aveva estinto il debito tributario e l’accordo sulla pena prevedeva l’applicazione della circostanza attenuante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13 bis, comma 2.
    Per quanto concernente il rapporto tra confisca (somma confiscabile e previamente sequestrabile) e accordo con l’erario, questa Corte di legittimità ha avuto modo di chiarire che in tema di reati tributari, la disposizione di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 12 bis, comma 2, introdotta dal D.Lgs. n. 158 del 2015, secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”, deve essere intesa nel senso che la confisca – così come il sequestro preventivo ad essa preorclinato – può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito (Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016, Orsi, Rv. 268384; Sez. 3, n. 5728 del 14/01/2016, Orsetto, Rv. 266037).
    Si è specificato, in particolare, che la locuzione “non opera” non significa affatto che la confisca, a fronte dell’accordo rateale intervenuto, non possa essere adottata ma che la stessa non divenga, più semplicemente, efficace con riguardo alla parte “coperta” da tale impegno salvo ad essere “disposta”, come recita l’art. 12-bis cit., comma 2, allorquando l’impegno non venga rispettato e il versamento “promesso” non si verifichi.
    Ma si è altrettanto specificato che l’integrale pagamento del debito tributario conduce alla non operatività della confisca, in virtù della necessità di evitare la sostanziale duplicazione dello stesso, (e, correlativamente, alla obliterazione del sequestro imposto a tal fine) (Sez. 3, n. 37748 del 16/07/2014, Di Febo, Rv. 260189 – 01; Sez. 3, n. 5681 del 27/11/2013, Crocco, Rv. 258691). Si è, ancora, precisato, con una recente pronuncia che, in tema di reati tributari, la previsione di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 12-bis, comma 2, secondo la quale la confisca, diretta o per equivalente, non opera per la parte del profitto o del prezzo del reato che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro, va intesa nel senso che, per la parte coperta da tale impegno, la confisca può comunque essere adottata nonostante l’accordo rateale intervenuto, ma non è eseguibile, producendo i suoi effetti solo al verificarsi del mancato pagamento del debito, da cui, a contrario, la conclusione che/qualora il pagamento sia avvenuto, non è possibile disporre la confisca (Sez. 3, n. 18034 del 05/02/2019, Castiglione, Rv. 275951 – 01).
    Dichiara inammissibile il ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Motivazione semplificata.

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