sabato, Luglio 27, 2024
Criminal & Compliance

Misure cautelari e interrogatorio di garanzia

A cura di: Angela Maria Mellone

  1. Introduzione

Le Sezioni Unite in data 5 giugno 2020, con la sentenza n. 1724/2020[1] hanno posto fine al persistente contrasto giurisprudenziale sulla questione riguardante la necessità di esperire, a pena di inefficacia, l’interrogatorio di garanzia nell’ipotesi in cui venga applicata una misura cautelare coercitiva, in accoglimento dell’appello proposto dal P.M. contro la decisione di rigetto del G.I.P.

 

  1. I precedenti orientamenti giurisprudenziali

Un primo orientamento dei giudici di legittimità si è formato nelle more di un giudizio riguardante il caso nel quale era stata proposta e rigettata dal giudice di merito l’eccezione di inefficacia della misura cautelare per mancato espletamento dell’interrogatorio di garanzia.

In tale occasione la Corte di Cassazione, Sez. VI, con la Sent. 50768 del 2014[2] aveva ritenuto non necessario procedere all’interrogatorio ex art. 294 c.p.p. qualora il Tribunale in accoglimento dell’appello del P.M. avverso la decisione di rigetto del G.I.P. avesse applicato una misura cautelare coercitiva, in quanto l’adozione del provvedimento da parte del giudice dell’appello cautelare ex art. 310 c.p.p. è per forza di cose anticipata dall’instaurazione del contraddittorio al fine di approfondire tutti i temi dell’azione cautelare anche mediante l’apporto difensivo offerto dall’indagato.

Infatti, ha evidenziato la Corte, mentre per quanto riguarda la disposizione “originaria” di una misura cautelare è necessario effettuare l’interrogatorio per garantire all’imputato di espletare le sue difese al fine di permettere al giudice che procede di valutare l’effettiva sussistenza delle esigenze cautelati, nel caso di specie tale esigenza è assorbita dall’andamento processuale che conduce all’ adozione del provvedimento, ipotesi che si verificherebbe anche nel caso in cui la misura sia resa una volta aperto il dibattimento nonché quando sia adottata una nuova ordinanza che dispone le misure cautelari caducate per ragioni formali e di rito.

La previa trattazione della pretesa cautelare in sede di appello ex art. 302, a parere della Corte, farebbe assumere all’interrogatorio dell’imputato il significato di una “superfetazione difensiva, ascrivendo all’incombente le connotazioni di una formalità superflua, ampiamente assorbita dalla dinamica dell’attività processuale che la precede”.

Tale principio di diritto è stato accolto anche dai giudici della Suprema Corte, Sez. II, con la Sent. n. 38828 del 2017[3].

La stessa Sezione IV, con la Sent. n. 6088 del 2015[4] ha successivamente mutato posizione, sostenendo un orientamento rigorosamente formalista.

Facendo leva sul tenore letterale dell’art. 294 commi 1 e 1 bis c.p.p. nonché sulla correlata previsione dell’art. 302 c.p.p., norme che prevedono l’inefficacia delle misure cautelari, sia coercitive che interdittive, nel caso di omesso interrogatorio dell’imputato, il Collegio ha ritenuto l’incombente processuale doveroso anche nel caso previsto dall’art. 310 c.p.p., non essendo prevista normativamente alcuna eccezione al verificarsi di tale ipotesi.

La Corte, mutando il suo precedente indirizzo, ha affermato che l’interrogatorio di garanzia è assolutamente indispensabile al fine di garantire all’imputato di svolgere efficacemente la propria difesa ed al giudice di valutare la persistenza delle condizioni di applicabilità della misura.

Peraltro, in tale occasione, i giudici di legittimità hanno sottolineato come non sia condivisibile la posizione del Tribunale di Palermo circa l’equiparabilità dell’interrogatorio di garanzia alle dichiarazioni spontanee che l’imputato può rendere durante l’udienza camerale di discussione dell’appello cautelare, costituendo queste ultime un momento del tutto eventuale che presuppone la scelta dell’imputato di partecipare a tale incombenza processuale e le modalità in cui esse si articolano sono scelte in modo libero da chi le rende, a differenza dell’interrogatorio che è disciplinato dal giudice, caratteristiche che rendono i due istituti ontologicamente differenti.

Per questi motivi la Corte si è espressa nel senso della doverosità dell’interrogatorio anche qualora la misura cautelare venga adottata dal Tribunale del riesame all’esito dell’appello proposto dal P.M. ex art. 310 c.p.p.

  1. La soluzione resa dalle Sezioni Unite

Nel risolvere l’illustrato conflitto giurisprudenziale le Sezioni Unite hanno posto in rilievo, più che la lettera delle norme richiamate dalla VI Sezione della Corte nel 2015, il diritto di difesa dell’imputato, condividendo, dunque, il primo orientamento.

Il ruolo attribuito all’interrogatorio nel caso in esame non è assimilabile all’ipotesi di cui all’art. 294 c.p.p. in cui è un momento ineliminabile del processo trattandosi di un provvedimento “a sorpresa”,

 in quanto nel caso in esame le garanzie difensive sono soddisfatte dal contraddittorio instauratosi nel procedimento camerale a seguito dell’impugnazione.

Del resto, la riforma introdotta dalla legge n. 75 del 2015 all’art. 309, comma 6, c.p.p. ha ampliato le possibilità di partecipazione all’udienza dell’imputato, estendendole anche all’udienza camerale per la decisione dell’appello proposto dal P.M. avverso l’ordinanza cautelare del G.I.P., rendendo del tutto superfluo l’interrogatorio di garanzia in questi casi.

Le Sezioni Unite, hanno ritenuto l’orientamento di segno contrario poco perspicace, “non avendo apprezzato gli spazi difensionali che tale incidente offre all’imputato”.

Richiamando alcune fattispecie in cui l’interrogatorio di garanzia è preventivo all’adozione dei provvedimenti ovvero quelle in cui è prevista l’obbligatorietà dello stesso nel caso di necessità di emettere una nuova misura cautelare quando quella precedentemente applicata è divenuta inefficace, i giudici di legittimità hanno sottolineato come il legislatore sia libero di prevedere differenti modalità per garantire il diritto di difesa come nell’ipotesi di cui all’art. 47 del D.lgs. 231/2001 (contraddittorio anticipato) ovvero nel caso di custodia disposta dopo la sentenza di condanna, non essendo previsto l’obbligo di procedere all’interrogatorio di garanzia.

Nel caso oggetto di esame, quindi, non emergerebbero ragioni per riproporre uno strumento per garantire all’imputato di illustrare gli argomenti a sua difesa nel merito alla insussistenza delle condizioni per l’applicazione della misura cautelare nei suoi confronti, “esigenza (che) è assorbita dal contraddittorio che si instaura davanti al giudice dell’impugnazione cautelare”.

Per questi motivi le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato il seguente principio di diritto: “In caso di applicazione di una misura cautelare coercitiva da parte del Tribunale del Riesame in accoglimento dell’appello del pubblico ministero avverso la decisione di rigetto del giudice delle indagini preliminari non è necessario procedere all’interrogatorio di garanzia a pena di inefficacia della misura suddetta”.

[1] Cass. pen. Sez. Unite, Sent., (ud. 26-03-2020) 05-06-2020, n. 17274

[2] Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-11-2014) 03-12-2014, n. 50768

[3] Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-05-2017) 04-08-2017, n. 38828

[4] Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-11-2014) 10-02-2015, n. 6088

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